Solidarietà e reciprocità

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Solidarietà e reciprocità Belluno, 6.9.08 Solidarietà e reciprocità Luigino Bruni Università Milano Bicocca e Istituto Universitario Sophia

Communitas L’ambivalenza della vita in comune La comunità: luogo di vita e di morte Nel mondo greco: Aristotele. La vita felice è fragile. Se “l’uomo felice ha bisogno di amici”, allora la felicità dipende dalla reciprocità. Nel mondo biblico: la prima città la fonda Caino. Il combattimento di Giacobbe: l’altro è insieme ferita e benedizione. Nel mondo latino: cum-munus, ma munus significa anche “obbligo”, non solo dono. Nel mondo anglosassone: gift “dono” e “veleno”

Le soluzioni alla fragilità della vita in comune 1. La prima soluzione: la comunità “sacrale”. Gli individui non esistono, c'è solo comunità come “io gigante”, e lo “status” non scelto ma subito. In una tale comunità non c'è dono, ma solo munus, perché non c'è l'individuo, non c'è libertà ma solo lo status imposto dalla comunità.

La comunità sacrale antica B C D … RAPPRESENTANTE SACRALE COMUNITA’ A,B,C … sono i membri della comunità. Non c’è alcun patto che li lega tra di loro, ma ciascuno è legato gerarchicamente al capo LA COMUNITA’ SACRALE ANTICA

La seconda soluzione: la philia L'amicizia (philia) di Aristotele è anche una seconda soluzione al dramma della communitas: l'amicizia tra uguali, dove non c'è alterità perché l'altro è un alter ego, scelto per evitare la “ferita” della diversità: Il comunitarismo di oggi è espressione di questa visione.

La terza soluzione: la solitudine È Platone all'origine di questa terza soluzione: la contemplazione del logos, di Dio, come via di felicità e di controllo sulla propria vita. Soluzione drastica: si rinuncia alla vita in comune per non esporsi alla vulnerabilità

La soluzione dell’economia moderna L’economia moderna nasce con una promessa: “una vita in comune senza ferita”, senza il combattimento con l’altro. Non si comprende l’economia moderna se non la leggiamo come una promessa di nuova vita in comune senza sacrificio, senza “ferita”

Una nuova “metafisica” Ancora un mediatore Una nuova “metafisica” (Stato/Mercato) IO TU La metafisica del Mercato, dell’Impresa e della Politica

Dal “bene comune” al “bene immune” Il mercato capitalistico, e l’impresa gerarchica e burocratica, diventano i grandi Mediatori per immunizzarci l’uno dall’altro e dagli altri. Il bene comune diventa il “bene immune”. Ma ci può essere felicità senza incontro profondo con l’altro? Senza cum-munus?

Il paradosso della felicità

Una spiegazione “relazionale” La mia spiegazione del paradosso della felicità si basa sulla diminuzione di beni relazionali nelle società di mercato conflitto tra beni relazionali e beni di mercato

Fa = f(Ia,Rab,X) Un modello Dove Ia= reddito Proviamo, in conclusione, ad abbozzare un semplice modello che lega la felicità direttamente ai beni relazionali e al reddito: Fa = f(Ia,Rab,X) Dove Ia= reddito Ra,b = beni relazionali,soprattutto quelli primari X = beni liberi non di mercato (natura, preghiera, “passioni”)

Relazione Reddito/felicità Fa=F(Ia,Rab,X) Felicità (Fa) Zona critica Reddito I beni relazionali e i beni di gratuità sono “nascosti”

Perché ci inganniamo? Il mercato moderno vende merci che “simulano” rapporti umani, che ci vengono presentati come “benedizione senza ferita”: Televisione come “mistificatrice” di rapporti veri con gli altri Le nuove tecnologie ... Tutte forme di rapporto che si presentano come “benedizioni” senza “ferita” CHE FARE?

La sfida educativa Oggi il confine tra economico e civile è sempre più sfumato: è dunque inconcepibile un processo educativo che non sia anche, e da subito, economico L’educazione è una: o ci si educa sempre, tutti e in tutti gli ambiti, o l’educazione come processo fallisce educazione come reciprocità

Consumo Che cosa vuol dire educare al consumo? Il consumo va educato, poiché le scelte di consumo creano dipendenza, sono soggette a errori sistematici che ci portano spesso a scegliere ciò che non contribuisce alla nostra felicità. Oggi dagli studi sulla felicità sappiamo che il consumo in beni di comfort è sottoposto a fenomeni di dipendenza e di adattamento, che portano i consumatori a investire molte energie nei beni sbagliati (ruolo della pubblicità) ma soprattutto: educare alla gratuità, la “cellula staminale” dell’umano e del civile.

risparmio Anche il risparmio è faccenda educativa: Il risparmio richiede la capacità (educazione) di rinunciare ad un consumo immediato per un consumo, mio o degli altri, futuro Il risparmio crea la “catena di solidarietà tra le generazioni”: anche risparmiare può essere un atto d’amore! Crea inoltre solidarietà tra le varie componenti della società, famiglie e imprenditori. Questa capacità va educata: a volte la povertà è frutto anche di questa mancata educazione al risparmio Oggi la cultura economica porta a consumare troppo e a risparmiare poco (a ciò è anche legata l’usura!), complici imprese e banche (e media)

