LE RELAZIONI INTERNAZIONALI NEL MAR GLACIALE ARTICO Mario Taurino. Dottore in Scienze Politiche e Internazionali
LA REGIONE ARTICA Il Circolo Polare Artico ricopre una superficie di circa 30 milioni di chilometri quadrati, equivalente a circa un sesto dell’intera superficie terrestre, il cui confine esterno viene convenzionalmente fatto coincidere con l’isoterma di 10°C di Luglio. All’interno di questa regione, in posizione centrale, si trova un mare ricoperto di ghiacci, il Mar Glaciale Artico (considerato e conosciuto come Oceano Artico), che occupa un’area di circa 14.090.000 chilometri quadrati e che è circondato dalle terre di Europa, Asia, Nord America, Groenlandia e da numerose isole. Ai bordi di questo oceano si trovano alcuni mari periferici: Mare di Barents, Mare di Beaufort, Mare dei Čukči, Mare di Kara, Mare di Leptev, Mare Siberiano Orientale, Mare di Lincoln, Mare di Wandel, Mare di Groenlandia e il Mare di Norvegia.
LE DORSALI DORSALE MENDELEEV DORSALE LOMONOSOV Il Mar Glaciale Artico è diviso in due bacini dalla dorsale sottomarina di Lomonosov rispettivamente quello Euroasiatico (o di Nansen) e quello Nordamericano. La Dorsale Lomonosov è una catena montuosa sottomarina che si estende per 1.700 Km.
IL CAMBIAMENTO CLIMATICO 1979 Prime rilevazioni satellitari 1979-2000 Calotta artica aveva un’estensione di 7,7 milioni di Km quadrati 2007 Calotta raggiunge i 5,8 milioni Km quadrati LUGLIO 2012 Fortissima riduzione dello strato di ghiaccio della Groenlandia. AGOSTO 2012 L’ Agenzia spaziale giapponese JAXA rileva che i ghiacci non si sono mai sciolti così velocemente come in questo anno. La calotta scende a 4,664 milioni di km quadrati 16 SETTEMBRE 2012 Calotta arriva a circa 3,5 milioni di Km quadrati: minimo storico. L’Arctic Climate Impact Assessment(ACIA), progetto del Consiglio Artico e del Comitato internazionale artico per la scienza, pubblicato nel 2004, volto a valutare e sintetizzare la conoscenza sulla variabilità del clima e le relative conseguenze, ha indicato che la temperatura nell’Artico è aumentata due volte in più (4 – 7°C) rispetto all’incremento della temperatura media globale e che il riscaldamento sarà ancora più evidente nei prossimi decenni in questa regione rispetto alle altre parti del mondo Stando ai dati messi a disposizione dalla JAXA, dal 18 agosto 2012, momento in cui l’area complessiva dei ghiacci nel Mar Glaciale Artico era di 4 milioni 664 mila chilometri, vi è stata una riduzione di circa 500 mila chilometri quadrati nel giro di poche settimane.
1979-2012
LE CONSEGUENZE DELLO SCIOGLIMENTO DEI GHIACCI Progressivo scioglimento dei ghiacci Maggiore sfruttamento delle risorse della regione artica Apertura di nuove rotte commerciali (Passaggio a Nord Est e Passaggio a Nord Ovest) Nel 1992 tutti i paesi del mondo hanno firmato la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) ed è seguito, nel 1997, il protocollo di Kyoto che suggeriva provvedimenti e obiettivi specifici per la riduzione delle emissioni di gas serra e scadenze precise per raggiungerli: il protocollo è entrato in vigore nel 2005 e con esso i paesi sviluppati (con alcune eccezioni, tra cui gli USA) hanno concordato di ridurre le loro emissioni di gas serra del 5,2% rispetto al livello del 1990; è, però, doveroso sottolineare che i paesi dell’Artide sono tra i maggiori produttori di gas serra e responsabili, insieme agli Stati Uniti, di circa un quarto delle emissioni globali
LE RISORSE ARTICHE PETROLIO E GAS : sono qui ubicate circa il 25% delle riserve mondiali d’idrocarburi MINERALI (stagno, manganese, carbone, nichel, ferro, oro, platino, argento, rame, diamanti, uranio etc..) RISERVE DI PESCA: circa il 70% del rifornimento di pesce bianco su scala mondiale proviene da questa regione L’istituto americano Geological Survey(USGS) ha terminato nel 2008 un rapporto sul potenziale energetico dell’Artico da cui risulta che tale regione rimane una delle ultime frontiere ancora poco conosciute dello sfruttamento energetico: le stime indicano che circa il 25% delle riserve mondiali d’idrocarburi siano ubicate in questa zona e tale percentuale equivarrebbe a circa 375 miliardi di barili di greggio che supererebbero le riserve dell’Arabia Saudita,stimate in 264,3 miliardi di barili e, sotto i ghiacci polari, sarebbero celati anche 47,3 triliardi di metri cubi di gas. Nelle dorsali Lomonosov e Mendeleev sono presenti riserve di gas idrato: quest’ultimo è un gas che in natura si presenta in forma solida e la cui concentrazione è considerata tremila volte superiore a quella del metano nell’atmosfera; benché non venga ancora estratto si ritiene probabile che in futuro questo gas divenga un’importante fonte di combustibile. Nel Mare di Barents si trova la più alta concentrazione di merluzzo e proprio sulle risorse ittiche sono aperte, da alcuni anni, alcune dispute tra Russia e Norvegia.
