Tipologie contrattuali a orario ridotto modulato o flessibile

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Tipologie contrattuali a orario ridotto modulato o flessibile Prof. Antonio Lo Faro Diritto del lavoro Tipologie contrattuali a orario ridotto modulato o flessibile (Titolo V - D. Lgs. n. 276/2003) Diritto del lavoro 2004-05

3 obiettivi La rimodulazione dei tempi di lavoro Il contratto di lavoro a tempo parziale Flessibilità nella prestazione (non nel contratto) con riguardo al tempo INTERESSE GENERALE La rimodulazione dei tempi di lavoro come strumento di politica occupazionale 3 obiettivi INTERESSE DEL LAVORATORE INTERESSE DELL’IMPRESA Gestione personalizzata dei tempi di vita e di lavoro Utilizzo più flessibile della forzalavoro

Alcuni “suggerimenti” comunitari La gestione flessibile del tempo di lavoro nel quadro delle politiche di “adattabilità” l'annualizzazione dell'orario di lavoro, la riduzione dell'orario di lavoro, la riduzione degli straordinari, l'accesso alle interruzioni di carriera, lo sviluppo del lavoro part-time… Alcuni “suggerimenti” comunitari

La disciplina legale del part-time in Italia (1) L’Accordo sul costo del lavoro del 22.1.1983 (2) La Direttiva 97/81/CE La legge 863/1984 Il D. lgs. 61/2000 (3) Il Libro Bianco sul mercato del lavoro (4) Il “Protocollo Welfare” Il D. lgs. 276/2003 La legge 247/2007

La definizione legale di part-time Ai fini del presente decreto legislativo si intende: a) Per "tempo pieno" l'orario normale di lavoro o l'eventuale minor orario normale fissato dai contratti collettivi applicati; b) per "tempo parziale" l'orario di lavoro, fissato dal contratto individuale, cui sia tenuto un lavoratore, che risulti comunque inferiore a quello indicato nella lettera a)

La disciplina tipizza due modalità di lavoro part-time PART TIME ORIZZONTALE PART TIME VERTICALE Svolgimento della prestazione tutti i giorni ma a orario ridotto rispetto a quello contrattuale Svolgimento di una prestazione di lavoro a tempi pieno in alcuni giorni o periodi, alternati ad altri giorni o periodi di non lavoro

Come si instaura un rapporto di lavoro a tempo parziale Prof. Antonio Lo Faro I “SOSPETTI” DEL LEGISLATORE Su accordo delle parti risultante da atto scritto, convalidato dalla direzione provinciale del lavoro, è ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale DUE POSSIBILITA’ Stipulazione diretta Trasformazione di un precedente rapporto full time ABROGATO CON LEGGE 183 2011 Diritto del lavoro 2004-05

Abrogato. Legge n. 183/2011 1. Su accordo delle parti risultante da atto scritto, convalidato dalla direzione provinciale del lavoro competente per territorio, e' ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale. Al rapporto di lavoro a tempo parziale risultante dalla trasformazione si applica la disciplina di cui al presente decreto legislativo.

non costituisce giustificato motivo di licenziamento” “Il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo pieno, non costituisce giustificato motivo di licenziamento” IN OGNI CASO in ossequio al principio (posto dalla Dir. 97/81/Ce) della volontarietà…

Esiste un diritto del lavoratore alla trasformazione del full-time in part-time? La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale avviene automaticamente può essere concessa entro sessanta giorni dalla domanda Esisteva solo nel pubblico impiego prima della riforma Brunetta La l. 247/07 ha però introdotto un diritto alla trasformazione a favore dei dipendenti affetti da patologie oncologiche

UN DIRITTO DI PRECEDENZA …e un diritto del lavoratore part-time a passare full-time in caso di nuove assunzioni dell’impresa? UN DIRITTO DI PRECEDENZA Era previsto dal D. lgs. 61/2000 È stato cancellato dal D. lgs. 276/2003 È stato reintrodotto, ma solo per coloro che abbiano in precedenza trasformato un full-time in part-time, dalla L. 247/2007

Il problema maggiormente dibattuto: i requisiti di forma “Il contratto di lavoro a tempo parziale è stipulato in forma scritta” Il dissidio giurisprudenziale precedente la riforma del 2000

La giurisprudenza precedente il d. lgs. 61/2000 “La forma scritta prevista per la stipulazione del contratto di lavoro a tempo parziale, costituisce un requisito stabilito "ad substantiam" e non già "ad probationem” (Cass. 2231/1991)

