Oggetti strani nell’universo M. Badiali Stelle variabili Oggetti compatti Alla prossima diapositiva, non vi spaventate
Questo è solo un tentativo di presentare lo zoo delle stelle variabili secondo una classificazione “ragionevole”. Non prendetelo troppo sul serio In realtà la classificazione è un po’ “soggettiva”, risente cioè delle proprietà osservate dagli astronomi più che da quelle intrinseche delle stelle: queste non sono sempre facili da capire. Costruiamo complessi modelli teorici, non sempre certi, per spiegare ciò che si osserva
Per un astronomo osservativo, variabile è qualunque oggetto la cui luminosità osservata nel tempo (la CURVA DI LUCE) mostra un andamento variabile. Ma qui per fortuna nessuno pretende di farvi diventare astronomi professionisti specializzati nell’osservazione delle stelle variabili. Quello che conta è avere un’idea meno confusa su che cosa sia la variabilità nel contesto dell’evoluzione stellare. Da questo punto di vista, alcune variabili sono tali solo perché sono stelle binarie a eclisse: non sono per forza intrinsecamente variabili
Per quanto riguarda le variabili “vere”, dobbiamo tener presente alcuni punti La stabilità di una stella, come abbiamo visto, dipende dall’equilibrio fra compressione gravitazionale e pressione interna (radiazione + calore) Questo equilibrio si verifica quando la stella è nella sequenza principale, cioè quando fonde l’idrogeno: il processo più efficiente e duraturo
Le fasi precedenti (pre-sequenza) e quelle successive (stelle evolute) sono caratterizzate da comportamenti più turbolenti Fase di pre-sequenza delle stelle: gradualmente gli oggetti (protostelle) si avvicinano alla sequenza principale, cioè alla linea di “età zero” della stella propriamente detta (ZAMS = Zero Age Main Sequence)
La variabilità e la precarietà dell’equilibrio sono dovute soprattutto alla presenza dell’involucro di materia che ancora precipita sulla stella, modificandone i parametri
Un tipico esempio di stelle variabili in pre-sequenza sono le T-Tauri, così dette dal nome del loro “prototipo”: una stella nella costellazione del Toro. Sono stelle in formazione, con un involucro di accrescimento che orbita attorno ad un nucleo centrale già formato, con un continuo flusso di materia che vi precipita. La variabilità è aperiodica, imprevedibile. Lo spettro di questi oggetti è naturalmente più “freddo” (si osservano bene nell’infrarosso) perché osserviamo, più che il nucleo caldo, il suo involucro relativamente freddo
Altro esempio importante, le stelle P Cygni Altro esempio importante, le stelle P Cygni. Anche queste prendono nome dal loro prototipo nel Cigno. Fase più avanzata delle T-Tauri, c’è un forte flusso di materia proiettato dalla stella, ormai formata, verso l’esterno, che provoca una rapida espansione dell’involucro residuo, osservabile grazie all’effetto Doppler sullo spettro della stella. Uno spettro che ha quindi un profilo caratteristico. Inoltre, l’interazione tra la radiazione e la materia dell’involucro genera nello spettro caratteristiche righe di assorbimento ed emissione. P Cygni, NASA, Hubble Space Telescope osservatore
Domanda: ma allora, una stella in sequenza principale è sempre stabile? Tanto per cominciare, le stelle più deboli, le nane rosse, mostrano una certa variabilità: su una piccola nana rossa una macchia del tipo delle macchie solari può ridurre la luminosità del 40% per periodi di mesi. Anche eruzioni superficiali (flares = fiammate) possono essere violente e innalzare bruscamente la luminosità
Ma anche il nostro Sole è, in una certa misura, variabile
La traccia evolutiva del Sole dalla SP alla nana bianca (manca la pre-sequenza). Seguite il puntino giallo sulla linea viola che rappresenta la “zona” della Sequenza Principale. Tuttavia, quando si parla di stelle variabili s’intende una variabilità più spiccata di quella del Sole, almeno finché il Sole resta nella sequenza principale.
