ETNIE E MIGRAZIONI.

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Transcript della presentazione:

ETNIE E MIGRAZIONI

Contenuti della lezione: I concetti principali Discriminazione e integrazione Le migrazioni Gli stranieri in Italia

Parte I: i concetti principali

L’etnia si riferisce ai tratti culturali che contraddistinguono una determinata comunità di persone  le differenze etniche sono completamente apprese (teoria primordialista vs teoria strumentalista). I principali fattori che distinguono un gruppo etnico sono: la lingua; la storia; la stirpe (reale o immaginata); la religione; le usanze; l’alimentazione; l’abbigliamento; gli ornamenti.

L’etnia è un attributo di tutti gli individui che compongono una popolazione, ma solitamente l’etnia è associata alle minoranze. I membri di una minoranza etnica (o di un gruppo minoritario) sono svantaggiati rispetto alla maggioranza della popolazione e condividono un senso di solidarietà e di appartenenza comune. Il termine ‘minoranza’ ha un significato non solo quantitativo, ma anche e soprattutto qualitativo  esso indica la posizione subordinata di un gruppo all’interno della società, piuttosto che la sua consistenza quantitativa.

I pregiudizi possono essere: I pregiudizi sono opinioni e atteggiamenti preconcetti dei membri di un dato gruppo verso gli appartenenti a un altro gruppo. - sono dettati dal ‘sentito dire’, piuttosto che dall’esperienza diretta; - faticano a cambiare anche di fronte a nuovi elementi di informazione. I pregiudizi possono essere: negativi positivi

I pregiudizi spesso di fondano sugli stereotipi  caratterizzazioni rigide e tendenzialmente immutabili di un gruppo. Gli stereotipi possono: contenere un fondo di verità, condito di esagerazioni; derivare da un meccanismo di dislocamento  sentimenti di ostilità o di rabbia vengono diretti verso oggetti che non sono la reale fonte della tensione (capro espiatorio).

ci può essere pregiudizio senza discriminazione La discriminazione riguarda comportamenti effettivi verso i membri di un determinato gruppo, che li escludono da opportunità riservate ad altri. Il pregiudizio è spesso il presupposto della discriminazione, ma i due fenomeni possono anche verificarsi separatamente: ci può essere pregiudizio senza discriminazione ci può essere discriminazione senza pregiudizio

Il razzismo può essere di tipo: Il razzismo è la credenza che certi individui siano superiori ad altri sulla base di differenze razzializzate. Il razzismo può essere incorporato nella struttura e nel modo di funzionare di una società  razzismo istituzionale. Il razzismo può essere di tipo: biologico culturale basato sulle differenze fisiche  ormai raro nella società odierna sfrutta il concetto di diversità culturale per discriminare certi gruppi

Parte II: discriminazione e integrazione

Studio sulla personalità autoritaria di T.W. Adorno Interpretazioni psicologiche del razzismo e della discriminazione etnica Individui e gruppi, ricorrendo a stereotipi, scaricano la loro conflittualità su un capro espiatorio, cui viene attribuita la colpa di ogni problema Alcune esperienze di socializzazione sollecitano gli individui a usare il meccanismo della proiezione: inconscia attribuzione ad altri di propri desideri o caratteristiche Studio sulla personalità autoritaria di T.W. Adorno

Interpretazioni sociologiche del razzismo e della discriminazione etnica Evidenziano i processi sociali che danno vita alle concrete forme di discriminazione e utilizzano i concetti di: etnocentrismo: diffidenza verso i membri di altre culture, giudicate nei termini della propria e della sua presunta ‘superiorità’; chiusura di gruppo: processi attraverso i quali un gruppo preserva i confini che lo separano da altri gruppi  meccanismi di ‘esclusione’; allocazione differenziale delle risorse: distribuzione diseguale dei beni materiali  l’intensità del conflitto etnico è massima.

I modelli di integrazione etnica prevalentemente adottati nelle società multietniche sono: l’assimiliazione: prevede l’abbandono di usi e costumi tradizionali da parte degli immigrati e la loro adesione ai valori e alle norme della maggioranza; il crogiolo (o melting pot): si cerca di mescolare le diverse tradizioni in nuove forme capaci di rielaborare i modelli culturali esistenti; il pluralismo culturale: promuove lo sviluppo di una società genuinamente pluralistica, nella quale è riconosciuta uguale dignità alle diverse subculture.

L’eterogeneità etnica può costituire: una grande ricchezza sociale una grande fragilità sociale Oggi, molti dei conflitti che infestano il globo sono basati su divisioni etniche e nel corso di questi conflitti si verificano tentativi di: - pulizia etnica: creazione di aree etnicamente omogenee attraverso l’espulsione forzata delle altre etnie; genocidio: eliminazione sistematica di un gruppo etnico da parte di un altro.

Parte III: le migrazioni

Le migrazioni (o movimenti migratori) si compongono di due processi: Immigrazione Emigrazione Afflusso in un paese di persone che hanno abbandonato altri paesi. L’uscita da un paese di persone che intendono stabilirsi in altri paesi. I movimenti migratori: - accentuano la diversità etnica e culturale di una società; - contribuiscono a determinare la dinamica demografica, economica e sociale.

