THOMAS HOBBES Valentina Torre 4°LA
Vita di Thomas Hobbes Thomas Hobbes nasce a Malmesbury nel 1588. Muore ad Hardwick nel 1679. Le sue opere fondamentali sono : De cive Leviatano De Corpore De Homine
Hobbes e il materialismo L'orientamento generale di Hobbes è materialistico e meccanicistico: oggetto di conoscenza è la materia; il movimento è la chiave per spiegare tutto ciò che accade. Gli stessi princìpi generali valgono per gli oggetti inanimati, per gli esseri viventi, per la vita psichica, per la vita sociale. Il suo modo di procedere è perciò rigorosamente deduttivo, molto simile a quello cartesiano, nonostante i profondi contrasti esistenti. Come Cartesio, anche Hobbes inizia affrontando la scienza fisica partendo dall'ipotesi dell'annichilimento del mondo, in modo da individuarne i costituenti elementari e poter poi ricostruirlo procedendo in modo deduttivo.
LA MATERIA E L’UOMO Immaginiamo che il mondo così come lo conosciamo sparisca e che rimangano solo la materia, il movimento e le leggi naturali. L'ipotesi dell'annichilimento serve a Hobbes per dare un'impostazione rigorosamente deduttiva alla propria fisica. Non si parte dall'esperienza, ma proprio dall'eliminazione di essa per ricostruire le condizioni elementari dell'esistenza del mondo. Il primo di tali princìpi è che le cose esistono fuori di noi (materialismo). Il secondo è che non possiamo conoscerle in sé, ma unicamente come idee nella nostra mente, o «fantasmi» (fenomenismo).
Posto ciò, le evidenze che bisogna ammettere dopo la ricostruzione del mondo, successiva al suo annichilimento, sono l'esistenza dello spazio, in quanto le cose sono esterne a noi, del tempo, in quanto occupano posizioni successive nello spazio, dei corpi materiali e del movimento. Contrapponendosi esplicitamente a Cartesio, Hobbes nega l'identificazione dello spazio con l'estensione. Lo spazio e il tempo sono rappresentazioni mentali («fantasmi»); il primo è la rappresentazione delle cose in quanto esterne a noi; il secondo, invece, è la rappresentazione dei cambiamenti secondo un prima e un dopo.
Sia lo spazio sia il tempo sono fenomeni, non realtà sussistenti di per sé. Proseguendo con l'ipotesi di ricostruzione del mondo per individuarne i princìpi costitutivi, se lo spazio è l'idea di un'esteriorità che però non sussiste di per sé, ad esso occorrerà comunque riferire i corpi, cioè oggetti che esistono effettivamente fuori dal soggetto. Essi sono perciò i costituenti primi della realtà, che è per intero materiale. Il materialismo è dedotto da Hobbes sulla base della possibilità di ricostruire la realtà razionalmente, e non affermato sulla base dell'esperienza. Il corpo e il movimento vengono considerati il fondamento dell'intero sistema, e dunque quello di Hobbes è un materialismo rigoroso. Soltanto i corpi esistono oggettivamente e possono essere conosciuti con i sensi. Ad essi e al movimento è ricondotta anche l'intera dinamica delle passioni umane.
DAI SENSI AL PENSIERO L'analisi della vita psichica ha il suo punto di partenza nelle sensazioni, in cui va riconosciuta l'origine prima sia dei pensieri sia degli atti volontari. La sensazione è l'unico strumento che l'uomo ha per conoscere il mondo esterno, e non è possibile superarli. Si delineano due modalità distinte della conoscenza: quella sensoriale, che procede con metodo induttivo, partendo da esperienze particolari per individuare princìpi generali; quella deduttiva, che segue l'itinerario opposto, ma è possibile soltanto quando i princìpi generali sono già dati o vengono stabiliti dall'uomo.
