“Maestro, dove abiti?” … a Nazaret “Gesù Cristo, Concepito di Spirito Santo, Nato da Maria Vergine” “Maestro, dove abiti?” … a Nazaret Stezzano, 24 novembre 2011 Brusaporto, 10 gennaio 2012
Qualche spunto per iniziare… Perché una catechesi su Gesù? Lo conosciamo già… 2. Ormai è troppo tardi per iniziare un cammino di ricerca su Gesù. Bisognava farlo da giovani… 3. È più importante comportarsi da bravi cristiani, vivere la carità, fare volontariato che studiare il catechismo… 4. Si parla tanto di religioni e poco di Gesù
«Entrando da lei, disse: “Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te”» (Lc 1,28)
il Verbo si incarna nel grembo di Maria 1. Maria riceve l’annuncio/vocazione a diventare madre del Salvatore (Lc 1,26-38) 2. “L’angelo Gabriele fu mandato da Dio… a una vergine… che si chiamava Maria”. Il senso di questa verginità 3. Il Figlio di Maria è il Verbo eterno, “generato, non creato, della stessa sostanza del Padre” 4. Il concepimento verginale di Gesù è segno della totale gratuità dell’Incarnazione e della salvezza. Cristo è pura grazia, «dono di Dio» agli uomini.
Il “mistero” di Nazaret: la quotidianità del Verbo Incarnato 1. A Nazaret Gesù trascorre la sua «vita nascosta». Il Verbo incarnato, il Figlio di Dio, si sottomette alle leggi comuni dell’esistenza. A Nazaret non c’è nulla di straordinario: un ragazzo che cresce e impara; un giovane che lavora e condivide gioie, sofferenze e problemi 2. Nel mistero di Nazaret c’è già la rivelazione del Figlio di Dio. Non è solo preparazione o prologo alla «vita pubblica». Al contrario, la vita di Nazaret è un tempo nel quale inizia veramente a realizzarsi l’opera della salvezza 3. «Vivere Nazaret» significa testimoniare Gesù Cristo nella vita quotidiana ordinaria
«Scese con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso» (Lc 2,51)
Nazaret e il suo valore teologico 1. Nazaret: sconosciuta nei libri dell’AT e poco importante nel NT. Natanaele dice: «Cosa può mai venire di buono da Nazaret?» (Gv 1,46). 2. A Nazaret Gesù conduce una vita “nascosta” con Maria e Giuseppe. 3. La gente di Nazaret rifiuta Gesù perché troppo «normale» per essere il Messia (Mt 13,53-58; Mc 6,1-6). 4. Nazaret “insegna il silenzio, il lavoro e la vita familiare (Paolo VI).
Lo stile di Nazaret per il Concilio Vaticano II «Perché i cristiani possano dare utilmente questa testimonianza di Cristo, stringano rapporti di stima e di carità con questi uomini, e si riconoscano membra del gruppo umano in mezzo al quale vivono, e prendano parte, attraverso il complesso delle relazioni e degli affari dell’umana esistenza, alla vita culturale e sociale… La Chiesa condivide le gioie e le fatiche degli uomini, conosce le aspirazioni e i misteri della vita, soffre con essi nelle angosce della morte... I discepoli di Cristo, mentendosi in stretto contatto con gli uomini nella vita e nell’attività, sperano di offrire loro una vera testimonianza di Cristo e di lavorare alla loro salvezza, anche là dove non possono annunciare pienamente il Cristo» (Ad Gentes, 11-12).
Lo stile di Nazaret per Charles de Foucauld «Egli discende; in tutta la sua vita non ha fatto altro che scendere; discendere incarnandosi, discendere facendosi bambino, discendere obbedendo, discendere facendosi povero, abbandonato, esiliato, perseguitato, suppliziato, mettendosi sempre all’ultimo posto». Lo stile di Nazaret per Charles de Foucauld
L’Incarnazione del Figlio di Dio «Con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché il peccato» (Gaudium et Spes 22)
La spiritualità dell’Incarnazione I 1. Il mistero dell’«Incarnazione» non si limita all’evento del Natale ma abbraccia tutto il mistero di Cristo. 2. L’Incarnazione non è soltanto una «premessa» della Redenzione, ma la sua prima «tappa». Dio entra nel mondo umano, ne assume la «carne», perché l’uomo possa rientrare nel mondo di Dio. Con l’Incarnazione viene colmata la distanza tra il divino e l’umano. 3. Nei primi secoli la Chiesa ha più volte ribadito che se il Verbo non si fosse veramente incarnato, noi non saremmo stati salvati. L’Incarnazione del Figlio ci ricorda che ormai non c’è nulla di veramente umano che non abbia un rapporto con il divino.
