La storia dell’ Epigramma

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La storia dell’ Epigramma - L’epigramma letterario L’ epigramma in Grecia: le Origini -L’epigramma latino: dall’ età imperiale a Marziale

L’epigramma letterario Il termine “epigramma” è di derivazione greca,infatti deriva dal greco “epigrapho” che significa “scrivo su”(epì = “sopra” ,”grapho”= scrivo) ed equivale nella lingua latina al termine “inscriptio”. "Di Nestore…la coppa buona a bersi. Ma chi berrà da questa coppa subito lui prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona". Coppa di Nestore Coerentemente al significato di questo termine,l’epigramma indica propriamente quella che in origine era l’inscrizione funebre o di carattere commemorativo (in modo da poter ricordare fatti,luoghi e persone) che veniva incisa prevalentemente su pietra,oppure su bronzo. In ogni caso,non v’è dubbio che poteva anche,sotto una penna ispirata,diventare una vera e propria poesia (si pensi,ad esempio, agli epigrammi di Simonide di Ceo,risalenti al VI-V sec. a.C.)

L’epigramma divenne un vero e proprio genere letterario solo con l’ Ellenismo Momento in cui la poesia, come espressione di gusti e sensibilità nuovi,mutò dal punto di vista dei contenuti e dello stile. Del periodo originario restò all’epigramma la brevità compensata da ricchezza di contenuto e da perfezione tecnica e stilistica. Lo scopo preponderante, però, di colpire il lettore attraverso le suggestioni, finì poi per soffocare sotto il peso di un’erudizione eccessiva. I temi fondamentali contenuti in un epigramma sono: Lo sfogo confidenziale dei sentimenti Motivi conviviali di invito alla gioia Riflessioni sulla caducità dei beni terreni Temi satirici,indovinelli scherzi dal punto di vista metrico.

In Grecia il genere epigrammatico ha le sue radici in tempi antichissimi Ma comunque,ha delle attestazioni in tutto il corso della letteratura greca,infatti i primi epigrammi greci risalgono al VII sec. a.C. (ad esempio quelli di Archiloco ),di tipo: votivo sepolcrale La fioritura vera e propria del genere si realizzò però solo nell’età ellenistica,diventando una delle forme principali della lirica

ANTOLOGIA PALATINA Raccolta di 3700 epigrammi greci, composti dall'età classica all'età bizantina, cosiddetta per essere stata scoperta, nel 1607, in un codice della biblioteca dell'elettore palatino di Heidelberg (codice gr. 23), dall'umanista francese Claudio Salmasio (Claude de Saumaise, Semur-en-Auxois 1588 - Spa 1653). Deriva in gran parte dall'Antologia di Costantino Cefala, un erudito della prima metà del sec. X al servizio dell'imperatore di Costantinopoli Costantino VII Porfirogenito (905-959). Cefala riunì 3 raccolte precedenti: la Corona, la prima antologia di epigrammi, pubblicata da Meleagro di Gadara (sec. II-I aC), contenente carmi attribuiti a una cinquantina di poeti, da Archiloco a Meleagro stesso; la Corona (ca. 40 dC) di Filippo di Tessalonica, contenente poeti da Meleagro a Filippo di Tessalonica stesso; e il Ciclo (ca. 560) di Agazia di Mirina. Un l. XV fu aggiunto all’Antologia Palatina: in cui sono riportati 388 epigrammi estratti dall’“Appendix Planudea” di Massimo Planude, un monaco bizantino.

