La verità e l’intelletto

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Transcript della presentazione:

La verità e l’intelletto Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 4

Diversi tipi di intelligenza Umana: Pratica (a) Speculativa (b) Divina (c)

L’intelligenza umana pratica È causa del prodursi delle cose artificiali e la misura della loro verità L’artefice realizza l’opera in accordo con l’idea della propria mente La verità dell’artefatto dipende dall’adeguazione di esso con il modello ideale della mente

L’intelligenza umana speculativa Riceve dalle cose la conoscenza che possiede e quest’ultima è causata da esse L’intelligenza accoglie le cose come sono Le cose stesse sono la misura e la regola della verità dell’intelligenza speculativa

L’intelligenza divina È causa e misura della verità di tutte le cose essendo origine del loro essere Pertanto la verità dell’intelligenza divina misura la verità delle cose, che misurano la verità dell’intelletto umano speculativo L’artefice umano è causa solo del prodursi (a partire da un ente) ed il suo intelletto misura la verità solo degli artefatti

Sintesi La verità sta nell’intelletto divino in modo proprio e primario (proprie et primo) La verità sta nell’intelletto umano in modo proprio e secondario (proprie et secundario) La verità sta nelle cose in modo improprio e secondario (improprie et secundario) poiché è in esse in relazione alle altre due verità, anche se è causa della verità dell’intelletto umano

Esaltazione della prassi Alcune ideologie moderne intendono la verità soprattutto nel senso dell’intelligenza pratica Cartesio (filosofia per dominare la natura), Kant (la conoscenza è un fare) e Marx (la verità è fatta dalla storia) Ideologia: teoria filosofica al servizio del successo politico senza rispetto per la verità speculativa

Verità e intelletto umano La verità predicata delle cose da un intelletto umano è per esse accidentale L’essere delle cose non dipende dalla conoscenza che ne può avere l’uomo È poco ciò che l’uomo conosce e la realtà non aspetta i nostri giudizi per esistere in forme tanto diverse e sorprendenti

Verità e intelletto divino La verità delle cose, predicata dall’intelletto divino, le costituisce in ciò che sono Che la verità si trovi principalmente nell’intelletto si intende in primo luogo rispetto a quello divino La verità delle cose è un partecipazione della Verità piena infinita. “Noi conosciamo le cose perché sono, ma esse sono perché Tu le conosci” (S. Agostino)

La Verità divina Tutta la verità si riconduce, come al suo principio, alla Verità per essenza, Dio In Dio il conosciuto si identifica con l’intelletto e c’è perfetta adeguazione, pertanto Dio è la Prima e Somma Verità Tutte le cose sono vere in virtù dell’unica Verità divina, ma allo stesso tempo si può dire che ci sono molte verità nei molti enti e nei molteplici intelletti che le conoscono

Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 5 La verità e l’ente Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 5

Verità, conoscenza e realtà La conoscenza termina nell’anima: il conosciuto sta nel conoscente in modo immateriale Ma, una volta che la cosa esistente ha mosso l’intelletto, la cosa conosciuta muove la facoltà appetitiva dell’anima, che si dirige verso la cosa esistente Per questo Aristotele pensa a un “circolo”

Cose e oggetti Oggetto è la presenza (parziale e limitata) della cosa reale al soggetto conoscente; non è né la cosa stessa, né una proprietà reale della cosa Oggetto è il termine dell’atto conoscitivo che ha una dimensione essenziale ed intenzionale in riferimento alla cosa reale L’oggettività è lo stato gnoseologico assunto dalle cose in quanto conosciute (in atto o potenzialmente) secondo la loro propria realtà

Immanentismo e soggettivismo Si possono avere gnoseologie che ammettono una relazione soggetto-oggetto senza uscire dall’immanentismo (Fichte, Hegel e Kant) La verità è adeguazione dell’intelletto con la cosa e non con l’oggetto; l’oggetto è un mediatore intenzionale tra l’intelletto e la cosa Ogni atto conoscitivo coglie in modo intenzionale una parte della cosa reale, che in se stessa è inesauribile

Ente e cosa Per Avicenna ente indica l’atto di essere e cosa indica la quiddità o essenza dell’ente, però “cosa” indica un essere compiuto e stabile della natura, un ente con essenza ed esistenza reali Per S. Tommaso l’ente è costituito da essenza ed atto di essere ed afferma: “La verità si fonda sull’essere della cosa, più che sulla quiddità[…]”, dunque la verità si fonda sull’essere come atto

L’atto di essere, fondamento della verità S. Tommaso supera formalismo, logicismo e immanentismo: L’atto di essere non è un contenuto formale, ma ciò che attua tutte le determinazioni formali Esso non è neppure il caso esistenziale di una struttura logico-formale Infine non è posto dal soggetto come pretende la tesi kantiana L’atto di essere costituisce il principio interno di auto-posizione reale dell’ente concreto, la causa e l’ultimo termine di riferimento della verità della conoscenza

Il vero e l’ente Il vero è un concetto trascendentale, non categoriale (non esprime una modalità specifica dell’ente) Manifesta la relazione di convenienza con l’intelletto e la ragione di vero contiene un senso diverso dalla ragione di ente, ma vero ed ente hanno la stessa estensione di significato: tutto ciò che è ente, è vero; e tutto ciò che è vero, è ente, anche quando il vero sia un ente di ragione Le relazioni logiche, p.e., sono enti di ragione, ma cum fundamento in re

