GIOSUÈ CARDUCCI I cipressi che a Bolgheri alti e schietti

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GIOSUÈ CARDUCCI 1835-1907 I cipressi che a Bolgheri alti e schietti van da San Guido in duplice filar …

I LUOGHI DELLA GIOVINEZZA Carducci nasce nel 1835 a Valdicastello (Lucca) in Versilia; trascorre la sua infanzia a Castagneto e a Bolgheri (Livorno), in Maremma. Qui, il padre, medico di idee carbonare, partecipa ai moti del ‘48 e, temendo persecuzioni, si trasferisce poi con la famiglia a Firenze, dove il poeta inizia lo studio degli autori classici. Nel 1856, all'età di 21 anni, si laurea in lettere alla Scuola Normale Superiore di Pisa.

La casa natale di Carducci a Valdicastello

LA MATURITÀ Carducci visse il resto della sua vita a Bologna, presso la cui Università nel 1860 ottenne, all'età di soli 25 anni, la cattedra di letteratura italiana. Carducci dedicò l'intera vita allo studio e alla passione politica. Fu considerato il poeta vate, simbolo della nazione italiana, poiché con la sua opera, che si ispirava al mondo classico, intendeva formare la coscienza civile e morale degli italiani. La sua esistenza fu attraversata anche da molto dolore, provocato dalla perdita di alcune persone care, in particolare da quella del figlio Dante, morto a tre anni, il cui ricordo viene rievocato nella lirica "Pianto antico". Nel 1890 divenne senatore e nel 1906 ricette il Premio Nobel per la letteratura. Morì a Bologna nel 1907.

Scrivi alcuni degli eventi più importanti della vita di Carducci

LA VITA: LE TAPPE FONDAMENTALI 1856 Frequenta la scuola normale di Pisa dove si laurea in lettere. Pubblica le sue prime opere. 1860 Viene chiamato ad insegnare letteratura italiana all’Università di Bologna, dove trascorre la sua vita. 1890 Viene nominato senatore. 1906 Riceve il premio Nobel per la letteratura (il primo Nobel assegnato ad un italiano).

LE OPERE Carducci ha lasciato una vastissima produzione di opere poetiche e saggi critici, tutta la sua opera è attraversata dalla fiducia nella dignità e nella grandezza dell'uomo, concetto trasmesso dai modelli classici. Tra le maggiori raccolte di liriche ricordiamo: RIME NUOVE (1861-1887) Di cui fanno parte: San Martino e Pianto antico (1871) In queste liriche segue la tradizione dei modelli classici italiani ed alterna temi storico – politici e ricordi personali, che si sposano a fresche descrizioni paesaggistiche, nate da un profondo amore per la natura. GIAMBI ED EPODI (1867-1879) Opere in cui afferma gli ideali democratici e il culto per la libertà e il progresso. ODI BARBARE (1877-1889) In queste odi applica le regole della metrica greca e latina. Ne fa parte: Alla stazione in una mattina d'autunno (1875-76) Il tema dell’ode è la partenza della donna amata, la separazione avviene alla stazione, infatti, spicca l'immagine del treno, simbolo di progresso e modernità, descritto come un mostro infernale, che porta via la donna. RIME E RITMI (1899) L’ultima raccolta di poesie che presenta una varietà di stile e di temi.

MAPPA CONCETTUALE

LA POESIA SECONDO CARDUCCI Carducci ritiene che il poeta debba svolgere il compito di confortare gli uomini, con le immagini dell’armonia e del bello. Il poeta deve anche accendere gli animi agli ideali religiosi e patriottici. Carducci viene considerato per questo poeta vate, simbolo della nazione italiana. Carducci si oppone al Romanticismo e sostiene, contro i fautori della strofa e del verso libero, il valore dei modelli classici.

