I POZZI FREATICI E QUELLI ALIMENTATI DA UNA SORGENTE ERANO LE ALTRE FORME DI RACCOLTA E UTILIZZO DELLE ACQUE. IL POZZO ALIMENTATO DA UNA SORGENTE È FONTE.

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Transcript della presentazione:

I POZZI FREATICI E QUELLI ALIMENTATI DA UNA SORGENTE ERANO LE ALTRE FORME DI RACCOLTA E UTILIZZO DELLE ACQUE. IL POZZO ALIMENTATO DA UNA SORGENTE È FONTE DI “ACQUA VIVA”, CIOÈ ZAMPILLANTE, IN COSTANTE MOVIMENTO, CHE NON CORRE IL RISCHIO DELLA STAGNAZIONE (CFR. GEN 26, 19).

I pozzi rivestivano un importante ruolo sociale. In quanto scavati da uomini, davano origine a un diritto di proprietà: un nomade che chieda il passaggio agli abitanti sedentari di un paese si impegna a non bere l’acqua dei pozzi (Cfr. Nm 20,17) o a pagarla (Cfr. Dt 2,6).

Per la loro importanza per i pascoli, spesso origi­navano dispute e contese fra pastori (Cfr. Gen 21,25; 26,15- 25), ma erano anche luoghi di incontro e di con­versazione amichevole, in cui le consuete barriere tra uomo e donna conoscevano un allentamento.

Poiché andare al pozzo ad attingere l’acqua era compito riser­vato alle donne, ecco che potevano avvenire incontri a volte molesti (i pastori che scacciano le figlie di Ietro, Cfr. Es 2, 17), a volte piacevoli, nel senso che davano luo­go a fidanzamenti (Isacco e Rebecca, Cfr. Gen 24; Gia­cobbe e Rachele, Cfr. Gen 29, 1-14).

Gesù stesso, stanco e assetato, siede presso un poz­zo e chiede da bere a una donna che viene ad attinge­re l’acqua (Cfr. Gv 4,1-42): inizia così un dialogo duran­te il quale la donna non attinge l’acqua e Gesù non la beve, ma entrambi mostrano che la vera acqua che può saziare è l’incontro e che la vera sete è il desiderio di relazione.

E Gesù, promettendo l’acqua dello Spirito e della rivelazione, promette l’acqua che disseta per la vita eterna. Ma questo livello simbolico-religioso non annulla il livello materiale della sete.

Se il ministero apostolico comporta fatiche e tribolazioni tra cui “fame e sete” (1 Cor 4,11; 2 Cor 11,27), il dare da bere anche solo un bicchiere di acqua fresca ai discepoli, ai picco­li inviati nel nome del Signore, è gesto che non sarà dimenticato dal Signore (Cfr. Mt 10,42; Mc 9,41).

An­zi, ogni uomo che si trova nella penosa condizione di essere assetato diviene sacramento della presenza di Cri­sto e interpella la responsabilità di chi ha la possibili­tà di dissetarlo (cfr. Mt 25, ). Nel quarto vangelo Gesù sulla croce pronuncia le parole: «Ho se­te» (Gv 19,28).

La crocifissione comportava disidrata­zione e una bruciante sete. Il gesto di dare da bere un vino acidulo (cfr. Gv 19,29-30) o una mistura di mirra e vino (cfr. Mc 15,23) era una pratica che tendeva ad al­leviare per un momento il dolore: «Date bevande ine­brianti a chi sta per perire» (Pr 31,6).

La fame e la sete sono dimensioni storiche che pon­gono un sigillo di sofferenza e precarietà sulla condizione umana.

Per questo la Bibbia esprime la speranza e formula la promessa di un mondo finalmente libera­to da queste piaghe. L’umanità redenta dell’Apocalisse viene evocata in questi termini: «Non avranno più fame né sete» (Ap 7,16).

