DIVINITA’ CTONIE E AUTOCTONE LE DIVINITA’ CTONIE, DAL GRECO cqwn- cqonos, LA TERRA, SONO DIVINITA’ MINORI LEGATE AI MOVIMENTI TELLURICI E AL VULCANESIMO. VIVEVANO NELLE PROFONDITA’ DELLA TERRA O ERANO COLLEGATE CON IL MITO DI PERSEFONE. TRA QUELLE DI ORIGINE GRECA SI RICORDANO GIUNONE VEDOVE, DEMETRA E LA STESSA PERSEFONE; TRA QUELLE LATINE ANGIZIA E MEFITE. QUESTE DEE VENIVANO VENERATE NEI TEMPI PIU’ ANTICHI DALLE POPOLAZIONI ITALICHE. LE DIVINITA’ AUTOCTONE, DAL GRECO autos, CHE SIGNIFICA STESSO O MEDESIMO, SONO DIVINITA’ DI OGNI TIPO NATE NEL CULTO DEI POPOLI ITALICI. TRA LE PIU’ IMPORTANTI RICORDIAMO FLORA, OPI E LE STESSE ANGIZIA E MEFITE.
LE DIVINITA’ CTONIE ANGIZIA Angizia dal latino anguis , serpente era adorata dai Marsi, dai Peligni e da altri popoli osco-umbri, associata al culto dei serpenti. Poiché i serpenti erano spesso collegati con le arti curative, Angizia era probabilmente una dea della guarigione; i Marsi, che la consideravano più una maga che una dea, le dovevano la conoscenza dell'uso delle erbe curative, specie quelle contro i morsi di serpente. Le venivano attribuiti altri poteri, come quelli di uccidere i serpenti col solo tocco. Luco dei Marsi, il cui nome deriva da lucus,era il bosco sacro ad Angizia di cui fa accenno anche Virgilio nell’Eneide. Il primato di questo centro politico e religioso, al tempo stesso città e santuario federale dei Marsi, si conservò fino al Bellum Marsicum, la guerra sociale degli inizi del I secolo a.C. che portò alla nascita del municipio romano di Anxa-Angitia.
IL MITO Il legame tra la dea, la cultura marsica e l’arte di ammaestrare i serpenti, si chiarisce ulteriormente alla luce del mito: Angizia, figlia di Eete, era sorella di Medea e di Circe, ma delle tre figlie Angizia fu l’unica a ricevere gli onori divini, grazie alla sua conoscenza delle erbe e della magia a scopo terapeutico. Ecco cosa scriveva di Angizia il poeta abruzzese Silio Italico: “Æetæ prolem Anguitiam, mala gramina primam monstravisse ferunt, tactuque domare venena, et lunam excussisse polo, stridoribus amnes frenantem, ac silvis montes nudasse vocatis” (Punicae,VIII, 498-501), che tradotto vuol dire: “Angizia, figlia di Eete, per prima scoprì le male erbe, così dicono, e maneggiava da padrona i veleni e traeva giù la luna dal cielo, con le grida i fiumi tratteneva, e chiamandole spogliava i monti delle selve” .
MEFITE Mefite è una divinità italica legata alle acque, invocata per la fertilità dei campi e per la fecondità femminile, perchè l'acqua è fonte di vita. Il suo culto era diffuso in tutta l'Italia osco-sabellica, soprattutto nell'Italia centro meridionale e nelle zone abitate o frequentate dalle popolazioni sannitiche. All'origine era una Dea ctonia protettrice delle sorgenti, poi delle acque termali e quindi solfuree, connesse alla salute e alla guarigione. Forse il collegamento tra il culto di Mefite e le acque vulcaniche solforose è posteriore alla romanizzazione della penisola italiana, forse era una ninfa delle sorgenti adorata dalle popolazioni osche adorata come Dea dai Sanniti ma, con l'avvento dei romani, relegata alle acque sulfuree e alle acque stagnanti, lasciando il culto delle acque sorgive ad altre divinità romane. Presiedeva i vari passaggi, come quello del giorno e della notte, il caldo e il freddo, la nascita e la morte, nonchè il passaggio della transumanza. Con l'evolversi della sua religione, la Dea Mefite venne collegata ai benefici delle acque termali e solforose.
