LA MISERICORDIA GENERA UNA CHIESA NUOVA

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Transcript della presentazione:

LA MISERICORDIA GENERA UNA CHIESA NUOVA a cura del prof. Michele Illiceto

ICONA BIBLICA “Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose” (Mc 6,34). 

A. T. “Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. 8Sono sceso per liberarlo” (Es 3, 7-8)

A.T. “Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato il cordone ombelicale e non fosti lavata con l'acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di sale né fosti avvolta in fasce.  Occhio pietoso non si volse verso di te per farti una sola di queste cose e non ebbe compassione nei tuoi confronti, ma come oggetto ripugnante, il giorno della tua nascita, fosti gettata via in piena campagna….. Passai vicino a te e ti vidi. Ecco: la tua età era l'età dell'amore. Io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità” (Ez 16, 4-14).

N.T. PARABOLA DEL BUON SAMARITANO “Un sacerdote lo vide e passò oltre PARABOLA DEL FIGLIOL PRODIGO “Quando era ancora lontano……Il padre lo vide e gli corse incontro PARABOLA DEL BUON SAMARITANO “Un sacerdote lo vide e passò oltre “Un levita…..lo vide e passò oltre “Un samaritano passandogli accanto….lo vide e ne ebbe compassione

Fenomenologia dello sguardo misericordioso Lo sguardo misericordioso allarga gli orizzonti Va in cerca di chi è perduto È uno sguardo inclusivo Abita la distanza e osa nella lontananza È uno sguardo che accoglie Disarma il male Alla violenza oppone la mitezza

La misericordia genera una conversione missionaria «Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione» (EG 27) «Un cuore missionario è consapevole dei limiti dell’uomo e si fa «debole con i deboli […] tutto per tutti». Mai si chiude, mai si ripiega sulle proprie sicurezze, mai opta per la rigidità autodifensiva. Sa che egli stesso deve crescere nella comprensione del Vangelo e nel discernimento dei sentieri dello Spirito, e allora non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada» (EG 45).

La misericordia genera una conversione pastorale «La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia» (EG 27).

La misericordia genera una chiesa in uscita «Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo» (EG 49) «La Chiesa “in uscita” è una Chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare, o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada. A volte è come il padre del figlio prodigo, che rimane con le porte aperte perché quando ritornerà possa entrare senza difficoltà» (EG 46).

La misericordia genera una chiesa dalle porte aperte «La Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre. Uno dei segni concreti di questa apertura è avere dappertutto chiese con le porte aperte. Così che, se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta chiusa» (EG 47). Una Chiesa che alla sera non conta le pecore che ci sono ma pensa a quelle che non ci sono……

La misericordia trasforma la chiesa da dogana in locanda «Ci sono altre porte che neppure si devono chiudere. Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della comunità, e nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. Questo vale soprattutto quando si tratta di quel sacramento che è “la porta”, il Battesimo. L’Eucaristia, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli.  Queste convinzioni hanno anche conseguenze pastorali che siamo chiamati a considerare con prudenza e audacia. Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. Ma la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa» (EG 47).

La misericordia privilegia lo scarto: ascoltare il grido dei poveri e degli ultimi «Nel cuore di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri, tanto che Egli stesso «si fece povero» (2 Cor 8,9). Tutto il cammino della nostra redenzione è segnato dai poveri» (EG 197). Più che evangelizzare i poveri dobbiamo lasciarci evangelizzare dai poveri: «È necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro. La nuova evangelizzazione è un invito a riconoscere la forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro del cammino della Chiesa. Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro» (EG 198).

«Quando uno legge il Vangelo incontra un orientamento molto chiaro: non tanto gli amici e vicini ricchi bensì soprattutto i poveri e gli infermi, coloro che spesso sono disprezzati e dimenticati, «coloro che non hanno da ricambiarti» (Lc14,14)… Oggi e sempre, «i poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo»… Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non lasciamoli mai soli» (EG 48). «Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri, in modo che essi possano integrarsi pienamente nella società; questo suppone che siamo docili e attenti ad ascoltare il grido del povero e soccorrerlo» (EG 187).

La misericordia genera una chiesa compassionevole «Se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio?» (1 Gv 3,17) «La Chiesa, guidata dal Vangelo della misericordia e dall’amore all’essere umano, ascolta il grido per la giustizia risponde con tutte le sue forze».(EG 188) «L’imperativo di ascoltare il grido dei poveri si fa carne in noi quando ci commuoviamo nel più intimo di fronte all’altrui dolore. Rileggiamo alcuni insegnamenti della Parola di Dio sulla misericordia, perché risuonino con forza nella vita della Chiesa. Il Vangelo proclama: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7) (EG 193).

Chiesa come “Ospedale da campo” Il rischio della misericordia: una chiesa accidentata….ferita: la ferita dell’amore «Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti» (EG 49). Chiesa come “Ospedale da campo”

Una chiesa attraversata dall’inquietudine «Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata» (EG 49).

