GIOVANNI VERGA A CURA DELLA PROF.SSA MARIA ISAURA PIREDDA
La vita Giovanni Verga nasce a Catania il 31 agosto 1840 in una famiglia di agiate condizioni economiche e di origine nobiliare A 11 anni inizia gli studi alla scuola di Antonino Abate, letterario e patriota, e, poi, del canonico Mario Torrisi
Riceve un’educazione patriottica risorgimentale sul piano politico e sostanzialmente romantica sul piano letterario Questi sentimenti patriottici emergono nel suo primo romanzo storico, Amore e Patria (scritto a soli 16 anni) e nei due successivi romanzi: I carbonari della montagna e Sulle lagune
Garibaldi in Sicilia Nel 1858 si iscrive alla facoltà di giurisprudenza ma non termina gli studi, tutto preso dalle vicende storico-politiche (dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia) Si arruola e per quattro anni e presta servizio presso la Guardia nazionale
Dopo la morte del padre, nel 1865 si stabilisce a Firenze (allora capitale d’Italia) dove frequenta i salotti mondani In questo periodo scrive altri romanzi dove il tema è l’amore (Una peccatrice, Storia di una capinera, Eva, Eros, Tigre reale) con l’evidente intento di assecondare le richieste dei lettori
Intanto stringe amicizia con Luigi Capuana, teorico del Verismo Si innamora di Giselda Fojanesi LUIGI CAPUANA GISELDA FOJANESI
Conosce gli scrittori “scapigliati” Arrigo Boito ed Emilio Praga Nel 1872 si trasferisce a Milano per circa un quindicennio dove viene introdotto negli ambienti letterari della città dall’amico siciliano Salvatore Farina Conosce gli scrittori “scapigliati” Arrigo Boito ed Emilio Praga SCRITTORI SCAPIGLIATI
Nel 1874 in soli tre giorni scrive un bozzetto siciliano Nedda (novella ambientata in Sicilia con l’intento di rivelare la povertà della sua gente) Verga si sta “convertendo” al Verismo
Sempre nel 1874 durante il soggiorno estivo a Catania comincia ad ideare il bozzetto marinaresco Padron ‘Ntoni che diventerà poi il romanzo I Malavoglia (che uscirà nel 1881 senza successo) Inizia l’amicizia con Federico De Roberto Intanto comincia la stesura di Mastro-don Gesualdo
Nel maggio 1883 in Francia incontra Emile Zola Nel 1884 esordisce in teatro come drammaturgo con Cavalleria rusticana EMILE ZOLA
Dal 1886 comincia a trascorrere lunghi periodi a Roma Nel 1893 rientra stabilmente a Catania e si mette a lavorare sul terzo romanzo del “ciclo dei vinti” (Duchessa di Leyra) ma non lo conclude Trascorre gli ultimi anni isolato, dedito alla cura delle terre di famiglia e alla tutela dei figli del fratello
Muore a Catania il 27 gennaio 1922 Nel 1920 viene nominato senatore del Regno d’Italia (nomina patrocinata da Benedetto Croce e da Luigi Pirandello) Muore a Catania il 27 gennaio 1922 LUIGI PIRANDELLO BENEDETTO CROCE
VERGA PRE-VERISTA
ROMANZI TEMI Amore e patria (inedito) 1862 - I carbonari della montagna 1863 - Sulle lagune 1866 - Una peccatrice 1871 - Storia di una capinera 1873 - Eva 1874 - Eros 1875 - Tigre reale Patriottismo giovanile Amori romantici Amori tormentati, passioni sregolate Frustrazione, solitudine Ambientazione nell’alta borghesia
LA STAGIONE DEL VERISMO
Nedda La cosiddetta conversione di Verga al Verismo risale al 1874 quando pubblicò su un periodico milanese la novella Nedda Era un “bozzetto siciliano”, cioè un racconto ambientato in Sicilia la cui protagonista è una raccoglitrice di olive Nel racconto vi è anche un’adesione linguistica all’ambiente descritto con espressioni modellate sul dialetto
