Il teatro a Roma
Struttura La struttura del teatro latino riprendeva quella del teatro greco. Gli elementi scenografici sempre presenti erano: il proscenium, la porzione di palcoscenico in legno più vicina al pubblico, che riproduceva un luogo aperto, di solito una via o una piazza cittadina; la scenae frons, un fondale dipinto; i periaktoi, prismi triangolari aventi i lati dipinti con una scena tragica su un lato, comica su un altro e satiresca sul terzo; l’ auleum, un telo simile al nostro sipario, sconosciuto ai Greci, che facilitava veloci cambi di scena; la càvea, destinata ad accogliere il pubblico e presente nei teatri più recenti; un’orchestra semicircolare, riservata ai cittadini di rango più elevato e posizionata ai piedi della càvea.
Sulla scena si aprivano tre porte, utilizzate dagli attori per entrare e uscire di scena a livello del palcoscenico; al secondo piano c’era una decorazione con una serie di nicchie coperte da una tettoia e arricchite da colonne; altri due accessi erano collocati lateralmente all’orchestra, uno a sinistra degli spettatori, che conduceva convenzionalmente al porto, e l’altro a destra, che conduceva alla piazza.
Gli attori Nel teatro latino vengono celebrati personaggi con valori morali incorruttibili, forza fisica e carisma, che assumono i caratteri del popolo e di un’epoca degni di essere ricordati. Nei miti e nelle leggende romane trovano posto personaggi come Enea, Romolo e Remo, Muzio Scevola, Orazio Coclite, Clelia e altri, correlate alle origini divine di Roma e all’esaltazione di un impero realizzato con coraggio, intelligenza, cultura e forza dell’esercito. Trovano spazio anche la sagacia, il buontempismo del popolo che ironizza anche sui nobili e sugli esponenti più importanti della società. L’organizzazione delle rappresentazioni sceniche era affidata a pubblici magistrati e l’intermediario tra lo Stato e gli attori era rappresentato dal dominus gregis, cioè dal direttore della compagnia teatrale, cui spettava l’intero allestimento. Un gruppo di attori comici: uno suona la tibia, uno si sta vestendo e in primo piano due maschere
Maschere L’origine della maschera è discussa, in quanto se ne contendono l’invenzione la Toscana con Siena ed il Lazio con Roma. Gli attori portavano delle maschere terrificanti , che potevano essere scure per il personaggio maschile, bianche per quello femminile. La maschera era di legno o di tela. I tratti somatici erano molto pronunciati, affinché l’espressione facciale fosse visibile anche da lontano. Come si nota dalle immagini, la bocca della maschera era esageratamente larga, per ampliare la voce dell’attore. Il ricorso alla maschera si spiega con il fatto che lo stesso attore aveva l’incarico di rappresentare diversi ruoli e non aveva a disposizione tempo per truccarsi e calarsi in un altro personaggio, maschile o femminile. Anche i vestiti davano un contributo all’ identificazione della condizione sociale del personaggio in scena: la tunica corta per gli schiavi, quella rossa per i poveri, quella gialla per le cortigiane, la purpurea per i ricchi. Gli abiti si differenziavano a seconda della commedia, della tragedia o dell’atellana rappresentate.
Prime rappresentazioni teatrali Le prime rappresentazioni teatrali erano festività pubbliche, celebrate in onore degli dei. Distinguiamo: Ludi Romani, solenni festività settembrine dedicate a Giove Ottimo Massimo; Ludi Plebei, che si tenevano in Novembre ed erano consacrati a Giove; Ludi Apollinares, che si svolgevano in Luglio ed erano dedicati ad Apollo; Ludi Megalenses, che avvenivano in Aprile ed erano dedicati alla dea Cìbele. Con il tempo le opere drammatiche furono celebrate anche durante feste occasionali, legate a eventi particolari.
Tra le altre prime rappresentazioni ricordiamo: l’ Atellana (meglio conosciuta come fabula atellana) era un tipo di spettacolo improvvisato, che si diffuse tra gli Osci della Campania e in particolar modo nella città di Atella, da cui prende il nome. Quattro erano i personaggi fissi dell’Atellana: Maccus, lo sciocco sempre affamato, Pappus, il vecchio rimbambito, Dossennus, il furbo , e infine Bucco, il ghiottone maleducato. Nel I secolo a.C. l’Atellana acquisì forma letteraria e costituì l’exodium nella rappresentazione della tragedia; i Fescennini, di origine etrusca, potrebbero avere due diverse etimologie secondo il grammatico Festo: la prima deriverebbe dalla città di Fescennium, luogo di origine dei buffoni itineranti, che fascinum, che significa sia “malocchio” che “membro virile”, in riferimento alle maledizioni che venivano lanciate sui carri dei produttori agricoli durante il periodo della vendemmia. Altri identificano il termine “fescennino” come un sinonimo di veretrum. Tale tipo di spettacolo era caratterizzato da battute spiritose e rozze e, secondo Tito Livio, fu introdotto a Roma nel III secolo a.C. per dare inizio alla “satira” latina; la satura si diffuse partire dal IV secolo a.C. a Roma. Questo genere, secondo lo storico Livio, nacque nel 364 a.C. quando, per far cessare la pestilenza, vennero organizzati dei ludi scaenici durante i quali si svolse uno spettacolo recitato da giovani attori provenienti dall’Etruria. I giovani di Roma, imitando i danzatori etruschi, crearono un tipo di spettacolo basato sulla mescolanza di pezzi teatrali e non caratterizzati dalla varietà artistica. Satura quidem tota nostra est (Institutio oratoria, X,1,93), diceva con orgoglio Quintiliano nel I secolo d.C. La satura era rappresentata da histriones (attori) e consisteva in una rappresentazione teatrale mista di danze, musica e recitazione. Esisteva tuttavia un genere di "satura" non prettamente letteraria, bensì teatrale, che si diffuse ben prima di quella letteraria.
