Ki Thavò Nelle benedizioni promesse se Israele si manterrà fedele allinsegnamento divino, compare una frase che può sembrare pleonastica: …sarai solo in.

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Ki Thavò Nelle benedizioni promesse se Israele si manterrà fedele allinsegnamento divino, compare una frase che può sembrare pleonastica: …sarai solo in alto e non sarai in basso. Ora, è evidente che se si voleva dire che non si sarà mai in condizioni di bassezza, sarebbe bastato scrivere sarai in alto, o al massimo sarai solo in alto, oppure solo non sarai mai in basso. Perché la Torà usa sia la formulazione positiva (rafforzata da quella parola, solo) che quella negativa? A livello cabbalistico, si possono verificare due situazioni nelle quali ci si può trovare in basso: la prima, più evidente, quando ci si allontana da cose superiori per nostra incapacità, la seconda, quando si scende per recuperare qualcosa da riportare a livelli superiori. Questultima operazione, anche se può essere necessaria, è valutata dai Maestri della Qabbalà estremamente rischiosa: non tutti hanno la forza di risalire, specie se il fardello spirituale da recuperare è particolarmente ingente. Cè quindi il pericolo di non riuscire a recuperare il proprio equilibrio, il proprio livello di qedushà. La benedizione divina contenuta in questa Parashà ci insegna che una vera adesione alla volontà di Ha-Qadòsh Barùkh Hu ci dà la possibilità di rimanere solo in alto, di non aver bisogno di recuperare decadimenti, e quindi di non correre il rischio di cadute. Rav Elia Richetti Regola 4 A. La Torà vieta di accettare la lashòn harà, sia che essa renda conto di una trasgressione degli obblighi verso D.o, sia quelliverso il prossimo; ciò significa che non si deve credere in cuor nostro che la storia sia vera, perché in questo modo colui di cui si parla ne risulterebbe diminuito ai nostri occhi. E questo, perfino se non si accetta esplicitamente quel racconto, ché altrimenti si raddoppia la colpa, raccontando e accettando. Colui che accetta trasgredisce un precetto negativo, perché è scritto: Non accettare un racconto vano (Esodo 23,1), e i nostri Maestri hanno detto nella Mekhiltà (commentario della Torà di epoca talmudica) che questo è un ammonimento a chi accetta la lashòn harà, oltre ai vari precetti positivi e negativi connessi, come già discusso nellintroduzione, si consulti colà. E i nostri Maestri hanno detto che chiunque accetti la lashòn harà meriterebbe di essere gettato ai cani, come è detto Non è un racconto vano* in prossimità del versetto Lo getterete ai cani. Dissero anche che la punizione di chi laccetta è superiore a quella di chi la profferisce. * I nostri Maestri insegnano che niente è casuale nella Torà. Perciò, malgrado il secondo versetto tratti di tuttaltro argomento, essi interpretano come in molti altri casi la sua prossimità al primo versetto derivandone un insegnamento supplementare. (Liberamente tratto da Le leggi della maldicenza del Chafètz Chaìm, 2007)

settimanale no. 225 A cura dellUfficio Rabbinico di Venezia La Parashà della settimana: Ki Thavò Acc. lumi ore: Uscita ore:20.27 AVVENIMENTI DELLA SETTIMANA Mazal Tov al nostro Capo Rabbino e alla sua famiglia per la nascita della prima nipote, figlia di Lina e Ishai Richetti. Un affettuoso Mazal Tov ad Alisa Campos, che si è sposata in Israel ed è fra noi per presentarci il suo sposo. 16 Elùl Settembre 2009 Rav Menachèm Ravà Visse nel sedicesimo secolo e fu predicatore a Padova. Scrisse il Beth Moèd (Venezia 1605), un componimento omiletico con discorsi per tutte le occasioni dellanno, quasi tutti incentrati sul concetto di Teshuvà come dimensione metafisica. Lopera fu pubblicata postuma da suo figlio Elia. Rav Amedeo Recanati Vissuto nel sedicesimo secolo, tradusse in italiano il Morè Nevukhìm di Maimonide intitolandolo Erudizione dei confusi, e lo dedicò a Menachèm Azaryà Da Fano. בס"ד תורת היום