Assistente sociale storia e disciplina giuridica di una professione..

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Transcript della presentazione:

Assistente sociale storia e disciplina giuridica di una professione.. Dott. Emilia Luigia Pulitanò 15 Gennaio 2015

Ogni professione ha i suoi segreti Ogni professione ha i suoi segreti. Se non li avesse non sarebbe una professione Hector Hugh Munro «Gutta cavat lapidem» La goccia scava la pietra proverbio latino Per ricordare che con una ferrea volontà si possono conseguire obiettivi altrimenti impossibili.

Alcuni step essenziali in Italia… Legge 23 marzo 1993, n.84  Ordinamento della professione di Assistente Sociale e dell’Albo professionale D.M. 615 del 1994 e D.P.R. 169/2005  Istituzione dell’Ordine e del Consiglio Nazionale degli Assistenti Sociali, procedimenti elettorali, iscrizione e cancellazione dall’Albo Codice Deontologico dell’Assistente Sociale (1998 e 2002)

Legge 3 aprile 2001, n. 119  segreto professionale per l’Assistente Sociale D.P.R 328/2001  modifica ed integrazione della disciplina dell’Esame di Stato per l’esercizio di alcune professioni (tra cui quella di AS) Regolamento disciplinare approvato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine il 16 novembre 2007 Le fonti sono da leggere in modo comparato tra loro!

Legge n. 84/93 ORDINAMENTO DELLA PROFESSIONE DI ASSISTENTE SOCIALE E ISTITUZIONE DELL'ALBO PROFESSIONALE L’esigenza di costituirsi come gruppo professionale fu sentita dagli AA SS sin dagli anni ’40 del secolo scorso ma si dovettero attendere decenni prima che vi fosse un riconoscimento di ordine pubblico. È solo quando lo Stato riconosce la pregnanza di un gruppo che ne sancisce il riconoscimento istituzionale. Conseg: posizione ancillare della professione e etica professionale come somma delle specifiche deontologie di ognuno

“nei suoi cinque brevi articoli contiene la mappa genetica della professione ed è punto di riferimento dell’identità professionale. In essa vi sono le parole chiave per definire lo spazio di competenza e di potere proprio della professione” Dorigo, 2002

In sostanza… “L’assistente sociale opera con autonomia tecnico-professionale e di giudizio in tutte le fasi dell’intervento per la prevenzione, il sostegno e il recupero di persone, famiglie, gruppi e comunità in situazioni di bisogno e di disagio e può svolgere attività didattico-formative. L’assistente sociale svolge compiti di gestione, concorre all’organizzazione e alla programmazione e può esercitare attività di coordinamento e di direzione dei servizi sociali. La professione di assistente sociale può essere esercitata in forma autonoma o di rapporto di lavoro subordinato. Nella collaborazione con l’autorità giudiziaria, l’attività dell’assistente sociale ha esclusivamente funzione tecnico-professionale e propositiva autonomia professionale, che si articola su due versanti: quello tecnico-professionale e quello di giudizio. Il primo ambito nel concreto stabilisce che non vi siano intromissioni negli aspetti procedurali di conduzione di un caso, in quanto l’Assistente Sociale ha la responsabilità di decidere e definire, in relazione ai suoi principi, valori, alle sue conoscenze ed alla sua esperienza il percorso operativo più idoneo alla specifica situazione. È il professionista a dover stabilire, dopo una valutazione delle circostanze, quanti e quali interventi porre in essere. Nessun altro soggetto, sia esso fisico o istituzionale, possiede la facoltà di stabilire, indicare o imporre le modalità di conduzione di un progetto di aiuto. L’autonomia di giudizio si rivolge invece al fatto che l’Assistente Sociale abbia, nella pratica professionale, la capacità e la responsabilità di cogliere quali siano gli aspetti generali ed i punti focali di un problema . Ciò ovviamente differisce da quello che è il potere decisionale, il quale non compete sempre all’Assistente Sociale: basti pensare all’esempio di un provvedimento di collocamento in struttura sancito dal Tribunale per i Minorenni o ad un provvedimento dell’Ente di appartenenza. Da ciò si desume pertanto come l’autonomia di giudizio debba essere coniugata con quella degli altri soggetti, e primariamente con quella dell’utente, il quale deve essere supportato nella sua autodeterminazione, e con il potere decisionale delle istituzioni ed organizzazioni. Del tema dell’autonomia tratta peraltro anche l’Articolo 10 del Codice Deontologico, il quale lo completa introducendo l’aspetto delle competenze professionali, quello della coscienza personale dell’Assistente Sociale, il quale ricorda che una professione di aiuto, che implica la gestione di relazioni interpersonali, esige il coinvolgimento di tutta la persona nella pratica professionale, e quello di difendere la propria autonomia da pressioni e condizionamenti, aspetto di peculiare importanza ma di complessa concretizzazione.

