Domande e risposte sulla storia della lingua latina

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Transcript della presentazione:

Domande e risposte sulla storia della lingua latina Federica Scarrione, Liceo “Galilei”, Voghera Domande e risposte sulla storia della lingua latina Lezione 2

1) Quali sono i caratteri dell’alfabeto latino 1) Quali sono i caratteri dell’alfabeto latino? Praticamente quasi quelli del nostro alfabeto, ma… Quello che in informatica indichiamo comunemente come alfabeto latino in realtà è la versione moderna ed estesa dell’insieme di caratteri del latino originario, ossia quello utilizzato per la lingua latina. Gli antichiRomani infatti usavano solo 23 segni, non conoscendo la ⟨J⟩ e la ⟨W⟩, di origine anglosassone, mentre la lettera ⟨U⟩ fece la sua comparsa agli inizi del Rinascimento. Era costituito inizialmente dalle sole lettere maiuscole; fu solo nel Medioevo che entrarono nell'uso anche le lettere minuscole, derivate dalla scrittura corsiva.

Curiosità: come l’alfabeto ci indica la storia di una cultura I Romani presero il loro alfabeto dai Greci, adattandolo alle proprie esigenze; infatti eliminarono, per esempio, alcune lettere greche ritenute non essenziali, come θ, ζ, φ e ne inserirono altre non presenti nel greco, come f e u. La lettera 'G' inizialmente non esisteva in latino: una piccola conseguenza di questa assenza era rimasta anche nel periodo classico nelle abbreviazioni "C." per Gaius e "Cn." per Gnaeus. La G latina venne creata a metà del III secolo a.C. modificando il segno C. Le ultime due lettere vennero aggiunte alla fine dell'età repubblicana per trascrivere i grecismi che contenevano i fonemi (cioè i suoni) /y/ e /z/, inesistenti nel latino classico

2) Quante sono le vocali in latino? Le cinque vocali latine (a, e, i, o, u, più la y greca) possono essere sia lunghe, soprassegnate con ˉ (ā /a:/, ē /e:/-/ε:/, ī /i:/, ō /o:/-/ɔ:/, ū /u:/, ȳ /y:/), sia brevi, soprassegnate con ˘ (ă /a/; ĕ /e/-/ε/; ĭ /i/; ŏ /o/-/ɔ/; ŭ /u/; y̆ /y/). Se una vocale può essere sia lunga sia breve, si dice ancipite o bifronte. 

3) Qual è la pronuncia della lingua latina? Attualmente per la pronunzia del latino sono in uso due metodi, uno segue la pronunzia ecclesiastica tradizionale, l’altro la restituta. Nei paesi neolatini cattolici, soprattutto in Italia, prevale la pronuncia ecclesiastica, consolidata dalla Chiesa cattolica nell’uso ecclesiastico romano (e raccomandata da Papa Pio X a tutto il mondo cattolico) che rispecchia in larga misura quella che fu effettivamente la pronunzia del latino in una fase precisa (seppure tardiva) della sua storia e che si è mantenuta per ininterrotta tradizione. Nei paesi germanici, invece, prevale la cosiddetta pronuntiatio restituta, ovvero una pronuncia che si ritiene essere molto simile a quella del latino classico. La discussione su queste due pronunce è sempre aperta.

Pronuncia tradizionale La pronuncia ecclesiastica era quella abitualmente in uso nella Chiesa cattolica di rito latino per la propria liturgia, e quindi ha una lunga tradizione d’uso, con diverse varianti che la rendono simile alla lingua volgare parlata nelle varie aree d’Europa

Pronuncia restituta o classica la restituta è frutto di studi specialistici e dovrebbe essere più vicina alla pronunzia di età classica, che possiamo ricostruire con sufficiente sicurezza tramite testimonianze diverse, quali le indicazioni sulla pronunzia che troviamo negli scrittori latini, in particolare nei grammatici, le iscrizioni, la forma delle parole latine prese in prestito da altre lingue fin da tempi molto antichi, le trascrizioni dal greco al latino e viceversa

Un rapido confronto Riassumendo le differenze: h si legge con una leggerissima aspirazione (era essa infatti la deformazione della lettera fenicia indicante l'aspirazione), che viene generalmente omessa nel latino ecclesiastico; c e g in origine indicavano sempre rispettivamente i suoni /k/ e /g/, poi nel latino ecclesiastico andarono ad indicare non solo /k/ e /g/, ma anche rispettivamente /tʃ/ e /dʒ/davanti alle lettere e ed i ; ti seguito da vocale si leggeva /ti/ in epoca classica, poi passò a /tj/ e poi ancora a /tsj/ (ratio: class. /'ratio/, eccl. /'ratsjo/); il ti comunque si legge normalmente quando la i è lunga o la t preceduta da s t x; gn, pronunciato /gn/ in epoca classica, divenne poi /ɲ/ (gnosco: class. /'gnosko/, eccl. /'ɲosko/); sc, sempre /sk/ in epoca classica, è poi passato a /ʃ/ davanti a i ed e. y, pronunciato /y/ nel latino classico, mutò poi (come anche la corrispondente lettera greca) in una semplice /i/. Il suono U era molto frequente nel latino classico, ma man mano, ad inizio parola o intervocalico, mutò in /v/, tanto che si decise di distinguere la lettera v dalla u, un tempo usate indifferentemente PH è F nella pronuncia tradizionale, P con leggera aspirazione nella restituta

Attenzione ai dittonghi Ae e oe nella pronuncia tradizionale si leggono E, mentre nella restituta si leggono così come sono. Per approfondire: http://www2.classics.unibo.it/Didattica/LatBC/Pronuncia.pdf

4) Dove deve cadere l’accento quando si legge una parola latina? L'accento latino segue tre regole fondamentali. Ecco le prime due: legge della baritonesi: l'accento di parole plurisillabiche non cade mai sull'ultima sillaba; vi è solo qualche eccezione, costituita da parole troncate]; legge della terzultima: l'accento non cade mai oltre la terzultima sillaba;

Ultima regola, determinante per la lettura legge della penultima: in parole con almeno tre sillabe, se la penultima sillaba è lunga avrà l'accento; se essa è breve, l'accento cadrà sulla terzultima. Monēre Legĕre

Fonti Rosa Elisa Ciangoia, corso di lingua latina su www.catholic.net http://it.wikipedia.org/wiki/Alfabeto_latino http://it.wikipedia.org/wiki/Scrittura_e_pronuncia_del_latino Traina-Bernardi Perini, “Propedeutica al latino universitario”, Bologna, Patron, 1971, vol. I, pp. 1-14