La questione di Dio nella prospettiva fenomenologica

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Transcript della presentazione:

La questione di Dio nella prospettiva fenomenologica

“una delle caratteristiche del movimento fenomenologico è il rapporto, a volte l’intreccio, tra riflessione filosofica ed esperienza religiosa, pur nella consapevolezza della loro distinzione. Esperienza di fede e dimostrazione dell’esistenza di Dio si intrecciano più consapevolmente in Edith Stein, meno in Husserl, si collegano in Hedwig Conrad-Martius a questioni scientifiche…” ci sono… credenti: Husserl, Conrad-Martius, Scheler… chi diventa credente: Stein… chi è stato credente: Heidegger…

Husserl (cf. Idee per una fenomenologia pura…) Ci sono 3 “vie della riduzione” che trattano di Dio come: termine ultimo della finalità del cosmo; giustificazione ultima dell’intersoggettività; - Colui che dà senso alla vita etica dell’essere umano. Husserl parla di Dio come “assoluto” e come “fondamento”, ma l’attenzione va soprattutto alla teleologia: “Dio è il termine necessario di un processo di pensiero che si innalza dall’esperienza di ordine fisico e fattuale, perché non si può accontentare di rimanere prigioniero in esso”. Husserl attribuisce molta importanza alla sfera religiosa, che come sorgente di valori impone la questione del suo “fondamento”. Pur mantenendo distinte le due sfere (filosofica e religiosa) che conducono, ma con modalità diverse, al medesimo principio, la “fondatezza razionale” viene a significare soprattutto “una motivazione consapevolmente prodotta dall’adesione ai valori”.

Conrad Martius Analizza il rapporto tra ricerca scientifica, metafisica e Rivelazione Parte dalla teoria della relatività e afferma che se correttamente interpretata conduce ad una visione del mondo non più così chiaramente imprigionata nell’ammissione dell’infinità spazio-temporale. “Se il tempo non è infinito, cosa c’era prima del tempo?”: la domanda non è priva di senso. I concetti di materia, causalità… vanno allargati ammettendo ambiti ultrafisici e trascendenti. La Conrad Martius sostiene un “creazionismo evolutivo”: filosoficamente si può parlare di creazione come “estirpazione”, “ritagliare dal nulla”, “porre in essere”…

Scheler (cf. Von Ewigen in Menschen; Der Formalismus in der Ethik…) Pone il problema di Dio solo all’interno dell’analisi della religione, perché l’indagine fenomenologica mostra che sui temi di Dio la religione e la metafisica hanno origini diverse “per fondamento e per essenza”. Il Dio della religione e il principio del mondo della filosofia possono coincidere ma, in quanto “oggetti intenzionali” non si identificano. Il divino può essere unicamente oggetto di scoperta e di verifica, non di prova. Sul problema di Dio la metafisica, se non si fonda sul contenuto offerto dalla religione, può essere solo ipotetica o verosimile. La riflessione razionale porta sì all’identificazione del Sommo Bene con Dio e al suo essere personale, tuttavia questa affermazione è possibile in quanto è Dio stesso che, manifestandosi all’uomo, la permette, perché essa supera in realtà i limiti della ragione. Nell’ultima fase della sua speculazione (Il posto dell’uomo nell’universo) Scheler tende a una concezione di Dio come “spirito impersonale” con una visione immanentistica che associa la divinizzazione dell’uomo all’”impotenza” dello spirito divino.

