NEOCLASSICISMO Il termine fu coniato alla fine dell’Ottocento con intento dispregiativo per indicare un’arte non originale, fredda, accademica. Il neoclassicismo è una corrente artistica sviluppatasi nella seconda metà del diciottesimo secolo. L'arte neoclassica si propone come ritorno all'arte classica, rivista in modo da valorizzare i contenuti artistici degli antichi greci e romani. Il neoclassicismo è caratterizzato dalla preferenza per linee e simmetrie, fortemente ispirate a fonti classiche. Questa impostazione riguarda pittura, scultura ed architettura. Lo stile neoclassico si identifica con l'arte neoclassica, riscoperta e nuovamente studiata con maggiore attenzione ed interesse, grazie anche alle numerose scoperte archeologiche.
Il centro del movimento neoclassico fu inizialmente Roma e il suo massimo teorico fu il tedesco Johann Joachim Winckelmann. Egli fu l’autore della Storia dell’arte nell’antichità. La prima vera teorizzazione del Neoclassicismo è però l’opera Pensieri sull’imitazione dell’arte greca. Nobile semplicità e quieta grandezza è la caratteristica dei capolavori greci che devono essere imitati per raggiungere la grandezza.
Per Winckelmann la vera arte era quella greca per cui "l'unica via per divenire grandi e, se possibile, inimitabili, è l'imitazione degli antichi". Imitazione dell'antico voleva dire, per l'artista neoclassico, una fonte a cui attingere, nella forma e nel contenuto, in quanto modello estetico per la rappresentazione degli ideali e delle scene contemporanee, e non era quindi come per gli artisti rinascimentali, che pure si ispiravano all'antichità, un rapporto di sintonia spirituale con esso.
I caratteri principali di questa corrente sono: - il rifiuto dell'arte barocca e dell'irregolarità che la caratterizza; - il ritorno al concetto di "bello ideale", nato dall'arte classica; - la riscoperta di valori etici romani, sopratutto in David e negli intellettuali della Rivoluzione Francese; il ritorno ai valori del mondo classico per far rivivere l'arte degli antichi greci e romani. la preferenza per linea e simmetria e il frequente ricorso a fonti classiche nella pittura, nella scultura e nell'architettura.
“Fra tutte le opere dell’antichità scampate alla rovina la statua di Apollo esprime il sommo ideale artistico. L’autore ha creato quest’opera seguendo fedelmente l’ideale, utilizzando la materia solo per quanto gli era indispensabile a rendere concreta e visibile la sua ispirazione. Questa statua di Apollo sopravanza ogni altra raffigurazione della divinità così come l’Apollo di Omero s’innalza sopra quello cantato dai poeti che gli sono succeduti. Il suo corpo eccelle a confronto di quello umano e dalla sua posa traspare la grandezza che lo pervade. Come nei Campi Elisi, un’eterna primavera ammanta di dolce giovinezza la sua piena e seducente virilità e delicatamente ingentilisce le sue membra maestosamente conformate. Penetra con la tua anima nel regno delle forme eteree e diventa artefice di un mondo divino, affinché il tuo spirito possa godere di bellezze superiori a ciò che è terreno: o lettore, là non esiste alcunché di mortale o schiavo delle umane necessità. Non vi è vena né nervo che agitino e turbino questo corpo, ma, come un placido fiume, uno spirito celestiale scorre nella figura colmandola quasi tutta alla superficie. Egli ha inseguito Pitone, tendendo contro costui per primo l’arco, e ora con passo poderoso l’ha raggiunto e abbattuto. Dall’alto del suo spirito appagato il suo occhio contempla l’infinito, al di là e al di sopra della sua vittoria: le sue labbra esprimono disdegno e la contenuta ira tende le sue narici e sale fino alla fiera fronte. Qui, però, nulla sconvolge la pace che regna serena e tranquilla e il suo sguardo è colmo di dolcezza, come tra le Muse che si protendono per cingerlo nelle loro braccia. Non vi è altra raffigurazione del padre degli dèi, giunta a noi e venerata dall’arte, che rispecchi quella grandezza con la quale egli si manifestò alla mente del divino poeta e che qui si ritrova nelle sembianze del figlio, in cui ancora, come in Pandora, sono armoniosamente fusi i singoli attributi di bellezza delle molte divinità. Di Giove la fronte, dov’è la dea della scienza, e le sopracciglia il cui cenno mostra la suprema volontà; gli occhi sono quelli della regina delle dee dal maestoso arco, e la bocca è esattamente la stessa che in modo eccelso dilettò l’amato Branco. Una brezza gentile accarezza i soffici capelli, che, in riccioli morbidi e docili come i tralci della vite generosa, ornano questa testa sublime e paiono cosparsi del balsamo degli dèi e acconciati sul capo delle Grazie con garbo squisito. Di fronte a una tale meraviglia artistica tutto svanisce dalla mia mente e mi innalzo al di sopra di me stesso per tributarle il giusto omaggio.
