Progetto Contare…raccontare Parallelamente al "PERCORSO DIDATTICO" di Matematica (aritmetica, geometria e algebra) viene affrontato un "PERCORSO STORICO-FILOSOFICO" delle principali tappe della storia della matematica. Il percorso viene illustrato agli alunni della classe II A mediante slide costruite con la collaborazione dell'insegnante di storia e filosofia per la tematica riguardante: “Pitagora e la nascita della filosofia”a completamento segue la tematica specifica riguardante “Il teorema di Pitagora” . Le lezioni sono illustrate con il supporto della Lavagna Interattiva multimediale. Insegnante di Storia e Filosofia (Prof.ssa Di Roberto Teresa) Insegnante di Matematica (Prof.ssa Savelli Paola)
Pitagora Pitagora nacque a Samo nel 572 a.C. Il padre fu un bravo tagliatore di pietre preziose, sufficientemente agiato per potere pagare al figlio eccellenti maestri. Nel 548 a.C., dopo un' ultima visita a Delo, il suo maestro Ferecide ed amico morì. Pitagora riprese a viaggiare, come rappresentante di pietre preziose in Egitto. Qui i sacerdoti egiziani lo accolsero come uno di loro e lo iniziarono ai misteri della loro scienza; fu così che imparò l'egiziano, la geometria, i pesi, le misure, il calcolo con l'abaco, le qualità dei minerali. Si recò, poi, in Fenicia ed in Siria, e nel 539 a.C. a Babilonia, dove i sacerdoti caldei, gli insegnarono l'astronomia e la matematica. Tre anni dopo fu a Creta, dove prese moglie e conobbe Epimenide, una sorta di mago, purificatore ed indovino, che si arrogava il privilegio di un rapporto diretto ed esclusivo con la divinità, e si vantava di avere vissuto molte vite. Ancora un breve soggiorno a Sparta, per studiarvi le leggi ed il calendario; e nel 538 a.C., dopo 18 anni di assenza, eccolo di nuovo a Samo. Qui aprì una scuola ma entrò in contrasto con Policrate, il padrone dell’isola, e fu costretto a emigrare a Crotone nella Magna Grecia, Qui fondò una setta religiosa che riuscì a imporre il suo pensiero alle altre colonie. Fu costretto a fuggire a causa di una rivolta popolare culminata nella distruzione della scuola. Morì dopo poco a Metaponto.
La scuola pitagorica da Profirio, Vita di Pitagora) I pitagorici riprendono dai misteri eleusini l’esotericità, cioè i loro insegnamenti non erano destinati ad un pubblico vasto, ma solo agli appartenenti alla scuola, e questi non potevano rivelarlo a quelli che ne erano al di fuori, pena la morte. Ippaso di Metaponto, rivelò l’esistenza dei numeri irrazionali e venne scacciato. All’interno della cerchia dei discepoli, c’erano due categorie: gli acusmatici, che potevano solo ascoltare, e i matematici, che invece avevano la facoltà di parlare liberamente con il maestro. Pitagora fu il primo che permise ai suoi discepoli di lavorare in gruppo e formulare delle proprie dottrine filosofiche. da Profirio, Vita di Pitagora) Massime della scuola pitagorica "non squilibrare la bilancia", cioè non prevaricare; "non attizzare il fuoco col coltello", cioè non eccitare con parole taglienti chi è già gonfio d'ira; "non mangiare il cuore", cioè non ti tormentare con afflizioni; "non star seduto sul moggio, cioè non vivere da fannullone; "non camminare per le vie maestre", col quale precetto ordinava. di non seguire le opinioni dei molti, ma. quelle dei pochi e dotati di cultura; "non accogliere rondini in casa", cioè non coabitare con uomini ciarlieri e di lingua incontinenti;
Il compito della filosofia Pitagora fu uno dei primi a dedurre che l’osservazione della natura fosse limitante per la filosofia, perché essa si poneva davanti al filosofo come un velo che non gli permetteva di vedere chiaramente cosa ci fosse dietro. Il pensiero permette di oltrepassare questo velo e di conoscere la verità. Coloro che cercano di arrivare alla verità più intima e profonda, sono definiti filosofi, perché osservano la natura e sono in grado di scoprirne i misteri. Coloro che si fidano delle apparenze credono di sapere e capire ma sono ciechi e sordi.
La filosofia di Pitagora La metempsicosi Pitagora credeva nella metempsicosi, cioè nella reincarnazione dell’anima. Egli aveva ereditato questa convinzione dai culti orfici, che a loro volta la avevano ripresa dall’induismo. Credeva l’anima fosse di origine divina e che quindi il corpo fosse una sorta di prigione, dalla quale essa si poteva liberare dopo aver passato alcune vite via via sempre migliori, fino alla purificazione (catarsi). Quindi ci si poteva anche reincarnare in animali, la cui carne per questo motivo non si poteva mangiare. PItagora riteneva che la vita del matematico fosse quella più vicina alla purificazione, e alla sua fine l’anima sarebbe ritornata di origine divina e libera. Questo perché il principio di tutte le cose, l’arché, era nei numeri.
L’arché nei numeri Dallo studio della musica, che Pitagora considerava come la massima forma di armonia, dedusse che dietro essa ci fossero delle proporzioni numeriche. Allo stesso modo esse dovevano essere dietro la natura, che appariva come un cosmo, cioè un universo ordinato. L’armonia della natura è riconducibile quindi al numero, cioè alle proporzioni numeriche, che non rappresentano le cose, ma il principio, l’ordine che si trova dietro di esse e che non si può vedere, ma si può arrivare solo grazie al pensiero; elaborando ciò che si è osservato. .
La cosmologia di Pitagora In astronomia Pitagora fu il primo a sostenere la sfericità della Terra e dei corpi celesti. Inoltre riteneva che i pianeti fossero cinque (Saturno, Giove, Marte, Mercurio, e Venere) e che ruotassero attorno a un fuoco centrale con moto sia di rivoluzione che di traslazione.
Gli eredi di Pitagora Nicola Copernico (1473-1543), fu un grande astronomo polacco che per primo mise in dubbio il sistema geocentrico di Tolomeo, riprendendo la teoria cosmogentrica di Pitagora. Per circa quattordici secoli, la visione tolemaica della Terra immobile al centro dell'universo e circondata dalle sfere celesti, non era mai stata messa in discussione. Copernico, nel suo De Rivolutionibus Orbium Coelestium, ipotizzava innanzitutto che la Terra non fosse il centro dell'Universo, ma che ruotasse attorno al Sole.
Galileo Galilei (1564-1642) Il 23 giugno 1632, dopo la pubblicazione del “Saggiatore” il Tribunale della Santa Inquisizione chiese a Galileo di abbandonare ogni finzione e di confessare se realmente egli avesse creduto in Copernico: o diceva la verità, oppure si sarebbe passati alla tortura. Condannato al carcere, fu costretto a leggere in pubblico atto di abiura. Furono in sua presenza e pubblicamente bruciati i suoi scritti. Visse agli arresti domiciliari nella sua casa di Arcetri, dove morì nel 1642. IL 31 ottobre 1992 il Papa Giovanni Paolo II chiese perdono a nome della Chiesa per la persecuzione e la condanna inflittagli ingiustamente. “La filosofia indaga la natura per scoprirne le vere leggi. Questo è possibile perché la natura è un libro composto da Dio scritto in lingua matematica e i cui caratteri sono figure geometriche”. da il Saggiatore