Il malessere professionale degli insegnanti nasce e si sviluppa tra due poli:

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Transcript della presentazione:

GESTIRE LO STRESS E PREVENIRE LE SUE CONSEGUENZE PSICOLOGICHE ED ORGANICHE

Il malessere professionale degli insegnanti nasce e si sviluppa tra due poli: Il contesto oggettivo della professione Le peculiarità soggettive e reattive dell’individuo.

Fattori oggettivi professionali Elementi “MACRO”: normative confuse, carico di lavoro crescente, scarso riconoscimento sociale, retribuzione bassa, problematicità delle classi e dei rapporti con le diverse componenti scolastiche, … (ne abbiamo largamente discusso) Elementi “MICRO”: organizzazione degli orari , frequenza delle riunioni, qualità delle strutture, efficacia della comunicazione interna, qualità delle relazioni tra docenti e con i genitori, grado di coinvolgimento nelle decisioni, stile di gestione della scuola da parte del dirigente, tipologia dell’utenza …

Sui fattori oggettivi possiamo intervenire solo molto parzialmente Un po’ di pù sui fattori del “MICRO” sistema scuola Sui fattori “MACRO” il potenziale di cambiamento è molto indiretto e non certo alla portata del singolo.

I fattori soggettivi Sono le caratteristiche sociali e personali, più direttamente sotto il nostro controllo (resistenza, tolleranza, aspettative professionali, stile cognitivo, background culturale, stile di vita…) Anche le reazioni ad eventi oggettivamente stressanti (life-events /organizzatori) dipendono da come soggetto risponde

Che vi sono risposte inadeguate (burnout); ABBIAMO VISTO : Che lo stress nella professione insegnante è una condizione da mettere in preventivo; Che vi sono risposte inadeguate (burnout); Che vi sono segnali di disagio che vanno riconosciuti; Che se il disagio non viene tempestivamente affrontato può portare a sofferenze psichiche e contraccolpi organici; Come agisce la dinamica della somatizzazione SUGGERIMENTO PER GLI INSEGNANTI… provate a rispondere al questionario alunni dando i “nomi” ai diversi indicatori

Riconoscere l’esistenza di un problema e riuscire a delinearne la fisionomia è il primo irrinunciabile passo per risolverlo. Siccome non è possibile rimuovere tutte le condizioni oggettive della professione insegnante che producono stress, particolarmente nel presente contesto sociale, culturale e normativo, è necessario trovare dei modi per fronteggiarlo, attivare strategie per gestirne gli effetti. Possiamo lavorare attivamente per il nostro benessere personale

Misure generali per gestire lo stress Dieta Esercizio fisico Tecniche classiche di rilassamento (es. Yoga) Arresto del pensiero Immaginazione guidata Supporto sociale Nutrire la propria curiosità intellettuale Nutrire il proprio benessere

Misure più specifiche Pianificare obiettivi fattibili Riconoscere che la propria azione fa la differenza proprio nei casi più difficili (saper vedere i progressi e rallegrarsene) Centrare l’attenzione sui risultati positivi, congratulandosi con se stessi per esserne gli artefici Evitare la trappola dell’ipercritica e vedere ciò che di buono fanno gli alunni Gratificare con entusiasmo i buoni risultati degli alunni Evitare di perder tempo, evitare l’appesantimento burocratico Analizzare e controllare il proprio linguaggio interiore ( vedi terapia razionale - emotiva di Ellis)

Ti capita spesso di … : Entrare in conflitto con uno o più alunni? Provare emozioni troppo intense quando interagisci con i tuoi alunni? Essere stanco? Essere depresso? Temere la mattina del lunedì? Cominciare a contare fin dall’inizio della scuola i giorni che ti separano dalle vacanze estive? Provare un’intensa avversione per uno dei tuoi alunni? Avere paura di affrontare i tuoi alunni? Provare delle sensazioni di inadeguatezza? Lamentarti con gli altri dei tuoi alunni? Prendertela con i tuoi alunni per la tua situazione negativa? Sentirti vittima o incompreso, controllato, attaccato, non rispettato … dai tuoi alunni o da una componente del sistema scolastico?

