Il primo concetto dell’intelletto

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Transcript della presentazione:

Il primo concetto dell’intelletto Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 19

L’apertura trascendentale alla realtà Il nostro intelletto è aperto alla realtà L’apertura di un essere a tutto l’essere è la prima caratteristica dell’intelletto che precede qualunque altra apprensione Per evidenza immediata, davanti alle cose, sappiamo che esse sono Di conseguenza la prima nozione raggiunta dal nostro intelletto è quella di ente, ciò che è

La nozione di ente Esprime il primo giudizio veritativo: “questo è” L’ente, a livello dell’intelletto, è il primum cognitum È il primum trascendentale poiché è principio di ogni conoscenza intellettuale, la quale contiene sempre la nozione di ente Non si tratta di una precedenza temporale, ma di un primato nozionale

La nozione di ente non è semplice Non è semplice la realtà alla quale si riferisce: l’ente, participio presente del verbo essere L’ente, fin dall’inizio, anche se in modo impreciso e non formale, appare come una struttura composta di soggetto e atto L’ente, descrivibile come “ciò che è”, si compone di un qualcosa (il soggetto: “ciò che”) che possiede l’essere (l’atto: “che é”)

Non è una nozione a priori L’origine delle prime nozioni e dei primi principi sta nell’esperienza sensibile Il concetto di ente è la prima illuminazione intellettuale dell’esperienza sensibile più elementare, principio di realtà e di intelligibilità L’esperienza prosegue poi nella scoperta della varietà e mutabilità degli enti giungendo a coglierne le articolazioni metafisiche

Non è un’astrazione La nozione di ente non è caratterizzata da indigenza, indeterminazione e vuotezza Tutte le determinazioni reali si trovano in essa precontenute non solo in modo virtuale, ma attuale Non è risultato di un’astrazione totale, ma di una riflessione intensiva che illumina ciò che accomuna tutte le cose reali Non è ancora l’oggetto formale della metafisica, ma il punto di partenza del progresso conoscitivo

Dall’ente all’essere L’essere non ci si manifesta nella sua semplicità, ma come atto dell’ente e secondo le modalità dell’ente concreto che cade sotto l’esperienza rispettiva La riduzione della diversità del reale e delle sue manifestazioni avviene per un processo analitico di fondazione: si passa dagli atti più superficiali e variabili a quelli più profondi e permanenti Discorrendo di atto in atto (accidenti, sostanza, atto di essere) si giunge all’essere come atto, fondamento ultimo di ogni cosa

Dall’essere delle cose all’essere della mente Prima si conosce l’essere delle cose esteriori nella percezione sensibile-intellettuale In seguito, attraverso gli atti di conoscenza delle cose, si conosce l’essere della mente (sum), che viene colto in modo più intimo in quanto siamo immediatamente presenti a noi stessi; e quindi possiamo giungere alla conoscenza delle realtà immateriali

Essenza e atto di essere La composizione reale di essenza ed atto di essere è stata sostituita da alcuni scolastici dalla distinzione tra essenza (come intelligibile possibile e pensabile) ed esistenza (come carattere irrazionale della fatticità che si aggiunge all’intelligibilità): questi non sarebbero che due stati della stessa realtà di fronte alla mente Ma la composizione reale di essenza e atto di essere non corrisponde al nesso formale di due modi dell’ente (l’essere pensato e l’essere di fatto) I due co-principi si distinguono realmente, ma devono darsi congiuntamente nell’unum radicale dell’ente

La conoscenza dell’ente Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 20

Le cose non sono l’essere Le cose sono, hanno l’essere, partecipano dell’essere, ma non sono l’essere Il principio partecipante (l’essenza) non si identifica con il partecipato (l’essere) Se essenza ed essere si identificassero, il principio reale di limitazione sarebbe lo stesso principio di perfezione, il che sarebbe contraddittorio

Molteplicità e movimento Il panorama reale che i sensi e l’intelligenza ci offrono non è statico, ma è formato da realtà mobili Gli enti influiscono reciprocamente gli uni sugli altri e si trasmettono reciprocamente perfezioni La considerazione di tale dinamismo ci porta a alla conoscenza della potenza attiva (capacità di determinare) e potenza passiva (capacità di venire determinato) delle cose

Sostanza e accidenti Sostanza e accidenti formano una unità composta e non sono separabili nella realtà delle cose Sostanza è ciò che ha l’essere in sé, accidente ciò che ha l’essere in altro; gli accidenti non sono il sensibile e la sostanza il pensabile La conoscenza della sostanza inizia dai suoi accidenti, i quali la fanno conoscere perché partecipano del suo essere; essa non si riduce a quanto viene offerto direttamente dai sensi, ma, attraverso questi, l’intelletto coglie il sostrato degli accidenti

