L’etica del morire: i racconti degli operatori sul fine vita

Slides:



Advertisements
Presentazioni simili
A cura delle ragazze del Liceo Classico Rosa di Susa
Advertisements

Anna andò a scuola pur non sentendosi abbastanza bene
DIALOGARE CON I FIGLI.
Raccontiamo storie.
DOLORE, MALATTIA, MORTE: SI PUÒ PARLARNE AI BAMBINI?
QUELLE DUE.
Verso le altezze della mistica paolina
Stadi avanzati di malattia e fase terminale
Scuola primaria C. Goldoni
C’è chi dice che quando le donne sono amiche, sono insopportabili...
GIOCO DI RUOLO Attività per il superamento delle difficoltà nella comunicazione e nella relazione Classe 2D.
Piccole strategie di apprendimento
Ladolescente in terapia intensiva: Resoconti di esperienze.
Restituzione questionario
SE TU SEI CON ME OH SIGNORE IO NON TEMERO ALCUN MALE … SE AL MIO FIANCO TU RESTERAI IO CAMMINERO’ SICURO NEI TUOI PASSI TUOI GESU’
LE COSE CHE HO IMPARATO NELLA VITA
Quel prete bastardo.
LA STORIA DI PEPE.
Dialogando con il Padre nostro.
Per te … tutto il bene del mio cuore!.
TU SEI SPECIALE.
ANCHE I GENITORI VANNO A SCUOLA!
“… i timori e le incertezze del singolo individuo possono trovare una soluzione nella partecipazione al gruppo, in cui il coraggio di ciascun partecipante.
LA STORIA DI ANDRE’.
LA STORIA DI LUI.
All’età di 33 anni, Gesù venne condannato a morte.
Questo TANTRA è arrivato dall’India.
Ditelo prima Lui era un omone robusto, dalla voce tonante e dai modi bruschi. Lei era una donna dolce e delicata. Si erano appena sposati. Lui non le faceva.
Il sorriso è un raggio di sole dentro e fuori di noi.
Rob è il tipo di persona che ti fa piacere odiare:

All’età di 33 anni, Gesù venne condannato a morte.
Iniziò tutto quel giorno, un giorno semplicissimo di dicembre, incasinato come tutti gli altri… chi l’avrebbe mai detto che da quel giorno sarebbe cambiata.
Dedica due minuti della tua vita a questa lettura, è molto bella..
caregiving familiare e disabilità gravissima- una ricerca a Torino
FESTA DELL’ACCOGLIENZA Caselle 3 OTTOBRE 2012
Saper volare con le ali della vita…
Ripasso di grammatica elementare PONTI: Italiano terzo millenio
Abbi il piacere di leggere fino alla fine. (poi pensa
12 domande per scoprirlo Con … Alfonso Capone
LE COSE CHE HO IMPARATO NELLA VITA
Lettera di un padre triste....
Rob è il tipo di persona che ti fa piacere odiare:
LA STORIA DI PEPE.
Le cose che ho imparato nella vita
Basta poco per torturare un uomo...
Gv 11 5° quar A IO SONO LA RISURREZIONE E LA VITA.
Evangelizzare col cuore Un episodio importante per me è accaduto in Giappone. C’era una famigliola in alta montagna che mi fece sapere tramite l’insegnante.
LE COSE CHE HO IMPARATO NELLA VITA di Paulo Coelho.
Cos’è il Cos’è il Un giorno entrai di fretta e molto affamato in un ristorante. Un giorno entrai di fretta e molto affamato in.
RACCOLTA DI POESIE CATARTICHE
Occhiali nuovi Non vedo molto bene da vicino, Signore. Almeno le cose che mi riguardano: i miei errori, i miei difetti. Mentre inquadro benissimo.
Decisione di abortire.
“Come costruire una relazione genitori – figli positiva per entrambi”
febbraio 2015 Papa Francesco Omelia durante la visita alla Parrocchia di S.Michele a Pietralata nella V Domenica del Tempo ordinario/
Ciascuno di noi ha, dunque, la sua storia...io vi racconto la mia...
ARTURO.
Preghiamo La via CRUCIS.
Dolcissima Maria.
Frasi d’amore da dedicare a tutte le persone che amate in ogni occasione By lolita.
Ciao Marco! Che stai facendo?
Sospiro - 22 aprile 2016 Psicologa dott.ssa Lima Arianna
ACTO BARI ALLEANZA CONTRO IL TUMORE OVARICO IL DOLORE E LA SPERANZA 3 ottobre
Quattro settimane per prepararsi alla nascita di Gesù
Non siamo noi che perdiamo la fede, ma è la fede che smette di formare la nostra vita.
ADULTI EDUCANTI fusi fra cielo e fango
Interrogantes para ateos Significa la stessa cosa “credo che” e “opino che”? Domande per gli atei.
UN LAVORO A CURA DI: De Santis Marika, De Santis Eleonora, Carnevale Alessia, Grimaldi Denise, Sirolli Cristiana e Silvia Nardoni CLASSE II A ISTITUTO.
V DOMENICA DI QUARESIMA ANNO a Gv 11, b-45.
Transcript della presentazione:

