Due tendenze nel Rinascimento italiano: al fantastico e al realistico Ariosto e machiavelli F. Meneghetti - settembre 2009
Il fantastico L’opera di Ariosto si colloca nel filone fantastico, dato che l’autore, nel suo poema “L’Orlando Furioso” mette in campo la magia e figure fantastiche. Tuttavia ciò non significa superficialità: anzi nell’opera compaiono diversi spunti di amara riflessione sulla vita: chi cerca non trova, chi non cerca è trovato e tutti “errano” nella selva, metafora dei labirinti dell’esistenza (non è il peccare di Dante, ma l’errare tipico dell’uomo, creatura imperfetta). F. Meneghetti - settembre 2009
Il primo poema epico-cavalleresco Il primo poema epico-cavalleresco colto e aristocratico è quello di Matteo Maria Boiardo, che si rifà, attraverso i cantàri, alla Chanson de Roland (poema epico), con qualche innovazione: Orlando non è più l’eroe puro che lotta per la fede, ma è soprattutto un uomo, che si lascia tentare dalle grazie della bella Angelica, figlia del re del Catai. Qui entra in gioco il motivo cortese. F. Meneghetti - settembre 2009
L’Orlando Furioso L’opera di Boiardo era rimasta incompiuta. Ludovico Ariosto ne completa la storia trasformando ulteriormente Orlando. Se con Boiardo era innamorato – atteggiamento poco consono ad un eroe- ora diventa addirittura “furioso”, cioè pazzo per amore e gelosia. Poiché la corte rinascimentale, cui è destinata l’opera, ama l’ordine, alla pazzia segue il rinsavimento, grazie ad Astolfo che vola sulla Luna e recupera il senno di Orlando. F. Meneghetti - settembre 2009
L’Ariosto e la corte estense L’autore dell’O.F. è un intellettuale cortigiano, nel senso che, in qualità di funzionario e di poeta, lega la sua vita con i destini della signoria estense di Ferrara. Tuttavia, a differenza di altri poeti o pittori, seppe difendere la propria libertà. Scrivere per la corte era comunque condizionante: si trattava di un ambiente laico, con presenza femminile, proteso allo svago e alla distrazione rispetto ai tristi pensieri legati alle guerre in corso in Italia nel primo ‘500. F. Meneghetti - settembre 2009
I tre filoni principali e la varietà Tre sono i filoni principali dell’O.F. Ariosto passa dall’uno all’altro con grande capacità affabulatoria e con ricorso alla tecnica dell’entrelecement e all’ironia, per mantenere viva la curiosità: La guerra di Carlo Magno contro i saraceni (motivo epico, assunto però con molta leggerezza e tolleranza verso “il nemico”: l’opera è in realtà un poema multietnico; si vedano le “nazionalità” dei protagonisti) L’amore (non corrisposto) di Orlando per Angelica, figlia del re del Catai, che gli preferirà il giovane saraceno Medoro (motivo cavalleresco) L’amore tra Ruggero (saraceno, poi convertito)e Bradamante, dalla cui unione discenderanno gli Estensi (motivo encomiastico) F. Meneghetti - settembre 2009
PRINCIPALI ILLUSTRATI NEL PROEMIO Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, le cortesie, l'audaci imprese io canto, che furo al tempo che passaro i Mori d'Africa il mare, e in Francia nocquer tanto, seguendo l'ire e i giovenil furori d'Agramante lor re, che si diè vanto di vendicar la morte di Troiano sopra re Carlo imperator romano. Dirò d'Orlando in un medesmo tratto cosa non detta in prosa mai, né in rima: che per amor venne in furore e matto, d'uom che sì saggio era stimato prima; I TRE MOTIVI PRINCIPALI ILLUSTRATI NEL PROEMIO ma ve ne sono altri: la natura, l’amicizia (v. Cloridano e Medoro), la decisione delle donne (v. Bradamante che disarciona re Sacripante lasciandolo sotto il cavallo), l’assurdità delle ambizioni umane (v. Astolfo sulla Luna). Piacciavi, generosa Erculea prole, ornamento e splendor del secol nostro, Ippolito, aggradir questo che vuole e darvi sol può l'umil servo vostro. Quel ch'io vi debbo, posso di parole pagare in parte e d'opera d'inchiostro; né che poco io vi dia da imputar sono, che quanto io posso dar, tutto vi dono F. Meneghetti - settembre 2009