LA SENSAZIONE E IL LINGUAGGIO A differenza della conoscenza deduttiva, applicabile agli ambiti in cui noi stessi possiamo stabilire i princìpi fondamentali e da questi ricavare le conseguenze, la sensazione non ci dà però né la conoscenza vera della realtà, né la possibilità di formulare proposizioni universali. La sensazione deriva dal cambiamento degli organi di senso provocato dal movimento degli atomi che provengono dai corpi percepiti. Essa è dunque una risposta dell'organo di senso, un movimento che agisce come reazione a quello delle particelle che lo hanno colpito. L'uomo non sente gli oggetti, ma i cambiamenti indotti dagli oggetti nel suo corpo. Il pensiero è un flusso di immagini che può essere casuale o regolato da un desiderio.
Il collegamento tra cause ed effetti viene potenziato dall'uso del linguaggio. Usando termini generali siamo in grado di costruire ragionamenti la cui validità è tanto più ampia quanto maggiore è l'estensione dei termini che adoperiamo. Hobbes distingue tra i nomi propri, che indicano singoli individui, e quelli comuni, ai quali corrisponde un insieme di individui, raccolti insieme sulla base di somiglianze. La conoscenza, derivando dai sensi, è sempre particolare e soggettiva, quindi dovremmo usare soltanto nomi propri. Ma è più pratico usare i nomi comuni, perché attraverso questi (detti anche «universali»), richiamiamo alla mente un qualunque oggetto, posto per somiglianza nella stessa classe di altri. Il linguaggio è convenzionale, e gli universali sono dei semplici strumenti ai quali non corrisponde nessuna realtà.
Tramite il linguaggio, però, l'uomo può compiere operazioni sulle immagini ed elaborare la conoscenza. Il linguaggio consente quindi il ragionamento e distingue l'uomo dagli animali. Nomi e definizioni sono allora il fondamento del pensiero. L'uomo pensa sostituendo alle realtà fisiche dei simboli sui quali può operare, combinandoli in vario modo. Il pensiero opera dunque sulle parole, non sulle cose. La verità è nel discorso, non nelle cose.
L'errore si distingue dalla falsità perché riguarda l'ambito pratico, non quello teoretico. L'unica scienza che Hobbes definisce scientifica è la geometria, perché è costruita su proposizioni stabilite dall'uomo, e di quelle che da esse derivano si può stabilire la verità o la falsità. Ad essa Hobbes aggiungerà la morale e la politica, che, derivando come la geometria da princìpi che l'uomo stesso definisce, sono a tutti gli effetti delle scienze.
La conoscenza razionale I fondamenti dell'intero sistema dovevano essere posti nel De corpore, la cui elaborazione fu molto lunga. Il De Corpore è organizzato secondo lo schema deduttivo che è il fondamento stesso della scienza. Nella prima parte, la logica, vengono fissate le regole del metodo; nella seconda, i princìpi e le definizioni generali. Nella quarta e ultima parte, il modello così definito viene applicato alla realtà conoscibile con i sensi, per dare una spiegazione dei diversi fenomeni. Nel primo capitolo della prima parte viene esposta la concezione della scienza e del metodo. La conoscenza razionale procede dalle cause, o generazioni, agli effetti, o fenomeni. Una causa genera il suo effetto: conoscere la causa di un fenomeno significa saperlo generare. Hobbes quindi non considera filosofia né la sensazione né la generalizzazione delle esperienze passate ma unicamente la capacità di produrre o riprodurre il fenomeno.
Per Hobbes la scienza implica il fare. La filosofia è fondata sul ragionamento, e ragionare equivale a unire o separare concetti, cioè «è la stessa cosa che addizionare e sottrarre». Ogni conoscenza filosofica può essere ricondotta a calcolo. Il ragionamento non è però semplicemente composizione d'immagini in sequenza. Esso è finalizzato a ripercorrere e ricostruire la genesi del fenomeno, individuando le cause che lo hanno prodotto. Per Hobbes la scienza implica il fare. La filosofia deve essere circoscritta a ciò che l'uomo può fare, cioè al sapere di cui stabilisce egli stesso i princìpi. Hobbes considera la politica come una scienza, dimostrabile con lo stesso rigore della geometria. La politica è però distinta dalla storia, che è un sapere indiretto, basato soltanto sull'autorità o sull'esperienza.