L’etica del morire: i racconti degli operatori sul fine vita Cipolletta, S., Oprandi, N. (2014). What is a good death? Health professionals’ narrations on end-of-life care. Death Studies, 38, 20-27.

Foto premio Pulitzer 1994, scattata in Sudan da Kevin Carter, morto suicida tre mesi dopo, a causa della depressione.

Il più terribile dunque dei mali, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è la morte, quando c’è la morte noi non siamo più. Non è nulla dunque, né per i vivi né per i morti, perché per i vivi non c’è, e i morti non sono più. Epicuro Né la mia nascita né la mia morte possono apparirmi come esperienze mie. Posso solo concepire me stesso come ‘già nato’ e ‘ancora in vita’, comprendendo la mia nascita e la mia morte solo come orizzonti pre-personali Merlau-Ponty E’ difficile trovare un pensiero più offensivo di quello della morte; o, piuttosto, dell’inevitabilità della morte; della transitorietà del nostro essere nel mondo Bauman

Le 5 fasi del morire (Kubler-Ross 1969) Negazione e rifiuto: “No, non è possibile, non a me” Collera: “Perchè proprio a me?” Venire a patti: patteggiamento con Dio, i medici, i familiari, se stessi… Depressione: con l’aggravarsi delle condizioni la perdita del proprio ruolo e la preparazione alla morte Accettazione: “il riposo finale prima del lungo viaggio”

Contexts of awarness (Glaser & Strauss 1965) “closed awareness” quando l’équipe ospedaliera non condivide la prognosi infausta con il paziente, è una situazione iniziale che inevitabilmente diventa la 2 o la 3; “suspicion awareness” quando il paziente comincia a sospettare della serietà della sua condizione, è situazione instabile; “mutual pretence” quando il paziente comincia a cercare conferma circa la sua condizione e può ingaggiare con lo staff un gioco subdolo in cui entrambi cercano di negare la morte. “open awareness” quando entrambi sanno e tengono conto nelle loro azioni di questa consapevolezza, è situazione piena di incertezza e ambiguità.

Dying trajectories (Glaser & Strauss 1965; Hallenbeck 2003) DATA CERTA DATA INCERTA MORTE CERTA lingering sudden Health status Health status Time (anni) Time (minuti/ore/giorni) MORTE INCERTA sine-waving on time Health status Health status Time (settimane/mesi) Time (anni)

Come si muore oggi? In ospedale nel 75% dei casi (Mele, 2005) In Terapia Intensiva muore un paziente su sei: nel 65,8% viene assicurato un trattamento intensivo e solo l’8.1% dei pazienti è coinvolto nella decisione sui trattamenti da intraprendere (Bertolini e al., 2010). Nel Sistema Regionale Trapianti a Padova gli operatori stabiliscono ogni anno un contatto diretto con circa 3000 famiglie di deceduti candidati all’espianto (Barbisan, Bonetti, Feltrin, 2010): “Io non vorrei morire così” o “Non si dovrebbe mai morire in questo modo”

Scopo della ricerca Nonostante le numerose ricerche sul fine vita, poche hanno esplorato in profondità l’esperienza degli operatori Lo scopo della nostra ricerca era proprio conoscere questa esperienza e capire quale fosse “una buona morte” e una cura appropriata per gli operatori

“L’etica del morire” Survey con 2077 questionari somministrati in 70 unità operative di 14 Ulss, 2 aziende ospedaliere e 1 IRCCS (Niero 2010) 4 focus group (Cipolletta, Oprandi 2010) Gruppo 1 Area medica Gruppo 2 Area chirurgica Gruppo 3 Area servizi Gruppo 4 Area territoriale TOT. % Medici 3 4 13 36 Infermieri 5 7 2 18 49 Oss/Ota 1 - Psicologi Totale 9 10 8 37 100