Una cosa è conoscibile in quanto è in atto La nozione di ente è ciò che il nostro intelletto coglie per prima cosa ed il primo giudizio veritativo è: questo è Non vi sono nozioni più semplici e fondamentali L’ente è conoscibile in quanto è ente, e non è ente perché e conoscibile L’attualità di un ente è ciò che lo fa emergere dal nulla e, quindi, manifestarsi alla conoscenza

L’origine della verità Le cose finite partecipano dell’essere e, nella stessa misura, partecipano della verità Solo l’Atto puro è la Verità piena e illimitata, causa ultima di tutte le verità Ciò che è più ente, è anche più verità La verità è luce dell’intelletto e lo stesso Dio è regola di ogni verità

Verità e linguaggio Il linguaggio umano è illuminante se i concetti hanno relazione con la Verità prima Esso è locuzione, ma non sempre illuminazione: la locuzione esprime la dipendenza dalla volontà umana di colui che parla, mentre l’illuminazione si riferisce al contenuto che trasmette (se si riferisce o meno alla realtà delle cose) “Lo studio della filosofia non è ordinato alla conoscenza delle opinioni degli uomini, ma ad apprendere la verità delle cose”

La verità nella conoscenza Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 6

Verità logica e verità ontologica Chiamiamo verità logica la conoscenza dell’adeguazione tra l’intelletto e la cosa conosciuta Chiamiamo verità ontologica la proprietà dell’ente per cui esso è intelligibile La verità ontologica o materiale è ciò che abbiamo chiamato verità delle cose o verità degli enti

Verità logica e conoscenza sensibile La verità logica non si trova nella conoscenza sensibile non perché i sensi ci ingannino, ma perché i sensi non conoscono l’adeguazione tra la percezione e la cosa percepita La potenza sensibile non è riflessiva e la coscienza di sentire non è propria dei sensi, ma dell’intelletto

Verità logica e semplice apprensione Anche nella semplice apprensione, con cui si forma un concetto corrispondente alla quiddità di una cosa, non si ha ancora verità logica La semplice apprensione è un’operazione mentale semplice che, di per sé, non è né vera né falsa L’adeguazione con la cosa è conosciuta in modo implicito

Verità logica e giudizio La verità logica si trova propriamente nel giudizio dell’intelletto (si era già visto che la verità si trova principalmente nell’intelletto e non nelle cose) Quando giudica con verità l’intelletto forma una proposizione conforme alla realtà della cosa Nella proposizione si attribuisce o si nega ad un soggetto una forma espressa dal predicato

Il “ritorno” del giudizio Nel giudizio si ha un ritorno all’essere reale della cosa: riflettendo sulla semplice apprensione, componendo soggetto e forma, riconoscendo la convenienza dei termini e dando l’assenso che implica un “impegno ontologico” nel dichiarare la realtà del giudizio

Semplice apprensione e giudizio Nella semplice apprensione, la mente umana possiede una somiglianza con la cosa, ma ancora non ne è consapevole Nel giudizio riflette sulla similitudine stessa, conoscendola: riconosce l’adeguazione tra cosa e concetto ed è consapevole di conoscere la cosa reale

Dimensione riflessiva della verità La dimensione riflessiva è presente in ogni giudizio e non occorre un ulteriore giudizio esplicitamente riflessivo Se la verità di un giudizio richiedesse un altro giudizio riflessivo, si avrebbe un processo all’infinito che non porta a nulla Questo girare a vuoto della riflessione è conseguenza dell’ignoranza della riflessività originaria

De Veritate, q. 1, a. 9 “La verità segue all’operazione dell’intelletto, in quanto il giudizio di questo si riferisce alla cosa così come essa è: ma la verità è conosciuta dall’intelletto soltanto quando quest’ultimo riflette sul proprio atto; e non unicamente in quanto l’intelletto conosce il proprio atto, ma in quanto conosce l’adeguazione fra sé e la cosa; l’adeguazione a sua volta non può essere conosciuta se non si conosce la natura del proprio atto. D’altra parte, quest’ultima non può essere conosciuta se non si conosce la natura del principio attivo, cioè il proprio intelletto, cui spetta per essenza di conformarsi alle cose. Quindi, l’intelletto conosce la verità in quanto riflette su se stesso”.

L’intelletto ritorna su se stesso La conoscenza implica che l’intelletto ritorni su se stesso, conoscendo il proprio atto, la relazione tra l’atto conoscitivo e la cosa e quindi, la propria natura e la natura del conoscere, che consiste nel conformarsi alle cose “La ragione di ciò sta nel fatto che le sostanze più perfette, come le intellettuali, ritornano sulla loro essenza con un ritorno completo”

Continuità tra conoscenza sensibile e conoscenza intellettuale Non sono propriamente i sensi o l’intelletto a conoscere, ma è l’uomo che conosce attraverso di essi La conoscenza della corrispondenza delle nostre idee alla cosa è possibile solo se si ha una certa conoscenza intellettuale delle cose singolari e quindi se vi è continuità tra conoscenza sensibile e conoscenza intellettuale

Verifica sperimentale dei giudizi Non è necessaria perché: L’esperienza sensibile delle scienze “positive” consiste in un cumulo di sensazioni isolate e non è la percezione completa (sensibile-intellettuale) Non tutti i giudizi singolari, ottenuti al termine di un ragionamento, sono sperimentabili; però sono sperimentabili le realtà corporee dalle quali il ragionamento è iniziato

Adeguazione e riflessione Nella gnoseologia classica l’adeguazione avviene nel giudizio, in cui l’intelletto riflette sulla realtà conosciuta Adeguazione e riflessione devono essere entrambe coniugate correttamente Il positivismo ha escluso gli aspetti riflessivi; l’ermeneutica rischia di eliminare l’adeguazione, accontentandosi di una coerenza interna