Johann Joachim Winkelmann notò il paradosso per cui la bellezza della scultura si esprima attraverso una scena di morte e rovina.
La bellezza della serenità La quiete è lo stato che più si addice alla bellezza, come al mare, e l’esperienza insegna che le più belle creature sono quelle dal carattere quieto e ben educato. Inoltre, l’idea di una nobile bellezza non può nascere che da uno stato contemplativo dell’anima, sereno e distaccato da tutte le singole rappresentazioni. Poiché padrone dei propri sentimenti è l’uomo, la più alta forma d’arte è la scultura che imita il corpo umano; attraverso la scultura sarà possibile, come hanno fatto i greci, esprimere una serena compostezza anche nel dolore: come la profondità del mare, per quanto agitata ne sia la superficie resta sempre immobile, cosi l’espressione delle figure greche, per quanto agitate da passioni, mostra sempre un’anima grande e posata… Come la profondità del mare che resta sempre in quiete, per quanto la superficie infuri, l’espressione nelle figure dei greci manifesta, in tutte le passioni, un’anima grande e composta. Quest’anima, nonostante le più atroci sofferenze, si palesa nel volto del Laocoonte, e non solo nel volto. Il dolore che traspare in tutti i muscoli e i tendini del corpo e che da solo, senza badare al viso e alle altre parti, quasi crediamo di sentire sentire noi stessi, al cospetto del ventre convulsamente contratto, questo dolore, dico, non si esprime affatto con segni di furore nel volto e nella posizione. Egli non leva nessun orribile grido come canta Virgilio del suo Laocoonte: l’apertura della bocca non lo consente; è piuttosto un sospiro angosciato e represso. Il dolore del corpo e la grandezza dell’anima sono distribuiti con eguale intensità, e quasi bilanciati, nell’intera struttura della statua. Laocoonte soffre, ma soffre come il Filottete di Sofocle: la sua miseria ci tocca l’anima; ma noi desidereremmo saperla sopportare come la sopporta questo grande. L’espressione di un’anima così grande va ben al di là delle creazioni della natura bella: l’artista doveva sentire nel proprio intimo la forza dello spirito che impresse nel suo marmo. La Grecia ebbe artisti e filosofi in una persona sola…… La filosofia porgeva la mano all’arte, e infondeva nelle figure ben più che anime volgari.
Il neoclassicismo nasce soprattutto come contrapposizione agli sfarzi del barocco, che era rifiutato dalla nuova visione del mondo, e della religione proposta dal pensiero illuminista; in particolare la religione aveva perso il ruolo centrale che giocava da secoli nella società e questo inevitabilmente si ripercosse nell'arte che assume un significato sociale diverso, acquistando un carattere pubblico. Inoltre gli artisti si liberarono dai canoni tematici imposti dai committenti e scelsero liberamente i soggetti da rappresentare.
Architettura neoclassica Le caratteristiche tipiche del gusto neoclassico sono particolarmente evidenti nell'architettura, il repertorio classicista venne applicato non solo a palazzi e chiese, costruiti come templi classici, ma anche a teatri, caserme, ospedali e numerosi altri edifici aventi funzione pubblica. 10
Chiesa di San Francesco di Paola a Piazza Plebiscito a Napoli