Il clima di gruppo Professionalità diverse a confronto L’impatto con l’ospedale … è stato tremendo … sono passata dalla produzione in fabbrica a … una produzione di vite umane (f, OSS, FG1) “vedere morire un bambino…” (f, Inf, FG1) “NON DETTO” Emotività e coinvolgimento personale

Stanza singola (“la stanza del morto”) o paravento La prassi attuale tutto è lasciato alla creatività o iniziativa o al buon senso del singolo operatore Improvvisazione in ospedale tutti cercano di fare qualsiasi cosa pur che non muoia in reparto, lo sappiamo tutti, in chirurgia non deve morire nessuno, in medicina non deve morire nessuno, almeno questa è la nostra realtà, e devono morire in rianimazione. (F, medico, FG3) In rianimazione Stanza singola (“la stanza del morto”) o paravento Passiamo ogni camera … tanto sappiamo che nella stanzetta c’è lui…. Ma sì tiremo dritto Per cui si tornò indietro e si decise … di usare solo dei separé … per far sì che anche quell’evento rimanesse un evento all’interno della comunità dalle prassi ai ruoli…

L’organizzazione Si tratta di star vicino, è un accompagnare, magari fisicamente nell’entrare cinque minuti, di mettere la mano sulla spalla del familiare (f, infermiera, FG1) Chi fa la comunicazione dell’imminenza di fine vita? Come? va beh, quando è morto chiamami che firmo le carte (m, medico, FG3) un certo tipo di comunicazione deve essere lasciata a chi ha il ruolo per farla, e possibilmente ad uno solo dei medici dell’ equipe Il medico vs. l’infermiere Sul territorio si lavora “a prestazione” Laddove il medico di famiglia è presente … noi siamo tenuti a fare un numero di prestazioni [...] caso mai un paziente può essere considerato come due prestazioni se è un paziente grave (f, inf, FG4) Il medico di famiglia

Il paziente straniero Raro o aproblematico? Diversa lingua diverse usanze “il nostro futuro problema” loro (i musulmani) continuano a lavare, continuano a lavare, vanno avanti due ore, acqua e sapone, acqua e sapone e via tutto. […] Lo coprono perciò loro vanno sotto con le mani, mani nude... se è ferito, se c’è sangue non c’è problema, loro entrano con le mani (m, OSS, FG3)

L’approccio alla cura Morire a casa o in ospedale? da un momento all’altro arriva la terapia antalgica per risparmiargli le sofferenze, mette su una bella flebo, una bella bomba, e questo entra in stato tipo soporoso, comatoso, e il familiare mi dice “Ma cos’è successo? Potrò ancora parlargli? Potrò ancora dirgli qualcosa? Potrò avere un minimo di comunicazione?” (f, inf, FG4) levare il dolore, levare la sofferenza significa ridare dignità alle persone (m, medico, FG1) Morire a casa o in ospedale? la morte è vissuta sempre come una sconfitta per cui si cerca sempre di escogitare qualunque cosa purché il paziente non muoia, purché muoia da un’altra parte (f, medico, FG3) Però nessuno mai ti chiede di portarli a casa perché lì si sentono protetti (f, inf, FG1) il peggior tugurio è preferito alla migliore clinica (m, medico, FG4) I vecchietti, i vecchietti non vedono l’ora di andare via dal reparto! (f, inf, FG ) Sedare il dolore o lasciare la coscienza? lasciare a una persona un corpo di cui non vergognarsi, da non farsi schifo (m, medico, FG1) bisogna naturalmente garantire l’analgesia, perciò certamente i morfinici, però far perdere la coscienza del pz in un momento così importante per lui secondo me non è dignitoso (m, medico, FG3) l’approccio della maggior parte di noi medici è dilettantesco nei confronti della palliazione (m, medico, FG1) Rianimare o fermarsi? Quando uno entra in ospedale ne deve uscire guarito per forza (f, medico, FG2) una massa che usciva dal cranio, che raggiungeva queste dimensioni, necrotica, pesante, non riusciva a sostenere la testa (m, medico, FG4)

Il confine dei trattamenti Non accettazione morte Fiducia nella medicina Comunicazione Malato Familiari Aspettative Medico Perpetuazione trattamenti Carico emotivo Tempo

Che cosa chiede il paziente? “lasciatemi morire!”

Le proposte Strutture e attrezzature adeguate Formazione sulla palliazione, sulla comunicazione e sull’accompagnamento Supporto psicologico agli operatori Mobilità degli operatori di area critica Necessità di un disegno strategico Superamento di un’ottica efficientistica Presa in carico globale ponendo al centro la persona.

