…alle onde stazionarie! Dalle orbite stazionarie…
Le lacune nella teoria di Bohr La formula di Rydberg e il modello atomico di Bohr delle «orbite stazionarie circolari» spiegavano bene le righe dello spettro dell'idrogeno, che possiede un solo elettrone attorno al nucleo. Per elementi aventi più elettroni era più difficile, se non impossibile, trovare una formula empirica delle loro righe spettrali e, quindi, un modello atomico che rappresentasse la struttura dei rispettivi atomi. Sommerfeld e altri avanzarono l’idea che gli elettroni disturbandosi, al fine di trovare un equilibrio, potessero percorre anche orbite di forma ellittica con differenti orientamenti nello spazio e che, inoltre, ciascun elettrone potesse ruotare attorno al proprio asse.
Modello di Sommerfeld-Bohr Negli anni ‘20 del secolo scorso si propose un modello complesso in cui ad ogni elettrone furono assegnati 4 numeri quantici: Numero quantico principale o livello energetico n (valori 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7) Numero quantico secondario o sottolivello o forma dell’orbita l (valori s, p, d, f) Numero quantico terziario o magnetico o orientamento dell’orbita m (valori -3, -2, -1, 0, +1, +2. +3) s 3 2 Numero quantico quaternario o magnetico di spin s (valori -1/2, +1/2) p 1 p s d f
l=s, l=p, l=d, l=f l=s l=s, l=p l=s, l=p, l=d I valori possibili di l per ogni livello n. l=s l=s, l=p l=s, l=p, l=d l=s, l=p, l=d, l=f Forma dell’orbita o Sottolivello energetico o Numero quantico secondario l I valori possibili di m (orientamento) per ogni l Per l=s m= 0 Per l=p m= -1, 0, +1 Per l=d m= -2, -1, 0, +1, +2 Livello energetico o numero quantico principale n Per l=f m= -3, -2, -1, 0, +1, +2, +3 I valori possibili dello spin s sono sempre -1/2 e +1/2 per ogni elettrone
Fine Teoria deterministica Inizio Teoria probabilistica Il modello di Sommerfeld-Bohr, tuttavia, riusciva a spiegare solo una buona parte delle righe spettrali, non tutte. Per quante modifiche e correttivi si potessero inserire nelle equazioni matematiche, non si riusciva, cioè, una equazione perfetta, quindi un modello perfetto. Alla fine degli anni ‘20, gli scienziati dovettero rinunciare a «determinare» con precisione assoluta il comportamento degli elettroni all’interno dell’atomo. Heisemberg enunciò, pertanto ,il suo principio di indeterminazione Non è possibile conoscere contemporaneamente posizione e velocità dell’elettrone L’elettrone fu ritenuta, quindi, una entità non localizzata: non esiste per esso un luogo fisico di esistenza definito Fine Teoria deterministica Inizio Teoria probabilistica
Dalle orbite alle… onde!
Pur accettando il principio di indeterminazione, non si rinunciò, tuttavia, a considerare l’elettrone come una entità esistente e distinta da altre, perciò la ricerca scientifica proseguì per capirne meglio la natura e le proprietà peculiari. De Broglie, ritornando allo studio dei raggi catodici e delle relative proprietà, dimostrò che avevano molti comportamenti analoghi a quelli dei raggi elettromagnetici: come i raggi di luce comune, i raggi catodici potevano subire riflessione, rifrazione, diffrazione e interferenza. Quest’ultime sono caratteristiche osservabili in tutti i fenomeni ondulatori (le onde del mare, le onde sonore ecc). Gli elettroni, quindi, oltre a comportarsi come particelle di materia (come aveva a suo tempo dimostrato Thomson), si comportano anche come fossero onde. Tale comportamento dualistico assomiglia a quello dei fotoni (vedi Planck e Einstein). Anche per gli elettroni, quindi, si può parlare di natura dualistica: sono contemporaneamente particelle e onde. Proprio a questa doppia natura fu imputata la non locabilità e l’indeterminazione precedentemente ipotizzata. Si propose, per l’atomo, un modello in cui si immaginò una serie di onde stazionarie: onde elettromagnetiche stazionanti intorno al nucleo a ben definite distanze e con precise frequenze ( e lunghezze) d’onda.