Al contrario: Torquato Tasso T. Tasso, che subentrerà ad Ariosto nella corte estense sarà tormentato dai dubbi. Da un lato la cultura rinascimentale lo attrae, dall’altro lo spirito della controriforma lo irrigidisce e lo porta ad allinearsi ad un cattolicesimo intransigente e battagliero. Canto l'arme pietose e 'l capitano che 'l gran sepolcro liberò di Cristo. Molto egli oprò co 'l senno e con la mano, molto soffrí nel glorioso acquisto; e in van l'Inferno vi s'oppose, e in vano s'armò d'Asia e di Libia il popol misto. Il Ciel gli diè favore, e sotto a i santi segni ridusse i suoi compagni erranti. Nella Gerusalemme Liberata il motivo religioso è prevaricante e non concede spazio ai valori umani, nemmeno all’amore. Ad es. il cavaliere cristiano Rinaldo è “punito” con la lebbra per essersi “distratto” dai compiti della guerra santa per una donna. F. Meneghetti - settembre 2009
Il realismo di Machiavelli E' un autore che rappresenta esemplarmente la tendenza antiutopistica e realistica del Rinascimento. Mentre analizza i meccanismi della lotta per il potere, si attiene al vero fino al cinismo, e riporta impietosamente numerosi esempi di comportamenti politici ispirati al principio che "il fine giustifica i mezzi“. M., la cui vita si intreccia con quella della fiorentina di fine ‘400, resta nella storia della cultura occidentale come lo scopritore della politica come attività autonoma e come scienza. La POLITICA dev'essere per lui una SCIENZA AUTONOMA DELLO STATO che rifiuta scopi trascendenti, nonché le direttive morali e teologiche della chiesa. F. Meneghetti - settembre 2009
L’antropologia Bisogna partire dallo studio dell’uomo, non dalla Bibbia. E l’osservazione ci mostra che l’essere umano non possiede un’innata bontà. Anzi, è un animale sociale egoista, che non esita a voltare le spalle all’amicizia. Dalla storia è possibile ricavare numerosi esempi, nonché le LEGGI DELL'AGIRE UMANO, di cui un politico deve tener conto per non fallire. Quindi si devono separare e distinguere due campi: Morale Bene Politica Utile F. Meneghetti - settembre 2009
Esiste uno stato perfetto? A differenza di altri trattati politici, M. non parla di stati ideali (irrealizzabili), ma di soluzioni concrete a partire dai problemi reali. Pur manifestando simpatia per la repubblica (una forma statale che assicura più consenso di una monarchia, senza perdere in forza), guardando alla realtà italiana, suddivisa in piccoli stati tra loro rivali, pensa che l’unica soluzione sia un principe, capace di unificarla e quindi di trasformarla in uno stato nazionale moderno, come hanno fatto Francia, Spagna, Inghilterra. M. si rende però conto che questo non è accaduto a causa dello Stato Pontificio, che ha ostacolato progetti di unificazione, ma anche dei Signori italiani, miopi, e dal loro stolto affidarsi alle truppe mercenarie, sempre inaffidabili. F. Meneghetti - settembre 2009
Il principe “ideale” Pertanto il nuovo Principe dovrà porsi a capo di un esercito nazionale e non affidarsi alla fortuna (volubile), ma alla propria virtù, laicamente intesa. Ciò non significa che deve essere sempre buono, onesto, leale, ma che deve poter essere in tal modo e nel suo contrario, secondo quello che è più conveniente allo stato. Quindi non deve seguire le proprie passioni e il proprio utile quando questo contrasta con l’interesse generale. In questo M. si differenzia da un altro studioso di storia e politica, Francesco Guicciardini, che approva anche per i politici il perseguimento del “particulare” ossia del proprio interesse. F. Meneghetti - settembre 2009