Essenza e sussistenza La conoscenza di un sensibile è sempre conoscenza di un qualcosa che possiede quella proprietà sensibile: non conosco un “bianco”, ma “questa cosa bianca” Ma dopo aver colto la sostanza come sostrato, la si coglie come essenza da cui promanano delle proprietà che sono comuni a diversi individui Infine si perviene al costitutivo reale della sostanza: il sussistere, il soggetto dell’atto di essere, ciò che ha l’essere in sé

La causalità La causa viene percepita in ogni esperienza di attività o passività della vita ordinaria, sia nelle cose esterne che nei nostri propri atti Vediamo noi stessi come cause reali di processi reali, quali il movimento del nostro corpo e gli atti della nostra mente Una volta conosciuti per esperienza l’effetto e la causa, sappiamo immediatamente che ogni effetto ha una causa: “ciò che diviene ha una causa” (S. Tommaso)

Causalità e sensibilità La causalità non è colta direttamente dai sensi esterni ed è certamente impossibile arrivare ad essa se si considera la conoscenza come un cumulo di sensazioni disperse Ma la continuità tra sensibilità ed intelletto ci permette di cogliere le relazioni contingenti o necessarie che si danno tra fenomeni diversi e distinguere tra successioni causali o non causali

La continuità tra sensibilità e intelletto Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 21

Opposizione o correlazione Il pensiero formalista contrappone sensibilità e intelletto: il primato esclusivo della prima genera l’empirismo, quello esclusivo del secondo porta all’idealismo La metafisica dell’essere è invece attenta alle articolazioni reali della nostra conoscenza e rispecchia la continuità tra la conoscenza sensibile e quella intellettuale

Penetrazione e astrazione La conoscenza sensibile guarda le qualità accidentali, le quali però fanno trasparire all’intelligenza ciò a cui esse ineriscono, l’essenza attuata dall’essere L’intelligenza, applicata all’esperienza attraverso l’astrazione (intesa come penetrazione intensiva della realtà), separa le idee universali e i primi principi, ma anche coglie l’ontologico nel fenomenico, il necessario nel contingente e l’intelligibile nel sensibile

Esperienza e sensazioni Se si considera l’oggettività sensibile come un insieme di sensazioni isolate, non si ha più un materiale adeguato dal quale astrarre Per questo il razionalismo pensa che l’ordine e la connessione delle sensazioni devono essere posti dal pensiero per mezzo di concetti a priori con i quali il soggetto costruisce l’esperienza

Il processo sensibile-intellettuale secondo San Tommaso Le molteplici sensazioni (sensibili comuni e propri) sono organizzate e integrate dal senso comune: da più sensazioni l’immaginazione forma l’immagine; da molte immagini la memoria forma il ricordo Infine la cogitativa mette in relazione le percezioni singolari ricevute dalla memoria e costituisce l’esperienza L’intelligenza si applica all’esperienza e, attraverso l’astrazione, coglie l’intelligibile

Il ritorno all’esperienza L’oggetto proprio dell’intelletto umano è la quiddità o natura di un corpo (da questa l’intelletto può elevarsi a conoscere anche realtà incorporee) Ma la quiddità sussiste in un individuo particolare e quindi l’intelletto ritorna sull’immagine sensibile e, per mezzo della riflessione, riconosce l’immagine in quanto immagine (che rimanda intenzionalmente alla cosa conosciuta) e comprende la natura dell’atto conoscente

Le due direzione della continuità tra intelletto e sensibilità La continuità tra sensi ed intelletto si realizza nelle due direzioni: Dai sensi all’intelletto mediante l’astrazione dall’esperienza che forma l’immagine Dall’intelletto ai sensi mediante un ritorno riflessivo della mente sul suo atto per scoprire l’origine dell’immagine È questa riflessione concomitante ad ogni atto intellettivo (in actu exercito)

Il compito della cogitativa Cogliere l’essenza universale realizzata nel particolare, che quindi partecipa della razionalità, è compito della cogitativa, facoltà sensibile, anch’essa razionale per partecipazione Senza continuità tra intelletto e sensibilità si dovrebbe ammettere una intuizione diretta delle essenze ed una incomunicabilità tra le due conoscenze, del particolare e dell’universale

La conoscenza intellettiva del singolare La conoscenza intellettiva del singolare è indiretta (non intuitiva), poiché richiede un ritorno riflessivo; se fosse intuitiva, la materia sensibile e gli accidenti singolari non sarebbero principi di limitazione dell’intelligibilità Tuttavia essa è immediata, senza alcun dubbio e non bisognosa di argomentazione