Se hai risposto affermativamente ad una o più di queste domande… rassicurati perché queste sensazioni sono naturali e quasi tutti gli insegnanti le provano Però quando però sono troppo intense e continue, possono portare a conflitti interpersonali dolorosi e dannosi

Ellis e Harper sostengono che le persone possono crearsi da sole disturbi e conflitti perché pensano in modo irrazionale: la terapia razionale emotiva (RET) parte dall’assunto che non sono gli eventi della vita di per sé a causare disagio, ma è il modo in cui questi vengono razionalizzati che provoca una certa reazione emotiva. Se si impara a modificare il proprio modo di pensare, evitando tutte quelle forme di pensiero dannose che alimentano la sofferenza emotiva, si può imparare a migliorare anche la propria condizione psicologica.

Modello R.E.T. gli eventi spiacevoli costituiscono l’evento attivante (A) segue una conseguenza (C), sotto forma di comportamenti non sempre adeguati ed emozioni intense A non causa linearmente C, c’è un elemento intermedio (B) cioè i pensieri e le convinzioni personali

Un esempio A: uno studente urla in classe B: l’insegnante si arrabbia e urla a sua volta C: cosa l’insegnante pensa e crede rispetto alla situazione determina B Es: “E’ terribile che x possa alzare la voce in classe, gli mostrerò chi comanda”. E’ importante identificare l’elemento B e, se sono pensieri irrazionali, modificarli in senso razionale

Il pensiero irrazionale: Alimenta emozioni intense. E’ basato su convinzioni e pensieri assoluti che sono irrazionali. Come si distingue un pensiero irrazionale? Non può essere dimostrato. Bisogna cambiare ottica!

Categorie di pensieri irrazionali Approvazione ed apprezzamento da tutti! Essere un superuomo (o wonder woman)! Fare di una mosca un elefante! Il mondo deve essere un giardino di rose!

1. Approvazione ed apprezzamento da tutti! Se si ha questa convinzione, ogni volta che non la si verifica si sperimenta infelicità ed insuccesso. Es. insegnante che crede irrazionalmente che tutti i suoi alunni lo debbano amare ed approvare… “Se non piaccio ad un alunno, devo essere un insegnante che non vale…” “ Questo alunno deve capire ed apprezzare il duro lavoro che ho fatto per aiutarlo” “se non lo fa, non merita la mia attenzione…”. Se un insegnante diviene meno dipendente dall’approvazione e dalla stima assoluta degli altri, ridimensionerà anche i pensieri negativi su se stesso.

2. Essere sempre un super uomo (o wonder woman)! Non si può dimostrare sempre la propria assoluta competenza in tutto, altrimenti quando si compie un errore si vivrà un senso di inadeguatezza. Chi ha un sistema di convinzioni di questo tipo usa nel dialogo interno facilmente le parole “devo” “avrei dovuto”. Es: “avrei dovuto tenere sotto controllo la classe e farmi rispettare” “devo completare quel lavoro assolutamente”… “devo riuscire a…” Meglio tollerare la propria fallibilità (e pianificare dei correttivi) ciò aiuta anche a tollerare la fallibilità degli altri

3. Fare di una mosca un elefante Se una cosa va storta, non vuol dire che tutto debba essere considerato negativamente. Coloro che pensano in questo modo gonfiano gli eventi in maniera spropositata, o minimizzano eccessivamente la portata di un evento importante. E’ tutto bianco o nero. ES: “Io sono sempre stato così, non riuscirò certamente a cambiare mai” “Mi capitano sempre le classi peggiori” “Con questo alunno non ci provo nemmeno”… Questi pensieri provocano emozioni intense e negative. Poche cose sono davvero del tutto negative! Sentirsi frustrati per un singolo evento specifico è razionale, sentirsi sopraffatti da qualsiasi cosa che accade non è realistico.

4. Il mondo deve essere un giardino di rose! Si pensa che le difficoltà dovrebbero risolversi facilmente e le persone dovrebbero essere molto migliori di quello che sono; si debbono sopportare molte situazioni negative causate proprio dall’incompetenza altrui. Questo porta a lamentarsi e a prendersela con gli altri, fino al “tutti sono contro di me”. ES: “Questo alunno mi fa davvero impazzire, dovrebbe fare quello che voglio io perché io sono l’insegnante e il mio lavoro è già fin troppo difficile” “le ho tentate tutte ma è proprio irrecuperabile… c’è qualcosa di genetico…” “i genitori dovrebbero fare il loro dovere a casa, allora potrei fare il mio a scuola, altrimenti è inutile” Non possiamo controllare tutto, se accettiamo le difficoltà della vita e le imperfezioni altrui eviteremo risposte emotive intense quando le cose non vanno nel verso giusto