Impresa L’economia, oggi, ha bisogno di imprenditori e non solo di speculatori. La malattia dell’economia contemporanea è la progressiva trasformazione di imprenditori (progetto) in speculatori (profitto). A questo proposito, così scrive Luigi Einaudi:

Einaudi (1944) L’imprenditore è un costruttore, che ha uno speciale istinto: fondare un’impresa. Il suo scopo non è il profitto, ma “ambisce a far riconoscere la sua impresa come ‘primaria’ tra le altre. Investire in una parte, spesso la più gran parte del reddito dell’impresa nell’acquistare nuove macchina, nel costruire un nuovo padiglione, nell’abbellire le vetrine del negozio, nel trasportarlo dai ristretti locali, dove ebbe inizio la sua fortuna, in altri più spaziosi e centrale e bene arredati; … Di solito codesti cosiddetti ricchi vivono vita modesta e parca di cibi e di godimenti materiali; prima ad arrivare sul luogo di lavoro ed ultimi ad abbandonarlo. Quelli che li osservano, pensano: perché tanto lavorare e faticare? Perché non gustare, come sarebbe ad essi possibile e lecito, qualcuna delle dolcezze della vita? Perché rimanere, talvolta, rozzi e poco coltivati, occasione di sorriso ironico per gli intellettuali? Ma fate che essi discorrano dell’impresa che han creato e diventano eloquenti ed inspirati al par del sacerdote e del poeta. Chi li ascolta si avvede di trovarsi dinnanzi a uomini sperimentati e sapienti, i quali hanno creato qualcosa che senza la loro opera non sarebbe esistito.” (ib., pp. 274-75).

Innovazione e gratuità I luoghi dell’innovazione sociale ed economica sono sempre stati luoghi di “eccedenza” rispetto al dovuto e agli interessi: luoghi di gratuità Dai benedettini ai francescani, dal movimento cooperativo a Yunus, si è stati capaci di fare “veramente economia” quando si è andati “oltre” la pura economia Anche oggi, l’economia, la banca, sarà capace di innovare davvero se si apre alla gratuità, con tutta la carica di rischio e di “ferita” che questa porta con sé.

Cinque direzioni per una economia dell’umano Indico cinque direzioni: A) superare la separazione tra “non-profit e for profit”: impresa civile/incivile B) rivalutare la gratuità C) rivalutare la povertà D) Sviluppo come reciprocità E) Valorizzare i carismi

DOMANDE 6.9.08 (pag. 1) 1. Etica protestante e capitalismo 2. Comunità sacrale: comunità native, economie non basate sul sistema di comunità “sacrale”: economie tradizionali non-sacrali ma orizzontali e “fraterne” 3. Bill gates (gratuità?!!): gratuità e “open source”, mouse, software libero, medicinali “terzo” mondo, diritti per autori, fotocopie (?), tutto ciò blocca lo sviluppo; TV, pubblicità (fuorviante), speculazione, mercati finanziari, risparmio …, attacco alle cooperative, …, ecc, acqua …

Pag. 2 (continua): cambiamento di rotta? 4. Stefano (industriale): inflazione, costo della vita, “che anno è?”; “zona critica”, o “zona opportunità”, come chiesa, per intervenire 5. Luca, assistente sociale: economisti di destra e di sinistra; se il PIL (prodotto interno lordo) non cresce siamo in crisi: c’è un’alternativa? 6. Bruna: si è liberi di scegliere la “quantità di I e di R”? 7. Piergiorgio (ONG: “Insieme si può”): gratuità ed educazione. Dal gratis alla gratuità. Il Sud e la gratuità: ritorno di interessi e di reputazione? Cooperazione italiana: i macchinari vanno acquistati in Italia 8. Bruno, pensionato (?): questa economia “consumista” e basata sui beni superflui, dove non si vede la “ferita”: dopo la Cina, l’India e l’Africa? E chi ha detto che il PIL debba sempre crescere?

pag. 3 9. Enrico (venditori di informatica): il PIL, come fattore di crescita: esiste una formula che indichi una felicità “pubblica”? 10. Ilaria, madre: come posso insegnare a mio figlio che cos’è la gratuità, l’amore/agape, il contratto, il do ut des, come si può insegnare la gratuità in un mondo di “squali”; posso garantire a mio figlio il mio stesso tenore di vita.

