DIDATTICA DEL MUSEO E DIDATTICA NEL MUSEO Per didattica del museo intendiamo i criteri, le prassi e le attività attraverso le quali il museo è capace di trasmettere informazioni, contenuti e concetti mediante il paratesto rappresentato dal proprio percorso espositivo permanente e da quelli delle esposizioni tematiche temporanee che realizza e/o ospita. Ma il museo è anche, potenzialmente, uno spazio di natura laboratoriale, entro cui è possibile intervenire di volta in volta interagendo con l’utente dall’esterno e sul percorso espositivo o ancora in ambienti dedicati a tali operazioni, che hanno lo scopo di ‘moltiplicare’ e di rendere più efficace l’azione educativa del museo. Per distinguerla dalla precedente, questa “offerta di servizi didattici aggiuntivi ” può essere chiamata didattica nel museo.
Pensiamo a quante valenze didattiche può avere un qualunque percorso espositivo permanente, che pure risulta inevitabilmente “rigido” se fruito, come normalmente avviene, lungo un itinerario di lettura lineare: «Nel contesto delle esposizioni permanenti, che hanno un unico itinerario di base, è possibile diversificare specifici itinerari di visita qualora si individuino argomenti particolari, per i quali i materiali esposti possono fungere da supporto documentario indipendentemente dalla loro collocazione». (Da Cagnolaro L., Valore didattico degli itinerari tematici).
In un certo senso, dunque, la visita guidata è l’esempio più semplice e ovvio di didattica nel museo. Fatto salvo l’impiego di guidine tematiche messe a disposizione del pubblico, per potersi servire delle esposizioni nei modi più diversificati è necessario agire dall’esterno sul percorso espositivo facendo intervenire un operatore qualificato che evidenzi di volta i significati che interessano in relazione all’argomento prescelto.
Perché l’azione educativa del museo risulti più produttiva ed efficace è importante però che corrisponda a degli interessi e a delle motivazioni che devono in un certo senso venire “create” a monte. In altre parole, perché una azione educativa sia efficace e consegua risultati duraturi è necessario che si inserisca in un processo cognitivo di apprendimento.
Ovviamente questo può avvenire solo fino a un certo punto con un tipo di pubblico indifferenziato e attraverso una visita guidata generica. Molto diverso è il caso in cui il museo si ponga come risorsa educativa a disposizione di una “agenzia formativa-educativa” quale è la scuola. La didattica nel museo si è sviluppata ed è diventata molto di più di un “servizio didattico aggiuntivo” nel momento in cui si è riconosciuto nella scuola un’utenza di primaria importanza e in un certo senso privilegiata.
«… per alcune fasce di pubblico in particolare, come quella di età scolare, è necessaria una vera e propria progettazione di attività da parte di una sezione educativa/didattica permanente. Ed è importante che queste attività siano condotte da figure professionali specializzate.
Ma non è sempre stato così. La didattica nel museo ha attraversato nel tempo almeno tre fasi diverse: - una prima fase di offerta ‘occasionale’ a domanda: il modello era quello della visita guidata, spesso generica, più raramente tematica, di cui si facevano carico i direttori e/o i conservatori; - una seconda fase in cui l’attività didattica era rivolta principalmente agli insegnanti della scuola, e che consisteva essenzialmente nell’offerta di corsi di aggiornamento tematici tenuti anche in questo caso dai direttori e/o conservatori;
Con questa modalità di intervento si prendeva atto del fatto che l’azione educativa del museo, per essere efficace e duratura, doveva inserirsi nei processi cognitivi di apprendimento progettati e gestiti dalla scuola. Gli insegnanti dunque erano riconosciuti come i principali attori e gestori dell’azione educativa, ed era a loro, di conseguenza, che il museo rivolgeva le proprie attenzioni. I limiti di questo modello erano quelli di una ‘non sostenibilità’ di fondo e di una mancata o insufficiente revisione delle professionalità di cui il museo doveva essere dotato per corrispondere ai bisogni e alle aspettative.
