Per tanto io dico che ben sento tirarmi dalla necessità, subito che concepisco una materia o sostanza corporea, a concepire insieme ch’ella è terminata.

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Transcript della presentazione:

Per tanto io dico che ben sento tirarmi dalla necessità, subito che concepisco una materia o sostanza corporea, a concepire insieme ch’ella è terminata e figurata di questa o quella figura, ch’ella in relazione ad altre è grande o piccola, ch’ella è in questo o quel luogo, in questo o quel tempo, ch’ella si muove o sta ferma, ch’ella tocca o non tocca un altro corpo, ch’ella è una, poche o molte, né per veruna immaginazione posso separarla da queste condizioni;

ma ch’ella debba essere bianca o rossa, amata o dolce, sonora o muta, di grato o ingrato odore, non sento farmi forza alla mente di doverla apprendere da cotali condizioni necessariamente accompagnata: anzi, se I sensi non ci fussero scorta, forse il discorso o l’immaginazione per sè stessa non v’arriverebbe già mai. Per lo che vo io pensando che questi sapori, odori, colori, et c., per la parte del suggetto nel quale ci par che riseggano, non sieno altro che puri nomi, ma tengano solamente lor residenza nel corpo sensitivo, s’ che rimosso l’animale, sieno levate ed annichilite tutte queste qualità

Suppongo che il corpo altro non sia se non una statua o macchina di terra che Dio forma espressamente per renderla più che possibile a noi somigliante: dimodoché, non solo le dà esteriormente il colorito e la forma di tutte le nostre membra, ma colloca nel suo interno tutti i pezzi richiesti perché possa camminare, mangiare, respirare, imitare, infine, tutte quelle nostre funzioni che si può immaginare procedano dalla nascita e dipendano soltanto dalla disposizione degli organi.

Vediamo orologi, fontane artificiali, mulini e altre macchine siffatte che, pur essendo opera di uomini, hanno tuttavia la forza di muoversi da sé in più modi; e in questa macchina, che suppongo fata dalle mani di Dio, non potrei – mi pare – supporre tanta varietà di movimenti e tanto artificio da impedirvi di pensare che possano essergliene attribuiti anche di più.

Vi prego […] di considerare che tutte le funzioni da me attribuite a questa macchina, digestione dei cibi, battito del cuore e delle arterie, nutrizione e crescita delle membra, respirazione, vegli e sonno; recezione della luce, dei suoni, degli odori, dei sapori, del calore e di altre simili qualità negli organi del senso comune e dell’immaginazione, ritenzione o impronta di tali idee nella memoria, movimenti interni degli appetiti e delle passioni; e infine movimenti esterni di tutte le membra […]:

vi prego, dico, di considerare che tutte queste funzioni derivano naturalmente, in questa macchina dalla sola disposizione dei suoi organi, né più ne meno di come i movimenti di un orologio o di un altro automa derivano da quella dei contrappesi e delle ruote; sicché, per spiegarle, non occorre concepire nella macchina alcun’altra anima vegetativa o sensitiva, né altro principio di movimento e di vita oltre al suo sangue e ai suoi spiriti agitati dal calore del fuoco che brucia continuamente nel suo cuore, e che non è di natura diversa da tutti i fuochi che si trovano nei corpi inanimati.

Noi abbiamo già detto come tanto nell’ordine della produzione artificiale quanto nell’ordine naturale, ma soprattutto poi nel processo generativo, una cosa può svilupparsi da altra come da materia in due modi. Il primo modo è quello che si dà quando una cosa si forma da altra preesistente, come il letto dal legno, la statua dalla pietra: in questo caso, evidentemente, tutta la materia dell’oggetto da fare preesisteva all’atto cui le si è impressa quella determinata forma e prima che si desse inizio all’opera.

Il secondo e il modo che si dà quando la materia viene creata nell’atto stesso e nello stesso istante in cui riceve la forma. Come dunque ogni prodotto artificiale è fatto in un duplice modo – ossia partendo da un blocco di materia già pronta […]; oppure l’artefice foggia quella certa figura a partire dalla creta e aggiungendone altra via via la applica alla statua – così nelle generazione degli esseri 1) alcuni di questi si formano con materia già pronta e acquistano soltanto nuova figura, e tutte le parti dell’animale nascono da un puro e semplice processo di trasformazione (metamorfosi) del materiale, da cui l’animale si sviluppa.

2) In altri esseri invece le varie parti si formano ad una ad una ed essi si nutrono e crescono via via a partire da una stessa materia e contemporaneamente acquistano forma: i loro organi insomma si formano uno dopo l’altro e, crescendo, contemporaneamente assumono forma. La formazione parte quindi da un determinato organo che costituisce la loro origine: e per mezzo di un tale organo originario tutti gli altri organi e parti possono via via aggiungersi: questa forma di generazione è quella detta per epigenesi, che costituisce rispetto all’altra la forma vera e propria di generazione.

Nel primo modo si dà la generazione degli insetti, dove il verme nasce dall’uovo attraverso un processo di metamorfosi: ossia da materia in putrefazione si sviluppano le prime tracce di vita da cui posi per metamorfosi la farfalla o la mosca di grandezza normale e destinata a non svilupparsi più oltre. […] Negli insetti, quello che sembra per lo più determinare la generazione è il puro caso: essi, infatti, acquistano forma da un materia preesistente che costituisce la causa prima della generazione in maggior misura che un principio efficiente esterno alla materia.

Ed è anche per questo che questi esseri sono qualcosa di meno perfetto e sono dotati di vita più breve rispetto a quelli dotati di sangue, siano essi terrestri o acquatici, che conservano e conseguono una loro eternità non in quanto sono individui ma in quanto invece appartengono ad un specie. […] Api, calabroni, farfalle e tutti gli esseri che nascono per metamorfosi da un bruco, essendo nati per generazione spontanea non hanno in sé la possibilità di conservare la loro specie