Affreschi nella Basilica di San Francesco

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Transcript della presentazione:

Affreschi nella Basilica di San Francesco Nella basilica di san Francesco si conserva il più importante complesso di affreschi della pittura italiana dalla metà del duecento al terzo decennio del trecento. Nella chiesa superiore le pareti della navata recano affreschi di scuola romana (ca. 1280) nel registro superiore e la Leggenda di San Francesco di Giotto in quello inferiore (1298). Il transetto e il coro hanno affreschi, gravemente deperiti, di Cimabue (ottavo decennio) fra cui la Crocifissione. Nella chiesa inferiore le pareti della navata sono decorate con Storie di San Francesco del Maestro di San Francesco (metà del duecento); Il transetto e le cappelle recano affreschi dei primi maestri giotteschi: la Maestà della Vergine con San Francesco di Cimabue, il ciclo di affreschi di Pietro Lorenzetti con la Crocifissione e la Deposizione dalla Croce e, nella cappella di S. Martino, affreschi con Storie di San Martino di Simone Martini.

Nelle quattro vele della volta sopra l’altare della basilica inferiore vi sono gli affreschi con le Allegorie dei tre voti dell’Ordine, Povertà, Castità e Obbedienza, insieme all’Apoteosi di Francesco che oggi sono considerati opere di colui che è convenzionalmente chiamato “Maestro delle vele”. La decorazione ad affresco delle diverse zone e cappelle fu affidata nel tempo a notevoli artisti, tutti di grande rinomanza: Cimabue, Giotto, Simone Martini, Pietro e Ambrogio Lorenzetti, Dono Doni (cappella di S. Stefano), Cesare Sermei (cappella di S. Antonio da Padova). Nel braccio destro del transetto sono presenti affreschi importantissimi di Cimabue, Giotto e aiuti. Nel braccio sinistro della crociera si trovano gli affreschi di Pietro e Ambrogio Lorenzetti. Gli affreschi di Simone Martini sono nella prima cappella di sinistra dedicata a S. Martino

Di straordinario impatto emotivo la Crocifissione (350x690 cm) del transetto sinistro. Qui Cimabue realizza un’opera di alta drammaticità per gli atteggiamenti dei personaggi e per l’ambientazione. La scena, molto affollata, ha il suo centro nella croce che la divide esattamente a metà. La figura serpentinata del Cristo è tragicamente investita dal vento che agita il suo perizoma; la tensione drammatica è accentuata dalla figura della Maddalena che mostrando tutta la sua disperazione leva le braccia tese al cielo, mentre san Francesco accasciato ai piedi della croce appare prostrato dal dolore.

Pittura prima di Giotto Le icone erano dipinte su tavolette di legno, generalmente di tiglio, larice o abete. Sulla superficie si cominciava a tratteggiare il disegno. Si partiva con uno schizzo della rappresentazione, il successivo processo era quello della pittura. S’iniziava colla doratura di tutti i particolari (bordi dell’icona, pieghe dei vestiti, sfondo e corone). Quindi si cominciava col dipingere i vestiti, gli edifici e il paesaggio. L’iconografia richiedeva grande preparazione tecnica e spirituale. Il pittore si preparava appositamente per creare l’opera iconografica: un atto che gli permetteva di entrare in stretto rapporto con il divino ed esigeva una profonda purificazione mentale, spirituale e fisica. I volti sono trasfigurati e trasformati perchè hanno abbandonato la dimensione della passioni terrene e sono totalmente inseriti in quella spirituale, al di là del tempo e dello spazio. Pur essendo trascinati e coinvolti in questa dimensione, mantengono la loro dimensione umana: restano uomini e in qualità d’essere umani mantengono l’immagine di Dio sul loro volto. L'Icona non è una rappresentazione pittorica con intenti figurativi ed artistici come i cristiani non ortodossi sono portati a credere, Essa è, invece, una Preghiera che santifica l'anima del credente con il mezzo materiale della vista, come il canto santifica attraverso l'udito.

Giotto di Bondone (1267-1337) nacque a Vicchio di Mugello, vicino Firenze, Dopo un apprendistato condotto nella bottega di Cimabue si trasferì a Roma, dove conobbe l'arte romana e la scultura gotica di Arnolfo di Cambio. Verso la fine del Duecento fu chiamato ad Assisi per decorare la basilica superiore di San Francesco, lavoro che svolse fra il 1290 e il 1295 e nel quale affermò le sue straordinarie capacità pittoriche e con il quale raggiunse una grande notorietà. Non tutti gli affreschi presenti nella basilica di San Francesco ad Assisi, però, sono dipinti interamente da Giotto che, come tutti i maggiori artisti dell'epoca, si avvaleva di molti collaboratori. Tra i collaboratori si possono ipotizzare maestranze di Assisi perché era solito che un pittore in trasferta qual era Giotto, proveniente dalla Toscana, chiamasse i pittori del luogo; questo consentiva anche di attivare un buon rapporto con gli artigiani locali. Egli era un artista “moderno”, un imprenditore: aveva una sua bottega e lavorava su commissione in tutta Italia. La committenza era quella che decideva gli argomenti e le iconografie che un artista doveva rappresentare. Gli artisti erano lasciati liberi di scegliere i modi della rappresentazione ma anch'essi erano posti sotto stretto controllo da parte dell'autorità ecclesiastica dovendo i loro lavori rispecchiare fedelmente le teorie della Chiesa.

