Castelvecchio di Barga
Da Canti di Castelvecchio (prima ed. 1903, 1912 postuma) Il giorno fu pieno di lampi; ma ora verranno le stelle, le tacite stelle. Nei campi c'è un breve gre gre di ranelle. Le tremule foglie dei pioppi trascorre una gioia leggiera. Nel giorno, che lampi! che scoppi! Che pace, la sera! Si devono aprire le stelle nel cielo sì tenero e vivo. Là, presso le allegre ranelle, singhiozza monotono un rivo. Di tutto quel cupo tumulto, di tutta quell'aspra bufera, non resta che un dolce singulto nell'umida sera. E', quella infinita tempesta, finita in un rivo canoro. Dei fulmini fragili restano cirri di porpora e d'oro. O stanco dolore, riposa! La nube nel giorno più nera fu quella che vedo più rosa nell'ultima sera. Che voli di rondini intorno! Che gridi nell'aria serena! La fame del povero giorno prolunga la garrula cena. La parte, sì piccola, i nidi nel giorno non l'ebbero intera. Nè io ... che voli, che gridi, mia limpida sera! Don ... Don ... E mi dicono, Dormi! mi cantano, Dormi! sussurrano, Dormi! bisbigliano, Dormi! là, voci di tenebra azzurra ... Mi sembrano canti di culla, che fanno ch'io torni com'era ... sentivo mia madre ... poi nulla ... sul far della sera. LA MIA SERA Da Canti di Castelvecchio (prima ed. 1903, 1912 postuma) Canti --- perché si allaccia ai Canti di Leopardi e al tema dei RICORDI; sono dedicati alla MADRE Temi: La campagna, l’infanzia, la memoria, la morte Dal punto di vista stilistico: tutti gli accorgimenti fonico-lessicali definiscono lo sperimentalismo dell’autore: allitterazioni, onomatopee Liriche più ampie – musicalità più complessa MIA legame simbolico tra la sera e la vecchiaia del poeta che dopo il tumulto degli anni giovanili ritrova la pace
Schema metrico: ABABCDCD Il giorno fu pieno di lampi; ma ora verranno le stelle, le tacite stelle. Nei campi c'è un breve gre gre di ranelle. Le tremule foglie dei pioppi trascorre una gioia leggiera. Nel giorno, che lampi! che scoppi! Che pace, la sera! Si devono aprire le stelle nel cielo sì tenero e vivo. Là, presso le allegre ranelle, singhiozza monotono un rivo. Di tutto quel cupo tumulto, di tutta quell'aspra bufera, non resta che un dolce singulto nell'umida sera. E', quella infinita tempesta, finita in un rivo canoro. Dei fulmini fragili restano cirri di porpora e d'oro. O stanco dolore, riposa! La nube nel giorno più nera fu quella che vedo più rosa nell'ultima sera. Che voli di rondini intorno! Che gridi nell'aria serena! La fame del povero giorno prolunga la garrula cena. La parte, sì piccola, i nidi nel giorno non l'ebbero intera. Nè io ... che voli, che gridi, mia limpida sera! Don ... Don ... E mi dicono, Dormi! mi cantano, Dormi! sussurrano, Dormi! bisbigliano, Dormi! là, voci di tenebra azzurra ... Mi sembrano canti di culla, che fanno ch'io torni com'era ... sentivo mia madre ... poi nulla ... sul far della sera. 1 Voci della natura 5 strofe formate da sette novenari e da un senario (dove ricorre la parola SERA Schema metrico: ABABCDCD 2 Singulto = sensazione di quite turbata Singhiozza= umanizza la natura Rivo sonoro: ruscello il cui suono sembra un canto 3 Molte sinestesie (tacite stelle; voci di tenebra azzurra) autobiografico NIDO = esclusione dagli effetti 4 Recupero del passato (utile il suono delle campane) Si ricorda di quando era bambino ; la morte della madre: ora la morte come serena aspettativa 5
PASCOLI parte da un piano naturalistico (prime tre strofe) Pascoli arriva ad una prospettiva personale -poesia di significati (non di oggetti) Tra le circostanze esterne e l’io poetico c’è una corrispondenza profonda Culla /nulla = rima che esprime bene il vero significato della poesia
