Divina La Commedia o Divina Commedia Originariamente Comedìa;

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Divina La Commedia o Divina Commedia Originariamente Comedìa; l'aggettivo Divina attribuito da Boccaccio, si ritrova solo a partire dalle edizioni a stampa cinquecentesche; Divina nel senso che tratta delle cose divine, di Dio.

Commedia La parola greca κωμῳδία, "comodìa", composta di κῶμος, "Kòmos", corteo festivo e ᾠδή, "odè", canto, indica come questa forma di drammaturgia sia lo sviluppo in una forma compiuta delle antiche feste propiziatorie in onore delle divinità elleniche, con probabile riferimento ai culti dionisiaci Per i padri della lingua italiana, il vocabolo indicava un componimento poetico che comportasse un lieto fine, e il cui stile fosse 'medio': doveva collocarsi a metà strada fra la tragedia e l'elegia. Dante intitolò comedìa il suo poema considerando invece l’Eneide di Virgilio una tragedìa.

Semplicemente un paradosso Usare un genere come la commedia, che di solito tratta di cose umili, volgari, per parlare di Dio, e’ un paradosso per il tempo di Dante.

Cos’è? è un poema del fiorentino Dante Alighieri, scritto in terzine incatenate di versi endecasillabi, in lingua volgare toscana. Composta secondo la critica tra il 1304 e il 1321, la Commedia è una delle più importanti testimonianze letterarie della civiltà medievale e una delle più grandi opere della letteratura universale, conosciuta e studiata in tutto il mondo. L'opera ebbe immediatamente uno straordinario successo. Il testo, del quale non si possiede l'autografo, fu infatti copiato dai primissimi anni della diffusione dell'opera e fino all'avvento della stampa, in un ampio numero di manoscritti. Parallelamente si diffuse la pratica della chiosa e del commento al testo, dando vita ad una tradizione di letture e di studi danteschi mai interrotta fino alle edizioni moderne; si parla così di secolare commento. La vastità delle testimonianze manoscritte della Commedia ha comportato una oggettiva difficoltà nella definizione del testo critico. Oggi si dispone di un'edizione di riferimento realizzata da Giorgio Petrocchi.

Cosa contiene? Il poema è diviso in tre parti, chiamate cantiche Inferno, Purgatorio e Paradiso) ognuna delle quali composta da 33 canti (tranne l'Inferno, che contiene un ulteriore canto proemiale). Il poeta narra di un viaggio attraverso i tre regni ultraterreni che lo condurrà fino alla visione della Trinità.

Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

Nel mezzo? Cos’è accaduto prima? Icipit Vita Nova Proemio In quella parte del libro de la mia memoria, dinanzi a la quale poco si potrebbe leggere, si trova una rubrica la quale dice: "Incipit vita nova". Sotto la quale rubrica io trovo scritte le parole le quali è mio intendimento d'asemplare in questo libello; e se non tutte, almeno la loro sentenzia.

Parole chiave del proemio Libro della memoria: metafora medievale consueta per indicare la memoria Rubrica: Capitolo (continua la metafora del libro) Incipit vita nova: Inizia una nuova vita Trovo: Il poeta non inventa, ma racconta dei fatti, partendo dal documento che è la sua memoria Assemplare: di raccogliere Sentenzia: il valore simbolico, esemplare, quindi educativo per chi legge. Il poeta si fa maestro.

Cos’é la Vita Nova? Un libello, quindi un piccolo componimento, semplice, non impegnativo Un prosimetro: una raccolta delle liriche composte fino a quel momento dal poeta. Ai componimenti tuttavia viene fatta precedere una parte di prosa che spiega, informa, integra quanto viene detto dalla poesia.

La novità assoluta del prosimetro Qual’è la funzione della prosa? Introdurre un componimento e di seguito a esso dare un commento retorico. Dare un senso profondo ed unitario alla poesia un senso di svolgimento unitario di una decisa vicenda interiore. Aiutare la comprensione del miracolo che quei fatti narrano, riaffermare quanto dice la poesia. Tutti i poeti precedenti avevano semplicemente messo insieme dei canzonieri, liriche semplicemente giustapposte.