L’atomo probabilistico Dalle onde agli… orbitali
Il concetto di orbita (traiettoria lineare dell’elettrone) L’idea degli elettroni come onde mise fine alle pretese di poter tracciare «traiettorie», cioè orbite bel definite . Nacque l’idea di poter almeno delimitare la zona dello spazio attorno al nucleo entro cui un elettrone esercita in modo significativo i suoi effetti elettromagnetici (e quindi entro cui questa entità esiste) Shroedinger, mettendo insieme le proprietà ondulatorie con i 4 numeri quantici del modello di Sommerfeld-Bohr (che pure sono caratteristiche misurabili dell’elettrone) pervenne ad una complessa funzione matematica la quale permise di individuare le zone di maggior probabilità di esistenza dell’elettrone. La funzione matematica è la funzione d’onda ψ2 (psi al quadrato). La risoluzione di tale funzione, sostituendo i vari valori dei numeri quantici permette di ottenere non precise orbite, ma zone, chiamate orbitali, con determinate probabilità di esistenza dell’elettrone Il concetto di orbita (traiettoria lineare dell’elettrone) fu sostituito da quello di Orbitale (zona di probabilità di localizzare l’elettrone)
Il numero quantico principale n incide sulla grandezza dell’orbitale Orbitali atomici Il numero quantico principale n incide sulla grandezza dell’orbitale la forma dipende dal numero quantico secondario l Lo spin descrive un’altra proprietà magnetica intrinseca della zona legata alla polarizzazione dell’onda elettromagnetica. Il numero quantico magnetico m indica l’orientamento nello spazio dell’asse principale dell’orbitale
CONFIGURAZIONE ELETTRONICA Tenendo conto dei numeri quantici, delle interazioni elettromagnetiche e delle energie, quindi delle probabilità in gioco, nonchè dello sviluppo dell’equazione di Shroedinger, i vari elettroni tendono ad esistere attorno al nucleo, nei vari orbitali, secondo una configurazione che segue alcune regole: Regola dell’aufbau (dal tedesco «a strati») Gli elettroni tendono a sistemarsi negli orbitali a partire da quelli del livello energetico più basso (più probabile, più vicino al nucleo) a quello più alto (meno probabile, più lontano dal nucleo). Tale regola, troppo generale è, però, meglio rappresentata dalla regola della diagonale la quale, basata sullo sviluppo dell’equazione di Shroedinger, tiene in considerazione anche di qualche orbitale di un dato livello che risulta avere più energia, meno probabilità, di quelli del livello o dei livelli superiori. Principio di esclusione di Pauli In un orbitale (sottolivello) con un determinato orientamento (numero quantico magnetico m) può ospitare al massimo 2 elettroni che devono avere spin antiparallelo Principio della massima distribuzione di Hund Gli elettroni all’interno di un sottolivello tendono a sistemarsi occupando quanti più orbitali degeneri possibili (orbitali degeneri=orbitali aventi stessa probabilità, stessa energia)
Rappresentazione della configurazione elettronica Solitamente la configurazione elettronica di un atomo può essere rappresentata tramite simboli alfanumerici… …o con un diagramma a caselle e freccette Rappresentazione della configurazione elettronica
Il nucleo Z numero atomico=numero di protoni (identificativo della specie atomica) A numero di massa= somma dei protoni e dei neutroni I raggi protoni e neutronici manifestano analoghi comportamenti ondulatori e indeterministici dei raggi catodici. Il nucleo mostra equilibri precari (decadimento radioattivo) e contenuti energetici enormi (energia nucleare). Nessuna ipotesi degna di rilevanza circa l’organizzazione, la struttura e gli equilibri all’interno del nucleo fino al 1964, quando fu ipotizzata l’esistenza dei quarks Modello Standard
Modello standard 1967/68 Dalton 1803 Thomson 1904 Rutherford 1911 Bohr 1913 Sommerfeld 1916 De Broglie 1924 Modello standard 1967/68 Shroedinger 1926
Il paradosso del gatto di Shroedinger Shroedinger, per far capire a colleghi e studenti la «portata» inquietante della rivoluzione scientifica della meccanica quantistica, che prevede l’indeterminabilità di un evento particellare, ideò un esperimento concettuale. Sostanza radioattiva: emette in media 1 particella/ora Dopo un’ora, il gatto è vivo o è morto? Cianuro Scatola chiusa Dato che non è possibile determinare con esattezza se la particella sia stata emessa o no, occorre valutare l’evento in modo statistico: lo sviluppo del calcolo probabilistico (La funzione ψ) porta ad affermare che: gatto vivo e gatto morto non sono condizioni fisiche esistenti allo stato puro, bensì sono perfettamente miscelati, quindi la risposta esatta è… La particella colpisce la leva che «scatta» in giù La leva fa cadere il martello Gatto vivomorto. La fiala si rompe L’osservazione diretta (apertura della scatola), tuttavia, «manifesterà» uno dei due stati possibili in modo casuale, non prevedibile. Einstein non era per niente d’accordo con queste convinzioni indeterministiche della realtà. Di lui rimase una frase storica: «Dio non gioca a dadi!»