Vita dei campi Si tratta di una raccolta di otto novelle in cui l’autore compie una vera e propria rivoluzione rispetto alla letteratura tradizionale, infatti:
I personaggi appartengono al grado più basso della vita sociale Scompaiono i commenti da parte dell’autore Gli eventi sono presentati in modo netto e crudo Si riducono al minimo le descrizioni
Manca la descrizione fisica e interiore dei personaggi che va colta nel vivo dell’azione I dialoghi sono concisi e privi di eleganza formale Vengono narrate vicende tragiche che sfociano in soluzioni estreme
In particolare, poi, in queste novelle appare per la prima volta la figura di un “narratore popolare” che appartiene al mondo in cui viene ambientata la vicenda Un narratore che rimane fuori campo, non dà giudizi personali, si limita a riferire i fatti dal punto di vista della comunità del villaggio e a a farsi portatrice della mentalità della gente umile del Mezzogiorno
Il “ciclo dei vinti” In una lettera del 21 aprile 1878 inviata all’amico Salvatore Paolo Verdura, Verga annuncia il suo progetto di voler dar vita a un ciclo romanzesco che analizzasse le varie condizioni sociali, dai livelli più infimi a quelli più elevati
Il ciclo doveva intitolarsi Marea per indicare che a tutti gli uomini è impossibile resistere ai flussi e riflussi delle vicende umane In questo senso tutti gli uomini sono dei “vinti”, a qualsiasi livello sociale appartengano
Il primo romanzo del ciclo uscì nel 1881 con il titolo I Malavoglia Il romanzo era dedicato ai miseri pescatori della Sicilia orientale Il ciclo doveva proseguire con Mastro-don Gesualdo, incentrato sulla storia di un muratore che riesce a diventare nobile e a farsi ricco con il suo lavoro Poi con La duchessa di Leyra, dedicato alla figlia di Gesualdo, da ambientarsi tra i nobili Infine dovevano venire L’onorevole Scipioni (su un personaggio della politica e dell’alta finanza) e L’uomo di lusso (colui che trasforma la ricchezza in puro consumo)
I Malavoglia Verga cominciò nel 1875 a progettare un “bozzetto marinaresco” (cioè una novella ambientata nel mondo dei pescatori) da intitolarsi Padron ‘Ntoni
Nel 1878 annunciò all’amico Luigi Capuana che il bozzetto si era trasformato in un romanzo intitolato I Malavoglia
I Malavoglia nascono in seguito all’approfondimento della poetica verista da parte di Verga che aveva stretto amicizia con Capuana alla lettura dell’Assommoir di Zola alla diffusione dell’inchiesta parlamentare di Franchetti e Sonnino sulle condizioni della Sicilia post-unitaria
La trama e la struttura Il romanzo è costituito da 15 capitoli raggruppati in tre parti: 1° parte (capp. I-IV): abbraccia un arco temporale che va dal dicembre 1863 al settembre 1865. Viene presentata la famiglia dei Malavoglia (Padron ‘Ntoni, Bastianazzo, La longa, ‘Ntoni, Mena, Luca, Alessi, Lia); ‘Ntoni parte soldato; il nonno acquista a credito una partita di lupini, Bastianazzo li carica sulla Provvidenza per andare a venderli, ma c’è il naufragio della barca, la perdita del carico e la morte di Bastianazzo.
2° parte (capp. V-IX): abbraccia il periodo che va dall’autunno 1865 alla fine del 1866. Viene ritrovata la Provvidenza, ‘Ntoni torna dalla leva e parte Luca (che muore in guerra). I Malavoglia non riescono a pagare il debito e perdono la casa del nespolo. Si trasferiscono nella casa del beccaio. In paese vengono abbandonati da tutti e isolati.