IL LUOGO DI CULTO La valle D’Ansanto era un luogo di passaggio e di culto, dove ci si recava per venerare ed interrogare l'oracolo della grande Dea Mephitis, presso un laghetto grigio in eterna ebollizione, dove sbuffano velenosi soffioni sulfurei che ribollono tra vortici e gorghi. Gli scavi condotti nella valle hanno portato alla luce la ricca stirpe votiva del santuario, che ne prova l’esistenza almeno dal IV sec. a.c. Statue di terracotta e di legno, monete, oggetti d’oro, una collana di ambra con graffiti di volti umani e un frammento di terracotta, che reca una dedica incisa a “Mefite Aravina”, sono tuttora custoditi nelle sale del Museo Irpino. la Valle d'Ansanto venne celebrata da diversi autori latini, tra cui Virgilio nell'Eneide: "Est locus Italiae medio sub montibus altis, nobilis et fama multis memoratus in oris, Ampsancti valles... Hic specus horrendum et saevi spiracula Ditis Monstrantur, ruptoque ingens Acheronte vorago Pestiferas aperit fauces." "C'è nell'Italia centrale un luogo alle pendici di alti monti di cui molto si parla per la nobile fama,le valli d'Ansanto... Qui un orrendo speco e diversi spiragli di Dite vengono mostrati, e una grande voragine dove inizia l'Acheronte che spalanca le fauci pestifere."
LE DIVINITA’ AUTOCTONE FLORA Flora è conosciuta come Dea della primavera e delle cose in fiore o che attendono di dare frutto, della floricultura, dei giovani, protettrice delle partorienti e delle meretrici. Era una delle più antiche divinità del pantheon romano, e sovrintendeva alla primavera. Si racconta che fu lo stesso Tito Tazio, ad introdurne il culto in città, dedicandole un sacello in Campidoglio. Il suo nome deriva dal latino Flos, Floris, fiore in italiano, ed era raffigurata come una donna giovane, spesso vestita di abiti estremamente colorati e con una corona di fiori tra i capelli, la sua descrizione è quella di una giovane dal carattere gioioso e ridente, con una spiccata inclinazione per la sensualità ed il piacere. Il suo tempio si trovava presso il Circo Massimo, al di fuori della cerchia sacra, ma era una divinità del popolo e questo ne rafforzava la vicinanza con la plebe.
I FLORALIA Il suo culto fu sempre molto popolare e le sue festività cadevano tra il 28 di aprile ed il 3 maggio, quando si svolgevano il Ludes Floreales, o Floralia, celebrati con cerimonie sfrenate ed orgiastiche in cui era ammessa ogni lascivia, con profusione di scherzi e bevute. Per le festività di Flora le donne vestivano di vesti multicolori, mentre gli uomini si decoravano il capo con ghirlande di fiori. I primi giorni erano tutti una rappresentazione teatrale, un lungo festeggiare per le strade, un susseguirsi di orge e feste che coinvolgevano tutti. L’ultimo giorno si celebrava il circo al Circo Massimo, dove si dava la caccia agli animali domestici come capre e lepri, e si spargevano semi in segno propiziatorio. Il carattere licenzioso dei Floralia, indicherebbe nella mentalità politeista romana-italica un legame metafisico tra la sessualità umana e la fertilità vegetale, per cui stimolando l'una attraverso il rituale sacro, si stimolerebbe anche l'altra.
OPI Opi, anche detta Ops, Openconsiva o Consiva, è la divinità romana associata nel culto Saturno eConso, forse sposa di quest'ultimo, da cui la denominazione Consiva. Opi, Dea primigenia Romana della terra, era colei che proteggeva le colture, la mietitura, la semina e conservava il grano nei granai. La tradizione romana le attribuisce origini sabine, in quanto culto introdotto a Roma da Tito Tazio, il re sabino che secondo la leggenda avrebbe regnato su Roma con Romolo. Per Cornelio Labeone, III sec.d.c., Opi. come Bona Dea, furono soprannomi di Maya, ma è più facile pensare a una delle tante Grandi Madri locali trasposta anche a Roma. Alla sua protezione era affidato il grano mietuto e riposto nei granai. I suoi simboli sono la cornucopia, il grano e il cesto di frutta.
FESTIVITA’ Si sa che tra i Marsi in aprile si festeggiava la Dea Ope, per allontanare la carestia e la prolungata siccità. A Roma le erano dedicate due grandi feste: Opiconsivia - il 25 agosto. vi sovraintendevano le Vestali e i Flamines del Dio Quirino. Per l'occasione si eseguivano Ludis con corsa delle bighe nel Circo Massimo. Seguiva una processione con cavalli e muli, con il capo coronato di ghirlande di fiori. Opalia - il 19 dicembre, festa in cui i padroni invertendo l'ordine sociale, servivano a mensa servi e schiavi, e tenevano la tavola imbandita per chiunque si presentasse in casa loro. Le furono dedicati due santuari a Roma, uno sul Campidoglio e l'altro nel Foro.
CHIARA SCHIRATO E CARLOTTA TRACANNA LAVORO SVOLTO DA : CHIARA SCHIRATO E CARLOTTA TRACANNA