Stein [A] (1891 – 1942) a 14 anni si dichiara atea, parlerà poi di “inquietudo”, di “preghiera esistenziale”. Quando si laurea (1917) è ancora atea [e/o agnostica], ma nello studio dell’empatia entra nel problema di Dio chiedendosi se si può dare empatia tra l’uomo e Dio. Si può dare un’empatia di Dio verso l’uomo… la tesi rimane in sospeso. 1921: ospite a casa dei Conrad-Martius legge Teresa d’Avila… “questa è la verità!”. Parla della conversione come “atto di grazia improvvisa”… 1933: entra nel Carmelo di Colonia (Teresa Benedetta della Croce) 1935-1936: Scrive Essere finito e essere eterno…

Stein [B] Lo “scavo fenomenologico” del mistero di Dio mostra come Dio “si imponga” all’interiorità, poiché inabita l’uomo. Non si tratta dunque di dimostrare ma di mostrare, evidenziare, descrivere. Si parte dalla problematica antropologica e ci si dirige verso la trascendenza. Le vie della conoscenza di Dio: La ragione: filosofia cristiana È ragione che integra e rielabora le verità provenienti dalla rivelazione La fede: contributo della Rivelazione La mistica: Il castello dell’anima

Stein [C] Nell’itinerario spirituale di E. Stein l’ultimo stadio umano della conoscenza della verità possibile “in via” è la mistica. La fede è “luce oscura” per il filosofo e in certa misura anche per il teologo. Analizzando gli scritti di S. Giovanni della Croce (Salita al Monte Carmelo, Notte oscura), E. Stein parla di scientia crucis, che è scienza sui generis. Qui la concettualizzazione risulta insufficiente, si utilizzano i simboli poetici, nella “terra impraticabile” non servono più gli strumenti conoscitivi umani perché si vive “un’esperienza di Dio”. L’ineffabilità dell’esperienza mistica comporta il superamento di ogni comprensione intellettuale e di ogni discorso, quindi il silenzio o l’allusione simbolica. L’eccezionalità di questa esperienza non riguarda il suo significato, ma il modo della sua realizzazione nella situazione umana “in via”.

Heidegger [A] Fondamentale il rapporto con Nietzsche, con cui condivide l’impegno di recuperare un passato “tradito” dalla speculazione seguente: l’Occidente si è configurato in un atteggiamento “aggressivo”: ora bisogna passare dal “produrre” all’“ascoltare”. Heidegger critica la cosiddetta “onto-teo-logia” della tradizione occidentale, e il pensiero medievale in cui Dio lo si è chiamato “Essere”. “Chi conosce la teologia nel suo maturarsi storico, sia quella della fede cristiana, sia quella della filosofia, preferisce oggi, nell’ambito del pensare, tacere su Dio”. Per Heidegger nel pensiero occidentale c’è nesso tra ontologia, teologia e metafisica; se è legittimo impostare in filosofia la questione di Dio, non lo è in termini metafisici. Nella storia della filosofia si perviene a Dio come “Causa sui”, “Causa prima attraverso un processo razionale di giustificazione finale” [teiologica], un Dio dinanzi al quale “l’uomo non può porsi in ginocchio riverente”. Si propone la scissione tra essere e Dio

Heidegger [B] C’è dunque bisogno di un nuovo approccio al problema di Dio, superando la visione intellettualistica. La conseguenza è paradossale: il pensare a-teo deve rinunciare al dio della filosofia, ma non si tratta di un ateismo assoluto perché “forse” in tal modo “si è più vicini al dio divino (dem gőttlichen Gott)”. Operata la scissione tra essere e Dio, come poter parlare di Dio? Heidegger pone la questione del linguaggio: non quello tecnico e scientifico-naturale ma un parlare-pensare che non è enunciazione di oggetti (linguaggio oggettivizzante) ma che è quello tipico della poesia.

Un autore originale: Leonardo Polo Propone l’individuazione di una antropologia trascendentale (“i trascendentali umani”) che mostra un’accessibilità all’Assoluto. Superiorità dell’antropologia (studio dell’essere come persona) sulla metafisica (studio dell’essere come principio) Tra questi “nuovi trascendentali”, di carattere personale, che costituiscono delle “vie antropologiche” verso Dio, si hanno: il co-esistere, la “luce intellettuale”, la libertà, l’amore che si dona.