La tragedia La tragedia è una delle forme più antiche di teatro. Le sue origini risalgono alla tradizione poetica e religiosa della Grecia antica. I Romani adattarono le tragedie alla loro epoca e alla loro tradizione, riducendo i complessi valori tragici ad aspetti più lineari e immediati: nascono le fabulae praetextae. Ciò che si mette in evidenza è l’interesse per il macabro e l’orrido e una forte accentuazione del patetico con una forma alta e solenne. Il motore della tragedia romana è il furialis impetus, in cui le Furie entrano nell’animo dei personaggi e li sospingono verso un irrazionale percorso di orrore. Ogni singolo elemento è evidenziato in modo tale da creare maggiore contatto con il pubblico, ponendo l’attenzione sulla cupa grandezza della tirannide e sulla caducità della potenza umana.
Fabula cothurnata e praetexta La fabula cothurnata o fabula crepidata deriva dai cosiddetti cothurni, stivali a suola alta indossati dagli attori tragici greci: è la tragedia latina di ambientazione e argomento greco. Fu il genere tragico più utilizzato dagli autori latini tra cui Livio Andronico, Nevio, Ennio, Pacuvio e Accio. Le fabulae nascevano dalla rielaborazione artistica delle opere di Eschilo, Sofocle ed Euripide ed erano di ispirazione mitologica, per lo più legate al ciclo troiano, a quello tebano e alla vita dei discendenti di Pelope, detti Pelopidi. Rimangono i titoli di otto cothurnatae di Livio Andronico, di cui cinque sono riconducibili al ciclo troiano e tre al gusto per l’avventura e per gli aspetti romanzeschi. Di Nevio si conservano circa cinquanta frammenti e sei titoli; di Ennio si conservano venti titoli e circa quattrocento frammenti. Fabula praetexta è il nome usato nella letteratura latina per identificare la tragedia di argomento e ambientazione romani. Deriva il suo nome dalla toga di porpora, che veniva indossata da adolescenti, magistrati e sacerdoti. Tale teatro fu caratterizzato dall’improvvisazione e da forme più libere e licenziose del dramma di argomento tragico tratto dalla storia nazionale. Poiché il contesto e la morale erano propriamente romani, gli scrittori avevano seri limiti a ciò che potevano scrivere: questo portò a un maggiore successo delle tragedie cothurnatae, dove la mancanza dei costumi rigidi del mos Maiorum lasciava spazio a eventi immorali. Questa fabula è stata inventata da Gneo Nevio, di cui restano solo frammenti e il ricordo del suo litigio con la famiglia dei Metelli e addirittura con Scipione l’Africano. Clastidium, che era dedicata all’omonima battaglia del 222 a.C., e Romulus che trattava della fondazione di Roma, sono i titoli superstiti delle sue praetextae, conservateci in frammenti.
La commedia A Roma esisteva precedentemente una produzione comica locale recitata da attori non professionisti, di cui non restano tuttavia documenti. Tali manifestazioni nacquero in occasioni di festività che coincidevano con momenti rilevanti dell’attività agricola. Il teatro “comico regolare” latino si sviluppa a partire dalla seconda metà del III secolo a.C., e ne abbiamo testimonianza attraverso un cospicuo numero di opere. Alla base di tale sviluppo c’era il legame con i testi della Commedia Nuova ellenistica, in cui però ritroviamo anche una tradizione comica preletteraria di origine italica. Per quanto riguarda l’ambientazione e i nomi dei personaggi, questi riprendono i caratteri dell’ispirazione greca: questo particolare tipo di rappresentazione assume il nome di fabula palliata, dal pallium, l’abito di provenienza greca indossato dagli attori. Tra i primi autori di palliatae ritroviamo Livio Andronico, di cui ci resta un titolo sicuro, Gladiolus, e qualche raro frammento; Gneo Nevio, il quale introdusse la contaminatio, una tecnica drammaturgica che consiste nell’inserimento in un copione greco di alcune scene tratte da altre commedie greche per arricchire l’azione. Di quest’ultimo sono note la Tarentilla e il Colax. I più celebri commediografi latini, autori di palliatae sono: Publio Terenzio Afro e Cecilio Stazio (le cui opere maggiori hanno titoli greci, come Asotus, Andria, Gamos, anche se altri titoli sono latini, come Epistula, Fallacia e infine alcuni sono attestati nella duplice forma greca e latina). Uno dei più grandi autori latini è Plauto, sotto il cui nome ci sono pervenute 130 commedie, ma Varrone distinse tra queste soltanto 21 commedie considerate sicuramente autentiche: Amphitruo, Asinaria, Auluraria, Cistellaria, Captivi, Miles Gloriosus, Mostellaria, Persa, Poenelus, Pseudolus, Rudens, Stichus, Trinumus, Truculentus, Vidularia, Bacchides, Casina, Curculio, Mercator, Epidicus, Menaechmi.
Carratù Federica Coppola Ilaria Picarella Assunta Ruggiero Michela Sellitto Francesca Zampoli Andrea