Gli approcci naturali L’approccio formalistico viene messo in crisi a partire dall’Ottocento negli Stati Uniti, dove la conoscenza delle lingue non è uno status, ma una necessità Ticknor sostiene che le lingue sono vive e parlate, per cui il loro insegnamento va personalizzato in base ai discenti (età e caratteristiche) e il percorso deve essere soprattutto quello induttivo Su questa scia Berlitz fonderà il suo metodo diretto, che prevede la presenza di un docente madrelingua, l’accentuazione delle abilità orali e della capacità di leggere e comprendere un testo
Gli approcci naturali In quello stesso periodo De Saussure sta discutendo la dicotomia langue (la lingua intesa come sistema astratto, come nell’approccio formalistico) e parole (la lingua viva, come nell’approccio naturalistico) A cavallo tra Otto e Novecento anche il fonetista Sweet e i linguisti Jespersen e Palmer sono convinti della primarietà dell’oralità rispetto alla scrittura, e quindi della logica induttiva, escludendo la traduzione dalle tecniche didattiche per la sua eccessiva difficoltà, a vantaggio della parafrasi e delle attività di riflessione linguistica Queste teorie restano però confinate in gruppi elitari, e non incidono quindi sulla scuola
Il Reading Method Tra il 1914 e il 1945 il mondo si frammenta, la dottrina Wilson porta gli USA all’isolazionismo, e i vari Stalin, Franco, Salazar, Mussolini e Hitler di certo non incoraggiavano l’interscambio, per cui la lingua smette di essere viva, e diventa solo strumento di lettura Il Reading Method è comunque un approccio, in quanto esclude lo sviluppo delle competenze orali; il docente ora guida le strategie di decifrazione di una lingua straniera e dà qualche regola di grammatica, sorta di facilitatore dallo scarsissimo ruolo formativo, vocabolario vivente cui gli studenti si possono rivolgere.
La rivoluzione degli anni ‘60 Nel dopoguerra si creano tre grandi blocchi, est, ovest e non allineati; nel primo di questi l’inglese sostituisce il francese come lingua globale Gli Stati Uniti entrando in guerra capiscono che l’isolazionismo wilsoniano li ha privati della padronanza delle lingue vive, ma recuperano terreno grazie a: o psicologia di apprendimento (apprendimento è il risultato di una serie intensiva e ripetitiva di stimoli e risposte, seguite da conferma o correzione); Skinner offre uno strumento psicodidattico all’Army Specialized Training Program o teoria linguistica tassonomica (analisi delle componenti minime della lingua);
La rivoluzione degli anni ‘60 o grande quantità di immigrati (forniscono il campione linguistico); o risorse tecnologiche (inizialmente il giradischi, successivamente il registratore), che permettono lo studio della lingua grazie ai primi laboratori linguistici dove lo studente può ascoltare la corretta pronuncia ed esercitarsi a ripeterla. In questo periodo Robert Lado è uno dei massimi esponenti della linguistica contrastiva, che studiando le divergenze tra lingua madre e lingua appresa cerca di prevedere le zone di difficoltà per mettere in atto le strategie adeguate a superarle; Lado è il fondatore di TESOL, Teaching English to Speakers of Other Languages
L’approccio strutturalistico Ebbe vita abbastanza breve (fu messo in crisi già da Chomsky nel 1957); si basava sui pattern drill (esercizi strutturali), serie di sequenze stimolo – risposta – conferma presentate con ritmo incalzante per impedire la riflessione e favorire invece la memorizzazione spontanea I pattern drills possono essere o Sintagmatici: modificano la struttura del sintagma (ad es., lo stesso verbo al presente e al passato) o Paradigmatici: legano un verbo ad un oggetto o Combinati: presentano sequenze sempre più complesse Hanno il loro ambiente naturale nei laboratori linguistici
L’approccio strutturalistico L’approccio strutturale (in teoria definitivamente abbandonato negli anni ‘70) persiste nell’insegnamento in quanto non si impara una lingua senza automatizzare alcuni processi, e questi si automatizzano solo con la ripetizione Che la ripetizione sia importante per la memorizzazione lo hanno dimostrato il modello modale di memoria ( Atkinson e Scriffin, anni ‘60) e il modello della profondità di codifica ( Craik e Lockart, anni ‘60), che alla mera ripetizione preferisce però il concetto di elaborazione Oggi è definitivamente tramontata l’idea di studente come tabula rasa su cui incidere