SAN MARTINO La/ neb/bia a/gl’ir/ti/ col/li piovigginando sale, L’11 novembre, giorno di San Martino, nelle campagne toscane si toglieva dai tini il vino, messo lì a fermentare, per travasarlo nelle botti. Carducci descrive, in contrasto con la malinconia del paesaggio autunnale, l’atmosfera festosa di un borgo della Maremma, in un giorno che per i contadini segnava anche la fine del lavoro nei campi. La/ neb/bia a/gl’ir/ti/ col/li piovigginando sale, e sotto il maestrale urla e biancheggia il mar; ma per le vie del borgo dal ribollir de’ tini va l’aspro odor dei vini l’a/ni/me a/ ral/le/gra/r. Gira su’ ceppi accesi lo spiedo scoppiettando: sta il cacciator fischiando su l’uscio a rimirar tra le rossastre nubi stormi d’uccelli neri, com’esuli pensieri nel vespero migrar. Analisi del testo Individua il tipo di strofa e di verso, le rime e le figure retoriche utilizzate dal poeta.

Analisi del testo SAN MARTINO La/ neb/bia a/gl'ir/ti/col/li A pio/vig/gi/nan/do/ sa/le, B e/sot/to il/ ma/e/stra/le B ur/la e/ bian/cheg/gia il/ ma/r, C ma/ per/ le/ vie/del/ bor/go D dal/ rib/bol/lir/ de'/ ti/ni E va/ l'as/pro o/ dor/ dei/ vi/ni E l'a/ni/me a/ ral/le/gra/r. C Gi/ra/ su'/ cep/pi ac/ce/si F lo/ spie/do/ scop/piet/tan/do, G sta il/ cac/cia/tor/ fis/chian/do G su/ l'u/scio a/ ri/mi/ ra/r, C tra/ le/ ros/satr/re/ nu/bi, H stor/mi/ d'uc/cel/li/ pen/sie/ri; I co/m'e/su/li/ pen/sie/ri I nel/ ves/pe/ro /mi/gra/r. C METRO: quattro quartine di settenari; in ogni quartina il primo verso è libero dalla rima; il secondo e il terzo rimano fra di loro; il quarto tronco, rima col verso finale delle altre quartine. FIGURE RETORICHE: Personificazione urla ... il mar (1^ strofa) Allitterazione R (2^ strofa) Sinestesia l’aspro odor dei vini gusto - olfatto (2^ strofa) Onomatopea ribollir, scoppiettando, fischiando (2^ e 3^ strofa) Similitudine com’esuli pensieri (4^ strofa)

PIANTO ANTICO L'al/be/ro a/ cui/ ten/de/vi la pargoletta mano, In questa poesia Carducci ricorda il piccolo figlio Dante ed esprime tutto il suo dolore per la sua morte prematura. Il poeta contrappone ai colori e alla calda vitalità del paesaggio primaverile, i toni cupi e freddi della morte. L'al/be/ro a/ cui/ ten/de/vi la pargoletta mano, il verde melograno da' bei vermigli fior, nel muto orto solingo rinverdì tutto or ora e giugno lo ristora di luce e di calor. Tu fior della mia pianta percossa e inaridita, tu dell'inutil vita estremo unico fior, sei nella terra fredda, sei nella terra negra; né il sol più ti rallegra né ti risveglia amor. Analisi del testo Individua il tipo di strofa e di verso, le rime e le figure retoriche utilizzate dal poeta.

PIANTO ANTICO Analisi del testo L'al/be/ro a/cui/ ten/de/vi A la/ par/go/let/ta/ ma/no, B il/ ver/de/ me/lo/gra/no B da'/ bei/ ver/mi/gli/ fio/r, C nel/ mu/to or/to /so/lin/go D rin/ver/dì /tut/to or/ o/ra E e/ giu/gno/ lo/ ris/to/ra E di/ lu/ce e/ di/ ca/lo/r. C Tu/ fior/ del/la/ mia/ pian/ta F per/cos/sa e i/na/ri/di/ta, G tu/ del/l'i/nu/til/ vi/ta G e/stre/mo u/ni/co/ fio/r, C sei/ nel/la/ ter/ra/ fred/da, H sei/ nel/la/ ter/ra/ ne/gra; I né il/ sol/ più/ ti/ ral/le/gra I né/ ti/ ris/ve/glia a/mo/r. C METRO: quattro quartine di settenari; in ogni quartina il primo verso è libero dalla rima; il secondo e il terzo rimano fra di loro; il quarto tronco, rima col verso finale delle altre quartine. FIGURE RETORICHE: Personificazione muto orto (2^ strofa) Metafora fior della mia pianta (3^ strofa) fior = figlio - pianta = padre Anafora sei nella terra /né (4^ strofa)