Basandosi sul principio secondo cui è possibile conoscere soltanto ciò che si può fare, Hobbes dichiara non conoscibili la teologia e la metafisica. L'oggetto legittimo della filosofia è individuato da Hobbes in due “corpi”, i quali tuttavia richiedono metodi diversi: la natura e la società. La natura può essere conosciuta solo a partire dalle sensazioni, cioè a posteriori, mentre i princìpi della società derivano da noi stessi, sono cioè a priori.
Hobbes definisce come oggetto della conoscenza scientifica ciò che è generato e che ha delle proprietà. Le uniche scienze sono da un lato la filosofia naturale, dall'altro la filosofia civile. La società è un corpo artificiale, costruito dall'uomo secondo princìpi che, da lui stesso prodotti, può conoscere a priori, senza dover ricorrere all'esperienza.
L’ETICA E LA POLITICA L'analisi delle passioni e del comportamento è tra gli aspetti più importanti della filosofia di Hobbes, sia perché è preliminare alla teoria politica, sia perché viene condotta con metodo rigorosamente deduttivo. La spiegazione delle passioni muove da un principio elementare, il «movimento vitale», che ogni essere tende a conservare e a espandere. Tutto ciò che favorisce la conservazione e l'incremento del movimento vitale provoca una reazione di piacere attraverso un meccanismo quasi fisiologico, in cui non interviene la volontà.
«Buono» e «cattivo» non sono proprietà delle cose o delle azioni, ma reazioni (determinate e non volontarie) delle singole persone, perciò sono nozioni soggettive e non fondate su finalità o valori consapevolmente scelti. Tali nozioni quindi nello stato di natura non sono comuni a tutti gli uomini: sarà poi il potere a determinare, mediante la fissazione di leggi positive, ciò che è «bene» e ciò che è «male». Non esiste, per Hobbes, una morale originaria, fondata sulla natura razionale dell'uomo.
Per Hobbes l'uomo non è libero di volere o di non volere; come ogni evento, anche gli atti volontari dell'uomo sono determinati da una catena di cause. In questo senso, si può affermare che, come i fenomeni naturali, anche gli atti dell'uomo sono necessari; Hobbes prende esplicitamente posizione per il determinismo, definendo la libertà non come libero arbitrio, ma solo come assenza di costrizioni esterne.
NATURA E RAGIONE L'uomo è mosso ad agire dal desiderio o dall'avversione. La tendenza naturale a soddisfare i propri desideri mette ogni uomo in competizione con gli altri uomini: ognuno è quindi in lotta contro tutti gli altri, in una sorta di guerra permanente. A partire da questa constatazione Hobbes giunge alla sua teoria dell'assolutismo. Nello stato di natura l'uomo ha il diritto dì fare tutto ciò che rientra nelle sue possibilità per preservare la propria vita. Ma in uno stato di guerra di tutti contro tutti, la vita non è in alcun modo garantita, così come non è possibile produrre nulla di duraturo. L'uomo, nello stato di natura, è «lupo per l'altro uomo» (homo homini lupus).
Nello stato di natura non esistono diritti. La condizione dello stato di natura è caratterizzata da un unico diritto, il diritto di ognuno su tutto: ne consegue una condizione di infelicità e insicurezza, da cui sia le passioni sia la ragione cercano di uscire. Per superare questa condizione occorre cercare la pace. Cercare la pace: è questa la legge fondamentale di natura, dettata dalla ragione, dalla quale derivano altre leggi. Hobbes parla di «leggi di natura», ma precisa che tali leggi vanno distinte dal «diritto naturale». Le «leggi» dettate dalla ragione sono tre.
La prima suggerisce di evitare il conflitto permanente che metterebbe a rischio la sopravvivenza di ognuno e tende quindi a garantire la conservazione di sé Dalla prima, deriva immediatamente la seconda legge: “che un uomo sia disposto, quando anche altri lo sono, a deporre questo diritto a tutte le cose e che si accontenti di avere tanta libertà contro gli altri uomini, quanta egli ne concederebbe ad altri uomini contro di lui”.