Possiamo rendere più razionale il nostro pensiero? Sì, ma prima dobbiamo individuare i nostri meccanismi cognitivi irrazionali prevalenti Poi fare uno sforzo attivo per cambiare schemi mentali

Un pensatore razionale… Basa i sui pensieri più sui fatti che sulle opinioni Definisce obiettivi semplici e raggiungibili Minimizza i conflitti interiori e controlla l’emotività Confuta i pensieri irrazionali Nel dialogo interno bandisce assoluti e doverizzazioni, sostituendoli con parole che danno descrizioni più realistiche e provocano reazioni emotive meno intense

devo, dovrei, è impossibile, è terribile, tutto, mai, sempre… PAROLE DA BANDIRE: devo, dovrei, è impossibile, è terribile, tutto, mai, sempre… Chi le usa fa richieste irrazionali a se stesso e agli altri PAROLE DA PREFERIRE: Dovrebbe andar meglio se, è una sfortuna che, preferirei, trovo frustrante che, potrei provare a… Di fronte ad una situazione che crea contraccolpi emotivi, è utile esplicitare i propri pensieri con le parole, tradurli con parole più razionali, allora anche le reazioni emotive saranno meno intense. Questo allenamento continuo aiuta davvero ad automatizzare meccanismi di pensiero efficaci a prevenire lo stress.

Esempio di razionalizzazioni L’approvazione e la lode sono una meta auspicabile ma non assolutamente necessaria. Non si può sempre agire in modo perfetto, l’importante è cercare di fare sempre del proprio meglio. Gli errori ed i fallimenti sono indesiderabili, ma non condizionano l’intrinseco valore umano della persona. Tra il senso di responsabilità e meritarsi la dannazione eterna ci sono molti gradi! Vi sono più eventi neutri e positivi che eventi negativi. Le situazioni negative, quando si presentano, vanno valutate realisticamente non sono catastrofi. Lamentarsi non modifica le cose. Quando le cose non vanno per il verso giusto, se non possono essere cambiate subito bisogna accettarlo ed aspettare un’altra opportunità.

Lo sviluppo dell’autoefficacia “Mario, durante i suoi primi anni di lavoro era entusiasta e ottimista. Con il tempo, ha cominciato a diventare sempre più frustrato, di fronte agli scarsi risultati dei suoi alunni e alle difficoltà di interessarli e gestirli. Ha messo sempre più in dubbio la qualità del suo lavoro, la possibilità di fare qualcosa per loro e di ottenerne una qualche soddisfazione. Mario adesso fa fatica a tenere gli alunni impegnati sul compito, il controllo della disciplina non è efficace. Scopre di essere d’accordo con i commenti negativi che altri colleghi fanno sui loro alunni, commenti che qualche tempo fa avrebbe ignorato”

Autoefficacia = aspettativa positiva nella possibilità di arrivare a risultati e che questi saranno almeno in parte merito nostro! Il senso di autoefficacia dell’insegnante è uno degli ingredienti attivi più importanti nel produrre l’apprendimento degli alunni (Bandura) Un buon modo di pensare differenzia le aspettative, attribuendo alle proprie qualità professionali i successi e riconoscendo le concause esterne dei “fallimenti”, i quali non sono mai totali Ci sono condizioni che influenzano il senso di autoefficacia (ruolo nella scuola, prestigio riconosciuto dai colleghi, senso di appartenenza, capacità di coinvolgere i genitori …)

Come alimentare l’autoefficacia Riconoscere i propri talenti e vedere i risultati. Insegnare ciò che appassiona Cercare un proprio stile nella conduzione della classe e tenere attivo il coinvolgimento di tutto il gruppo Monitorare i risultati e gratificare i bambini Mantenere alta e stimolante la comunicazione Impegnarsi attivamente a costruire qualche relazione positiva con i colleghi

Se fin qua vi siete spaventati… Allora sarà più efficace il vostro impegno Quanto dovremo aspettare perché altri si accorgano della rilevanza del problema? Nel frattempo spetta a noi difendere il nostro benessere, prevenendo e contrastando alle prime avvisaglie la sofferenza psicologica ma soprattutto coltivando in noi il piacere del nostro lavoro …