I CONTENDENTI DELL’ARTICO USA CANADA DANIMARCA NORVEGIA CINA FEDERAZIONE RUSSA ALTRI (Finlandia, Svezia, Islanda, Gran Bretagna, UE)
ALTRI ATTORI DELLA PARTITA ARTICA FINLANDIA SVEZIA UNIONE EUROPEA ISLANDA GRAN BRETAGNA La Finlandia è nota per la sua industria cantieristica, specializzata nel creare imbarcazioni che possano navigare sempre e comunque, nonostante le incertezze climatiche, e che non mettano mai in pericolo la sicurezza degli equipaggi e dei beni trasportati. (Per la precisione, i cantieri navali finlandesi hanno costruito più del 50% dei rompighiaccio mondiali) Per tale ragione, i paesi del nord e la Russia hanno legami molto stretti con questo paese. Da analizzare è anche la posizione della Svezia poiché, anche se solo una piccola porzione del paese si trova nel Circolo artico, essa ha una forte presenza nel Consiglio Artico, specie per quanto concerne il cambiamento climatico: la Svezia, infatti, è molto attenta alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica ed è molto preoccupata per gli effetti ambientali, causati sia dalle nuove attività estrattive sia dal riscaldamento globale. Un ruolo molto importante della politica artica svedese, infatti, è ricoperto dalla ricerca scientifica: la ricerca polare svedese combina le scienze naturali con altre discipline connesse alla medicina, tecnologia e storia culturale e lavora per fare si che lo sfruttamento delle risorse avvenga tramite tecnologie adeguate, tali da contenere l’impatto ambientale. La Svezia possiede moderne piattaforme di ricerca intorno all’Artico come, ad esempio, l’Accademia svedese delle Scienze ad Absiko. L’Artico, nella storia britannica, ha sempre rappresentato un’attrazione relativa: durante la Seconda Guerra Mondiale, ogni sforzo fu intrapreso allo scopo di prevenire il dominio tedesco dello spazio aereo e delle acque circostanti la regione polare, mentre nei primi tempi della Guerra Fredda, la Gran Bretagna si limitava solo a un interesse specifico per la Norvegia, concentrando lo sguardo sulle tracce delle imbarcazioni, dei sottomarini e degli aerei che provenivano dal nord dell’URSS e s’inserivano nel Nord Atlantico. Dopo il 1991, la regione polare iniziò a divenire maggiormente interessante specie da un punto di vista esplorativo e scientifico e, a dimostrazione di questo, una conferenza sulle scienze artiche, tenutasi a Londra nel 2008, mostrò il vasto interesse per la materia da parte della Gran Bretagna. Dal punto di vista commerciale, la principale attrazione è, invece, costituita dalle grandi risorse di idrocarburi contenute nella regione e tutti questi fattori hanno portato Londra a presentare, il 31 Marzo 2009, una parziale richiesta alla Commissione ONU sui limiti della piattaforma continentale, per quanto riguarda Rockall, che conferirebbe al paese l’unica possibilità di rivalsa per l’accesso al Circolo Polare: il governo inglese, anche se ha formalmente annesso lo scoglio nel 1955, ha intavolato una serie di colloqui con Islanda, Irlanda e Danimarca per utilizzare congiuntamente Rockall allo scopo di penetrare nell’Artico per la corsa al controllo delle sue immense risorse. A livello istituzionale, la Gran Bretagna possiede lo