Dare da bere oggi L’attualità storica presenta invece un quadro dram­matico. Il segretario generale dell’ONU, Ban Kimoon, in occasione della giornata mondiale dell’acqua (22 mar­zo 2008), ha detto:

Ogni 20 secondi un bambino muore a causa delle ma­lattie associate alla mancanza d'acqua potabile. In to­tale si contano un milione e mezzo di giovani vite stroncate ogni anno. Più di due miliardi e mezzo di persone nel mondo vivono in condizioni igienico-sa­nitarie pessime... International Alert ha individuato 46 paesi, in cui vivono 2,7 miliardi di persone, in cui il cambiamento climatico e le crisi legate alla mancan­za di acqua creano un alto rischio di conflitti violenti Ban Ki-moon, “Quando l’acqua sarà per tutti”, in La Stampa, 22 marzo 2008, p. 33.

L’acqua, fonte della vita, è una risorsa rinnovabile ma limitata, e la crisi idrica mondiale che investe mol­ti paesi poveri, ma non lascia indenni nemmeno paesi ricchi, rischia di assumere le proporzioni di una cata­strofe globale, anche se al momento è l’emergenza più ignorata e più sottovalutata dei nostri giorni Federico Rampini, “Sarà l’acqua la prossima battaglia del mondo”, in La Repubbli­ca, 19 giugno 2008.

 Tra i fattori che stanno alla base di tale crisi vi sono mutamenti climatici su cui incide profondamente la responsabilità umana (aumento del riscaldamento globale, desertificazione), crescita della popolazione e degli insediamenti urbani, interventi sconsiderati dell’uomo sul territorio: inquinamento (scarichi civili, industriali, fertilizzanti e pesticidi), deforestazione, costruzione di grandi dighe che alterano la morfologia del paesaggio, il corso dei fiumi e gli equilibri della vita acquatica e terrestre, avendo anche dolorose conseguenze sociali e politiche (esodi umani, sommersione di beni naturali e culturali, dissidi, rancori e conflitti).

In particolare l’a­gricoltura industriale intensiva, che richiede una quan­tità di acqua enormemente maggiore rispetto all’agricoltura tradizionale, è causa di impoverimento delle riserve di acqua.

Di fronte alla mancanza di acqua e al crescere della domanda di questo bene essenziale, il problema idrico è ormai problema politico che richiede una governance e un uso sostenibile delle risorse idriche. E diventa an­che un problema bellico: nel 1995 Ismail Seralgedin, vicepresidente della Banca mondiale, affermò che se le guerre del ventesimo secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del ventunesimo avranno come og­getto del contendere l’acqua 4, e ora sappiamo che que­sta è realtà già in atto. 4. Cit. in Vandana Shiva, Le guerre dell’acqua, Feltrinelli, Milano 2003, p. 9.

È in atto sia nella forma di guer­re tradizionali (dietro al conflitto israelo-palestinese vi è anche il problema del controllo del bacino fluviale del Giordano) sia in forma di guerre paradigmatiche in cui culture segnate dall’etica universale dell’acqua co­me necessità ecologica sono contrapposte a una cultu­ra imprenditoriale dell’avidità, dell’appropriazione e della privatizzazione.

Le politiche di privatizzazione dell’acqua vanno esattamente in questa seconda dire­zione 5. Vandana Shiva parla della cultura della mer­cificazione che è in guerra con le opposte culture del condividere, del dare e ricevere acqua come dono gra­tuito Per l’Italia si veda l’approvazione definitiva del cosiddetto “decreto Ron­chi” nel novembre Vandana Shiva, Le guerre dell’acqua, o. c., p. 10.

L’acqua sta diventando “l’oro blu”, un bene prezioso che scatena interessi e corsa all’accaparramen­to 7. A questa problematica fa riferimento un breve pas­saggio dell’enciclica Caritas in ventate di Benedetto XVI: L’accaparramento delle risorse, specialmente dell’ac­qua, può provocare gravi conflitti tra le popolazioni coinvolte Cfr. M. Barlow, T. Clarke, Oro blu. La battaglia contro il furto mondiale del­l’acqua: come non esserne complici, Arianna, Bologna Benedetto XVI, Caritas in veritate, 51.