La radioattività Il nucleo atomico Struttura atomica Elementi e isotopi Decadimento radioattivo Effetti delle radiazioni sull’uomo
La radioattività La radioattività è il fenomeno per cui alcuni nuclei, non stabili, si trasformano in altri emettendo particelle. La radioattività è antica quanto l’Universo ed è presente ovunque: nelle stelle, nella Terra e nei nostri stessi corpi. Scoperta della radioattività: fine dell’800 ad opera di Henry Bequerel e dei coniugi Pierre e Marie Curie, che ricevettero il Premio Nobel per la Fisica per le loro ricerche nel 1903.
La radioattività Essi scoprirono che alcuni minerali, contenenti uranio e radio, avevano la proprietà di impressionare delle lastre fotografiche poste nelle loro vicinanze. Le lastre fotografiche, una volta sviluppate, presentavano delle macchie scure. Per questa loro proprietà, elementi come l’uranio, il radio e il polonio (gli ultimi due scoperti proprio da Pierre e Marie Curie) vennero denominati “attivi” e il fenomeno di emissione di particelle venne detto radioattività.
L’atomo Z protoni N neutroni Z elettroni La materia che ci circonda (aria, acqua, terra, oggetti ed esseri viventi) è costituita da atomi, che a loro volta sono fatti da un nucleo estremamente piccolo, delle dimensioni di un Fermi (1 fm = un milione di miliardi di volte più piccolo di un metro) e di carica positiva, circondato da una nuvola di elettroni di carica negativa . Il nucleo dell’atomo è costituito dai protoni, carichi positivamente, e dai neutroni, che sono invece privi di carica elettrica e perciò neutri (come dice il loro stesso nome). Il numero di protoni è uguale al numero di elettroni, così che l'atomo è elettricamente neutro. Z protoni N neutroni Z elettroni
TAVOLA PERIODICA DI MENDELEEV Quello che cambia da un elemento all’altro è il numero dei protoni (e quindi degli elettroni) e dei neutroni che l’atomo contiene. Il numero totale di protoni nel nucleo viene chiamato “numero atomico” e si indica con la lettera Z. Esso determina di quale elemento chimico si tratta: così ad esempio l'elemento chimico con 8 protoni è l'ossigeno, quello con 26 protoni è il ferro, quello con 79 protoni è l'oro, quello con 92 protoni è l'uranio e così via. TAVOLA PERIODICA DI MENDELEEV
Isotopi Mentre il numero di protoni di un elemento chimico è fisso il numero di neutroni può essere variabile. In questo caso parliamo di “isotopi” di un elemento chimico. Ad esempio: il ferro presente in natura è costituito da 4 isotopi, tutti con 26 protoni ma con 28, 30, 31 e 32 neutroni rispettivamente. Gli isotopi presenti in natura sono quasi tutti stabili. Tuttavia, alcuni isotopi naturali, e quasi tutti gli isotopi artificiali, presentano nuclei instabili, a causa di un eccesso di protoni e/o di neutroni.
Cos’è un decadimento radioattivo? Tale instabilità provoca la trasformazione spontanea in altri isotopi, e questa trasformazione si accompagna con l'emissione di particelle. Questi isotopi sono detti isotopi radioattivi, o anche radioisotopi o anche, radionuclidi. La trasformazione di un atomo radioattivo porta alla produzione di un altro atomo, che può essere anch'esso radioattivo oppure stabile. Essa è chiamata disintegrazione o decadimento radioattivo. L'unità di misura della radioattività è il becquerel (Bq). 1 Bq corrisponde a 1 disintegrazione al secondo.
Periodo di dimezzamento Il tempo medio che occorre aspettare per avere tale trasformazione può essere estremamente breve o estremamente lungo. Esso viene detto “vita media” del radioisotopo e può variare da frazioni di secondo a miliardi di anni (per esempio, il potassio-40 ha una vita media di 1.8 miliardi di anni). Un altro tempo caratteristico di un radioisotopo è il “tempo di dimezzamento”, ovvero il tempo necessario affinché la metà degli atomi radioattivi inizialmente presenti subisca una trasformazione spontanea.
Quali sono gli effetti della radioattività? Le radiazioni prodotte dai radioisotopi interagiscono con la materia con cui vengono a contatto, trasferendovi energia. Tale apporto di energia, negli organismi viventi, produce una ionizzazione delle molecole (cioè la produzione di una coppia di ioni, positivo e negativo, da un atomo elettricamente neutro): da qui la definizione di radiazioni ionizzanti. La dose di energia assorbita dalla materia caratterizza questo trasferimento di energia. Gli effetti possono essere irrilevanti o più o meno dannosi, a seconda della dose di radiazioni ricevuta e del tipo di radiazioni. Es: le radiazioni ultraviolette dei raggi solari, che, per l'uomo, a piccole dosi sono innocue, ma per esposizioni eccessivamente prolungate possono provocare colpi di sole o bruciature della pelle.