Entrambi insoddisfacenti segue: gli effetti (paradossali) della nullità in caso di mancanza di forma L’EFFETTO MODIFICATIVO La nullità della clausola di riduzione dell’orario e la sua sostituzione ex art. 1419 c.c. sulla base di una “presunzione di tempo pieno” L’EFFETTO ESTINTIVO La nullità della clausola determina la nullità dell’intero contratto Entrambi insoddisfacenti

La soluzione della nuova normativa (art. 8 d.lgs. 61/2000) Nel contratto di lavoro a tempo parziale la forma scritta è richiesta a fini di prova. In difetto di prova, su richiesta del lavoratore potrà essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno su richiesta del lavoratore

Possibilità di lavoro supplementare e di clausole elastiche L’uso del part-time nella ricerca della massima flessibilità in funzione di politica occupazionale LE DISPOSIZIONI PIU’ SIGNIFICATIVE NELL’OTTICA DELLA FLESSIBILIZZAZIONE DEL PART-TIME Possibilità di lavoro supplementare e di clausole elastiche Possibilità di clausole flessibili Quanto si lavora Quando si lavora

Clausole flessibili ed elastiche Clausola flessibile: la prestazione nel suo complesso non aumenta ma varia la collocazione temporale entro la quale la medesima viene resa da parte del lavoratore Clausola elastica: il datore di lavoro può chiedere che il lavoratore renda una prestazione lavorativa di durata maggiore rispetto a quella inizialmente convenuta Prima il principio della doppia chiave

il numero massimo di ore di lavoro supplementare Il contratto collettivo che il datore di lavoro effettivamente applichi stabilisce: il numero massimo di ore di lavoro supplementare il numero massimo di ore di lavoro supplementare effettuabili nella singola giornata lavorativa; c) le causali in relazione alle quali si consente di richiedere lo svolgimento di lavoro supplementare I contratti collettivi stabiliscono il numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili e le relative causali in relazione alle quali si consente di richiedere ad un lavoratore a tempo parziale lo svolgimento di lavoro supplementare, nonché le conseguenze del superamento delle ore di lavoro supplementare consentite dai contratti collettivi stessi “vecchio” 61/2000 “nuovo” 61/2000

“nuovo” 61/2000 “vecchio” 61/2000 L'effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede il consenso del lavoratore interessato ove non prevista e regolamentata dal contratto collettivo Il rifiuto da parte del lavoratore non può integrare in nessun caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento L'effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede in ogni caso il consenso del lavoratore interessato L'eventuale rifiuto dello stesso non costituisce infrazione disciplinare, né integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento

Legge 12 novembre 2011 n.183 (legge di stabilità): eliminato il principio della doppia chiave Prima: l’esercizio, ove previsto dai contratti collettivi di cui al comma 7 e nei termini, condizioni e modalità ivi stabiliti, da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la durata della prestazione lavorativa, della stessa comporta in favore del prestatore di lavoro nonché di modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa , comporta in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le intese fra le parti di almeno 5 giorni lavorativi, nonché il diritto a specifiche compensazioni nella misura ovvero nelle forme fissate dai contratti collettivi L’esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la durata della prestazione lavorativa nonche di modificare la collocazione termporale della stessas comporta in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le intese tra le parti di almeno due giorni

2) Le clausole flessibili Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno (art. 2, comma 2) L’origine costituzionale della norma

la legittimità delle clausole flessibili secondo la Corte Costituzionale “la programmabilità, da parte del lavoratore deve essere salvaguardata, anche al fine di consentirgli di percepire, con più rapporti a tempo parziale, una retribuzione complessiva che sia sufficiente a realizzare un'esistenza libera e dignitosa” (Corte Cost. 210/1992)

segue: la legittimità delle “clausole flessibili” Alla luce del criterio della “programmabilità dei tempi di non lavoro”, quale di queste situazioni soddisfa i requisiti posti dalla legge? Non più di 24 ore settimanali 24 ore settimanali e 6 ore al giorno 24 ore settimanali e 6 ore al giorno, dal lunedì al giovedì 24 ore settimanali

non ha considerato sufficiente “Il ricorso al termine “distribuzione” ed il riferimento congiunto a tutti i parametri temporali denotano con chiarezza che il legislatore non ha considerato sufficiente che il contratto specifichi il numero di ore di lavoro al giorno (ovvero il numero di giorni alla settimana, al mese o all'anno, ovvero il numero di settimane al mese o all'anno, ovvero il numero di mesi all'anno), ma ha inteso stabilire che dell’orario giornaliero deve essere determinata la distribuzione e cioè la collocazione nell'arco della giornata” (Corte Cost. 210/1992) non ha considerato sufficiente che il contratto specifichi il numero di ore di lavoro al giorno deve essere determinata la distribuzione e cioè la collocazione nell’arco della giornata”