Ci sono stelle decisamente variabili solo perché sono così vicine che si scambiano materia. La stella più pesante esce per prima dalla Sequenza Principale. La sua massa resta, ed attrae materia dalla compagna, la cui storia evolutiva viene influenzata. La variabilità che osserviamo è quella dell’intero sistema “macchia calda” Nana bianca, o stella di neutroni, o buco nero (a seconda della massa originaria) Disco di accrescimento Stella compagna
I calcoli che descrivono il modello di BINARIA cataclismica mostrano che lo scambio di materia inizia quando la seconda stella, concludendo la propria evoluzione, si gonfia finché la sua superficie raggiunge il punto di equilibrio gravitazionale tra i due corpi (riempie il LOBO di ROCHE)
Questo modello spiega anche il fenomeno delle Novae Una nova è un'enorme esplosione nucleare causata dall'accumulo di idrogeno sulla superficie di una nana bianca quando questa si trova in un sistema binario stretto. La stella diventa, per qualche giorno, molto più luminosa del solito. La parola nova può indicare sia la causa del fenomeno sia la stella stessa al momento dell'esplosione. Originariamente, il termine stella nova fu coniato per quelle stelle che apparivano improvvisamente nel cielo per poi scomparire. Si è poi visto che la maggior parte di esse sono causate dal meccanismo fisico poi chiamato nova. Nova Cygni 1992, NASA, ESA, Hubble Space Telescope
Attenzione: non confondiamo la nova con la supernova Attenzione: non confondiamo la nova con la supernova. La supernova è un fenomeno molto più potente, che rappresenta la conclusione drammatica dell’evoluzione di una stella massiccia. E qui entriamo in quella grande area di variabilità (giganti rosse, nebulose planetarie, supernove) che è costituita dalle fasi finali nella vita delle stelle, tanto più violente e spettacolari quanto più la stella è massiccia. Queste fasi sono anche quelle capaci di produrre OGGETTI COMPATTI, altro argomento di questa presentazione Ma andiamo per ordine. Tutti questi fenomeni hanno una causa comune: la rottura dell’equilibrio fra la forza di gravità che tende a far precipitare la materia della stella verso il centro e il gradiente di pressione, dovuto alle reazioni nel cuore della stella, che genera una forza diretta verso l’esterno, tesa a disgregare la stella.
Sul diagramma HR, quando si rompe l’equilibrio la stella si allontana dalla Sequenza Principale, e migra verso la zona in alto a destra, quella delle Giganti Rosse. Più precisamente, questo lo fanno le stelle di massa simile a quella del Sole. Le stelle massicce blu diventano supergiganti, mentre le nane rosse non riescono a “gonfiarsi” Giganti rosse
In questo schema di diagramma HR sono visibili gruppi di stelle variabili: sia quelle di pre-sequenza (T-Tauri) sia quelle evolute come Cefeidi e RR Lyrae: la loro posizione sul diagramma è fuori dalla sequenza principale. L’unico gruppo “stabile” fuori sequenza è ovviamente quello delle nane bianche.
Nella schiera delle stelle massicce evolute troviamo le regine delle stelle variabili: le Cefeidi (da Delta Cephei), e le loro sorelle minori RR-Lyrae. Le Cefeidi sono supergiganti, verso la conclusione della loro vita evolutiva, massa intorno a 5 masse solari. La luminosità delle stelle Cefeidi è in genere compresa tra 1000 e 10000 volte quella del Sole e il periodo di oscillazione va da circa 1 giorno alle centinaia di giorni. Perché le ho chiamate regine delle variabili? Perché sono candele standard che permettono di stimare le distanze. Il periodo di pulsazione è molto regolare ed esiste una correlazione precisa tra periodo e luminosità intrinseca della stella. Questo significa che, misurando il periodo, possiamo stimare con precisione la distanza della stella da noi. Come? Confrontando la luminosità apparente con quella intrinseca calcolata in base al periodo
Il comportamento instabile nelle fasi finali della vita le stelle (comprendente anche eventi esplosivi) in qualche cosa ricorda le fasi convulse della loro nascita Anche qui siamo in genere in presenza di un involucro che circonda la stella: in questo caso si tratta però di materiale che la stella sta espellendo Più la stella è massiccia, più turbolento è il comportamento: L’energumeno in figura è WR 124 (NASA, HST) Ad esempio, le Wolf-Rayet sono stelle anche 25 volte più massicce del Sole, che dopo aver concluso la fase di supergigante rossa cominciano a lanciare nello spazio buona parte della loro materia (che comprende anche elementi pesanti!). Sono oggetti fortemente variabili che si pensa siano l’ultimo stadio prima dell’esplosione di una supernova.
