Le nevrosi Prof Raffaele Barone Università degli studi di Messina Dipartimento patologia umana Corso di laurea in infermieristica Canale di Caltagirone
nevrosi Con il termine nevrosi si indica un insieme di disturbi psico-patologici, in genere scaturiti da un conflitto inconscio ansiogeno. Fu con Sigmund Freud e con le scuole psicoanalitiche del Novecento che il termine nevrosi venne a indicare una patogenesi di tipo psicologico, derivante da una rimozione di istinti e desideri il cui contenuto non si manifesta a livello cosciente, ma la cui soddisfazione è necessaria, pena il manifestarsi di disturbi del comportamento più o meno gravi.
nevrosi Per Carl Gustav Jung la nevrosi non è nient'altro che un tentativo di soluzione individuale (non riuscito) d'un problema generale,[1] identificandola come il risultato finale di un confronto conflittuale tra le pulsioni intrinseche dell'individuo e l'ambiente e il tempo in cui vive. La nevrosi si contraddistingue da altre forme di psicopatologia, come le psicosi, in quanto il paziente non perde il contatto con la realtà. Le nevrosi possono portare, a seconda delle differenze strutturali e funzionali di ogni singolo paziente (a causa del vissuto personale), a diverse manifestazioni psicopatologiche, quali fobie, ossessioni, isteria d'angoscia ed altre
Nevrosi - Sintomi Le nevrosi possono indurre sintomi diversi e vengono quindi definite come nevrosi isterica, fobica, ossessiva o ansiosa. Le nevrosi più frequenti sono quelle che si manifestano con l'ansia o la depressione reattiva (cioè in risposta a un evento giudicato offensivo). Anche le paure o fobie (di parlare in pubblico, degli spazi aperti, degli insetti eccetera) o i comportamenti ossessivi (continuare a lavarsi le mani, per esempio) rientrano spesso nelle casistiche. In alcuni casi, le nevrosi inducono manifestazioni psicosomatiche. Nel disturbo nevrotico il paziente può comunque mantenere la capacità di introspezione e un contatto con la realtà non alterato, in quanto in genere non confonde le proprie esperienze e fantasie patologiche soggettive con la realtà esterna. Il comportamento può risultare alterato, ma di solito rimane entro limiti socialmente accettabili.
Nevrosi – Diagnosi-Cure La diagnosi di nevrosi viene posta dallo psicoterapeuta sulla base del colloquio col paziente ed, eventualmente, delle risposte ad appositi questionari standardizzati. La cura principale dei disturbi nevrotici è la psicoterapia, alla quale vengono spesso associati farmaci per ridurre i sintomi più invalidanti: ansiolitico (come le benzodiazepine)per le crisi d'ansia e di panico, ipnotico per l'insonnia che spesso si accompagna all'ansia e antidepressivi.
. La classificazione clinica Il termine 'nevrosi' non ha un unico corrispettivo sul piano clinico e le sottocategorie dipendono dalla natura dei sintomi; peraltro nella più recente classificazione psichiatrica del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, pubblicato nel 1994 (DSM-IV), il termine non è più compreso, e i disturbi considerati in precedenza come 'nevrotici' sono oggi definiti 'reazioni acute allo stress e reazioni di adattamento' e sono stati sostituiti da una serie di altri quadri clinici.
. La classificazione clinica . Disturbo da ansia generalizzata Condizione stabile di ansia apparentemente immotivata e spropositata rispetto agli eventi che la provocano, che può protrarsi lungamente Disturbo da attacchi di panico Caratterizzato da accessi di ansia in forma acuta, accompagnati da sintomi fisici (tachicardia, affanno, tremore, nausea
classificazione . Fobia Reazione di intensa paura relativa a oggetti o situazioni generalmente considerati non pericolosi. Perché si possa parlare di fobia, i sintomi devono essere tali da interferire con la vita quotidiana Disturbo ossessivo-compulsivo Persistente intrusione di pensieri estranei e indesiderati (ossessioni) e di azioni la cui necessità è irresistibile (ad esempio lavarsi le mani, controllare la chiusura dei rubinetti del gas ecc.) e la cui ultimazione, spesso ritualizzata, comporta una momentanea riduzione dell'ansia.
