Prof.ssa Giovanna Scicchitano

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Prof.ssa Giovanna Scicchitano
Transcript della presentazione:

Prof.ssa Giovanna Scicchitano P i t a g o r a Pitagora e la musica Pitagora e Crotone Prof.ssa Giovanna Scicchitano

Pitagora e la musica Pitagora è noto anche per i suoi studi sulla musica e fu proprio una intuizione musicale avuta a Crotone che permise a Pitagora di formulare quel legame fra matematica e natura che costituisce, probabilmente, la scoperta più profonda e feconda della Storia dell’intero pensiero umano. Prof.ssa Giovanna Scicchitano

Secondo Giambico di Calcide, filosofo siriano del III sec. d.C., un giorno Pitagora passò di fronte all’officina di un fabbro e si accorse che il suono dei martelli sulle incudini era a volte consonante, e a volte dissonante. Incuriosito, entrò nell’officina, si fece mostrare i martelli, e scoprì che quelli che risuonavano in consonanza avevano un preciso rapporto di peso ( ad esempio, se uno dei martelli pesava il doppio dell’altro, si producevano suoni distanti un’ottava; se invece uno dei martelli pesava una volta e mezza l’altro, essi producevano suoni distanti una quinta (l’intervallo fra il do e il sol) . Prof.ssa Giovanna Scicchitano

Prof.ssa Giovanna Scicchitano Tornato a casa, Pitagora iniziò una lunga serie di studi sui suoni prodotti dagli strumenti musicali dell’epoca (a corda, a fiato, a percussione). Sorprendentemente, la regola era la stessa (ad esempio, se una delle corde aveva lunghezza doppia dell’altra, esse producevano suoni distanti un’ottava; se invece una delle corde era lunga una volta e mezza l’altra, esse producevano suoni distanti una quinta). Prof.ssa Giovanna Scicchitano

Prof.ssa Giovanna Scicchitano Partendo da questa osservazione, Pitagora fece alcuni esperimenti con nervi di bue in tensione, per vedere se qualche regola analoga valesse anche per i suoni generati da strumenti a corde. Sorprendentemente, la regola era la stessa. Ad esempio, se una delle corde aveva lunghezza doppia dell’altra, esse producevano suoni distanti un’ottava; se invece una delle corde era lunga una volta e mezzo l’altra, esse producevano suoni distanti una quinta. Si tratta delle consonanze fondamentali, in base alle quali, da sempre, si accordano gli strumenti a corda: le quarte, le quinte e le ottave, esprimibili attraverso rapporti numerici. All’ottava corrisponde il rapporto di due a uno, alla quarta corrisponde il rapporto di quattro a tre, e alla quinta corrisponde il rapporto di tre a due. Oggi diciamo che questi sono i rapporti delle frequenze, che un tempo non lo si sapeva. Non era possibile misurare il numero delle oscillazioni di un tono, ma si poteva comporre degli intervalli secondo una regola di calcolo, e dunque con un rapporto numerico esatto si determinava non soltanto una corretta accordatura, ma anche la bellezza dell’intonazione. Prof.ssa Giovanna Scicchitano

“Studiate il monocorde e scoprirete i segreti dell’universo”. Pitagora fu il primo filosofo occidentale a mettere in chiaro le relazioni tra gli intervalli musicali. Si racconta che, per meglio condurre questi esperimenti, “inventò” il monocordo, strumento composto da una sola corda tesa fra due ponticelli fissati da una cassa di risonanza, posata su un terzo ponticello mobile, in modo da ottenere dalle vibrazioni delle due sezioni di corda così divisa, suoni di altezza variabile. Si dice che Pitagora abbia detto “Studiate il monocorde e scoprirete i segreti dell’universo”. Prof.ssa Giovanna Scicchitano

In perfetto stile scientifico, dall’osservazione e dall’esperimento dedusse una teoria: “ la coincidenza tra musica, matematica e natura”. Più precisamente, egli suppose che ci fossero tre tipi di musica: quella strumentale propriamente detta, quella umana suonata dall’organismo, quella mondana suonata dal cosmo. Prof.ssa Giovanna Scicchitano