A) Oltre la separazione non/for profit Qual è lo scopo dell’impresa? La vera distinzione è tra impresa civile e incivile Se lo scopo è infatti il profitto allora tutto diventa strumentale e si crea un conflitto di interessi tra azioni, lavoratori, clienti, cittadini … Conflitto tra banche, imprese e famiglie

B) Il valore della gratuità La grande carestia che oggi affligge le nostre società di mercato è carestia di gratuità: Si confonde la gratuità con gratis, con prezzo zero. Invece la gratuità è la prima risorsa di qualunque comunità e società Una società che non apprezza la gratuità non ha futuro sostenibile, perché non ha più vocazioni, non ha più artisti, non ha più anime grandi! “Darei un patrimonio per un attimo di gratuità”

C) La “bella” povertà Solo chi ama la gratuità può capire e amare la povertà Non tutte le povertà sono maledizioni Rivalutare la povertà significa oggi affermare il primato della persona sulle cose, dei “beni” sulle “merci” Non c’è dono e festa senza amore per la povertà (pensiamo ai bambini di oggi)

D) Sviluppo come reciprocità e comunione Solo chi sa vedere nella povertà anche un valore, può davvero aiutare un povero, i paesi “più poveri”. Occorre guardare ad ogni popolo come portatore di un dono per gli altri, e non come dei “bisognosi” dei nostri aiuti (altrimenti ogni aiuto sarà paternalistico, e inefficace). Lo sviluppo è reciprocità.

E) carismi Siamo destinati inesorabilmente a questo tipo di rapporti nell’economia di domani? Credo di no, a condizione che siano all’opera nella società civile i “carismi”, che io intendo in modo ampio e laico come “dono di occhi diversi”.

“Chi” può incontrare l’altro oltre la sua ferita (e la ferita che io faccio a lui)? La storia ci ha mostrato che quando sono all’opera i carismi si riesce a vedere la benedizione oltre la ferita. Un carisma, che qui lo definisco come un dono di “occhi diversi” capaci di vedere cose che altri non vedono, sa infatti vedere l’abbraccio nascosto nel combattimento. “Oggi arriva la salvezza nella nostra parrocchia: una famiglia con sei bambini, tutti handicappati” (Don Milani)

Economia “carismatica” La storia dell’umanità, anche quella economica e sociale, è anche il frutto di questi carismi; Senza carismi non c’è progresso civile e umano: perché? Sono questi “doni” che “spostano in là i paletti dell’umano”; poi l’istituzione segue. La società civile è il luogo dei “pallini”

Carismi e povertà Un ambito dove i carismi svolgono un ruolo decisivo è quello della cosiddetta “lotta alla povertà” (un’espressione che non amo!).

Cura della povertà Nessuna forma di povertà può essere risolta senza amarla: solo chi sa vedere in quella forma di povertà qualcosa di bello riesce a redimerla i carismi redimono le povertà perché vedono nel povero, nel malato, nel carcerato, un valore. Un carisma è un dono che dà occhi per vedere un tesoro in una cosa che per gli altri è solo un problema “Non chiamateli problemi, chiamateli doni” (Teresa di Calcutta).

“Il mondo è popolato da carismi” Anche in questi anni si assiste ad una fioritura di carismi, per le mille battaglie di civiltà e di libertà, da Gandhi a Don Benzi …. Ci sono migliaia di carismi all’opera nell’economia sociale e civile di oggi, persone capaci di non fuggire di fronte ad un problema, ma restarne attratti, amarlo, e trasformare così la “ferita dell’altro” in benedizione.

Artisti Il carismatico assomiglia molto all’artista, e l’artista è certamente un portatore di un carisma. Mi raccontava un artista che lavora col legno: “ogni tanto trovo un pezzo di legno nel bosco, o nella catasta della mia baracca, e vi vedo dentro la scultura”. I carismatici sono così: in persone e situazioni che tutti gli altri scartano essi sanno vedere il capolavoro, sanno vedere la rosa con la spina, il risorto assieme al crocifisso. Chi non credesse alla presenza dei carismi nell’umanità dovrebbe spiegare la presenza e l’azione degli artisti.

Innovazione Non c’è sviluppo pienamente umano, e non c’è innovazione sociale senza i carismi. Il carisma innova, vede bisogni insoddisfatti, individua nuovi poveri, apre nuove strade alla solidarietà, spinge avanti i “paletti dell’umano” e della civiltà. Poi arriva l’istituzione che imita l’innovatore. Gli innovatori, quindi, sono presto raggiunti dalla istituzione (e per fortuna!), e se non sono capaci di nuove innovazioni, presto saranno indistinguibili dagli imitatori. L’innovazione continua è la sola via di sopravvivenza di realtà carismatiche.

Conclusione La grande sfida dell’economia e della società globalizzata di oggi è recuperare il valore del rapporto umano, con tutta la sua carica di sofferenza Se il mercato diventa il Nuovo Mediatore che ci impedisce di incontrarci, per non soffrire, ci impedisce alla lunga di vivere In ogni combattimento si nasconde un abbraccio

Conclusione: verso il “noi” dell'agape Il Cristianesimo vive ancora il tempo dell'aurora! Il noi della comunità non-fraterna doveva necessariamente tramontare: non era ancora il noi della comunità agapica L'umanità oggi attende dai cristiani una nuova comunità fraterna, il “noi dell'agape”: non indietro, ma avanti. In ogni combattimento si nasconde un abbraccio: ma occorrono “occhi nuovi” per vederlo, occhi nuovi donati dall'agape

Dedicato a tutti coloro che sanno amare le ferite degli altri, trasformandole in benedizioni L’abbraccio dell’altro