L’ Autonomia professionale, si articola su due versanti: quello tecnico-professionale e quello di giudizio. Il primo ambito nel concreto stabilisce che non vi siano intromissioni negli aspetti procedurali di conduzione di un caso, l’Assistente Sociale ha la responsabilità di decidere e definire, in relazione ai suoi principi, valori, alle sue conoscenze ed alla sua esperienza il percorso operativo più idoneo alla specifica situazione. È il professionista a dover stabilire, dopo una valutazione delle circostanze, quanti e quali interventi porre in essere. Nessun altro soggetto, sia esso fisico o istituzionale, possiede la facoltà di stabilire, indicare o imporre le modalità di conduzione di un progetto di aiuto.

L’Autonomia di giudizio si rivolge al fatto che l’A. S L’Autonomia di giudizio si rivolge al fatto che l’A. S. abbia, nella pratica professionale, la capacità e la responsabilità di cogliere quali siano gli aspetti generali ed i punti focali di un problema . Ciò differisce da quello che è il potere decisionale, il quale non compete sempre all’A.S. basti pensare all’esempio di un provvedimento di collocamento in struttura sancito dal Tribunale per i Minorenni o ad un provvedimento dell’Ente di appartenenza.

Da ciò si desume pertanto come l’autonomia di giudizio debba essere coniugata con quella degli altri soggetti, e primariamente con quella dell’utente, il quale deve essere supportato nella sua autodeterminazione, e con il potere decisionale delle istituzioni ed organizzazioni.

continua 2. Requisiti indispensabili per l’esercizio della professione (Laurea /Laurea Magistrale + iscrizione all’Albo) 3. L’Albo e l’Ordine degli Assistenti Sociali 4. Norme relative all’istituzione dei due organismi 5. Norme transitorie

D.M. 615 del 1994 e D.P.R. 169/2005 In Italia vi sono un Ordine Nazionale e 2o Ordini Regionali. Il primo ha sede a Roma e ciascuno dei secondi nel capoluogo di ciascuna Regione; Ogni Ordine Regionale ha un Consiglio i cui membri sono eletti dagli iscritti: il numero dei membri varia in base al numero di iscritti all’Albo di un contesto; I Consigli territoriali restano in carica quattro anni e sono formati da un numero di componenti iscritti nelle sezioni A e B dei rispettivi Albi; sette, se il numero totale degli iscritti non supera i 100, nove, se tale numero supera i 100 ma non i 500, undici, se gli appartenenti sono compresi in numero fra 500 e 1500, quindici, se in tutto vi sono più di 1500 iscritti.

sette, se il numero totale degli iscritti non supera i 100, nove, se tale numero supera i 100 ma non i 500, undici, se gli appartenenti sono compresi in numero fra 500 e 1500, quindici, se in tutto vi sono più di 1500 iscritti.

Codice deontologico : Diomede Canevini, 2002 “ha segnato la completezza del percorso della formazione per entrare nel mondo socialmente riconosciuto delle professioni” “è stato il primo atto ufficiale del primo Consiglio dell’Ordine Nazionale, insediato nel 1996, con il quale tale organo ha voluto restituire e riaffidare alla professione i contenuti etici che da sempre, nella forza della sua tradizione, hanno accompagnato nel nostro e negli altri paesi l’evoluzione storica del servizio sociale e dei suoi professionisti”

Esso deve essere interpretato come un dettato che definisce deve essere considerato non un atto obbligatorio disposto dalla Legge, ma un atto dovuto alla professione. Esso deve essere interpretato come un dettato che definisce nel senso che afferma una tappa essenziale per lo sviluppo di un percorso di ulteriore evoluzione della professione, e al contempo chiarisce i principi ed i valori a cui la professione medesima si ispira nella sua pratica.