Sì perché lavorare con i bambini e i ragazzi non è mai noioso, è una continua scoperta ed è il trionfo della creatività e della libertà di pensiero. Non tutti i lavori concedono questi straordinari spazi. Sta anche a noi saperli apprezzare, e godere della meravigliosa esperienza di contribuire a far crescere, attraverso i nostri bambini, il futuro.

fate cose che vi piacciono… laura barbirato 2012

Caro Insegnante… Caro Insegnante, lo so che ti senti spesso legato mani e piedi ai cosiddetti programmi, i programmi ministeriali, che come dice la parola stessa sono scritti e pensati in antri lontani da funzionari distanti dai luoghi caldi del fare educazione, impegnati a mettere insieme esigenze talvolta infinitamente diverse e incoerenti tra loro.

Essi non sanno più o meno nulla di quello che succede dentro la tua classe. Sono intasati di schematismo e tabellismo, una delle peggiori malattie che abbia contagiato il mondo della formazione. Ma tu in verità a volte te ne fai un alibi, questi benedetti programmi, che non vien neanche voglia di leggere, peggio delle istruzioni per la compilazione della dichiarazione dei redditi. E’ roba morta. Lo so, anche i genitori ti impongono i programmi, come se ne sapessero qualcosa.

Lascia perdere i programmi Lascia perdere i programmi. Sono come dei menù: non si può mangiare tutto, specie se si mangia come se ogni cosa fosse equivalente. Tu puoi amare qualche cosa di quello che c’è nel programma, puoi conoscere bene qualcosa che c’è (o che non c’è) nel programma. E i tuoi studenti ameranno e impareranno probabilmente solo quello che tu ami e conosci bene. Se vuoi, prova a fare tutto, ma vedrai che avrai perso tempo, perché quello che i tuoi ragazzi avranno imparato davvero sarà sempre solo quello che tu avrai veramente desiderato insegnare, e oltre tutto meno bene perché vi avrai dedicato meno tempo.

I tuoi “superiori” o i genitori esigono delle “prove”. Dagliele I tuoi “superiori” o i genitori esigono delle “prove”? Dagliele. Fai belle descrizioni, ma poi nella realtà i tuoi alunni non si accontenteranno di roba mal rifritta: prepara loro qualche pietanza a quattro stelle. Puoi farlo solo per alcune cose, quelle che ti hanno sempre affascinato o ti affascinano ora. C’è questa faccenda del POF, va bene. Capisco la collegialità, la collaborazione, il progetto condiviso. Fai uno sforzo, ma non cedere sulla tua anima, non vendere il tuo sogno. Dilata il POF, dominalo, infilaci dentro tutto il tuo amore.

Tu non sei veramente obbligato a fare quello che l’autorità ti dice di fare. Pensi che questo contenuto stia assopendo il tuo piacere di insegnare? Mettilo da parte. Non ti piace quell’autore? Lascialo. Se non sei riuscito a far appassionare i tuoi ragazzi alle cose che insegni, pensi che sarà un esame, una interrogazione, una prova a farglielo imparare per davvero? Nella migliore delle ipotesi li obbligherà a faticose memorizzazioni, ma presto la vomiteranno la roba ingerita in quel modo. Un’ingestione eccessiva in tempi troppo brevi per raccattare una sufficienza non ha niente a che vedere con l’imparare.

Adatt. Da Paolo Mottana “Caro Insegnante” 2008. Caro insegnante, occorre crederci per convincere, e occorre credere anche di poter convincere a crederci. Riuscirai a conquistare quattro alunni, ma il secondo anno sarai più bravo e ne guadagnerai di più. E poi ancora di più. Affidarsi alle forze di polizia non ti porterebbe da nessuna parte, perderesti anche quei quattro. Adatt. Da Paolo Mottana “Caro Insegnante” 2008. (ordinario di Pedagogia e scienze dell’educazione all’Università Bicocca di Milano)

Divertitevi insieme ai vostri ragazzi… laura barbirato 2012

Abbiate fiducia nelle vostre capacita’ di educatori e nelle risorse dei vostri ragazzi! … LauraBarbirato2012

Buon lavoro! Alla prossima occasione… Come educatori, siamo condannati all’ottimismo… Buon lavoro! Alla prossima occasione… laura barbirato 2012