Le corti nell'Italia del Rinascimento
L’Italia a metà del Quattrocento
Nel '400 e nel '500 il centro per eccellenza di produzione e diffusione della cultura è la corte. La città è ancora il centro delle attività ma le istituzioni repubblicane hanno lasciato il posto ad un potere accentrato nelle mani del signore. Intellettuali, artisti, amministratori, consiglieri diventano funzionari della corte e il signore diventa mecenate. La cultura assume un ruolo importante perché è un mezzo di elevazione spirituale per il signore e la sua discendenza. Le corti diventano straordinari centri di elaborazione culturale, agevolata dai contatti che i vari ospiti cortigiani potevano avere tra loro. Il pittore, lo scultore e l’architetto operavano accanto al filosofo, al matematico, all’uomo di lettere, allo scienziato e tra loro si scambiavano idee e conoscenze. Le corti più importanti erano: i Medici a Firenze, i Montefeltro ad Urbino, i Gonzaga a Mantova, i Visconti e gli Sforza a Milano e il Papa a Roma.
L’artista L’artista rinascimentale nella corte può trovare condizioni ottimali per la sua attività: Libertà di ricerca e di espressione tranquillità economica; prestigio e privilegi sociali; diritto di riconoscersi autore delle sue opere; libertà dai vincoli delle corporazioni; Contatti con letterati, scienziati, poeti I rischi dell’organizzazione cortigiana della cultura ci sono e non sono da escludere quale soprattutto la dipendenza dal signore.
Col Rinascimento la figura dell’artista si realizza: da qui in poi l’artista reclamerà per sè il ruolo di intellettuale e pensatore. La figura dell’architetto neppure esisteva, ma nel Rinascimento diventa un professionista, nel senso attuale del termine, cioè conduce la sua attività per mezzo dello studio teorico e dell’elaborazione progettuale. Entra anch’egli a far parte, a pieno diritto, nella schiera di intellettuali del tempo. Il Rinascimento è l’unico momento della storia italiana, in cui vediamo un notevole eclettismo: lo stesso artista è architetto, pittore e scultore. Nasce così l’individualismo degli artisti che, da qui in poi, contrassegnerà la storia dell’arte: l’artista matura la propria personalità, per mezzo dello studio, della ricerca di stile, abbandonando l’anonimato e incamminandosi verso una nuova professione.
La pittura Particolare impulso ebbe la pittura perché la committenza richiedeva dipinti a tempera su tavola o affreschi per decorare cappelle, luoghi di culto, sale di palazzi pubblici e privati. Non a caso la più grande innovazione avutasi in campo artistico nel periodo del Rinascimento fu il disegno. Solo da questo periodo in poi gli artisti imparano di fatto a disegnare: imparano cioè a disegnare per raffigurare le proprie idee. Trasformano il disegno in un autorevole strumento, capace di creare di tutto: cose, rappresentazioni e spazi. Da qui in poi il disegno diventa lo strumento progettuale, per materializzare le proprie idee, per fissarle e consegnarle intatte. Cambia dunque il modo di dipingere con l’uso del disegno, della prospettiva ma anche i soggetti cambiano: non più solo immagini sacre ma soprattutto immagini di carattere civile, ispirati alla mitologia, alla storia antica, a scene allegoriche. Tra gli artisti di corte più raffinati ricordiamo Piero della Francesca a Urbino, Sandro Botticelli a Firenze, Andrea Mantegna a Mantova.
PIERO DELLA FRANCESCA (1413-1492) Dal libro pag. 485, 494 - 496 Le caratteristiche tipiche di Piero: Primo trattatista di di prospettiva (De prospectiva pingendi) estrema attenzione all'organizzazione prospettica e ritmica, semplificazione geometrica dei volumi; movimento colto nell'attimo in cui esso può eternarsi; passaggi intermedi tra una tonalità di colore ed un'altra per evitare bruschi contrasti; luce non fisica ma intellettuale, che pervade tutte le sue opere: in generale, una realtà decantata dalla mente umana.
la Sacra Conversazione o Pala Montefeltro o Pala di Brera (pala d’altare) Pinacoteca di Brera Olio e tempera su tavola, 1472-1474 Significato votivo Aveva un significato votivo a ricordo di avvenimenti importanti, lieti e tragici: la nascita dell'erede di Federico, Guidobàldo (24 gennaio 1472) la successiva morte - per conseguenze del parto- della moglie Battista Sforza (6 luglio 1472) la conquista di Volterra (18 giugno 1472) da parte di Federico che nella tavola appare rivestito della sua armatura da battaglia
Soggetto: La Madonna, gli angeli e il committente Iconografia: la scena è formata da: la Madonna con il bambino al centro; quattro angeli dietro di lei; tre santi a sinistra; tre santi a destra; il committente Federico da Montefeltro inginocchiato. Significato allegorico: L’architettura in cui sono inserite le figure rappresenta il luogo del giudizio divino: una corte che chiede al bambino di accogliere il pentimento del duca. L’uovo (di struzzo) può essere inteso come simbolo di vita, come segno di verginità, ma può anche essere stato scelto come rappresentazione della forma geometricamente perfetta. Un ulteriore significato si può trovare nel richiamo alla casata del committente, il cui simbolo era appunto uno struzzo. La collana di corallo rosso che Gesù tiene in mano rappresenta il rosso del sangue, simbolo di vita e di morte, ma ha anche una funzione salvifica legata alla resurrezione di Cristo. Piero della Francesca, Sacra Conversazione o Pala di Brera, Milano, Pinacoteca di Brera.
