ODISSEA
Indice Cartina Notizie sull’Odissea La ninfa Calipso La ninfa Leucotea Nausicaa I Ciconi I Lotòfagi I Ciclopi Eolo I Lestrìgoni La maga Circe L’indovino Tiresia Le Sirene Scilla e Cariddi L’isola del Sole Il ritorno a Itaca Penelope Il cane Argo Euriclea La vendetta Ulisse e Penelope Laerte Siti consultati e consigliati
Il secondo poema che la tradizione vuole scritto da Omero è l'Odissea: il titolo viene dal nome di Odisseo, uno degli eroi della guerra di Troia. Il poema (in 24 libri) narra gli ultimi giorni delle peripezie che il nostro deve affrontare nel viaggio di ritorno. Un ritorno non certo privo di complicazioni... basti pensare che ancora oggi la parola Odissea si usa nella lingua italiana per indicare un percorso talmente complesso che sembra non debba finire mai. L'eroe greco, però, è tradizionalmente più noto con il suo nome latinizzato, cioè Ulisse.
Ormai tutti gli altri eroi greci sono tornati in patria, solo Ulisse si trova ancora lontano perché trattenuto da sette anni nell'isola di Ogigia dalla ninfa Calipso, che si è innamorata di lui e vorrebbe sposarlo, promettendogli anche l'eterna giovinezza.
Atena, allora, prega il padre Giove di intercedere presso la ninfa per costringerla a lasciar partire il suo protetto. Giove acconsente, ed invia Mercurio ad avvertirla della decisione. In preda ad un'acuta tristezza, Calipso permette ad Ulisse di costruirsi una zattera e di riprendere il mare in direzione della sua isola.
Per 17 giorni Ulisse naviga tranquillamente e già è in vista di un’isola quando Poseidone lo scorge e scatena una terribile tempesta, facendolo naufragare. Lo soccorre una ninfa marina, Leucotea, che gli dona un velo miracoloso, dicendogli di avvolgerlo intorno ai fianchi e di nuotare fino a giungere a riva. Dopo due giorni e due notti, Ulisse finalmente riesce a mettere piede a terra, dove cade addormentato, riparato su un fogliame secco sotto un boschetto.
Nel frattempo Atena appare in sogno a Nausicaa, la figlia del re dei Feaci, Alcinoo, suggerendole di andare sulla spiaggia a lavare le vesti e il suo corredo. Al risveglio, la ragazza, senza immaginare minimamente di essere uno strumento in mano alla dea, si incammina su di un carro con le sue ancelle verso la spiaggia. Lì giunte, dopo aver steso le vesti ad asciugare, cominciano a giocare con la palla, fino a che la stessa non finisce in mare. Tale situazione provoca le grida delle ancelle e il risveglio di Ulisse, che capisce di dover chiedere aiuto.
Ulisse si rivolge a Nausicaa, invocando il suo aiuto e, mentre tutte le ancelle fuggono spaventate, lei, sostenuta da Atena, ascolta le preghiere del naufrago. Commossa e colpita dalla bellezza di Ulisse, comanda alle sue schiave di aiutarlo a lavarsi e a vestirsi. Infine lo invita al palazzo per conoscere i suoi genitori.
Ulisse, sempre sotto la protezione di Atena, che lo avvolge in una fitta nebbia, giunge al palazzo dei Feaci, e là viene colpito dalla magnificenza della reggia. Si rivolge alla regina e madre di Nausicaa: a lei giustifica il possesso di una delle vesti di Nausicaa, raccontandole l'accaduto e le chiede aiuto per il ritorno in patria. Alcinoo, dopo averlo fatto rifocillare, rassicura l'ospite e gli promette che l'indomani lo farà accompagnare, con una nave, dai suoi cari.
L'indomani in suo onore organizza delle gare, a cui, dopo qualche esitazione, anche Ulisse partecipa, dando prova di ottime abilità in ogni specialità. Al termine delle gare, per salutare la sua prossima partenza, viene offerto un banchetto: mentre il cantore Demòdoco comincia a narrare della guerra di Troia, Ulisse si commuove e, interrogato da Alcinoo sul motivo di tale commozione, comincia il racconto delle sue sventure a partire dalla terra dei Ciconi.