Articolazione… Titolo I: Definizione e potestà disciplinare; Titolo II: Principi; Titolo III: Responsabilità dell’assistente sociale nei confronti della persona/cliente; Titolo IV: Responsabilità dell’assistente sociale nei confronti della società; Titolo V: Responsabilità dell’assistente sociale nei confronti di colleghi ed altri professionisti; Titolo VI: Responsabilità dell’assistente sociale nei confronti dell’organizzazione di lavoro; Titolo VII: Responsabilità dell’assistente sociale nei confronti della professione.

Titolo II La professione si fonda sul valore, dignità, unicità di tutte le persone, sul rispetto dei diritti… e sull’affermazione delle qualità… libertà, uguaglianza, sociabilità, solidarietà, partecipazione (Art. 5) L’assistente sociale pone la persona al centro di ogni intervento (Art. 7) … L’assistente sociale ha il dovere di difendere la propria autonomia da pressioni e condizionamenti (Art. 10)

Titolo III Capo III Riservatezza e segreto professionale 23 La natura fiduciaria della relazione con utenti o clienti obbliga l’assistente sociale a trattare con riservatezza in ogni atto professionale le informazioni e i dati riguardanti gli stessi, per il cui uso o trasmissione, nel loro esclusivo interesse, deve ricevere l’esplicito consenso degli interessati, o dei loro legali rappresentanti, ad eccezione dei casi previsti dalla legge. 24 L’assistente sociale ha facoltà di astenersi dal rendere testimonianza al giudice e non può essere obbligato a deporre su quanto gli è stato confidato o ha conosciuto nell’esercizio della professione, salvo i casi previsti dalla legge. 25 L’assistente sociale deve curare la riservatezza della documentazione relativa agli utenti ed ai clienti salvaguardandola da ogni indiscrezione, anche nel caso riguardi ex utenti o clienti, anche se deceduti.

27 L’assistente sociale che nell’esercizio della professione venga a conoscenza di fatti o cose aventi natura di segreto è obbligato a non rivelarli, salvo che per gli obblighi di legge e nei seguenti casi: rischio di grave danno allo stesso utente o cliente o a terzi, in particolare minori, incapaci o persone impedite a causa delle condizioni fisiche, psichiche o ambientali; richiesta scritta e motivata dei legali rappresentanti del minore o dell’incapace nell’esclusivo interesse degli stessi; autorizzazione dell’interessato o degli interessati o dei loro legali rappresentanti resi edotti delle conseguenze della rivelazione; rischio grave per l’incolumità dell’assistente sociale.

32 La sospensione dall’esercizio della professione non esime l’assistente sociale dagli obblighi previsti dal Capo III del presente Titolo ai quali è moralmente e giuridicamente vincolato anche in caso di cancellazione dall’Albo.

hanno l’obbligo del segreto professionale "Disposizioni concernenti l’obbligo del segreto professionale per gli assistenti sociali“ Gli assistenti sociali iscritti all’albo professionale istituito con legge 23 marzo 1993, n. 84, hanno l’obbligo del segreto professionale su quanto hanno conosciuto per ragione della loro professione esercitata sia in regime di lavoro dipendente, pubblico o privato, sia in regime di lavoro autonomo libero-professionale. Legge 119/2001

D.P.R. 328 del 2001 Disciplina dell’esame di stato per la professione di Assistente Sociale: Art. 22: Assistente Sociale Specialista Art. 23: Assistente Sociale

Regolamento disciplinare Art. 1 “All’iscritto all’albo che si rende colpevole di abuso o mancanza nell’esercizio della professione o che comunque tiene un comportamento non conforme alle norme del Codice Deontologico, al decoro o alla dignità della professione, il Consiglio dell’Ordine Regionale infligge, tenuto conto della gravità del fatto, una delle seguenti sanzioni adeguata e proporzionata alla violazione delle norme deontologiche […]”.

sanzioni a) ammonizione; b) censura; c) sospensione dall’esercizio della professione; d) radiazione dall’albo.

criteri a) intenzionalità del comportamento; b) grado di negligenza, imprudenza, imperizia, tenuto conto della prevedibilità dell’evento; c) responsabilità connessa alla posizione di lavoro; d) grado di danno o di pericolo causato; e) presenza di circostanze aggravanti o attenuanti; f) concorso fra più professioni e/o operatori in accordo tra loro; g) recidiva e/o reiterazione.