[a] La Vergine siede su una sella plicatilis (sedia pieghevole) nell’atto di adorare il Bambino addormentato sulle sue ginocchia. È circondata da sei santi e da quattro angeli preziosamente abbigliati
[b] Il Signore di Urbino ha deposto ai suoi piedi il bastone del comando. Questa posizione vuol significare umiltà da parte del signore di Urbino, ma ha anche una motivazione estetica. Infatti Federico aveva perso l’occhio destro e una parte del naso durante un torneo, ragion per cui preferiva sempre farsi ritrarre dal lato integro della propria persona.
[c] San Francesco tiene nella destra una piccola croce di cristallo di rocca.
[d] Il gioiello al collo di Gesù non è solamente un dono beneaugurante. Infatti, il rametto, rosso come il sangue, si dispone sul petto del Bambino nella stessa posizione in cui una lancia avrebbe perforato il costato del bambino fattosi uomo, sulla Croce.
[e] Il numero di cassettoni su ciascun arco della volta a botte che copre il coro è dispari.
[f] Il catino dell’abside è occupato da una conchiglia alla quale è sospeso un uovo di struzzo.
Composizione: La Sacra conversazione si svolge all'interno di un edificio classicheggiante di cui vediamo l'abside e gli archi laterali introduttivi ai bracci del transetto. Le superfici laterali sono rivestite di marmi colorati. L'autore sceglie di rappresentare la scena all'interno di una architettura classicheggiante poiché la considera adatta per costruire una scatola prospettica secondo la metodologia della prospettiva esatta, il cui punto di fuga è la testa della Vergine. Inoltre una struttura di questo tipo aumenta il senso di sacralità e monumentalità dell'opera. I colori sono puri e luminosi, la composizione è equilibrata. Sono ben evidenti i volumi delle figure. Qui, più che altrove, si vede la sapienza prospettica di Piero e la sua non comune conoscenza delle leggi fisiche riguardanti la luce.
Iconografia dei santi San Giovanni Battista con vesti di pelle e con una canna in mano (a volte la croce) San Gerolamo con la veste consunta e strappata dell’eremita (o con un leone o con abiti cardinalizi) San Bernardino in genere ha una fisionomia riconoscibile e vesti da frate minore San Francesco d’Assisi con il saio, la cintura a tre nodi (povertà, castità e obbedienza), le stigmate e il costato ferito. Quasi sempre ha la croce vicino San Pietro martire (domenicano ucciso con una spada conficcata in testa) con il taglio del martirio sulla testa. San Giovanni Evangelista con il Vangelo in mano
Federico è raffigurato alla sinistra e non alla destra della Vergine Sull'armatura di Federico Piero ha veramente misurato il proprio valore. Sulla corazza, infatti, si riflettono il manto della Vergine e la finestra che è la fonte di luce nascosta a sinistra. Sull'elmo, si riflette, invece, lo stesso Federico.
Il sogno di Costantino, Arezzo – Chiesa di san Francesco (pag. 491) «Ma sopra ogni altra considerazione e d'ingegno e d'arte è lo avere dipinto la notte e un angelo in iscórto1, che venendo a capo all'ingiù a portare il segno della vittoria a Costantino che dorme in un padiglione guardato da un cameriere e da alcuni armati oscurati dalle tenebre della notte, con la stessa luce sua illumina il padiglione, gli armati e tutti i dintorni con grandissima discrezione. Perché Pietro fa conoscere in questa oscurità, quanto importi imitare le cose vere, e lo andarle togliendo dal proprio il che avendo egli fatto benissimo, ha dato cagione ai modernimdi seguitarlo, e di venire a quel grado sommo dove si veggiono/ ne' tempi nostri le cose». Piero della Francesca, Il sogno di Costantino, Arezzo – Chiesa di san Francesco (pag. 491) In base alla descrizione del Vasari e sulla base dell'affresco, Il sogno di Costantino è sempre stato interpretato come il primo notturno della pittura italiana (preludio alla Liberazione di San Pietro dal carcere di Raffaello). Un angelo in volo, che tiene nelle braccia tese una piccola croce luminosa e dalla quale la luce si irradia dintorno, porta a Costantino il sogno con la rivelazione che avrebbe vinto la battaglia se avesse apposto sugli scudi dei soldati la croce di Cristo («In hoc signo vìnces») La luce emanata dalla croce rende luminosissime, candide e traslucide le piume dell'ala destra del messaggero divino. Essa illumina la tenda da campo entro la quale, vegliato da un servitore, dorme l'imperatore. Due armati proteggono il sonno di Costantino e ambedue sono portati alla ribalta dalla luce.