L’allontanamento delle stelle evolute segue tracce evolutive diverse a seconda della massa originaria. Alla fine di ogni traccia evolutiva ci sono oggetti compatti, diversi sempre a seconda della massa Per chi ama la precisione, segue uno schema dettagliato, riferito a un diagramma HR, farcito di molti numeri, completo di diverse scale: colore e temperatura sull’asse orizzontale, magnitudine e valori di massa in masse solari sulla verticale
Alta temperatura, innesco di molte reazioni => elem. pesanti Alta temperatura, innesco di molte reazioni => elem. pesanti. La prima reazione endotermica (fusione del Fe) produce implosione con esplosione di supernova. Fine: stella di neutroni (o buco nero se massa residua > 3 masse solari) 9 Si accende anche carbonio nel nucleo, altre reazioni a produrre O, Si, Fe. Possibile flash di C, esplosione, possibile supernova. Fine: nana bianca se massa residua < 1.44 masse solari, altrimenti stella di neutroni o anche buco nero 4,5 Fonde H, poi anche il nucleo di He, con guscio di H, poi anche He brucia in un guscio attorno a nucleo di C e O. Gigante rossa con fasi esplosive. Fine: nana bianca (o stella di neutroni se massa residua > 1.44 masse solari) 3 Fonde H nel nucleo fino a ottenere un nucleo di elio. La temperatura dell’elio sale a 100 milioni di gradi e si accende l’elio con un flash iniziale. Gigante rossa con espansione più marcata di quella di stelle tra 0.2 e 0.5 masse solari. Prodotto finale: nana bianca Masse solari 1 0,5 Brucia idrogeno nel nucleo. Quando questo diventa elio, brucia un guscio di H intorno al nucleo. Fine: gigante rossa. Prodotto finale: nana bianca 0,2 Brucia idrogeno (H) nel nucleo, finché questo diventa elio (He). Prodotto finale: nana bianca 0,09 Brucia Deuterio (D) (poco). Fine: nana nera 0,01 Stelle mancate: niente reazioni termonucleari
Cerchiamo di conoscere più da vicino questi OGGETTI COMPATTI: nane bianche, stelle di neutroni, buchi neri: sono gli oggetti in cui la gravità l’ha avuta vinta dopo che si è esaurito il combustibile nucleare. Cominciamo dalle NANE BIANCHE Quando il nostro Sole avrà esaurito la fase di Gigante Rossa e sarà diventato una bella Nebulosa Planetaria, destinata a diffondersi ulteriormente fino a svanire in qualche migliaio d’anni nello spazio, buona parte della sua massa sarà ancora concentrata nel vecchio nucleo. Lì non ci sarà più nessuna reazione nucleare a contrastare la contrazione gravitazionale, e tutta la massa sarà concentrata in un volume piccolo, confrontabile con quello della Terra La nebulosa planetaria dell’Elica, con la nana bianca al centro
A quel punto la contrazione si ferma in un oggetto fino a un milione di volte più denso del Sole, con una temperatura di superficie da 8000 a 10000 K. È stato raggiunto un nuovo equilibrio tra gravità e pressione. Perché? Che cosa impedisce l’ulteriore contrazione? La impedisce la pressione degli elettroni degeneri. Che vuol dire? Il gas che compone la nana bianca è in uno stato in cui gli elettroni sono liberi e costituiscono la sorgente principale della pressione, ma questa dipende solo dalla densità e non dalla temperatura (come invece accade in un gas “normale”). Grazie a questa proprietà la nana bianca sopporta un’elevata forza di gravità anche quando si raffredda, ma solo fino ad un valore preciso della massa: il limite di Chandrasekhar, pari a 1,44 masse solari Che succede se la massa dell’oggetto compatto è maggiore di 1,44 masse solari?
Se si supera il limite di Chandrasekhar, la pressione degli elettroni degeneri viene sopraffatta dalla forza di gravità che la materia stessa della nana bianca genera. L’oggetto precipita verso il proprio centro (collassa), finché … Gli elettroni e i protoni che costituiscono la materia dell’oggetto arrivano a densità così elevate da forzare la ricombinazione Protone + elettrone = neutrone il peso della stella è sopportato dalla pressione non più degli elettroni, ma dei neutroni liberi . Un oggetto di massa simile a quella del Sole, con un raggio di 10 Km. Entrerebbe comodo dentro il Raccordo Anulare. Questo oggetto compatto si forma se ha una massa di almeno 1,44 masse solari, ma INFERIORE a 3 masse solari.