status di osservatore presso il Consiglio Artico e i suoi scienziati contribuiscono ai lavori di questa istituzione, offrendo inputs riguardanti le tematiche ambientali, i diritti della popolazione indigena e lo sviluppo sostenibile. Alcune politiche europee specifiche, come quelle per l’ambiente, il cambiamento climatico, l’energia, la ricerca, i trasporti e la pesca hanno stretta attinenza con l’Artico: alla luce del continuo cambiamento climatico, considerato come moltiplicatore di effetti e di minacce, sia la Commissione sia l’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune (PESC) hanno sottolineato, tempo fa, che i cambiamenti ambientali stanno alterando le dinamiche geo-strategiche dell’Artico con importanti conseguenze per la stabilità internazionale e gli interessi connessi con la sicurezza dell’UE, richiedendo la necessità di una politica europea ad hoc. La comunicazione della Commissione Europea al Parlamento e al Consiglio dei Ministri del 20 Novembre 2008, intitolata ‘L’Unione Europea e la regione artica’, rappresentava il primo passo verso una politica artica europea, identificando alcuni percorsi per la formulazione di azioni coordinate da parte di tutti i paesi membri e delineando una visione degli interessi e degli obiettivi politici dell’UE su tre direttici: la protezione dell’Artico e della sua popolazione;l’uso sostenibile delle sue risorse e la governance multilaterale del Polo Nord. Importante è poi il fabbisogno energetico che caratterizza l’Unione Europea: essa, sempre più bisognosa di gas naturale e dipendente da forniture provenienti da paesi esterni al suo territorio, sta guardando al Mare di Barents e alle sue fonti energetiche, poiché tutto ciò rappresenterebbe un’importante alternativa agli idrocarburi centrasiatici e del Golfo Persico.
ARTICO: LE ZONE CONTESE Mare di Bering (Russia vs USA) Mare di Beaufort (Canada vs USA) Isola di Hans (Danimarca vs Canada) Passaggio a Nord -Est Passaggio a Nord - Ovest
L’ECCEZIONE ALLA REGOLA: I RAPPORTI TRA NORVEGIA E RUSSIA NEL MARE DI BARENTS Il Mare di Barents è un mare molto pescoso il cui fondale nasconde enormi giacimenti di petrolio e gas naturale e queste caratteristiche, sommate alla drastica riduzione dei ghiacci, lo hanno reso una meta molto ambita su cui Russia e Norvegia hanno dibattuto a lungo: le esplorazioni svolte al largo della sponda russa hanno rivelato, negli anni Settanta, l’esistenza di immensi giacimenti come quelli di Stokman, Ledov e Ludlov, mentre le esplorazioni iniziate nel 1980 portarono alla scoperta del giacimento di Snǿhvit (al momento l’unico considerato commercialmente sfruttabile) nel 1984. Il Mare di Barents è situato a nord rispetto a Norvegia e Russia ed è delimitato a ovest dal Mar di Norvegia, a nord-ovest dalle Isola Svalbard, a nord-est dalle Terre di Francesco Giuseppe e a est dall’Isola Novaya Zemlya. Tale caratteristica è dovuta alla corrente nord-atlantica che genera una produzione biologica maggiore rispetto a quella di altri mari alla medesima latitudine. In questo mare viene stimata una presenza di 5-6 mila mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) di idrocarburi, di cui circa l’80% nelle acque russe.