Il regime giuridico di clausole elastiche e flessibili tra disciplina originaria (2000) riforma (2003), e controriforma (2007) (2011)

“I contratti collettivi applicati dal datore di lavoro interessato, hanno la facoltà di prevedere clausole elastiche in ordine alla sola collocazione temporale della prestazione lavorativa, determinando le condizioni e le modalità a fronte delle quali il datore di lavoro può variare detta collocazione le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono concordare clausole flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione “nuovo” 61/2000 (2003) i contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi possono stabilire clausole flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione “vecchio” 61/2000 “cambiamento” 61/2000 (2007)

Ulteriore cambiamento: 2011: si torna al 2003 L’esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la durata della prestazione lavorativa nonchè di modificare la collocazione termporale della stessas comporta in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le intese tra le parti di almeno due giorni

Il principio della “doppia chiave” A) NON C’E’ IL CONTRATTO COLLETTIVO B) C’É IL CONTRATTO COLLETTIVO Occorre sia la previsione contrattuale Sia il consenso del lavoratore BASTA IL CONSENSO DEL LAVORATORE

Con riferimento a clausole flessibili ed elastiche (ma non al lavoro supplementare) dal 2007 viene re- introdotto il principio della doppia chiave – individuale e collettiva – che era stato superato nel 2003 dalla Legge “Biagi” che viene nuovamente abrogato nel 2011: si ritorna alla Biagi

Il consenso individuale La disponibilità allo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale ai sensi del comma 7 richiede il consenso del lavoratore formalizzato attraverso uno specifico patto scritto, reso su richiesta del lavoratore con l’assistenza di un componente della rappresentanza sindacale aziendale indicato dal lavoratore medesimo

“vecchio” 61/2000 “nuovissimo” 61/2000 (2007) L'esercizio del potere di variare la collocazione temporale della prestazione comporta in favore del lavoratore un preavviso di almeno 10 giorni. L'esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la durata della prestazione lavorativa, nonché di modificare la collocazione temporale della stessa, comporta in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le intese fra le parti, di almeno cinque giorni lavorativi “nuovo” 61/2000 L'esercizio del potere di modificare la collocazione temporale della prestazione comporta in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le intese tra le parti, di almeno due giorni

2011: anche nel caso di preavviso si ritorna alla BIAGI L’esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la durata della prestazione lavorativa nonche di modificare la collocazione termporale della stessas comporta in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le intese tra le parti di almeno due giorni

Durante il corso di svolgimento del rapporto di lavoro il lavoratore potrà denunciare il patto accompagnando alla denuncia l'indicazione di una delle seguenti documentate ragioni: a) esigenze di carattere familiare; b) esigenze di tutela della salute certificate dal competente Servizio sanitario pubblico; c) necessità di attendere ad altra attività lavorativa subordinata o autonoma d) altre esigenze individuate dalla contrattazione collettiva (studio, formazione etc…) Ssdfsdfwsdfsdf “vecchio” 61/2000 “nuovo” 61/2000 “nuovo” 61/2000

Il computo dei part-timers In tutte le ipotesi in cui si renda necessario l'accertamento della consistenza dell'organico, i lavoratori a tempo parziale sono computati in proporzione all'orario svolto Ai soli fini dell'applicabilità della disciplina di cui al titolo III della legge 1970 n. 300 i lavoratori a tempo parziale si computano come unità intere, quale che sia la durata della loro prestazione lavorativa In tutte le ipotesi in cui, si renda necessario l'accertamento della consistenza dell'organico, i lavoratori a tempo parziale sono computati in proporzione all'orario svolto “nuovo” 61/2000 “vecchio” 61/2000

IL PART TIME NEL PUBBLICO IMPIEGO RATIO DIVERSA RISPETTO ALL’IMPIEGO PRIVATO

ABROGATO IL DIRITTO AL PART TIME (art. 73 l. n.133/08) Nelle vecchie disposizioni (art. 1 commi 58 e 59 l. n.662) il part time era considerato un modello contrattuale non funzionale alla flessibilità ma alla riduzione della spesa del personale e a consentire una deroga al regime di incompatibilità: da cui il diritto soggettivo al part time. Incentivato il ricorso al part time per realizzare il risparmio di costo.