Abbiamo visto che le stelle massicce espellono gran parte della propria materia nello spazio. Solo stelle che all’origine avevano almeno 8 masse solari possono lasciare un residuo così pesante come l’oggetto destinato a diventare una stella di neutroni. Sappiamo anche che queste stelle concludono la loro esistenza con un’esplosione di supernova, nel momento in cui riescono a creare le condizioni di densità e temperatura sufficienti per la fusione del ferro. M1: Crab Nebula da Hubble S.T. e da Chandra
Se la massa residua dell’oggetto supera le 3 masse solari, non ce la fanno neppure i neutroni a reggere il peso. A parte l’ipotesi, ancora non dimostrata, di un ulteriore stato di equilibrio costituito dalla pressione di quark liberi (stella di quark) non si conoscono meccanismi di opposizione ad una illimitata contrazione della materia. Tutto precipita in un BUCO NERO.
Che ne sappiamo delle stelle di neutroni (e soprattutto dei buchi neri, che non emettono nulla per definizione?) Molto ci viene “raccontato” dalla materia che vi orbita attorno, emettendo radiazione ad energie particolari, anche altissime (raggi gamma), in caratteristiche successioni temporali proprie della rotazione RAPIDA attorno a corpi molto compatti di grande massa Il cuore della Crab Nebula
Sappiamo che un’esplosione di supernova è innescata dalla fusione del ferro, per la quale l’energia prodotta è meno di quella spesa, il che provoca un collasso e il conseguente rimbalzo esplosivo (supernova di tipo II)… C’è un altro interessante meccanismo per provocare, con minore dispendio di energia, un’esplosione ancora più vistosa: la Supernova di tipo Ia
Prendiamo una binaria simbiotica, cioè una binaria stretta in cui la stella più massiccia è già ridotta allo stato di nana bianca Supponiamo ora che la nana bianca abbia una massa di poco inferiore a 1,4 masse solari La sua compagna, diventata anch’essa attempata, è ora una gigante rossa che ha riempito il lobo di Roche e riversa materiale verso la nana. Che succede? Che la massa della nana CRESCE. A un certo punto può superare 1,44 masse solari, che è il limite di Chandrasekhar. E allora…
BUUUM!!! La nana bianca collassa e diventa una stella di neutroni. Si libera quasi istantaneamente un’impressionante quantità di energia a spese dell’energia potenziale perduta dalla nana bianca. È la supernova di tipo Ia, ancora più luminosa delle supernove da stelle massicce (tipo II)
Il bello è che … … quando succede un fenomeno del genere, la massa coinvolta è sempre la stessa: esattamente quella del limite di Chandrasekhar. E quindi la luminosità delle supernove di tipo Ia è SEMPRE LA STESSA. Ciò le rende ottime candele standard, come le stelle Cefeidi, con il vantaggio di essere molto, molto più luminose! Ottimo strumento per misurare distanze ENORMI, fino alle galassie più remote.
Sono state le supernove di tipo Ia che hanno permesso di scoprire, solo pochi anni fa, che le distanze delle galassie remote sono maggiori di quanto ci si aspetterebbe dalle stime dell’evoluzione cosmica dal big bang in poi, e che quindi l’universo sta accelerando (il termine “energia oscura” fu coniato per spiegare questo fenomeno nel 1998)
Concludendo, l’osservazione e l’analisi degli oggetti strani dell’universo, per lo più negli anni più recenti, ha fatto compiere alla nostra conoscenza balzi enormi. Forse ha aperto più problemi di quanti siamo stati in grado di spiegare. La conoscenza non è una verità rivelata. NON ESISTONO SCORCIATOIE!
Ma, come avrete capito, c’è anche chi ci si diverte. La conquista della conoscenza scientifica è dura ed esige enorme pazienza nel rompersi la testa su queste cose. Ma, come avrete capito, c’è anche chi ci si diverte. L’IASF nel 1997, in Via Enrico Fermi a Frascati.