I racconti degli operatori Nella morte una persona fa, diciamo, il riassunto di tutta la sua vita e la dobbiamo rispettare, e deve elaborarla lui stesso, se noi gliela togliamo questa possibilità, di elaborare la sua morte, attraverso i farmaci, cocktail strani, non so quanto dignitoso sia... Chiedono che non soffra. Vogliono essere rassicurati che non soffra, i familiari I racconti degli operatori Qualche volta che vado a prendere le persone con l’ambulanza (...) e magari questa persona voleva morire nel suo letto, l’ha detto. Però è incosciente... vincono sempre, fra virgolette, i familiari. L’altro ieri una signora mi ha detto “basta clisteri, questo è contro la mia dignità”. Noi ogni 3 giorni se non ha evacuato, clistere Avere la possibilità di avere qualcuno vicino che gradisci, che sta con te, che sia messo nella condizione anche di stare lì Consapevolezza Controllo del dolore Rispetto delle volontà del malato MORTE DIGNITOSA Presenza familiari Contesto ambientale è francamente indecente che la gente debba morire divisa da separé Ho visto morire gente in cardiochirurgia che non erano più delle persone, erano dei contenitori insomma Integrità fisica

Questioni aperte Dimissioni del morente sì o no I luoghi: un falso problema? Superamento di un’ottica efficientistica Creazione di una rete/coordinazione Concordare la comunicazione Negazione della morte La prospettiva del malato e dei familiari

Dalla prassi all’etica… Le antinomie concernenti l’approccio, ma anche le pratiche, rimandano ad altrettanti dilemmi etici La persona al centro della comunicazione e delle proposte, che devono essere individualizzate L’ascolto come via di accesso alle premesse che fondano le scelte che orientano l’azione: l’etica in pratica

Grazie per l'attenzione

il vecchio novantenne che all’ennesimo scompenso cardiaco, una cardiopatia gravissima dico “guardi sa, è grave, non so se stavolta se...”. “Se l’è sempre cavata dottore!”. (m, medico, FG1)

nelle trasmissioni dei mass media ci sono sempre i professori dell’università tal dei tali, [...] dicono questo si cura, questo ormai si sconfigge, l’1% solo muore in questo, l’1% muore in quell’altro, basta fare la prevenzione ... Tutti messaggi giusti ma che fanno pensare che non si muoia mai (m, medico, FG1)

in fin dei conti anche noi un po’ ci crediamo a questa medicina che può tutto, eh, ci crediamo (m, medico, FG1)

poi è più semplice, voglio dire tu sei medico e vai lì, e bene o male qualche cosa gli fai, qualche farmaco lo butti dentro, una flebo c’è, cinque minuti hai finito. Se devi star lì a dire, “guardi in questa fase qua io mi limiterei a fare solo questo, solo terapia del dolore, io non lo idraterei neanche …” ci vuole molto più tempo perché con i familiari interagisci, “ma no, ma cosa dice, ma è sicuro?” e qui e là. C’è anche un discorso di organizzazione, tu hai fretta ... (m, medico, FG1)

ti porta via moltissima energia psichica anche, affrontare la morte in questa maniera... (m, medico, FG3)

Comunicazione che lascia continuamente spazio alla speranza anche da noi [in hospice] arrivano convinti di arrivare in riabilitazione… una cosa proprio… gente che ha storie di anni… mentre è capibile e comprensibile in quei casi in cui la storia di malattia è proprio breve [...] ma ce ne sono tantissimi che arrivano proprio senza consapevolezza (f, inf, FG2)

Mi ricordo una signora che aveva un tumore avanzato della mammella, che appena è arrivata in geriatria [...] ha mangiato subito la foglia e mi ha detto: “dottore, se mi avete ricoverato qua e non in oncologia, vuol dire che non ho più possibilità di fare le cure... (f, medico, FG1)

la figlia di questa signora è venuta da me a chiedere una mano e in quella occasione mi diceva: “Cosa faccio adesso? Perché fino adesso io ho mentito con mia madre, dicendo che sarebbe guarita e adesso che ci troviamo alla fine e sappiamo che non possiamo tirarla fuori, non posso neanche condividere la sofferenza della sua morte perché devo far finta che non è vero!” (m, medico, FG2)

Cos’è un FOCUS GROUP Tecnica di rilevazione basata sulla discussione fra un piccolo gruppo di persone, alla presenza di uno o più moderatori , focalizzata su un argomento che si vuole indagare in profondità . “un modo di ascoltare le persone e imparare da loro” (Morgan, 1998)