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Non farei il mio dovere di vescovo se vi dicessi
Transcript della presentazione:

Le parole di monsignor Tonino Bello, che potremmo tranquillamente definire profeta dei giorni nostri, ci sono sembrate le migliori per accompagnare la rappresentazione del presepe “tradizionale”. Il Figlio di Dio, venendo nella semplicità, ha sconvolto e messo in crisi il popolo di Israele e i capi religiosi del suo tempo, che si attendevano un Messia potente, non debole, umile e semplice come un bambino.

Come ai tempi del primo Natale Gesù è risultato scomodo ai capi del popolo, così oggi il presepe “tradizionale” trasmette al nuovo popolo di Israele, cioè la Chiesa che siamo noi, degli auguri scomodi, urtanti, profondi. I profeti, come Tonino Bello, sono sempre scomodi, perché dicono la verità. Se anche noi vogliamo essere profeti del vero Natale “tradizionale”, lasciamoci sconvolgere e contagiare da questi auguri e accogliamo il lieto annunzio con serietà!

Non obbedirei al mio dovere di vescovo, se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo.

Io, invece, vi voglio infastidire. Non posso infatti sopportare l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, impostati dalla routine di calendario.

Mi lusinga, addirittura, l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati. Tanti auguri scomodi, allora!

Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali. E vi conceda la forza di inventarvi un’esistenza carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.

Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un profugo, a un povero di passaggio.

Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la carriera diventa idolo della vostra vita; il sorpasso, progetto dei vostri giorni; la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.

Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla ove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie,

finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che lo sterco degli uomini o il bidone della spazzatura o l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.

Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corto circuiti allo spreco delle vostre luminarie,

fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.

Gli angeli che annunziano la pace portino guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che, poco più lontano di una spanna con il vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie,

si sfrutta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano i popoli allo sterminio per fame.

I poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una grande luce”, dovete partire dagli ultimi.

Le pellicce comprate con la tredicesima di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. I ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.

I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge”, scrutando l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio,

e vi ispirino un desiderio profondo di vivere poveri; che poi è l’unico modo di morire ricchi, sul nostro vecchio mondo che muore nasce la speranza.