La prima apparizione di Beatrice Nove fiate già appresso lo mio nascimento era tornato lo cielo de la luce quasi a uno medesimo punto, quanto a la sua propria girazione, quando a li miei occhi apparve prima la gloriosa donna de la mia mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice, li quali non sapeano che si chiamare. Ella era in questa vita già stata tanto, che ne lo suo tempo lo cielo stellato era mosso verso la parte d'oriente de le dodici parti l'una d'un grado, sì che quasi dal principio del suo anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi da la fine del mio nono. Apparve vestita di nobilissimo colore, umile ed onesto, sanguigno, cinta e ornata a la guisa che a la sua giovanissima etade si convenia.

Parole chiave di questo I capitolo Nove, …nono, …nono: è il numero della trinità al quadrato, un numero importantissimo per la simbologia medievale. Gloriosa donna: Beatrice è gia’ morta ed è nella gloria di Dio. Donna=domina della mia mente. Beatrice, li quali non sapevano che si chiamare: il nome significa: colei che dà beatitudine, ma la gente non lo sa. Cordinate astronomiche: rientrano nella concezione astronomica tolemaica.

Legenda Sanctae Beatricis Dante ci dice che è già morta e in Paradiso, con i santi. Attenzione a rendere le coordinate dei momenti storici. La memoria della vita, un’autobiografia, ma con al centro un miracolo. Porta beatitudine

In quello punto dico veracemente che lo spirito de la vita, lo quale dimora ne la secretissima camera de lo cuore, cominciò a tremare sì fortemente che apparia ne li mènimi polsi orribilmente; e tremando, disse queste parole: «Ecce deus fortior me, qui veniens dominabitur mihi». In quello punto lo spirito animale, lo quale dimora ne l'alta camera ne la quale tutti li spiriti sensitivi portano le loro percezioni, si cominciò a maravigliare molto, e parlando spezialmente a li spiriti del viso, sì disse queste parole: «Apparuit iam beatitudo vestra».

In quello punto lo spirito naturale, lo quale dimora in quella parte ove si ministra lo nutrimento nostro, cominciò a piangere, e piangendo, disse queste parole: «Heu miser, quia frequenter impeditus ero deinceps!». D'allora innanzi dico che Amore segnoreggiò la mia anima, la quale fu sì tosto a lui disponsata, e cominciò a prendere sopra me tanta sicurtade e tanta signoria per la vertù che li dava la mia imaginazione, che me convenia fare tutti li suoi piaceri compiutamente. Elli mi comandava molte volte che io cercasse per vedere questa angiola giovanissima; onde io ne la mia puerizia molte volte l'andai cercando, e vedèala di sì nobili e laudabili portamenti, che certo di lei si potea dire quella parola del poeta Omero: "Ella non parea figliuola d'uomo mortale, ma di Deo".

E avegna che la sua imagine, la quale continuamente meco stava, fosse baldanza d'Amore a segnoreggiare me, tuttavia era di sì nobilissima vertù, che nulla volta sofferse che Amore mi reggesse sanza lo fedele consiglio de la ragione in quelle cose là ove cotale consiglio fosse utile a udire. E però che soprastare a le passioni e atti di tanta gioventudine pare alcuno parlare fabuloso, mi partirò da esse; e trapassando molte cose, le quali si potrebbero trarre de l'esemplo onde nascono queste, verrò a quelle parole le quali sono scritte ne la mia memoria sotto maggiori paragrafi.

Aspettando la Commedia XLII. [XLIII] Appresso questo sonetto, apparve a me una mirabile visione, ne la quale io vidi cose che mi fecero proporre di non dire più di questa benedetta, infino a tanto che io potesse più degnamente trattare di lei. E di venire a ciò io studio quanto posso, sì com'ella sae veracemente. Sì che, se piacere sarà di colui a cui tutte le cose vivono, che la mia vita duri per alquanti anni, io spero di dicer di lei quello che mai non fue detto d'alcuna. E poi piaccia a colui che è sire de la cortesia, che la mia anima se ne possa gire a vedere la gloria de la sua donna: cioè di quella benedetta Beatrice, la quale gloriosamente mira ne la faccia di colui "qui est per omnia secula benedictus".

I prodromi del poema Mirabile visione: la visione dell’altro mondo Degnamente trattare: Dante vuole una poesia nuova e un’opera nuova perche’ il contenuto della sua opera e’ senza precedenti. Gloria: Ritorna al principio dell’pera che e’ stata come un falsh back voluto e seguitato dalla visione di Beatrice in gloria di Dio Qui est per omnia…: L’uso della citazione evangelica in latino si riferisce questa volta a Dio mettendo insieme, per la prima volta nella storia dell’amor cortese, il dio Amore e il Dio cristiano in una identificazione totale