3° parte (capp. X-XV): copre gli anni dal 1867 al 1877 3° parte (capp. X-XV): copre gli anni dal 1867 al 1877. La longa muore di colera. ‘Ntoni si dà al contrabbando e, colto in flagrante dal brigadiere (che corteggiava la sorella Lia), lo accoltella e finisce in carcere. Lia, sconvolta e disonorata, scappa di casa per andare in città. Padron ‘Ntoni finisce i suoi giorni nell’ospedale di Catania abbandonato da tutti. Alessi che ha riscattato la casa del nespolo si sposa e con loro va a vivere la sorella Mena.
Una società arcaica scossa dai primi segni del progresso Aci Trezza è un mondo povero ma fedele alle sue tradizioni. Verga si propone di osservare che cosa accade quando arriva il nuovo, il progresso, che sconvolge la staticità del paese (le novità: l’Italia unita, la leva militare e la scuola elementare obbligatoria, le tasse…)
Il significato del romanzo L’esito di tutto è tragico: i “vinti” sono “travolti” Per Verga ogni tentativo di cambiare condizione porta alla sconfitta personale e alla disgregazione del nucleo familiare
La sperimentazione linguistica Sul piano narrativo il romanzo propone la novità del linguaggio La lingua non è il dialetto siciliano, ma un italiano dialettizzato (una lingua che nella realtà non esiste ma viene costruita a tavolino dallo scrittore) E’ una lingua che esprime la cultura popolare con i proverbi, i modi di dire, le credenze religiose, le usanze tradizionali, etc.
Verga utilizza il discorso indiretto libero Il narratore de I Malavoglia non dà mai la parola ai personaggi con espressioni “Egli disse: - …. -” (= discorso diretto) o “Egli disse che…” (= discorso indiretto), ma fa sue le parole dei personaggi o le confonde con le proprie
Capitolo I° de “I Malavoglia” http://bepi1949.altervista.org/mala/mala1.htm
MASTRO-DON GESUALDO Il romanzo fu stampato a puntate nel 1888 sulla rivista “Nuova Antologia” La versione definitiva comprende 21 capitoli raggruppati in 4 parti
La vicenda narrata è ambientata a Vizzini, paese della provincia catanese, nel periodo storico che va dai primi moti insurrezionali (1820) fino alla rivoluzione del 1848
La prima parte è la più ampia Viene narrata la biografia di Gesualdo, la sua ascesa sociale grazie al matrimonio con Bianca (una giovane aristocratica disonorata da un barone che non aveva voluto sposarla) Il matrimonio (di convenienza per tutti e due perché permette a Bianca di salvare l’onore e a Gesualdo di diventare nobile) si rivela una trappola perché Bianca non riuscirà mai ad accettare suo marito
Da “mastro” (cioè umile lavoratore manuale), Gesualdo diviene “don” (cioè nobile) e cerca di inserirsi nel contesto nobiliare Al culmine della sua ascesa, però, inizia il declino (psicologico, affettivo e fisico) Dal matrimonio nasce Isabella ma neppure lei accetta il padre Gesualdo muore (di cancro = il primo a morire di questa malattia nella nostra letteratura) solo e disprezzato nella casa della figlia e del genero
NOVELLE RUSTICANE Si tratta di una raccolta di dodici racconti pubblicati nel 1882 Tra le più famose “Libertà”, “La roba”, “Gli orfani”, etc.
Sono tutte novelle ambientate nella provincia siciliana nella seconda metà dell’Ottocento I protagonisti delle novelle sono contadini e piccoli proprietari
I temi trattati sono legati a quello dell’ingiustizia (la crudeltà delle leggi, i soprusi dei potenti, la durezza della natura) Un tema onnipresente in tutti i racconti è quello della “roba” (cioè l’ansia di conquistare beni, di diventarne possessori e conservarli nel tempo) = tema presente anche in “Mastro-don Gesualdo”