Giosuè Carducci e il mito del progresso

INNO A SATANA, versi scelti Quando si costruirono le ferrovie e comparvero ovunque i treni sferraglianti, l'impatto fu enorme, era l’inizio di una nuova era! Il treno era l'unico mezzo in grado di superare distanze ritenute prima invalicabili; consentiva il trasporto di un gran numero di merci e persone in luoghi lontani. Ma, come tutte le grandi novità, incuteva pure paura, con il suo rumore assordante, i fischi acuti, il fumo denso e nero e le strade ferrate che invadevano e deturpavano il paesaggio. Per questo il treno venne facilmente associato a una creatura diabolica dal fascino proibito e seducente del male. Un bello e orribile ei passa, o popoli, mostro1 si sferra2, Satana il grande8. corre gli oceani, corre la terra: Passa benefico   di loco in loco corusco e fumido3 su l'infrenabile come i vulcani, carro del foco. i monti supera, divora i piani4; Salute, o Satana, o ribellione, sorvola i baratri5; o forza vindice5 poi si nasconde de la ragione! per antri incogniti6, per vie profonde7; NOTE: 1. la macchina a vapore 2. si dirige con impeto con violenza ed esce; e indomito 3. fiammeggiante e fumante di lido in lido 4. le pianure come di turbine 5. i burroni, le profonde vallate 6. sconosciuti manda il suo grido, 7. le gallerie 8. l’immagine di Satana si sovrappone a quella della locomotiva l'alito spande: 9. vendicatrice METRO: quartine di versi quinari. RIME: ABCB. FIGURE RETORICHE: anafora, similitudine, enjambement, chiasmo

INNO A SATANA, versi scelti Ogni aspetto della modernità era condannato dalle forze conservatrici del tempo come prodotto di Satana. Carducci ribalta questa definizione in positivo, celebrando la figura di Satana. Le cose che i reazionari consideravano opera del demonio, per Carducci rappresentano invece gli aspetti più positivi della vita. Satana diventa così simbolo della libertà di pensiero e del progresso della scienza, delle gioie terrene e delle bellezze naturali e artistiche. Nel componimento, quindi, Satana rappresenta la forza della ragione e il libero pensiero, che superano le barriere secolari della superstizione e delle false credenze religiose. L’inno si conclude con l'identificazione del diavolo con il treno, il nuovo mezzo con cui l'uomo supera gli ostacoli e accorcia le distanze. L’uomo può finalmente liberarsi da ogni vincolo e pregiudizio e avanzare verso il sol dell’avvenire: un futuro radioso simboleggiato dall’immagine del treno “bello e orribile / mostro”. Questa visione progressista viene però espressa nella poesia di Carducci con forme classicheggianti: il poeta riprende i termini aulici, la sintassi latineggiante e i riferimenti colti propri della tradizione del classicismo italiano.

