Globalizzazione: la “governance” dello sviluppo economico Gioacchino Garofoli Politica Economica e Finanziaria 8-6-2009
1. La globalizzazione Crescente integrazione economica internazionale Liberalizzazione dei mercati (cfr., spec., libera circolazione del capitale) Estensione del modello organizzativo dei grandi gruppi internazionali (cfr. ruolo degli IDE e delle MNE) Produzione di beni “globali” (beni analoghi venduti nei PPSS e nei Pvs)
2. Le tendenze recenti (1) L’ingresso di nuovi paesi industrializzati nel commercio internazionale Elevati tassi di investimento (I/Y) nei paesi di nuova industrializzazione (e forti incrementi di produttività Elevati tassi di crescita delle Esportazioni e del reddito (PIL) Crescita degli IDE e frammentazione internazionale deI ciclo di produzione
2. Le tendenze recenti (2) La rilevanza della fine dell’ Accordo Multifibre: quota della Cina sul Commercio internazionale del T-A Tessile Abbigliamento 2001 11,3% 18,5% 2006 22,3% 30,3%
2. Le tendenze recenti (3) La Cina e il Vietnam sono cresciute, negli ultimi anni, al ritmo del 10% all’anno L’India è cresciuta al ritmo del 7-8% all’anno Il ruolo degli IDE in Cina e in Vietnam La catena del valore internazionale: la “global value chain”
2. Le tendenze recenti nei paesi avanzati Deindustrializzazione Bassi tassi di crescita del reddito (~ 1%) Bassi tassi di crescita della produttività Bassa crescita della domanda aggregata Bassi investimenti
3. La crisi finanziaria internazionale: i prodromi (1) L’eccesso di risorse finanziarie prodotte (e gestite) nei paesi avanzati La finanziarizzazione dell’economia Gli ingenti flussi di capitali verso i paesi emergenti e l’instabilità economica (cfr. la crisi in Messico a metà anni ’90, la crisi finanziaria nel Sud-Est asiatico a fine anni ’90, la crisi in Argentina)
3. La crisi finanziaria internazionale: i prodromi (2) Investimenti produttivi vs. investimenti finanziari Investimenti sostituti (cfr. delocalizzazione) vs. investimenti aggiuntivi (per introduzione dell’innovazione)
3. La crisi finanziaria internazionale: i prodromi (3) Il progressivo indebolimento dell’economia americana Il deficit commerciale Il rilevante deficit pubblico La necessità di attrarre finanziamenti dall’estero La fine dell’egemonia del dollaro (breve descrizione delle differenze strutturali dell’economia americana)
3. La crisi finanziaria internazionale: quale “governance” L’avvio della crisi: la crisi dei sub-prime e la circolazione di titoli “tossici” Le banche d’affari I rischi di fallimenti bancari e l’intervento pubblico nei paesi “liberisti” Il ruolo possibile degli OO.II. e la necessità di una loro riforma
3b. Le risposte alla crisi finanziaria internazionale Lo sviluppo della domanda interna nei paesi con forti investimenti e un surplus delle partite correnti La Cina ha predisposto un piano di intervento economico di un 586 mld. di dollari pari al 16% del PIL (l’intervento economico negli USA è pari al 6% del PIL) Gli interventi di salvataggio e di difesa degli interessi nazionali Opportunità di crescente attenzione agli investimenti produttivi e alla soluzione di problemi strutturali (ecologia ed energia; educazione e sanità; produzione di beni pubblici)
4. Il quadro geo-economico mondiale (1) Il crescente peso dei BRIC’s (Brasile, Russia, India, Cina) Perché il G8 non funziona più (cfr. il G20)
4. Il quadro geo-economico mondiale (2) Il peso demografico India + Cina = 2,4 mld. di abitanti USA + UE = 0,7 mld. di ab. L’ascesa economica di Cina e India La Cina raggiungerà il valore del PIL del J nel 2015 e il PIL degli USA nel 2036 L’India raggiungerà il valore del PIL dell’IT nel 2014, della F nel 2017, della D nel 2021, del J nel 2026
4. Il quadro geo-economico: il peso specifico del “potere globale” 2008 2025 USA + UE 40% 35% Cina+India 18% 23%
5. Il ruolo dell’Europa Una regione invecchiata Bassi tassi di crescita Bassi investimenti e bassa domanda aggregata L’Europa non vuol funzionare da “locomotiva” del mondo (cfr. mancata strategia di crescita della domanda aggregata) Una regione che non guarda al futuro
5. La strategia di Lisbona Bassi tassi di occupazione (rispetto ad USA, J ed Est asiatico) Basso investimento in R & D Gli obiettivi di Lisbona: aumento dei tassi di occupazione e aumento della quota degli Inv. in R & D sul PIL (obiettivo del 3%)
5. Le difficoltà dell’Europa Il persistere del contenimento della domanda aggregata e l’incapacità di muoversi nella direzione degli obiettivi della strategia di Lisbona La contraddizione di una politica economica europea “zoppa” (la mancanza di una politica di controllo della domanda aggregata a livello europeo e di una politica industriale europea)