La misura della dose I differenti tipi di radiazioni a seconda della loro natura, della loro velocità, delle loro dimensioni, possono trasferire una maggiore o minore quantità di energia ai tessuti. Per la misura delle dosi di radiazioni assorbite dall'uomo, o più precisamente per una misura degli effetti biologici dovuti alla dose di radiazioni assorbita, é stato introdotto il concetto di equivalente di dose, che tiene conto della dannosità più o meno grande, a parità di dose, dei vari tipi di radiazioni ionizzanti. L'unità di misura é il sievert (simbolo: Sv).
Esposizione dell’uomo alle radiazioni Le radiazioni emesse da una sorgente radioattiva vengono irraggiate nello spazio in tutte le direzioni. Una loro frazione colpisce il soggetto esposto cedendogli energia. I danni che esso ne riceve dipendono dall’energia, dal tipo di radiazione, dagli organi che ne vengono colpiti. L'uomo può essere esposto alla radioattività in due modi: • per esposizione esterna, che avviene quando l'individuo si trova sulla traiettoria delle radiazioni emesse da una sorgente radioattiva situata all'esterno dell'organismo; si parla, in questo caso, di irradiazione.
polmoni linfonodi fegato reni tiroide ossa ..…....... ferita cute apparato gastro intest. e liquidi intercell. ingestione inalazione esalazione feci urine • per esposizione interna, che si verifica quando la sorgente radioattiva si trova all'interno dell'organismo, a causa di inalazione per respirazione, e/o ingestione, ovvero per introduzione attraverso una ferita; si parla, in questo caso, di contaminazione interna. L'esposizione esterna cessa quando l'individuo si allontana dalla sorgente ovvero vengono interposti opportuni schermi tra sorgente e individuo. L'esposizione interna cessa quando i radioisotopi respirati o ingeriti o introdotti attraverso ferite sono completamente rimossi dall'organismo (ad esempio: con l'urina, le feci, ecc.).
Effetti biologici delle radiazioni Effetti biologici prodotti dalle radiazioni: tipo deterministico, riguardanti il cattivo funzionamento o la perdita parziale o totale di funzionalità dei tessuti che compongono i diversi organi; tipo stocastico, che portano in tempi molto più lunghi, ad induzione di tumori e a disordini ereditari. Le radiazioni interagiscono con la materia; in ultima analisi, ciò che producono e' chiamato "ionizzazione", cioè la produzione di una coppia di ioni (positivo e negativo) da un atomo elettricamente neutro. Alla base di queste interazioni vi è un trasferimento di energia ai tessuti, i quali reagiscono subendo la ionizzazione.
Danni da radiazione E' stato valutato che il danno maggiore che è causato dalle radiazioni ionizzanti, è quello provocato al DNA, con conseguente impossibilità di riproduzione cellulare o modificazione dei geni. Anche altre strutture vitali, come i cromosomi, possono essere intaccate dalla ionizzazione dovuta a irraggiamento da radiazioni; in questo caso, se il danno è irreparabile, la cellula viene "inattivata". Altri processi che si possono verificare e che causano una modificazione del comportamento e della funzione di organi e tessuto sono, per esempio, la variazione dei meccanismi di comunicazione tra le cellule.
Altro tipo di processo, su tempi generalmente più lunghi, è la trasformazione neoplastica, probabilmente risultante da specifiche modificazioni del DNA, indotte anche da agenti diversi. Attualmente si riconoscono diverse fasi di formazione di tessuto canceroso, le prime delle quali non sono necessariamente manifestazioni maligne. Si passa da una iniziale variazione di interazione tra una cellula e l'altra, per arrivare, attraverso ulteriori modificazioni, alla capacità della cellula di riprodursi in cellule di potenziale maligno. Possono occorrere diversi anni perché questo tipo di manifestazioni si rendano visibili. L'intervallo tra l'insorgenza del danno ed il suo riconoscimento è chiamato tempo di latenza. Questo processo può avvenire in qualunque tipo di cellula, comprese quelle germinali, nel qual caso il danno diventa trasmissibile alle generazioni future, sotto forma di disordini ereditari, in massima parte lesivi.