Itinerario di formazione per catechisti all’inizio del cammino Anno pastorale 2015/2016.

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Transcript della presentazione:

Itinerario di formazione per catechisti all’inizio del cammino Anno pastorale 2015/2016

Dal vangelo di Matteo In quel tempo Gesù disse: «Per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?».

CCC, n

Comunemente “speranza” è sinonimo di fortuna o meglio auspicio che vada bene, proprio quando non hai molte carte da giocare. Quando le hai provate un po’ tutte, quando non sai più che pesce pigliare: allora speri che comunque ti vada bene. E poi quando lo racconti dici di essere stato fortunato. Nel linguaggio e negli atteggiamenti comuni la fortuna o sfortuna è il risultato della speranza. Famoso il detto: LA SPERANZA È L’ULTIMA A MORIRE Visto che “non costa nulla” tanto vale continuare a sperare; se andrà bene: sarò contento, se andrà male: manderò tutto a quel paese! Altro detto famoso: L’UOMO VIVE SPERANDO

L’uomo è incapace di dare un nome preciso alla sua speranza anche se non può fare a meno di sperare. I cristiani parlano spesso di speranza; Dio in Gesù Cristo ci consente di dare un nome alla speranza. Speranza di risuscitare; Speranza di vincere il potere della morte; Speranza di nuovi cieli e nuova terra; Speranza di partecipare alla condizione del Figlio; Speranza di riconciliazione con tutte le creature.

L’uomo di oggi in cosa e in chi pone la sua speranza?

Il linguaggio cristiano popolare ha dato un nome semplice alla meta della speranza cristiana: “cielo”. Che “cielo” sia soltanto una metafora è troppo evidente, una metafora oggi non più molto espressiva: basti pensare alla confusione che fanno i bambini ormai disincantati di fronte all’uso religioso della parola “cielo”. Nel suo senso profondo l’immagine del “cielo” vuole indicare come il destino dell’uomo è là dove con le sue energie egli non può arrivare; vuole indicare anche come l’uomo cammina verso la immutabilità e incorruttibilità che sembra appartenere alle stelle.

Il cielo Il paradiso La santità La beatitudine Il mondo di Dio La visione beatifica

La virtù della speranza la scrittura la paragona al tema del “vedere”. Non vedere, «stare nelle tenebre e nell’ombra della morte» (Lc 1,79), è uno dei più profondi e comprensibili motivi di sofferenza della condizione dell’uomo. Si comprende come nel “vedere” possa essere riconosciuta la “beatitudine”, il termine del cammino umano.

42,2-6

3 L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio? 4 Le lacrime sono mio pane giorno e notte, mentre mi dicono sempre: «Dov'è il tuo Dio?». 5 Questo io ricordo, e il mio cuore si strugge: attraverso la folla avanzavo tra i primi fino alla casa di Dio, in mezzo ai canti di gioia di una moltitudine in festa. 6 Perché ti rattristi, anima mia, perché su di me gemi? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio.

L’uomo aspira alla contemplazione del volto di Dio, ma nello stesso tempo comprende anche la forte disparità tra i due volti e l’impossibilità per gli occhi umani nel poter scorgere il volto di Dio.

5,1-12

1 Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2 Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: 3 «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. 4 Beati gli afflitti, perché saranno consolati. 5 Beati i miti, perché erediteranno la terra. 6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 7 Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 8 Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

9 Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. 10 Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. 11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

Non è possibile esprimere la meta della speranza cristiana con un concetto chiaro e distinto: solo in immagini se ne può parlare. Ed è giusto che sia così, perché la speranza cristiana ha questo di caratteristico, d’essere speranza in Dio. Un futuro ancora assente, ma pure progettato dall’uomo, può essere immaginato e descritto; un futuro invece che è Dio stesso può essere soltanto suggerito e intravisto mediante figure.

Soeren Kierkegard

PREVIDENZA Complesso delle assicurazioni sociali finanziate mediante contribuzione obbligatoria, che garantisce il lavoratore e la sua famiglia da eventi che riducono o fanno cessare il reddito PROVVIDENZA L’amore gratuito, smisurato, misericordioso di Dio nei confronti del creato

La speranza cristiana non è un sentimento spontaneo e naturale, non è semplice ottimismo, ma un dono di Dio che ha in lui la sua origine e la sua sorgente.

6,25-34

Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.

Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.

La speranza è quindi un dono? Oppure è qualcosa che uno ha e un altro non ha? È rifiutabile oppure ti è buttata addosso e devi tenertela?

San Paolo ai Filippesi 1,21