La spiritualità dell’Incarnazione II 4. L’incarnazione è anche la «norma» della fede cristiana che consente di spezzare le onde dei vari spiritualismi negatori della «carne» e dei vari materialismi negatori dello Spirito, in nome di una fede che assume la carne, la materia, la storia, come reale sacramento del Verbo. 5. La Chiesa, corpo di Cristo e sua presenza nella storia, sacramento di salvezza, deve mantenere in sé l’equilibrio dell’Incarnazione senza confondere né separare l’umano dal divino.
Il “mistero” di Betlemme
a) A Betlemme si rivela il mistero di un Dio che si fa «piccolo». b) Qui si realizza il “misterioso scambio”: Dio è diventato uno di noi, affinché noi potessimo essere con Lui, diventare simili a Lui. c) Il Natale è il farsi dono di Dio all’uomo: «Per te mi sono incarnato, per te ho anche patito. Mi sono dato a te, datti a me!» (San Bonaventura). d) Il mistero del Natale si compie con l’Epifania: tutti i popoli, raffigurati dai Magi, sono chiamati a riconoscerlo e ad adorarlo. e) Nel Bambino Gesù Dio si manifesta al mondo intero senza alcuna discriminazione, per fare di ogni uomo un cittadino del suo Regno di giustizia, di pace e di amore.
In lui oggi risplende in piena luce il misterioso scambio che ci ha redenti: la nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne e noi, condividiamo la sua vita immortale (Prefazio III di Natale)
Nel mistero adorabile del Natale, egli, Verbo invisibile, apparve visibilmente nella nostra carne, per assumere in sé tutto il creato e sollevarlo dalla sua caduta. Generato prima dei secoli, cominciò a esistere nel tempo, per reintegrare l’universo nel tuo disegno, o Padre, e ricondurre a te l’umanità dispersa (Prefazio II di Natale)
La spiritualità di Betlemme «Che cosa ti possiamo offrire, o Cristo, perché sei apparso sulla terra fatto uomo per noi? Ogni creatura plasmata da te ti offre qualcosa per renderti grazie: gli angeli il canto, i cieli la stella, i magi i doni, i pastori la meraviglia, la terra la grotta, il deserto la mangiatoia. E noi? Noi una Madre Vergine! O Dio che esisti prima dei secoli, abbi pietà di noi!» (Vespro di Natale della liturgia bizantina). a) Il senso cristiano del dono b) La «logica» divina della piccolezza c) L’infanzia spirituale d) Betlemme è la casa della luce, della pace e della gioia messianica; è la culla della figliolanza divina e della fraternità universale.
Betlemme nella tradizione cristiana «Saresti morto per l’eternità se Lui non fosse nato nel tempo… Una perpetua miseria ti avrebbe posseduto, se non ti fosse stata elargita questa misericordia… Ti saresti perduto, se Lui non fosse arrivato» (sant’Agostino) «Che ti giova che Cristo una volta sia venuto nella carne, se Egli non giunge fin nella tua anima? Preghiamo che venga quotidianamente a noi» (Origene) «Mille volte nascesse Cristo a Betlemme, / ma non in te, sei perduto in eterno!» (Angelo Silesio) «Ancora oggi e tutti i giorni sino alla fine dei tempi, il Signore sarà continuamente concepito a Nazaret e partorito a Betlemme» (san Beda)
san Francesco e il presepe di Greccio
«Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco disse: “vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato”… Spesso, quando voleva nominare Gesù Cristo, infervorato di amore celeste lo chiamava il “Bambino di Betlemme”… E ogni volta che diceva “Bambino di Betlemme” passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole» (Tommaso da Celano)
Alcune domande per il confronto 1. Perché una persona adulta, nel XXI secolo, dovrebbe credere in Gesù Cristo? A che cosa «serve» la fede? 2. Nazaret richiama un stile di vita «nascosto», proprio il contrario di quello stile «esibito» oggi tanto di modo. In che senso il cristiano deve «nascondersi»? La testimonianza non richiederebbe piuttosto di «essere visibili»? 3. La logica dell’Incarnazione contrasta con ogni forma di spiritualismo e di materialismo. Quali sono oggi le forme più pericolose di spiritualismo e di materialismo? 4. Povertà, semplicità, pace… rischiano di essere belle parole, che tutti ammirano ma che pochi vivono. Qual è il valore della povertà in un mondo che rincorre la ricchezza? Quali sono i modi concreti nei quali vivere questa virtù nelle nostre famiglie?