Ci jiere navecande, me puteve disce: ete tiembe cu rravogghje a vele. Sonde june de fore: ind'â casedde. me mmasoggne, nu ciedde angocchje ò fueche, u.

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Ci jiere navecande, me puteve disce: ete tiembe cu rravogghje a vele. Sonde june de fore: ind'â casedde. me mmasoggne, nu ciedde angocchje ò fueche, u pesule de fiche lièggiu liegge ) l'arve seccò p'a muche ) m'u serrieve nu ggiurne, na tteneve da fa niende. Ô candone sté angore na frangate de fraffugghje. Do zzèppere ggne ttande cu nna ss'astute u fueche. De ccussì me stoche. Nange penze a nniende. Spette. Ma me vene a lle vote cu mm'attande a 'm base a vite: sté na matassodde mùscete de muddìchele i ppelocce. A 'n gape na strafìnzele de nùvele ca vole sconne u ciele; nu penziere: ci m'a scettave ô mienze d'a cenise? Do lùrteme sprascidde, do refiate uecchje de lusce: na palora sole. A prima sole de na puesie. A l'ùrteme. Me passe. Jind'ô core nu nute. Po me ccorde cu nnu rise. Però queda palore! Jer'a ll'esse: u sole. De secure. U sole. U sole. U sole...! Se fossi navigante potrei dirmi: tempo che avvolga la vela. Sono uno di campagna: nella casella mi ritiro, un uccello, presso il fuoco, il pezzo ai tronco di fico leggero leggero ) l'albero seccò per la monilia ) me lo segai un giorno, non avevo da far nulla. Al cantone sta ancora una bracciata di minutaglia. Due fuscelli ogni tanto che non si spenga il fuoco. Così me ne sto. Non penso a niente. Aspetto. Ma mi viene alle volte che mi tasti nella tasca la vita: c'è una matassina sporca di briciole e peluria. Nel capo uno sbrendolo di nuvola che voglia nascondere il cielo; un pensiero: se me la buttassi nel mezzo della cinigia? Due ultimi sprazzi, due respiri occhi di luce: una parola sola. La prima sola di una poesia. L'ultima. Mi passa. Nel cuore un nodo. Poi mi consolo con un sorriso. Quella parola, però! Dovrebbe essere: il sole. Di certo. Il sole. Il sole. Il sole...!

La poesia che troviamo fu scritta da Pietro Gatti,ed è inserita nella raccolta Limmaginazione.Egli nacque a Bari il 19 gennaio Visse fin dalla più tenera età nel territorio di Ceglie Messapica, lavorando nel comune in qualità di vice segretario generale. Pubblicò diverse opere: Nu vecchie diarie damore (1973), A terra meje (1976), memorie dajiere i dde josce (1982), nguna vita (1984). Morì nel silenzio della campagna cegliese il 27 luglio 2001, alletà di 88 anni.

In questa poesia sono presenti 26 versi, principalmente divisi in tre strofe.La maggior parte dei versi sono endecasillabi con rime incrociate. Le figure retoriche più presenti sono: lenjambement, lasindeto (me mmasoggne, nu ciedde angoccdhje ò fueche), la sinestesia e la sinalefe. La poesia parla del lavoro della gente umile della fine del novecento, come del resto gran parte delle sue opere. Alla sua morte la sua opera fu criticata da Donato Valli suo grande amico ed estimatore. La poesia risulta essere inattuale perché la società si è evoluta nel tempo, tuttavia risulta interessante perché ci permette di comprendere la vita di quei tempi.