Prof.ssa Giovanna Scicchitano Quando arrivò a Crotone, Pitagora aveva circa 60 anni. Sposò Teano una figura preminente nella direzione della scuola dopo la sua morte. Prof.ssa Giovanna Scicchitano

così chiamato dai discepoli. Per la saggezza di Pitagora gli fu edificato un magnifico istituto in marmo bianco, tutto circondato da giardini che poi fu chiamato “Tempio delle muse” vicino al quale c’era la casa del “Maestro”, così chiamato dai discepoli. Nella scuola vi erano regole molto severe. Potevano essere accettati solo coloro che avevano ottime indole e reputazione e per i primi due anni dovevano solo ascoltare, mai parlare ed esercitare la memoria su quello che veniva loro insegnato. Prof.ssa Giovanna Scicchitano

geometria, della musica e della gnomica (morale). Infine si arrivava Superata la prima prova si dedicavano allo studio dell’aritmetica, della geometria, della musica e della gnomica (morale). Infine si arrivava all’ultima fase dove imparavano l’origine dell’universo e la metafisica. La scuola di Pitagora aveva un’organizzazione interna così rigida da farla apparire una setta religiosa piuttosto che un vero e proprio movimento filosofico-scientifico. Gli scolari che prima di essere ammessi alla scuola dovevano sottostare a un lungo ed estenuante tirocinio, erano divisi in due categorie: gli acusmatici cioè gli ascoltatori e, i matematici cioè coloro cui erano riservati gli insegnamenti più profondi. Si narra che quando uno studente voleva abbandonare la scuola, il Maestro gli faceva scavare una tomba perché diceva che il suo corpo era vivo ma la sua anima era morta. Alla scuola erano ammesse anche le donne,che partecipavano alle pratiche mistiche e al lavoro scientifico su un piano paritario. Prof.ssa Giovanna Scicchitano

Prof.ssa Giovanna Scicchitano Alla scuola erano ammesse anche le donne,che partecipavano alle pratiche mistiche e al lavoro scientifico su un piano paritario. Pitagora era solito andare con i suoi discepoli a Capocolonna nei pressi del tempio dedicato a Hera Lacinia. In realtà la scuola pitagorica si riuniva nel tempio Apollo (localizzato nelle quote Cimino), mentre le donne si riunivano nel tempio di Hera. Prof.ssa Giovanna Scicchitano

Prof.ssa Giovanna Scicchitano Agli occhi dei suoi seguaci, Pitagora, appariva come l’uomo più saggio della terra, un eroe, l’incarnazione del Dio Apollo e la sua scuola prosperò per una trentina d’anni, fino a che i pitagorici si immischiarono nelle faccende politiche della città, appoggiando il partito sbagliato. Infatti, quando l’entusiasmo finì e si incominciò a imporre la legge con la forza e non più con la saggezza, il popolo e tutti coloro che erano stati esclusi dalla scuola si rivoltarono contro Pitagora, aiutati sia dagli aristocratici sia dai primi movimenti democratici che videro forse nella setta pitagorica un eccessiva chiusura aristocratico sacerdotale. La leggenda narra che l’aristocratico Cilone di Crotone, fattosi interprete dei malcontenti contro il sodalizio pitagorico, che aveva sede nella casa dell’atleta Milone, assaltò e incendiò insieme a molti altri la casa e la scuola di Pitagora, dove erano riuniti i pitagorici. Si dice che sfuggirono alla morte solo due discepoli: Archippo e Liside. Quest’ultimo si rifugiò a Tebe dove fondò un circolo pitagorico dal quale si formò Filolao. Prof.ssa Giovanna Scicchitano

“Causa, causarum miserere mehi! Ovvero: Circa la morte di Pitagora che avvenne tra il 497 e il 496 a. C. ci sono due versioni: La prima narra che si lasciò morire di inedia dopo 40 giorni di digiuno, nella sua casa a Metaponto. La seconda narra che fondò un’altra scuola a Metaponto per continuare a diffondere il suo sapere, ma in seguito ad un incendio, per sopravvivere al fuoco, scappò e si ritrovò in un campo di fave in fiore. Essendo allergico al polline delle fave morì . Si narra inoltre che le sue ultime parole, attribuite poi a Cicerone fossero: “Causa, causarum miserere mehi! Ovvero: “Principio supremo, causa di tutte le cause, abbi pietà di me.” Prof.ssa Giovanna Scicchitano