La legge di natura deriva dalla razionalità che caratterizza la natura umana e indica i modi più sicuri di garantire la propria sopravvivenza. È il fondamento che spinge gli uomini a stipulare il patto dal quale ha origine lo Stato. Hobbes contesta la teoria del giusnaturalismo secondo la quale i diritti naturali sono inalienabili. La rinuncia che fonda il patto sociale deve riguardare tutti i diritti. Dalla legge che spinge l'uomo a rinunciare al proprio diritto su ogni cosa per cercare la pace, deriva la terza: il mantenimento dei patti.
IL PATTO SOCIALE Nella Bibbia il Leviatano è un mostro che incute paura a tutti, invincibile e superiore in forza e in ferocia a ogni altra belva. Adottando per la sua opera tale titolo, Hobbes ha voluto mettere in evidenza l'assolutismo del potere statale: lo Stato è una «persona artificiale», è creato dagli uomini ma, una volta costituito, non tollera alcuna opposizione. La prima parte del Leviatano reca il titolo Dell'uomo.
Le leggi naturali devono essere vincolanti per tutti; perché ciò sia possibile è necessario un potere su cui si possa fare sicuro affidamento. Nel rinunciare al proprio diritto su tutto, ciascuno vuole avere la sicurezza che la stessa rinuncia sia fatta da ogni altro. Tale garanzia è resa possibile da un patto, e qualcuno deve avere il potere d'imporne il rispetto. Nasce così lo Stato. Il patto si basa sulla reciprocità fra i contraenti. Il carattere totalitario dello Stato costituisce una volontà collettiva che comprende quella di ognuno e ad essa si sostituisce. Lo stato fa di una moltitudine un popolo.
LO STATO Rispetto alle teorie contrattualistiche contemporanee, quella di Hobbes si distingue per il carattere assoluto del potere che viene a costituirsi attraverso il patto. Per essere efficace e per garantire la sicurezza ai sudditi, il potere dello Stato deve essere privo di limitazioni. Il modello assolutistico proposto da Hobbes esclude ogni forma di divisione dei poteri. Tutti i poteri devono far capo a un'unica persona, o a un'unica assemblea, in modo che non sorgano contrasti che provocherebbero la distruzione dello Stato. Secondo Hobbes la società civile non ha, nella sua concezione, nessuno spazio di esistenza autonoma.
I diritti del sovrano sui sudditi hanno la loro legittimazione nei compiti del sovrano. Il primo di tali compiti è conservare integri i diritti di sovranità, dal momento che la sola alternativa è la guerra di tutti contro tutti. Tra i compiti del sovrano vi è quello d'istruire il popolo in modo da condurlo a riconoscere i princìpi fondamentali della conservazione dello Stato Il popolo deve essere educato a obbedire. La conservazione dello Stato è minacciata, secondo Hobbes, da molte «infermità». La prima di queste si verifica nei casi in cui uno Stato si costituisca con poteri insufficienti. La monarchia assoluta ha consentito il superamento delle istituzioni e delle strutture medievali.
LA RELIGIONE Hobbes distingue nettamente il credere dal sapere. Si crede sulla base di una testimonianza, si crede in quanto si ha fiducia nella persona che testimonia, accettandone l'autorità; il sapere richiede invece le prove. La religione non può avere dunque un fondamento razionale, ma trova origine nell'uomo, per la sua tendenza a cercare le cause degli eventi fino alla causa prima. La religione ha origine dal timore e dall'ignoranza delle cause, ma viene poi utilizzata a fini politici.
Hobbes affronta il problema di come il materialismo possa essere conciliato con il riconoscimento dell'esistenza di Dio. Hobbes dice che l'uomo non può conoscere né comprendere la natura di Dio; può dire che è, ma non come è. Hobbes è interessato alle conseguenze politiche della religione, cioè al potere della Chiesa, che potrebbe limitare quello del sovrano. La tesi fondamentale è quella della indivisibilità del potere. Per Hobbes non è accettabile neppure una divisione all'interno della coscienza, per cui l'essere cristiano e l'essere cittadino devono implicarsi l'un l'altro.
FINE