Le tappe dello sterminio Ci sono dei passaggi standard in ogni processo di emarginazione, espulsione, sterminio. Perché alle spalle quasi sempre c’è un progetto, un calcolo: impossessarsi dei beni delle persone espulse (pellirosse, africani) sfruttare le persone come forza lavoro (mesoamericane, africani in Italia) attribuire a qualche gruppo una responsabilità (o perché non si sa come spiegare altrimenti il fenomeno – esempio della peste del 1300 – o perché è un fenomeno a cui non ci si può opporre – esempio della globalizzazione: attribuiamo allo straniero la responsabilità del nostro disagio che però è causato dal mercato mondiale, che nessuno Stato è in grado di controllare o contrastare. Questo è un errore tipico (post hoc – propter hoc) La presenza del migrante e il mio disagio sono solamente fenomeni contemporanei, non in rapporto di dipendenza. E poi, se proprio con qualcuno devo prendermela perché il rumeni portano via il lavoro agli italiani, beh dovrebbero essere gli italiani che danno lavoro ai rumeni e non ai loro concittadini. Fulvio Gambotto
Il giardiniere del giardino meraviglioso Il necessario punto di partenza per ogni teoria razziale è la caratterizzazione (“costruzione”) dell’estraneo, l’altro, l’erbaccia da estirpare Occorre elaborare stereotipi, immagini mostruosamente deformate dell’altro, semplificazioni che rendano “assolute”, quindi irriducibili, differenze in verità “relative”; Insomma “creare” delle categorie che permettano di distinguere tra “noi” e “gli altri”, tra “normalità” e “anormalità”, tra i difensori del bene e dell’ordine e l’incarnazione della corruzione e della colpa. Immagine di Zygmund Bauman, Modernità e olocausto Gli stereotipi non tengono conto della realtà dei singoli, sono come le etichette che mettiamo sui barattoli: “marmellata” è qualsiasi marmellata, “marmellata di prugne” è qualsiasi marmellata di prugne Esempio di Emilio Lussu (Un anno sull’altipiano) “Gli italiani; tutti pizza e mandolino …”. Anche a Trieste? Anche a Torino? “I meridionali sono sporchi” (detta a una signora meridionale che aveva appena lodato per la pulizia e l’eleganza della casa) La cosa divertente da osservare è che le caratteristiche del diverso sono poi sempre le stesse: mangiano i bambini (cristiani, comunisti) non hanno pudore (maya, africani, italiani in America) non si lavano (tutti) non hanno il senso della famiglia (arabi, paesi in cui è introdotto il divorzio) ci rubano i soldi (zingari, ebrei, …) Quasi come se il diverso incarnasse tutte le più ataviche paure Il salto al pregiudizio è dall’individuo (maledetto questo ladro) al “gruppo” (maledetti i rumeni, gli albanesi, i meridionali, …)
“Io non sono razzista, ma … Il secondo elemento fondamentale è convincere l’opinione pubblica della verità del pregiudizio appena costruito, ossia della reale estraneità dell’altro, della sua non appartenenza al “nostro giardino” Lo strumento utilizzato è il linguaggio, attraverso il quale il pregiudizio viene ripresentato e diventa parte del “discorso pubblico” Con la ripetizione ossessiva, il pregiudizio diventa una ideologia condivisa e accettata (e giustificata con “prove” che ogni individuo raccoglie) Teun A. van Dijk, Il discorso razzista. La riproduzione del pregiudizio nei discorsi quotidiani, Rubbettino, 1994 Perché è con il linguaggio che noi costruiamo il mondo; noi siamo raramente a contatto con le cose, più frequentemente siamo in contatto con il racconto delle cose (esempio) Per questo è importante che il linguaggio sia corretto, il più possibile corretto
Che c’e’ di male? A questo punto è possibile passare alla espropriazione (dei beni e dei diritti fondamentali dell'individuo) L‘altro diventa una "non persona" e viene disumanizzata. A questo punto il persecutore è in grado di non considerarsi malvagio: la malvagità si esercita verso gli esseri umani, gli altri in questa logica non sono più umani ma sub-umani.
Non c’era piu’ nessuno a protestare La rottura dei legami sociali permette di emarginare l’altro, poi di ghettizzarlo, infine di “eliminarlo” Nessuno protesterà, perche’ dalla maggior parte delle persone ciò verrà vissuto e raccontato con soddisfazione (finalmente ci siamo liberati della causa della nostra infelicita’) Naturalmente nella realtà nulla e cambiato (o comunque non in conseguenza dell’eliminazione del diverso), ma questo dato non è colto, perché estraneo al “discorso pubblico”
Pallaksch. Pallaksch. Venisse un uomo al mondo, oggi, con la barba di luce dei patriarchi, dovrebbe, se di questo mondo volesse parlare, solo balbettare e balbettare, continua … continua … continuamentete Pallaksch, pallaksch Paul Celan, Tubinga, gennaio, 1963