Dopo la caduta di Troia, durante il lungo viaggio di ritorno in patria, le navi di Ulisse e dei suoi compagni, spinte dai venti, vagano per i mari, per volere degli dei avversi all’eroe. Giunto così nella terra dei Ciconi, che erano stati alleati di Troia, Ulisse decide di saccheggiare la città di Ismaro, dividendo con i suoi il bottino, ma viene poi messo in fuga dagli abitanti del luogo, sopraggiunti dall’entroterra.
Scampato alle rappresaglie dei Ciconi, l’eroe con i suoi viene spinto da una tempesta nella terra dei Lotòfagi, coè dei mangiatori di loto, un frutto dolcissimo che dona l’oblio. I compagni di Ulisse, dopo averlo assaggiato, dimenticano tutto, la patria, i loro cari e a fatica l’eroe deve trascinarli via di lì.
Il viaggio riprende e i naviganti toccano la terra del Ciclopi, giganti selvaggi e mostruosi, con un solo occhio sulla fronte, primitivi e senza leggi. Vivono in caverne e fanno la vita di pastori di pecore. Ulisse si avvicina all'isola con una delle sue navi, portando in dono un otre di vino. Trovata vuota la caverna dove abita uno dei giganti, comincia ad ispezionarla con i suoi compagni. Dopo poco tempo ritorna Polifemo, portando con sé molta legna da ardere. Fa entrare nella grotta il suo gregge e chiude l'ingresso con un masso che neanche venti uomini avrebbero potuto spostare. Polifemo si accorge della presenza degli stranieri e chiede loro chi siano: Ulisse racconta la sua storia, la gloria conquistata nella guerra di Troia e chiede ospitalità.
Invece di rispondere a tale richiesta, il Ciclope afferra due compagni di Ulisse e comincia a divorarli. Si stende poi per dormire, ripromettendosi di mangiare gli altri il giorno seguente. Ulisse si rende conto che il momento sarebbe propizio per uccidere il Ciclope, ma la caverna rimarrebbe drammaticamente chiusa, e, allora, dà spazio alla sua proverbiale furbizia. Intanto arroventa un palo di legno con un'estremità molto appuntita, poi, al risveglio di Polifemo, gli offre molto vino in segno di pace e, quando il Ciclope è sufficientemente ubriaco, lo acceca infilandogli nell'unico occhio il palo.
Malgrado il terribile dolore e la rabbia per la perdita della vista, Polifemo è costretto a rimuovere il grande masso che ostruisce l'ingresso della caverna per permettere l'uscita del gregge. Ulisse, prevedendo questa mossa, costringe i suoi compagni a nascondersi sotto il ventre delle pecore. Usciti con l'inganno dalla caverna, Ulisse e i suoi compagni raggiungono le navi e si allontanano rapidamente dall'isola, mentre il gigante cerca di impedirne la partenza lanciando grandi massi.
Giunti all’isola del re dei venti, Eolo tratta Ulisse in maniera molto ospitale, facendosi raccontare tutte le imprese eroiche di cui è stato protagonista e, quando giunge il momento di partire, gli regala un otre chiuso da una fibbia d'argento, che contiene tutti i venti più pericolosi, raccomandandogli di non aprirlo per nessun motivo al mondo. La flotta di Ulisse riparte e per nove giorni, con i favore dei venti, naviga tranquilla, senza che Ulisse abbandoni neanche per un attimo l'otre regalatogli da Eolo. Ma il decimo giorno, quando ormai sono in vista di Itaca, Ulisse per l'enorme stanchezza si addormenta. I suoi compagni, pensando che l'otre contenga preziosi e oro, lo aprono e .......
....... tutti i venti fuoriescono violentemente e si scatena una tempesta così impetuosa da riportare la nave di nuovo all'isola di Eolo. Questa volta però il dio, molto adirato, si rifiuta di aiutare Ulisse, che è così costretto a riprendere la navigazione con l'animo denso di angoscia.
Ulisse giunge con tutte le sue navi in una terra sconosciuta. Manda allora molto prudentemente in ricognizione tre suoi compagni. Essi scoprono che quella terra è abitata da giganti antropofagi, i Lestrigoni. Uno di loro, infatti, è divorato vivo dal re, Antifate; gli altri due riescono a scappare, ma vengono inseguiti. I Lestrigoni attaccano le navi, le distruggono quasi tutte e molti compagni fanno una fine orrenda. Ulisse riesce a scappare con la sua nave e con pochi superstiti. Riprende, così, mestamente il viaggio...