Questa seconda fase è stata comunque di grande importanza per aver riconosciuto come il ruolo didattico del museo a sostegno della scuola non dovesse essere qualcosa di accessorio o, appunto, di ‘aggiuntivo’, ma dovesse diventare uno dei punti qualificanti della sua missione. Il modello di riferimento, per molti versi ancora valido, era quello di un sistema educativo integrato museo-scuola, in cui cioè il fuori-scuola (nella fattispecie il museo, ma non solo) doveva essere visto come una risorsa imprescindibile per l’azione educativa della scuola.
È stato in questa seconda fase che alcuni musei (primi tra tutti i musei naturalistici) hanno cominciato a dotarsi di laboratori didattici, nei quali venivano sperimentate le prime modalità di apprendimento basato sul rapporto diretto con i fenomeni - anziché su concetti e nozioni - in cui gli insegnanti, con le loro classi, interagivano con le prime figure di operatori museali specializzati nella didattica. Esempi: -Centro didattico del Museo di Storia Naturale “G. Doria” di Genova - Centro di Educazione Naturalistica e Ambientale del Museo di Storia Naturale di Venezia - Centro di Documentazione Didattica del Museo di Storia Naturale di Ferrara - Centro didattico del Museo di Storia Naturale della Val di Chiana, Montepulciano
L’esperienza dei laboratori didattici ha ‘preparato il terreno’ per il passaggio alla terza fase, in cui l’attività didattica interagisce direttamente con i bambini e i ragazzi e che viene offerta alle scuole (dunque agli insegnanti) sotto forma di proposte didattiche modulari. In questa fase - quella attuale - sono fondamentali i seguenti requisiti: - la non occasionalità dell’offerta e delle relative proposte; - al contrario, l’esistenza di una vera e propria progettazione di attività da parte di una sezione educativa/didattica permanente; - l’intervento di figure di operatori museali specializzati nella didattica (esperti delle materie ma anche di come rapportarsi con gli scolari delle diverse fasce di età, dalle materne alle superiori); - l’esistenza e la fruibilità di spazi dedicati (come aule didattiche e laboratori) all’interno del museo.
È questa la realtà di oggi. Ad esempio, la non occasionalità dell’offerta e delle relative proposte ma al contrario l’esigenza di una vera e propria progettazione delle attività in modo perlomeno continuativo è riconosciuta esplicitamente dalla Regione Emilia-Romagna come uno standard obbligatorio per tutti i musei, laddove si legge: 7.6 Personale Requisiti obbligatori Devono essere garantite in modo adeguato e continuativo le funzioni di : direzione conservazione e cura delle collezioni e del patrimonio museale educazione e didattica sorveglianza e custodia
L’esigenza di avvalersi di operatori museali specializzati nella didattica è risultata fondamentale in particolare nel coinvolgere efficacemente nelle attività gli alunni più piccoli (scuole materne ed elementari), per i quali ogni esperienza deve essere proposta con un approccio ludico, di gioco. Un conservatore, infatti, per quanto esperto della materia, di norma non è genere la persona più capace di ideare e condurre questo tipo di esperienze…
Un fattore che, oggettivamente, ha influito nel passaggio dalla seconda alla terza fase è stata la non sostenibilità di un modello di museo inteso come ‘servizio’ a costo zero per l’utenza (e interamente a carico della pubblica amministrazione) qual era concepito a quei tempi. Le offerte didattiche caratteristiche della prima e della seconda fase erano tutte gratuite per l’utenza. Sottraevano tempo al personale scientifico dei musei, costavano e non si autofinanziavano. Se la domanda era 100, quella che poteva essere soddisfatta era 10. Il modello attuale si basa (in genere) su una esternalizzazione dei servizi educativi/didattici e della loro gestione, cosa possibile in quanto le attività didattiche sono a pagamento e pertanto si autofinanziano. Più cresce la domanda, più cresce il volume delle attività.
Il problema, evidentemente, sarà quello di un controllo di qualità. Per questa ragione si ritiene necessario che la progettazione delle attività avvenga o sia coordinata da parte di una sezione educativa/didattica permanente, interna al museo, alla quale spetterà anche la valutazione del servizio prestato dal soggetto esterno.