classificazione Disturbo d’ansia di separazione Caratteristico dell'infanzia e costituito da una paura irrazionale di allontanarsi da uno dei genitori. Spesso i bambini con questo disturbo sviluppano, da adulti, l'agorafobia (una morbosa paura degli spazi aperti) Disturbo post-traumatico da stress Termine coniato dopo la guerra del Vietnam per descrivere i sintomi psicologici riportati dai veterani. Viene utilizzato in relazione ai disturbi che si presentano come conseguenza di esperienze particolarmente gravi vissute da un individuo. I sintomi comprendono frequenti ricordi 'a flash' dell'esperienza traumatica, disturbi del sonno (insonnia e incubi), ansia, distacco emotivo dalle altre persone e perdita di interesse nei confronti delle attività quotidiane e lavorative
classificazione Distimia (nevrosi depressiva) Disturbo caratterizzato dalla presenza di umore depresso per la maggior parte del giorno e per un lungo periodo di tempo. A differenza di quanto accade nella depressione vera e propria, il disturbo dell'umore non è di entità tale da interferire con le attività abituali Nevrosi isterica Termine oggi in disuso, che si riferisce a un disturbo nevrotico in cui prevalgono i sintomi propri dell'isteria.
classificazione Personalità multipla Disturbo molto raro in cui nella stessa persona coesistono due o più personalità. Spesso una personalità non è consapevole di ciò che accade quando un'altra personalità è dominante, cosa che porta il paziente a sperimentare periodi di amnesia. Questo disturbo è spesso una conseguenza di fatti traumatici occorsi durante l'infanzia.
Gioco d'Azzardo Patologico Il Disturbo del Gioco d’Azzardo Patologico (Pathological Gambling, PG) ed i problemi a esso correlati sono stati per lungo tempo sottovalutati da un approccio scientifico-clinico, facendo si che questa tipologia di disturbo venisse inclusa nell’esclusivo ambito del “vizio” E’ stato possibile stimare che circa l'1,5-3 % della popolazione italiana sia colpita da questo disturbo caratterizzato da un periodo di esordio riscontrabile, molto frequentemente già in età adolescenziale e ben più raramente dopo i 40 anni di età. Il sesso maschile sembra esserne maggiormente colpito per motivi probabilmente legati a fattori socio-culturali, ma le ricerche in corso non hanno ancora evidenziato dei dati chiari a favore di una differenza di genere.