IL CICLO DI SAN FRANCESCO Il ciclo di affreschi della basilica superiore di Assisi fu commissionato a Giotto dai frati francescani. Le scene raffigurano episodi della vita di san Francesco, dalla sua giovinezza fino alla morte, e alcuni suoi miracoli. Gli episodi sono tratti dalla Legenda maior di san Bonaventura, un testo che la Chiesa considerava la biografia ufficiale del santo, ma il progetto iconografico del ciclo fu concordato certamente col teologo generale dei francescani. Secondo i più recenti studi, il ciclo di Assisi sembra essere suddiviso in tre gruppi distinti: il primo e l'ultimo di sette quadri ciascuno, il mediano di quattordici per un totale di 28. I primi sette episodi rappresentano l'iter della conversione di San Francesco sino all'approvazione della regola. Il gruppo centrale, considerato evidentemente il principale, mostra tutto lo sviluppo dell'Ordine con San Francesco, sino alla sua morte. Gli ultimi sette sono le esequie e la canonizzazione del Santo, compresi i miracoli post mortem ritenuti necessari a questa. Nel primo gruppo San Francesco è senza l'Ordine, nel secondo è insieme all'Ordine, nel terzo è l'Ordine che prosegue l'opera di San Francesco.

L'innovazione di Giotto Non usa più il modo di dipingere della tradizione bizantina; Non usa più gli sfondi dorati, né figure schematiche Ritorna al naturalismo dell’arte romana; Rappresenta luoghi e persone nel loro aspetto reale, nel loro volume, nella naturalezza di gesti ed espressioni; Usa una raffigurazione storica degli eventi, oltre che religiosa; I personaggi non sono più figure astratte ma reali; Usa un prospettiva appena abbozzata, senza regole geometriche ma efficace. In queste descrizioni san Francesco appariva ai fedeli come un loro contemporaneo, circondato da persone vestite in abiti `moderni'', poste in ambienti architettonici simili a quelli in cui gli uomini del tempo vivevano e lavoravano. È stato un grande innovatore dell’arte e l’iniziatore della pittura italiana.

I gruppo: i primi sette Francesco onorato da un uomo semplice

Soggetto: San Francesco dona il mantello al povero Iconografia: al centro c’è il santo riconoscibile dall’aureola che dona il mantello. Denotazione e connotazione : i due personaggi sono vestiti semplicemente e sono legati tra loro dal gesto. L’ambiente è reale anche se semplificato. Tutto converge sul santo: la sua posizione centrale e anche le due colline che sembrano incontrarsi sulla sua testa. Composizione: quasi simmetrica: le diagonali convergono sulla testa del santo e guidano lo sguardo dell’osservatore. Stile: figure plastiche, ricche di chiaroscuro, il colore è staso con pennellate sfumate.

Soggetto: San Francesco rinunzia ai beni paterni Iconografia: il santo è rappresentato con il torace nudo da un lato, dall’altro c’è il padre irato, trattenuto da un uomo. Denotazione e connotazione: sullo sfondo la folla di persone, con vesti dell’epoca, e le architetture che collocano la scena nella città di Assisi, rendendo tutto più realistico. Composizione: la scena è nettamente divisa in due parti, a sottolineare nelle forme e nei volumi la distanza tra il santo e suo padre. Tra il gruppo che rappresenta la chiesa e quello che rappresenta la borghesia. I volumi sono ben delineati. Il colore è steso con effetti di chiaroscuro.

[a] Francesco alza le braccia al cielo lungo una delle diagonali del dipinto…

[b] i suoi occhi sono rivolti alla mano benedicente di Dio.

[c] Il padre regge i vestiti di Francesco ed è trattenuto all’indietro da un personaggio autorevole.

[d] I personaggi sono divisi in due gruppi: a sinistra il padre, i familiari e gli altri benestanti della città…

[e] e, a destra, Francesco, il vescovo di Assisi e tre chierici.

[f] Le architetture a sinistra alludono a degli edifici civili…

[g] mentre quelle a destra suggeriscono l’idea di una costruzione sacra.

[h] Le linee di fuga dei vari edifici concorrono in punti diversi.

II gruppo: 14

CIMABUE Cimabue, Cenni di Pepi, (Firenze ca 1240 - Pisa 1302). Verso il 1280 si collocano gli affreschi della basilica superiore di S. Francesco ad Assisi: Evangelisti nella volta della crociera, Storie della Vergine nel coro, Scene dell’Apocalisse, Giudizio e Crocifissione nel braccio sinistro del transetto, Storie di S. Pietro nel braccio destro. Anche se fortemente deteriorati, si avverte in essi il senso grandioso dello spazio e la concitata drammaticità delle figure come nella Maestà della Vergine con S. Francesco nella basilica inferiore di Assisi, L’immagine di San Francesco qui riprodotta è quella più somigliante al santo

Vele: Le volte a crociera fanno da cornice ad uno dei cicli pittorici più importanti del complesso. Ne derivano le splendide Allegorie che per il colore, i movimenti e le espressioni dei personaggi sono di estrema suggestione Di anonimo Giottesco non meglio identificato che con il nome di Maestro delle Vele, si narrano le virtù che San Francesco aveva a lungo predicato: povertà castità obbedienza

Il sogno di San Martino

L’INVESTITURA DI SAN MARTINO Questa scena ricorda la cerimonia napoletana durante la quale Simone stesso fu investito cavaliere. Al centro si vede Martino che prega mentre, alla sua sinistra, l’imperatore Giuliano gli stringe la cintura della spada attorno ai fianchi e a destra uno scudiero gli allaccia gli speroni. Dietro all’imperatore, altri due scudieri portano gli emblemi cavallereschi dell’elmo e del falco. All’estrema destra, un pifferaio e un liutista intenti a fare musica. Sullo sfondo, un portico ad archi, ornato con decorazioni cosmatesche, scandisce i vari raggruppamenti dei personaggi presenti nella scena.