La ratio non cambia (non flessibilità del lavoro ma esigenze di funzionalità dell’amministrazione) Prima la p.a. poteva differire soltanto la concessione Ora può rifiutarla. Il rifiuto è giustificato quando si accerti (obbligo di motivazione) un semplice - e non soltanto come avveniva in precedenza - un grave pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione. Il part time funzionalizzato all’interesse all’amministrazione la quale decide quale interesse debba prevalere: A) al risparmio dei costi (se accetta la richiesta) B) alla efficienza e alla funzionalità (se rifiuta la richiesta)

Un importante parere della Corte dei Conti - Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte - Parere del 14 ottobre 2008 La trasformazione a tempo pieno di un contratto di lavoro a tempo parziale equivale a nuova assunzione La Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Piemonte, con riferimento alla disciplina normativa introdotta dall'art. 3 co. 101 della legge 24 dicembre 2007 n. 244 afferma che la trasformazione a tempo pieno del rapporto di lavoro del personale assunto con contratto di lavoro a tempo parziale equivale a nuova assunzione, e, pertanto, può avvenire solo nel rispetto delle modalità e dei limiti previsti per tale fattispecie. (pubblico concorso)

Il contratto di lavoro intermittente (Job on call) La massima flessibilità nella riforma del mercato del lavoro: attribuire al datore di lavoro la possibilità di determinare l’an e il quantum della prestazione

Art. 33 d. lgs. 276/03 Il contratto di lavoro intermittente è il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa nei limiti di cui all'articolo 34 si pone a disposizione ne può utilizzare

Due possibili qualificazioni Il lavoro intermittente come Part-time a zero ore? Il lavoratore intermittente come somministratore di se stesso?

Disponibilità e corrispondente indennità del lavoratore intermittente Tre modelli ricavabili dal testo del Decreto 276

1) Il lavoro intermittente con obbligo di disponibilità Cambia lo schema causale del contratto di lavoro: “Nel contratto di lavoro intermittente è stabilita la misura della indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta al lavoratore per i periodi nei quali il lavoratore stesso garantisce la disponibilità al datore di lavoro in attesa di utilizzazione (art. 36.1)” non lavoro contro retribuzione ma messa a disposizione contro indennità

2) Il lavoro intermittente senza obbligo di disponibilità “Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 si applicano soltanto nei casi in cui il lavoratore si obbliga contrattualmente a rispondere alla chiamata del datore di lavoro” (art. 36.6)

Un “non contratto”? Art 1355 cod. civ. È nulla l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell’alienante o, rispettivamente, da quella del debitore “Il contratto di lavoro intermittente senza disponibilità pone entrambe le parti in una situazione prossima, se non identica, a quella del classico “pagherò se vorrò” riportato da tutti i manuali di diritto privato come esempio di condizione meramente potestativa che comporta la nullità del contratto” (U. Romagnoli)

3) Il lavoro intermittente con obbligo di disponibilità (ma senza indennità) “Nel caso di lavoro intermittente per prestazioni da rendersi il fine settimana, nonché nei periodi delle ferie estive o delle vacanze natalizie e pasquali l'indennità di disponibilità è corrisposta al prestatore di lavoro solo in caso di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro” (art. 37.1) Dubbia (fortemente dubbia) compatibilità costituzionale della fattispecie

Tratti di disciplina comuni ai tre modelli Il preavviso non inferiore a giorni 1 I presupposti soggettivi Disoccupati (non meramente inoccupati) con meno di 25 o più di 45 anni I presupposti oggettivi “Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi o, in via provvisoriamente sostitutiva, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con apposito decreto”

Il Decreto ministeriale (novembre 2004) Tabella indicante le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia, alle quali non è applicabile la limitazione dell'orario 1. Custodi 2. Guardiani diurni e notturni, guardie daziarie. 3. Portinai. 4. Fattorini (esclusi quelli che svolgono mansioni che richiedono una applicazione assidua e continuativa) uscieri e inservienti. 5. Camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in genere [...] fino a 37. L’utilizzo del lavoro intermittente per l’assunzione degli steward nelle partite di calcio

L’indennità di disponibilità La misura non è determinata dalla legge ma è rinviata ad altre sedi di determinazione L’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge e di contratto collettivo (indennità di disoccupazione, tfr, 13a) Non matura durante la malattia, o ogni altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, che il lavoratore ha l’obbligo di comunicare. “Ove il lavoratore non provveda all'adempimento di cui al comma che precede, perde il diritto alla indennità di disponibilità per un periodo di quindici giorni”

DM 10 MARZO 2004 Oggetto: Indennità mensile di disponibilità da corrispondere al lavoratore nell'ambito del contratto di lavoro intermittente, ai sensi dell'art. 36 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. (G.U. 22 marzo 2004, n. 68) Articolo 1 Nel contratto di lavoro intermittente, la misura dell'indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta al lavoratore per i periodi nei quali lo stesso garantisce la disponibilità al datore di lavoro in attesa di utilizzazione, è determinata nel 20% della retribuzione prevista dal Ccnl applicato

La disciplina del lavoro intermittente era stata abrogata dal “Pacchetto Welfare” (l. 247/2007) ma è stato reintrodotto dalla l. 133/2008