Scampati al massacro dei Lestrigoni, Ulisse e i suoi compagni giungono all'isola di Eèa, dove dimora Circe. La maga accoglie in maniera benevola alcuni di loro mandati in ricognizione, offre del cibo ma, al termine, li sfiora con la sua bacchetta magica e li trasforma in maiali: tutti tranne Euriloco che, sospettoso, non ha partecipato al banchetto. Saputo dell'accaduto, Ulisse si precipita al palazzo di Circe allo scopo di liberare i suoi compagni; lungo il cammino, incontra il dio Ermes che gli dà consigli su come sfuggire alle magie della maga, che, infatti, non riesce ad ammaliarlo. Anzi, sotto minaccia di morte, libera tutti i suoi compagni. Dopo un anno di ozio nell'isola, Ulisse medita il ritorno a casa: Circe non si oppone ma gli preannuncia ulteriori sacrifici e, soprattutto, che deve prima scendere nel regno dei morti per consultare lo spirito di Tiresia.
Seguendo i consigli di Circe, Ulisse giunge alla Terra dei Morti, e lì si prepara ad incontrare le anime dei suoi cari, ma soprattutto quella dell'indovino Tiresia. Egli gli pronostica un futuro denso di insidie, ma, nello stesso tempo, lo rassicura sul suo ritorno in patria, spiegandogli anche i motivi di tutte le sue disgrazie.
Tornato all'isola di Circe dal viaggio nel Regno dei Morti, Ulisse riceve dalla maga preziosi consigli su come affrontare tutte le successive prove. La prima è passare nelle vicinanze dell'isola delle Sirene: la loro fama è ammaliare con canti dolcissimi tutti i marinai che con le proprie imbarcazioni si trovino a passare di lì, fino a farli schiantare sugli scogli aguzzi. Circe consiglia Ulisse di tappare le orecchie dei compagni con cera e di farsi legare molto strettamente all'albero della nave per riuscire a resistere al richiamo tentatore. Ulisse segue i consigli della maga e riesce a superare questa temibile prova.
Subito dopo essere riuscito a sfuggire alla malia delle Sirene, Ulisse affronta le insidie di Scilla, un mostro a sei teste che divora sei compagni, e dall'ancor più temibile Cariddi, che tre volte al giorno ingoia il mare e lo rigetta, assicurando il naufragio delle navi circostanti. Pure questa prova è superata…
I superstiti sbarcano poi nell'isola del Sole. Qui, spinti dalla fame e nonostante il divieto di Ulisse, uccidono e mangiano alcune giovenche sacre al Sole. Solo Ulisse se ne astiene ed è così l’unico a salvarsi quando, ripreso il mare, un fulmine scagliato da Zeus vendica l’oltraggio fatto al dio Sole. Giunto su un relitto all’isola di Ogigia, viene ospitato dalla ninfa Calipso e solo dopo un lungo periodo di prigionia può ripartire su di una zattera per giungere, naufrago, alla terra dei Feaci. E qui l’eroe termina il suo straordinario racconto…
Il re Alcinoo, dopo aver ascoltato con appassionata attenzione la coinvolgente storia, lo tranquillizza e dispone che egli sia accompagnato ad Itaca con una nave.
Ulisse finalmente arriva alla sua amata Itaca; viene depositato sulla riva dell'isola ancora addormentato e quando si sveglia, stravolto dal viaggio e dalle avventure, non capisce neanche dove si trova... Per fortuna arriva in aiuto Atena che gli organizza un incontro, in segreto, con il figlio Telemaco, usando come base il porcaro Eumeo, un suddito che gli è rimasto fedele per tutti i lunghi anni del suo viaggio. Ulisse si traveste da mendicante, per poter sondare le intenzioni del figlio, ma una volta capito che l'amore è rimasto immutato gli rivela la sua identità: i due si abbracciano, e progettano la vendetta contro i Proci.