IL MARE DI BERING
IL MARE DI BEAUFORT Per quanto riguarda il Mare di Beaufort fa, anch’esso, parte dell’Oceano Artico e nel suo sottosuolo vi sono grandi riserve di gas e petrolio che, anche se furono esplorate per la prima volta negli anni Sessanta, sono divenute oggetto di sfruttamento solo nel 1986; uno sfruttamento che, oggi, è concesso internazionalmente soltanto in inverno per non influire negativamente sulla riproduzione delle balene. Questo mare si estende per circa 450.000 chilometri quadrati a nord delle coste dell’Alaska (USA), dello Yukon e dei Territori del Nord-Ovest (Canada) e ad ovest delle isole artiche canadesi. Il suo confine settentrionale è determinato da una linea immaginaria fra Point Barrow (Alaska) e Lands End sull’Isola del Principe Patrick. Il Mare di Beaufort è perennemente ricoperto dalla banchisa che si scioglie nelle zone più meridionali solo in estate, per un periodo che va dai 2 ai 5 mesi. Il Mare di Beaufort è oggetto di contesa per quanto riguarda la distanza del confine delle acque internazionali tra Canada (tramite il territorio dello Yukon) e gli USA (tramite l’Alaska): il primo rivendica che il confine debba estendersi lungo il settore meridiano al 141° grado di latitudine a ovest, seguendo il confine terrestre Alaska – Yukon, mentre gli USA sostengono, invece, che il confine debba essere tracciato tramite il criterio della linea mediana o dell’equidistanza dalla costa. Ad oggi, manca ancora un accordo su queste acque e, recentemente, le tensioni sono aumentate nonostante la proposta degli scienziati canadesi di negoziare un accordo per lo sfruttamento congiunto delle risorse: gli USA hanno affittato otto lotti di terreno del fondale subacqueo per cercare ed eventualmente sfruttare le riserve di petrolio, mentre il Canada ha presentato le sue pretese a livello diplomatico; nel 2009, precisamente il 20 Agosto, il Segretario al Commercio canadese, Gary Locke, annunciò la concessione di una moratoria sulla pesca nel Mare di Beaufort, ricomprendendo in essa anche la controversia sulle acque; il giornalista, Randy Boswell, gestore del sito Canada.com, dichiarò che l’area contesa rappresentava una sezione del Mare in questione di circa 25.000 chilometri quadrati e sottolineò il fatto che il Canada avesse già presentato una ‘nota diplomatica’ agli Stati Uniti quando questi ultimi avevano annunciato di voler intraprendere anche loro una moratoria sulla pesca in quelle acque, sottintendendo così anche la loro sovranità su quel mare. La situazione è delicata e l’unica certezza è che nessuno dei due Stati mollerà facilmente la presa. Questa situazione è viziata anche dal fatto che gli USA non hanno ratificato la Convenzione di Montego Bay del 1982 e hanno, quindi, minori diritti rispetto al Canada.
L’ISOLA DI HANS L’Isola di Hans, invece, pur non avendo un valore particolare come isola in quanto tale, diviene determinante al fine del controllo del traffico lungo lo Stretto di Nares, specie alla luce degli effetti del riscaldamento globale: gli esperti stimano che la navigabilità del canale passerà dai 20 giorni del 2004 ai 150 entro il 2080 e che vi saranno grandi possibilità di sfruttamento del petrolio. Per questi motivi, la sovranità su quest’isola è divenuta oggetto di disputa tra Canada e Danimarca: quest’ultima rivendica il territorio che sostiene di aver scoperto nel 1852, mentre il Canada afferma che l’Isola sia stata scoperta da un esploratore britannico e che sia appartenente al suolo canadese. L’Isola di Hans è un isolotto roccioso, disabitato, di 1,3 chilometri quadrati. Essa è situata nel Stretto di Nares (per la precisione nel canale Kennedy) che è un canale navigabile che collega l’Isola di Ellesmere (la parte più settentrionale di Nunavut, in Canada) e la Groenlandia.