Gli studiosi hanno identificato quattro modelli migratori: modello classico: l’immigrazione è largamente incoraggiata e la promessa della cittadinanza è estesa a tutti i nuovi venuti (es. Canada, Usa e Australia); modello coloniale: favorisce l’immigrazione dalle ex colonie (es. Francia e Gran Bretagna); modello dei ‘lavoratori ospiti’: prevede l’immigrazione su base temporanea, per rispondere a richieste del mercato del lavoro, ma non la concessione dei diritti di cittadinanza (es. Germania, Svizzera e Belgio); modelli illegali: ingresso illegale di immigrati in un paese.

Quali forze stanno dietro ai movimenti migratori globali? Le prime teorie delle migrazioni si sono concentrate su: fattori di push (spinta): problemi interni al paese d’origine (es. guerre, carestie, oppressione politica) che spingono le persone all’emigrazione; fattori di pull (attrazione): caratteristiche dei paesi di destinazione (es. lavoro, libertà) che attirano gli immigrati. Oggi gli studiosi delle migrazioni adottano un approccio ‘sistemico’  i modelli migratori globali sono considerati ‘sistemi’ prodotti da interazioni tra processi macro e micro.

Le principali tendenze capaci di caratterizzare i modelli migratori dei prossimi anni sono: accelerazione: aumenta il numero di migranti da un paese all’altro; diversificazione: molti paesi sono destinatari di un’immigrazione più diversificata che in passato; globalizzazione: le migrazioni assumono un carattere sempre più globale; femminilizzazione: aumento dell’emigrazione femminile legata ai cambiamenti del mercato del lavoro globale.

Diaspora  processo per cui un’etnia abbandona il luogo di insediamento originario per disperdersi in altri paesi, spesso sotto costrizione o a causa di circostanze traumatiche. A seconda delle forze propulsive che determinano la dispersione di una popolazione, Cohen distingue cinque categorie di diaspore: diaspora di vittime (africani, ebrei e armeni); diaspora imperiale (britannici); diaspora di lavoratori (indiani); diaspora di commercianti (cinesi); diaspora culturale (caraibici).

Qualsiasi tipo di diaspora deve soddisfare i seguenti criteri: trasferimento, forzato o volontario, da una patria di origine a uno o più nuovi paesi; ricordo comune della patria di origine, impegno per la sua preservazione e speranza di tornarvi; senso di identità etnica più forte del tempo e delle distanze; senso di solidarietà verso i membri dello stesso gruppo etnico che vivono nell’area della diaspora; tensione nei confronti delle società ospiti; capacità di apportare un contributo creativo al pluralismo delle società ospiti.

Le migrazioni del XX secolo hanno trasformato il volto di molti paesi europei e si possono distinguere alcune fasi: primi due decenni del secondo dopoguerra: i paesi mediterranei prestavano a quelli nord-occidentali manodopera a buon mercato; esaurimento del boom economico: rallentamento dell’immigrazione di lavoratori verso l’Europa occidentale; caduta del muro di Berlino (1989): nuove migrazioni a seguito dell’apertura delle frontiere fra est e ovest; guerra nella ex Jugoslavia: esodo di 5 milioni di rifugiati verso altri paesi europei.

L’immigrazione da paesi extra-Ue è oggi una delle questioni più pressanti dell’agenda politica di molti Stati dell’Unione europea. I paesi che hanno aderito agli accordi di Schengen consentono il libero ingresso dagli altri paesi firmatari  gli immigrati irregolari che riescono a entrare in uno qualsiasi dei paesi aderenti possono poi muoversi senza impedimenti in tutto lo spazio di Schengen. Oggi la maggior parte dei paesi dell’Ue limita fortemente l’immigrazione legale  gli episodi di immigrazione irregolare tendono a moltiplicarsi.

Parte IV: gli stranieri in Italia

Le principali fonti statistiche sull’immigrazione in Italia sono: l’ISTAT e la CARITAS\MIGRANTES; al I gennaio 2009, gli stranieri residenti in Italia erano quasi 4.000.000 (6,5% della popolazione) (più che raddoppiati tra il 2001 e il 2008); di questi, più del 13% sono nati in Italia (seconda generazione). Circa la metà degli stranieri in Italia ha un’età compresa tra i 25 e i 44 anni; il 42% vive in famiglie monopersonali nel complesso, gli stranieri residenti in Italia sono il 5,8% della popolazione complessiva (dato in linea con quello di paesi di più antica immigrazione, come Francia e Regno Unito); Più della metà dei residenti stranieri provengono dall’Europa centro- orientale; nell’ordine, i principali paesi di provenienza degli immigrati sono: 1) Romania 2) Albania 3) Marocco 4) Cina 5) Ucraina; oltre il 60% degli stranieri residenti nel nostro paese, vive nel nord Italia. Dal punto di vista dell’istruzione, il 38,4% ha un diploma di scuola media superiore ed il 10,5% una laurea.

Nel 2008 le forze di lavoro straniere rappresentano il 7,6 per cento del totale; il tasso di attività della popolazione straniera supera di oltre dieci punti percentuali quello della popolazione italiana. Risultano più elevati anche il tasso di occupazione degli stranieri (67,1 a fronte di 58,7) e il tasso di disoccupazione (8,5 per gli stranieri e 6,7 per gli italiani); gli stranieri in Italia sono spesso sotto-occupati.