Convinta che lo sposo Ulisse non sia morto, Penelope attende per vent'anni il suo ritorno a Itaca, resistendo alle richieste sempre più pressanti dei Proci (i pretendenti), i quali desiderano che lei sposi uno di loro. Dopo aver rinviato ed eluso questa decisione con mille trucchi e stratagemmi, Penelope, alla fine, promette di svelare il nome del suo futuro sposo al termine di un lavoro al telaio che sta completando. Ma, per allontanare sempre più questo momento, ella disfa di notte quello che di giorno tesse.
Ulisse, vestito di stracci, si dirige verso il palazzo accompagnato dal porcaro Eumeo. Sdraiato per terra vicino all'ingresso nota un vecchio cane e lo riconosce come il suo: Argo. Anche il cane riconosce il padrone, malgrado i tanti anni; si alza per corrergli incontro, ma muore non appena arriva ai suoi piedi.
Non tutti gli riservano la calorosa accoglienza di Argo: i Proci, per esempio, trattano piuttosto male lo sconosciuto mendicante, e comunque nessuno lo riconosce. La sua nutrice Euriclea, invece, mentre è intenta a lavargli i piedi riconosce una ferita sul ginocchio, identica a quella provocata da un cinghiale al suo padrone. Ulisse prega la vecchia nutrice di non rivelare a nessuno la sua identità, per non far fallire il suo piano.
La dea Atena, perenne alleata e protettrice di Ulisse, induce Penelope a indire una gara con l'arco di Ulisse; il primo che riuscirà a tenderlo, diventerà suo sposo. Telemaco è il primo a provarci, ma non riesce nell'opera. Come lui, tutti cercano di lanciare la freccia, ma i tentativi risultano vani. Alla fine, anche Ulisse, ancora sotto le sembianze di vecchio, chiede di poter provare. Va tenuto presente che la notte precedente Ulisse e Telemaco avevano fatto sparire dalla sala tutte le armi, per preparare l'ambiente più adatto per la loro terribile vendetta.
Mentre Penelope lascia la sala su consiglio di Telemaco, Ulisse riesce a tendere il suo vecchio arco e lancia la freccia che attraversa gli anelli di tutte e dodici le scuri messe lì per rendere ancora più ardua la prova. Approfittando della meraviglia e dello sconcerto di tutti, Ulisse piega ancora l'arco e lancia un'altra freccia che colpisce al collo Antinoo, il più ardito tra i Proci.
A questo punto, Ulisse si svela ai suoi nemici, che provano a invocare la sua pietà impegnandosi a riparare tutti i danni e le offese arrecati. Ma l'ira di Ulisse è implacabile. Anche Telemaco dà man forte al padre, e quando alcuni dei Proci riescono ad impadronirsi delle armi e, quindi, sono nelle condizioni di difendersi, ecco che interviene l'aiuto divino di Atena, che devia tutti i dardi e le frecce lanciate contro Ulisse e suo figlio. Al termine, la sala del banchetto è piena di sangue.
Euriclea dà a Penelope la grande notizia che Ulisse è tornato; ma la donna ancora non riconosce il marito, non riesce a crederci, nemmeno quando se lo ritrova davanti... Lui, per farsi identificare, è costretto a raccontarle come aveva, a suo tempo, costruito il loro letto nuziale... solo allora lei si scioglie in lacrime e lo abbraccia. I due, felici di essersi ritrovati, e soprattutto di aver ritrovato intatto il loro amore, passano l'intera notte a raccontarsi le loro sventure.
Ulisse si reca, accompagnato da Telemaco, nelle terre di Laerte Ulisse si reca, accompagnato da Telemaco, nelle terre di Laerte. Lo trova, vestito di stracci, vecchio e stanco, mentre cura la terra. All'inizio, come d'abitudine, non si svela al vecchio padre, ma, dopo un po', alla vista delle lacrime sul suo viso, gli confessa la sua vera identità. Dopo un momento di commozione, si preparano a difendersi dall'attacco che sarebbe stato di sicuro portato dai parenti e dagli amici dei Proci morti. Ancora una volta interviene Atena; grazie al suo aiuto viene sigillato un patto di pace tra Ulisse e il suo popolo, e finalmente dopo tanti anni tornano la serenità e la calma sull'isola di Itaca e nell'animo inquieto ed errabondo di Ulisse.
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