Una chiesa che si fa carico della fragilità «È indispensabile prestare attenzione per essere vicini a nuove forme di povertà e di fragilità in cui siamo chiamati a riconoscere Cristo sofferente: i senza tetto, i tossicodipendenti, i rifugiati, gli anziani sempre più soli e abbandonati, i migranti» (EG 210) La misericordia genera inclusione sociale e integrazione: «Come sono belle le città che superano la sfiducia malsana e integrano i differenti, e che fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo! Come sono belle le città che, anche nel loro disegno architettonico, sono piene di spazi che collegano, mettono in relazione, favoriscono il riconoscimento dell’altro!» (EG 210)….. (Ecologia urbana!)

Una chiesa che sa accompagnare (Emmaus) «In una civiltà paradossalmente ferita dall’anonimato e, al tempo stesso, ossessionata per i dettagli della vita degli altri, spudoratamente malata di curiosità morbosa, la Chiesa ha bisogno di uno sguardo di vicinanza per contemplare, commuoversi e fermarsi davanti all’altro tutte le volte che sia necessario. La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa “arte dell’accompagnamento”, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro» (EG 169).

Pastorale dell’accompagnatore Prudenza Capacità di comprensione Discernimento Arte di aspettare e docilità allo Spirito Arte di ascoltare, che è più che sentire. L’ascolto ci smuove dalla tranquilla condizione di spettatori. Ascolto rispettoso e capace di compatire Ascolto che guarisce dalle risposte sbagliate e risveglia le domande vere

Una Chiesa della prossimità «Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana» (EG 169). Per avere la prossimità ci vuole «la capacità del cuore» e senza prossimità non c’è «vero incontro spirituale» (EG 171).

La misericordia cambia le relazioni sociali di oggi «Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio. In questo modo, le maggiori possibilità di comunicazione si tradurranno in maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti. Uscire da se stessi per unirsi agli altri fa bene. Chiudersi in sé stessi significa assaggiare l’amaro veleno dell’immanenza, e l’umanità avrà la peggio in ogni scelta egoistica che facciamo» (EG 87).

La misericordia genera una mistica della fraternità quale base di vera comuità «È necessario aiutare a riconoscere che l’unica via consiste nell’imparare a incontrarsi con gli altri con l’atteggiamento giusto, apprezzandoli e accettandoli come compagni di strada, senza resistenze interiori. Imparare a scoprire Gesù nel volto degli altri, nella loro voce, nelle loro richieste. È anche imparare a soffrire in un abbraccio con Gesù crocifisso quando subiamo aggressioni ingiuste o ingratitudini, senza stancarci mai di scegliere la fraternità» (EG 91)

Non lasciamoci rubare la comunità «Il modo di relazionarci con gli altri che realmente ci risana invece di farci ammalare, è una fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano, che sa sopportare le molestie del vivere insieme aggrappandosi all’amore di Dio, che sa aprire il cuore all’amore divino per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro Padre buono. I discepoli del Signore sono chiamati a vivere come comunità che sia sale della terra e luce del mondo (cfr Mt 5,13-16). Sono chiamati a dare testimonianza di una appartenenza evangelizzatrice in maniera sempre nuova. Non lasciamoci rubare la comunità!» (EG 92)

Fedeltà a Dio e fedeltà all’uomo Confessare un Padre che ama infinitamente ciascun essere umano implica scoprire che «con ciò stesso gli conferisce una dignità infinita».  Confessare che il Figlio di Dio ha assunto la nostra carne umana significa che ogni persona umana è stata elevata al cuore stesso di Dio. La sua redenzione ha un significato sociale perché «Dio, in Cristo, non redime solamente la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli uomini». Confessare che lo Spirito Santo agisce in tutti implica riconoscere che Egli cerca di penetrare in ogni situazione umana e in tutti i vincoli sociali Lo stesso mistero della Trinità ci ricorda che siamo stati creati a immagine della comunione divina, per cui non possiamo realizzarci né salvarci da soli. Dal cuore del Vangelo riconosciamo l’intima connessione tra evangelizzazione e promozione umana.(EG 178)

Il volto missionario della parrocchia «La parrocchia ha una grande plasticità, può assumere forme molto diverse che richiedono la docilità e la creatività missionaria del pastore e della comunità…  in contatto con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi» (EG 28) La parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana del dialogo e dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione.  Incoraggia e forma i suoi membri perché siano agenti dell’evangelizzazione. È comunità di comunità Santuario dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare Centro di costante invio missionario. In costante uscita verso le periferie del proprio territorio o verso i nuovi ambiti socio-culturali Si impegna a stare sempre lì dove maggiormente mancano la luce e la vita del Risorto (EG 30)

La misericordia cambia lo stile pastorale Alcuni No: No all’accidia egoista [81-83] No al pessimismo sterile [84-86] No alla mondanità spirituale [93-97] No alla guerra tra di noi [98-101] Alcuni Si Sì alla sfida di una spiritualità missionaria [78-80] Sì alle relazioni nuove generate da Gesù Cristo [87-92]