W. Turner, Tramonto sul lago, 1840 c.
Monet, 1840-1926
Segantini, Pianura all’imbrunire, 1883
Paul Cézanne, pittore francese 1839- 1906
Da Canti di Castelvecchio (prima ed. 1903) LA MIA SERA Da Canti di Castelvecchio (prima ed. 1903) Il giorno fu pieno di lampi; ma ora verranno le stelle, le tacite stelle. Nei campi c'è un breve gre gre di ranelle. Le tremule foglie dei pioppi trascorre una gioia leggiera. Nel giorno, che lampi! che scoppi! Che pace, la sera! Si devono aprire le stelle nel cielo sì tenero e vivo. Là, presso le allegre ranelle, singhiozza monotono un rivo. Di tutto quel cupo tumulto, di tutta quell'aspra bufera, non resta che un dolce singulto nell'umida sera. E', quella infinita tempesta, finita in un rivo canoro. Dei fulmini fragili restano cirri di porpora e d'oro. O stanco dolore, riposa! La nube nel giorno più nera fu quella che vedo più rosa nell'ultima sera. Che voli di rondini intorno! Che gridi nell'aria serena! La fame del povero giorno prolunga la garrula cena. La parte, sì piccola, i nidi nel giorno non l'ebbero intera. Nè io ... che voli, che gridi, mia limpida sera! Don ... Don ... E mi dicono, Dormi! mi cantano, Dormi! sussurrano, Dormi! bisbigliano, Dormi! là, voci di tenebra azzurra ... Mi sembrano canti di culla, che fanno ch'io torni com'era ... sentivo mia madre ... poi nulla ... sul far della sera. Alliterazioni E pause
Il gelsomino notturno Epitalamio moderno sinestesia La poesia fu composta per le nozze dell’amico Gabriele Briganti ed uscì in forma di opuscolo nel 1901, poi fu raccolta nei Canti di Castelvecchio Metro: quartine di novenari a rime alternate E s'aprono i fiori notturni, nell'ora che penso a' miei cari. Sono apparse in mezzo ai viburni le farfalle crepuscolari. Da un pezzo si tacquero i gridi: là sola una casa bisbiglia. Sotto l'ali dormono i nidi, come gli occhi sotto le ciglia. Dai calici aperti si esala l'odore di fragole rosse. Splende un lume là nella sala. Nasce l'erba sopra le fosse. Un'ape tardiva sussurra trovando già prese le celle. La Chioccetta per l'aia azzurra va col suo pigolio di stelle. Per tutta la notte s'esala l'odore che passa col vento. Passa il lume su per la scala; brilla al primo piano; s'è spento... É l'alba: si chiudono i petali un poco gualciti; si cova, dentro l'urna molle e segreta, non so che felicità nuova. Enj. Epitalamio moderno Punto di vista esterno, osservatore escluso Enj. Costellazione delle Pleiadi: il cielo diviene aia e le stelle sono i pulcini sinestesia Enj. Enj.
Viburni = arbusti dai fiori bianchi E s'aprono i fiori notturni, nell'ora che penso a' miei cari. Sono apparse in mezzo ai viburni le farfalle crepuscolari. Da un pezzo si tacquero i gridi: là sola una casa bisbiglia. Sotto l'ali dormono i nidi, come gli occhi sotto le ciglia. Dai calici aperti si esala l'odore di fragole rosse. Splende un lume là nella sala. Nasce l'erba sopra le fosse. Un'ape tardiva sussurra trovando già prese le celle. La Chioccetta per l'aia azzurra va col suo pigolio di stelle. Per tutta la notte s'esala l'odore che passa col vento. Passa il lume su per la scala; brilla al primo piano; s'è spento... É l'alba: si chiudono i petali un poco gualciti; si cova, dentro l'urna molle e segreta, non so che felicità nuova. I gelsomini aprono la loro corolla all’imbrunire e lui pensa ai suoi morti Viburni = arbusti dai fiori bianchi Metonimia ------ sinestesia sinestesia
FIGURE RETORICHE SINESTESIA Fusione delle sensazioni; consiste nello scambiare tra di loro sensazioni di carattere visivo, fonico, tattile, olfattivo. OSSIMORO Consiste nel mettere vicini due termini tra loro in contraddizione, che sembrano escludersi l’uno dall’altro es. “Immoto andare” ALLITTERAZIONE Consiste nella ripetizione degli stessi fonemi in due o più parole vicine ONOMATOPEA Voce creata per imitare un suono naturale (gre gre di ranelle)
ITERAZIONI Ripetizione di una o più parole, per accrescere l’efficacia del discorso