IL PASSAGGIO A NORD-EST Il CONFRONTO TRA IL PASSAGGIO (in blu) E LE ALTRE ROTTE (in rosso) L’Oceano Artico collega l’Atlantico col Pacifico e, per secoli, gli esploratori hanno cercato rotte che unissero i due oceani, ma i tentativi venivano vanificati dalle condizioni climatiche avverse e dall’impenetrabile strato di ghiaccio di quelle porzioni di mare: le rotte che vennero scoperte, il Passaggio a Nord-Est e il Passaggio a Nord-Ovest, erano navigabili soltanto per qualche settimana durante l’anno e non divennero mai un centro importante per lo sviluppo del trasporto mercantile. Tutto ciò è stato sovvertito dal riscaldamento globale che ha portato a un incredibile scioglimento dei ghiacci, nonché all’apertura di rotte capaci di ridurre moltissimo i tempi di navigazione per passare dall’Atlantico al Pacifico : tale riduzione porterà ad un aumento dei flussi marittimi con una conseguente riduzione dei costi di beni e servizi, dando maggiore impulso allo sviluppo delle infrastrutture delle città costiere dell’Artico. Lo scioglimento dei ghiacci, però, porterà non solo vantaggi economici e sociali, ma anche alcuni problemi: in primo luogo, dobbiamo tenere presente che, dato il clima, l’Artico non sarà mai totalmente privo di ghiacci e, soprattutto, sappiamo che, durante l’inverno, la regione è avvolta dalle tenebre per 24 ore al giorno; secondariamente, il ghiaccio dopo essersi sciolto si riformerà ed è difficile prevedere come, dove e quando avverrà tale fenomeno e ciò comporta che le navi che vorranno solcare queste acque dovranno essere avanzate, attrezzate, moderne e di conseguenza molto costose per i Governi; infine, lo sviluppo della navigazione, date le impervie condizioni climatiche e ambientali, potrebbe portare a un aumento dei rischi di incidenti e di fuoriuscite di petrolio o di altre sostanze tossiche che causerebbero forte inquinamento in una regione il cui ecosistema è già estremamente fragile. Il Passaggio a Nord-Est, chiamato anche Rotta Marittima Settentrionale (Northern Sea Route), parte dal Mare del Nord, prosegue nel Mar Glaciale Artico lungo la costa siberiana e, attraverso il Mare di Bering e lo Stretto di Bering, raggiunge l’Oceano Pacifico; la sua apertura potrebbe portare evidenti vantaggi con una potenziale riduzione della distanza tra Europa, Asia nord-orientale, costa occidentale nordamericana ed Estremo Oriente del 40% rispetto ai canali di Suez e di Panama: anche se, oggi, la rotta è accessibile soltanto durante il periodo estivo, le previsioni dicono che entro i prossimi 20 o 30 anni potrebbe divenire accessibile durante tutto l’anno, utilizzando navi con determinate caratteristiche e con attrezzature ad hoc. Esempio pratico: passando da Suez, il tratto Amburgo–Yokohama è di 11.430 miglia mentre, attraverso la Rotta Marittima Settentrionale, si riduce a sole 6.900 miglia. Negli anni Novanta, l’International Northern Sea Route Programme (INSROP) condusse un’inchiesta sulle principali regioni alle estremità occidentali e orientali della rotta e, da lì, emerse una forte domanda potenziale di trasporto, specialmente di carichi solidi, come fertilizzanti e metalli. Altra grande potenzialità consisterebbe nelle immense riserve di gas e petrolio nell’Artico russo, sulla terraferma e in mare aperto: dal confronto con la rotta di Suez sono stati evidenziati alcuni scenari che renderanno il Passaggio a Nord – Est un’alternativa molto vantaggiosa, se la Russia adotterà una ragionevole politica tariffaria. Esistono, però, dei freni per lo sviluppo della zona: in prima istanza, freni di natura politica poiché servono infrastrutture adeguate che presuppongono forti investimenti dei governi, secondariamente, freni “naturali” poiché vi sono passaggi stretti e poco profondi che rendono la navigazione estremamente difficoltosa.
IL PASSAGGIO A NORD-OVEST Il Passaggio a Nord-Ovest, invece, partendo dallo Stretto di Bering e, costeggiando Alaska e Canada, raggiunge l’Atlantico, fra il Labrador e la Groenlandia: tale rotta risulta essere più difficoltosa di quella siberiana sia perché lo scioglimento dei ghiacci è meno evidente sia perché i ghiacci pluriennali, trasportati dalle correnti artiche, vengono sospinti contro le coste canadesi, rendendo ancor più pericolosa la navigazione. Detto questo, è evidente che serviranno anni per fare sì che tale rotta diventi realmente praticabile a livello commerciale e un’ulteriore difficoltà è data dal fatto che, per renderla competitiva, sarà necessario creare una rete di infrastrutture di sostegno che richiede investimenti e consenso delle popolazioni locali: nonostante questo, le compagnie di trasporto marittimo americane valutano con interesse la rotta in questione come possibile collegamento tra la costa orientale degli USA e l’Asia e, a tal proposito, il governo a stelle e strisce ha proposto al Canada di creare una politica di navigazione comune lungo tale passaggio. L’Agenzia canadese per la navigazione dell’Artico ha stimato che non sarà sgombro di ghiacci prima del 2025. Paradossalmente, le maggiori difficoltà di navigazione si incontrano nel periodo estivo, poiché l’aumento delle temperature fa staccare enormi lastre di ghiaccio che vanno alla deriva e il cui comportamento è imprevedibile.