Gioco d'Azzardo Patologico Fino ad oggi, infatti, si è tentato di inquadrare il Disturbo da Gioco d’Azzardo Patologico (GAP) all’interno di diverse categorie diagnostiche: dall’appartenenza ai disturbi affettivi, allo spettro dei Disturbi Ossessivo-Compulsivi, alle patologie da “addiction”, fino ad arrivare ad approcci legati all’appartenenza alla sfera dei disturbi legati al “discontrollo degli impulsi”. In questa ottica, gli estensori dell’ultima edizione del Manuale per la diagnosi dei disturbi mentali (DSM IV-TR), hanno infatti deciso di classificare il disturbo GAP tra i disturbi dell’impulso Non Altrimenti Specificati (NAS)
Sintomatologia Risulta molto difficile tracciare con chiarezza una linea di confine tra normalità e patologia nell’ambito del gioco, trattandosi di un comportamento abituale e riscontrabile in tutte le culture, spesso stigmatizzato ma di fatto accettato nei suoi aspetti più superficiali e marginali. Il confine tra la "normalità" comportamentale di chi scommette del denaro e di chi, attraverso il medesimo atto, manifesta il suo disagio è segnato da precisi sintomi di condotta. Ecco un elenco dei principali:
Sintomatologia costante assorbimento dell’attività del campo di coscienza da pensieri inerenti il gioco (attesa, strategie di gioco, statistiche, recriminazioni, pensieri sui modi di procurarsi denaro); necessità nel tempo di aumentare le cifre scommesse per continuare a mantenere una tensione significativa; fallimento dei tentativi effettuati per ridurre o per smettere di giocare a causa di una tensione e irritabilità che il soggetto non riesce a controllare; trasformazione, nel corso di un ridotto arco di tempo, del significato dell’attività di gioco, che diventa un bisogno, l'unico sollievo efficace a un marcato umore disforico; strutturazione dell’attività di gioco come scissa e nascosta rispetto alla propria realtà socio-familiare; compimento di azioni illegali al fine di procurarsi denaro per giocare o per nascondere le perdite; perdita di relazioni affettive significative poste in crisi dalla disforia, dall'irritabilità e dall'inaffidabilità del soggetto. Tale aspetto, a sua volta, diviene ulteriore fattore di stress per la persona che, ormai alle prese con evidenti segni di inadeguatezza, fa affidamento sulle altrui risorse per porre riparo ai danni causati dal gioco
Fattori di rischio morte o grave patologia di un genitore; separazione o divorzio dei genitori; trasferimento per anni nella casa di parenti (nonni o zii) per motivi socio-economici dei genitori; trasferimenti ripetuti in città o nazioni diverse; scarsa empatia nelle risposte emotive genitoriali; precoci adultizzazioni; abusi psico-fisici.
coinvolgimento della dimensione “impulsività” nell’ambito del disturbo del gioco d'azzardo, in accordo con la recente letteratura il suo ruolo nella richiesta di gratificazione immediata senza valutazione del rischio-danno correlato; l’influenza dell’intensità di questa dimensione nella severità clinica del quadro e nella facilità di ricadute; l’elevata co-morbilità con l'Abuso di sostanze e con l’elevata incidenza di tentativi suicidari, dinamiche entrambe fortemente correlate al discontrollo degli impulsi; i buoni risultati ottenuti con la somministrazione di farmaci la cui ratio è basata sull’attenuazione del discontrollo impulsivo (per esempio, SSRI, antipsicotici atipici, nuovi antiepilettici); la possibilità offerta, al momento attuale, dall’impulsività di rappresentare una “cerniera dimensionale” logica tra i vari spettri psicopatologici
caratteristiche soggettive di “tipo” ’apparente insensibilità alle crescenti perdite; la scarsa tolleranza allo stress e all’ansia; la difficoltà nell’apprendere dall’esperienza; l’incapacità di anticipare le conseguenze e di inibire le risposte; l’affettività labile; le capacità di pianificazione deficitarie; i sentimenti di inadeguatezza e inferiorità; le relazioni interpersonali superficiali.
la crisi economica ha un ruolo? La crisi economica fa impennare il problema: meno risorse si hanno e più si è propensi a rischiare. Sicuramente c'è un rapporto inversamente proporzionale con la condizione di benessere. Per questo il gioco è una malattia sociale: giocano di più le persone meno istruite e con minore reddito. Siamo di fronte a una forma di tassazione inversa, in pratica il contrario dell'Irpef
Se ne esce davvero? Come per tutte le dipendenze è un'uscita con prognosi riservata. Noi parliamo di compenso o stabilizzazione, non usiamo mai il termine guarigione. Diciamo che oltre il 50% riesce a smettere e a stare senza giocare per mesi o per anni, con un rischio però maggiore di chi non ha giocato mai. Ci sono anche gruppi di auto-aiuto, i Gamblers anonimi , ma solo nelle grandi città. Si tratta comunque di un fenomeno limitato, che da noi non ha preso piede come nei paesi anglosassoni.