In realtà fu solo Catullo che diede una vera e propria dignità al genere letterario,nel I sec. a.C. A Roma l’epigramma fece il suo ingresso solo sullo scorcio del II sec. a.C. Soltanto lui seppe dare, con attenta e sincera commozione e con toni di immediatezza, un’idea reale all’esperienza amorosa e umana,molto sofferta e vissuta. Dopo Catullo Solo con l’avvento dell’impero possiamo assistere ad una ulteriore fioritura della poesia epigrammatica,ma ora in essa prendono un forte sopravvento i toni scherzosi satirici Catullo (84-83 a.C.-54 a.C)

Proprio a Roma il genere torna in auge solo con Marziale che cercherà di rivalutare l’epigramma in modo da divenire un vero e proprio modello per tutti gli scrittori latini dell’età moderna,applicando alcune modifiche tecniche nella stesura stessa degli epigrammi. In cosa però consiste l’orginalità e la novità nella tecnica di Marziale? La caratteristica peculiare degli epigrammi dell’autore è l’introduzione della vena comica. Infatti: 1 °parte del carme: è apparentemente seria e ricca di contenuti,in modo tale da rappresentare la società che si muove intorno a lui,piuttosto che la sua interiorità; 2° parte del carme : tale serietà viene completamente ribaltata da un distico conclusivo che contiene una battuta a sorpresa . La raccolta più significativa di epigrammi scritti da Marziale risale all’85 d. C. ed è divisa in 12 libri. Tali componimenti non riuscirono però ad arginare la sua pessima condizione sociale: non a caso, egli vagheggia in questi epigrammi il suo stile di vita basato su: -esistenza semplice -esistenza appartata e a contatto con la natura; “a me piacciono un focolare ed un tetto che non disdegna il fumo che lo annerisce. Una fonte fresca e l’erba incolta” (2,90,7-10)

Marziale è il maestro insuperato dell’epigramma comico-giocoso Marziale è il maestro insuperato dell’epigramma comico-giocoso. Egli lo costruisce con grande abilità,in modo da conferire in aspettato e sorprendente rilievo alla “punta” comica finale. Anzitutto egli prepara accuratamente la battuta finale creando la necessaria tensione d’attesa; inoltre ricorre alla massima concretezza di rappresentazione scegliendo soggetti interessanti e indulgendo in particolari realistici (diversamente,dagli epigrammi greci del I sec. d.C.,che si limitano per lo più a riprodurre “tipi” generici); usa nomi propri – anche se per lo più fittizi – allo scopo di risvegliare maggiormente l’attenzione dei lettori,sempre lieti di sentir dir male del prossimo;anche nelle puntate più sarcastiche non abbandona mai il fondamentale tono giocoso,per non guastare l’effetto comico; infine,adopera uno stile semplice e scorrevole. In questi epigrammi di comicità “dinamica”- nei quali,cioè,ogni verso avvia alla soluzione comica finale – Marziale è grandissimo; forse più sbiadito appare in quelli di comicità “statica”, in cui, cioè, il comico si presenta fin dall’inizio nei tratti descrittivi o nelle metafore. (P. Frassinetti, “Storia della letteratura latina”, Minerva Italica, Bergamo, 1968,pp.315-316)

In effetti,perché ridiamo? In sostanza,Marziale fa della poesia epigrammatica lo strumento per descrivere la corruzione romana in tutte le sue sfaccettature,in vena comica,un aspetto che ci dimostra la sua totale insensibilità nei confronti delle “distrazioni” dei suoi simili,e della rigidità di alcuni,atteggiamento tipico di chi si isola e si avvia alle maggiori manie. In effetti,perché ridiamo? Cervasato,nella “Prefazione a Bergson”, “Il riso,saggio sul significato del comico” (1922) afferma: “Il riso è un’arma che la società adopera contro i suoi membri che tendono ad appartarsi. Essa punisce,l’isolato che è insocievole o si avvia a divenirlo. Poiché la nostra “elasticità mentale” deriva dal continuo contatto col mondo,avviene che chi si isola si irrigidisce e avvia il suo essere lungo linee non più elastiche ma automatiche.” Si può, quindi,facilmente avvertire come nonostante il variare dei tempi e delle circostanze,la natura dell’uomo si presenti con atteggiamenti di fondo sempre costanti.

Fine