Alla stazione in una mattina d'autunno Oh quei fanali come s’inseguono accidïosi là dietro gli alberi, tra i rami stillanti di pioggia sbadigliando la luce su ’l fango! Già il mostro, conscio di sua metallica anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei         30 occhi sbarra; immane pe ’l buio gitta il fischio che sfida lo spazio. Va l’empio mostro; con traino orribile sbattendo l’ale gli amor miei portasi. Ahi, la bianca faccia e ’l bel velo          35 salutando scompar ne la tènebra. Flebile, acuta, stridula fischia          5 la vaporiera da presso. Plumbeo il cielo e il mattino d’autunno come un grande fantasma n’è intorno. O viso dolce di pallor roseo, o stellanti occhi di pace, o candida tra’ floridi ricci inchinata pura fronte con atto soave!          40 Dove e a che move questa, che affrettasi a’ carri foschi, ravvolta e tacita           10 gente? a che ignoti dolori o tormenti di speme lontana? Fremea la vita nel tepid’aere, fremea l’estate quando mi arrisero; e il giovine sole di giugno si piacea di baciar luminoso Tu pur pensosa, Lidia, la tessera al secco taglio dài de la guardia, e al tempo incalzante e i begli anni          15 dài, gl’istanti gioiti e i ricordi. in tra i riflessi del crin castanei          45 la molle guancia: come un’aureola più belli del sole i miei sogni ricingean la persona gentile. Van lungo il nero convoglio e vengono incappucciati di nero i vigili, com’ombre; una fioca lanterna hanno, e mazze di ferro: ed i ferrei           20 Sotto la pioggia, tra la caligine torno ora, e ad esse vorrei confondermi;         50 barcollo com’ebro, e mi tocco, non anch’io fossi dunque un fantasma. freni tentati rendono un lugubre rintocco lungo: di fondo a l’anima un’eco di tedio risponde doloroso, che spasimo pare. Oh qual caduta di foglie, gelida, continua, muta, greve, su l’anima! io credo che solo, che eterno,          55 che per tutto nel mondo è novembre. E gli sportelli sbattuti al chiudere           25 paion oltraggi: scherno par l’ultimo appello che rapido suona: grossa scroscia su’ vetri la pioggia. Meglio a chi ’l senso smarrì de l’essere, meglio quest’ombra, questa caligine: io voglio io voglio adagiarmi in un tedio che duri infinito.

Alla stazione in una mattina d'autunno NOTE 1. fanali: i lampioni del viale che porta alla stazione. 2. accidïosi: monotoni che si ripetono sempre uguali. 4. sbadigliando... fango: gettando sul fango una luce fioca. La metafora sbadigliando è insolita per Carducci. 5-8. Flebile... intorno: la strofa è piena di presenze solo enunciate; la similitudine finale sottolinea la sensazione che l’atmosfera autunnale avvolga ogni cosa. 9-11. Dove... gente?: dove e verso quale scopo va questa gente che si affretta taciturna e imbacuccata verso le carrozze? 13. Tu pur: anche tu. Lidia, il personaggio è Carolina Cristofori Piva, legata al poeta dal 1871 e morta, ancor giovane, nel 1881. 14. guardia: controllore. 18. vigili: frenatori. 21. freni tentati: i freni colpiti dalle mazze dei frenatori che li verificano. 26-27. l’ultimo appello: l’ultimo invito a salire. 30-31. i fiammei occhi: i fanali. 33-34. con traino... portasi: trascinando orribilmente dietro di sé le carrozze e muovendo gli stantuffi (sbattendo l’ale) si porta via il mio amore, la donna amata. 38. stellanti occhi di pace: occhi che splendono come stelle e che mi danno pace. 41. Fremea: fremeva; da qui si protrae per due strofe un’ immagine estiva, lieta e solare che appartiene al ricordo e che si contrappone alla situazione autunnale, triste del presente. 42. quando mi arrisero: quando quel volto, quegli occhi e quella fronte mi sorrisero. 44. si piacea: si compiaceva. 49. caligine: nebbia. 50. e ad esse: alla pioggia e alla nebbia. 57. Meglio... essere: meglio per chi ha perso coscienza di vivere. METRO Strofe formate da 2 decasillabi, 1 novenario, 1 decasillabo.

VIDEO APPROFONDIMENTO Parte prima http://www.youtube.com/watch?v=1scU2TjKsMU Parte seconda http://www.youtube.com/watch?v=tsC1Xq_G7KY SINTESI BIG-nomi http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-2629216a-1db5-4d23-af80-5d3dccbc3e7d.html#p= CURIOSITÀ Fiorello "San Martino" http://www.youtube.com/watch?v=Dod_9TPOliA