IL CONSIGLIO ARTICO CANADA USA RUSSIA DANIMARCA NORVEGIA SVEZIA FINLANDIA ISLANDA OSSERVATORI Il Consiglio Artico è composto da 8 Stati membri (Canada, Russia, Danimarca, Norvegia, Islanda, Svezia, USA, Finlandia), da alcuni osservatori che possono essere Stati non artici, organizzazioni mondiali intergovernative e interparlamentari, ONG e da altri “partecipanti permanenti”, cioè diverse organizzazioni che rappresentano le popolazioni indigene dei diversi paesi artici(Inuiti, Gwich, Aleutetc…). Il Consiglio venne, inizialmente, creato come forum intergovernativo volto a fornire ‘un mezzo per promuovere la cooperazione, il coordinamento e l’interazione tra Stati dell’Artico, con la partecipazione delle comunità autoctone e gli altri abitanti che popolano questa regione, sulle questioni artiche, in particolare le questioni dello sviluppo durevole e della protezione dell’ambiente’ e la sua attività si struttura in gruppi di lavoro che eseguono programmi e progetti assegnati dai Ministri del Consiglio Artico stesso: i vari gruppi si riuniscono a intervalli regolari durante l’anno quando discutono di alcuni temi (come, ad esempio, la conservazione della flora e della fauna, la prevenzione, la preparazione e la risposta alle emergenze, lo sviluppo sostenibile e la protezione dell’ambiente artico marino), anche se le questioni maggiormente delicate, come la politica di sicurezza, non vengono trattate in questa sede ma sono riservate ai singoli Stati. La presidenza viene assegnata a rotazione per un periodo di due anni e gli incontri ministeriali si svolgono due volte l’anno nel paese che detiene la presidenza stessa. Le decisioni vengono adottate tramite il meccanismo del consensus degli Stati membri.
LO SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE ENERGETICHE Progressivo scioglimento dei ghiacci Maggiori possibilità di sfruttamento energetico della regione PROBLEMA DELLA FRAGILITA’ DELL’ECOSISTEMA ARTICO Negli ultimi anni, dunque, la regione artica ha assunto una certa importanza sia a livello geopolitico, sia a livello energetico che economico poiché si è capito che le risorse petrolifere scoperte sono sfruttabili in maniera vantaggiosa: tutto ciò è dovuto soprattutto all’aumento del prezzo mondiale dell’energia e al fatto che l’Artico, vivendo una situazione ben diversa da quella mediorientale (in termini di sicurezza e stabilità), assicura una fornitura sicura e costante. Vi sono, però, alcuni problemi riguardanti il rapporto tra un ecosistema estremamente fragile e lo sfruttamento delle sue immense risorse: ambientalisti, compagnie petrolifere, portavoce delle popolazioni indigene e governi locali e centrali hanno dibattuto spesso su diversi temi come, ad esempio, il tipo di gasdotti e oleodotti e i loro possibili tracciati, oppure l’opportunità che alcune aree oceaniche vulnerabili siano sottratte allo sfruttamento e alla produzione petrolifera. Se negli anni Settanta e Ottanta i Governi occidentali hanno subordinato gli interessi petroliferi ai problemi della conservazione ambientale, oggi la situazione è diversa e il problema della sviluppo sostenibile ha assunto un’importanza centrale in conseguenza dell’aumento delle pressioni fatte dagli Stati per lo sfruttamento dell’Oceano Artico: a tal riguardo, i Lloyd’s di Londra, gigante delle assicurazioni, hanno recentemente pubblicato un rapporto in cui si dimostra come i pericoli legati a un possibile incidente petrolifero nell’Artico potrebbero essere estremamente difficili da gestire e, per questo motivo, hanno sottolineato anche i rischi ‘di reputazione’ che le società dovranno essere pronte a fronteggiare, una volta che avranno deciso di operare in quella zona. Immaginando, infatti, un incidente o una perdita da un pozzo di petrolio in mare, è facile intuire che le barriere galleggianti, data l’immensa presenza di ghiaccio, servirebbero a poco o niente per contenere la chiazza di idrocarburi ed è altresì noto che il freddo rallenterebbe moltissimo i processi naturali di degradazione del petrolio: nonostante tale monito, però, gli Stati e le grandi compagnie stanno facendo accordi per sviluppare progetti di sfruttamento nel lungo periodo.
Per maggiori informazioni, scrivete a: mariotaurino@alice.it