SENECA Nella trilogia dedicata a Sereno

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Transcript della presentazione:

SENECA Nella trilogia dedicata a Sereno I Dialogi di Seneca sono dieci trattati filosofici in 12 libri rivolti a dei destinatari che sono anche i dedicatari ai quali Seneca vuole dimostrare l’opportunità di realizzare una vita eticamente compiuta grazie agli insegnamenti filosofici (dottrina stoica). Nella trilogia dedicata a Sereno (De constantia sapientis, De otio, De tranquillitate animi) si chiarisce il rapporto fra la vita attiva e la contemplazione filosofica, prendendo a modello la perfetta condotta del sapiente, tramite cui Seneca vuole dimostrare la praticabilità dell’etica.

DE CONSTANTIA SAPIENTIS ANNEO SERENO (amico di Seneca che sotto Nerone fu prefetto dei vigili) Dedicato ad Scritto intorno al 55-56 a.C. DE CONSTANTIA SAPIENTIS Protagonista Sapiens Princìpi Dottrina stoica

Nel De constantia sapientis Seneca vuole dimostrare la costanza e l’imperturbabilità del SAPIENS anche in campo politico pratico. Egli fornisce come esempio di questa condotta Catone, che si mostrò impassibile alle guerre civili e si sentì, non sconfitto, ma coerente con i suoi princìpi nonostante non avesse l’appoggio della comunità. 

Sapiens L'imperturbabilità La costanza Deve possedere L'imperturbabilità La costanza E’ quella proprietà del saggio di rimanere indifferente di fronte all‘ iniuria e alla contumelia. È la perseveranza del saggio nei propri giudizi e intenti nonché la coerenza tra pensiero e azione, sia l'immutevolezza della virtù nel corso del tempo, che deve rimanere salda e irremovibile davanti alle difficoltà che la sorte presenta.

Il saggio non è quindi inarrivabile, ma invincibile. Il «sapiens» dunque, proprio perché imperturbabile, non può subire né offesa né contumelia. L’ iniuria La contumelia Più un oltraggio che un’offesa. Consiste nell'assumere un comportamento che porta disagio a un altro, il quale si sente disprezzato. Ma il saggio è quanto di più simile ci sia a un Dio, se non fosse per la sua mortalità, e non può certo essere disprezzato da un essere inferiore. Vale a dire l'offesa, che ha come intenzione l'arrecare un danno a qualcuno ma non al saggio: non può subire alcun male, poiché dove c'è virtù non c'è male, e quindi l'offesa, pur raggiungendolo, non lo danneggia. Il saggio non è quindi inarrivabile, ma invincibile.

L’inespugnabilità del saggio dinnanzi l’attacco degli uomini, diventa un modello per coloro che vogliono intraprendere la via della virtus Oltraggi e disprezzo provenienti dagli uomini non possono provocare né ira né altri turbamenti nel saggio perché egli è ben consapevole che essi mirano a colpire il corpo e i comportamenti esteriori , ma non l’animus dove risiedono i veri beni. Il saggio, infine, poiché ha riposti tutti i suoi beni in sé e non ha lasciato nulla affidato alla fortuna, non può da essa essere danneggiato.

PUNTO DI RIFERIMENTO COSTANTE L’esemplificazione si fonda sull’attenta osservazione della vita umana nella sua quotidianità e sui comportamenti di personaggi illustri come: CALIGOLA CATONE L'UTICENSE ESEMPIO DI TOLLERANZA SOCRATE PUNTO DI RIFERIMENTO COSTANTE ESEMPIO DI NEGATIVITA’

Brevità della vita - il tempo DESTINATARIO Paolino De brevitate vitae DATAZIONE 49 o 62 a.C? STRUTTURA XX Capitoli Tematica Brevità della vita - il tempo

Il tempo coincide con la vita dell’uomo? Perché? Dopo otto anni di esilio in Corsica, Seneca rientra a Roma grazie ad Agrippina, seconda moglie di Claudio che gli chiede di educare il figlio Nerone. Seneca non vede l’ora di tornare alla vita attiva, ma nello stesso tempo le meditazioni fatte durante l’esilio, e la voglia di riprendere la scrittura di filosofia, gli danno spunto per comporre il «De brevitate vitae» Da una parte vede ogni giorno la vita frenetica di Roma, dall’altra ha ancora vivo il ricordo della meditazione sulla vita. Per questo si è posto alcune domande sul tempo alle quali prova a rispondere nella sua opera: Che cosa è il tempo? Il tempo coincide con la vita dell’uomo? E la vita, è quella dedicata all’attività frenetica o alla meditazione?

Contenuto « Exigua pars est vitae, qua vivimus. Ceterum quidem omne spatium non vita, sed tempus est  » « Il tratto di vita in cui viviamo è minimo. Infatti tutto lo spazio rimanente non è vita, ma tempo  » Il tema principale del de brevitate vitae è il tempo e la fugacità di esso Nonostante tutti si lamentino della brevità della vita, questa è lunga a sufficienza "per la realizzazione delle cose più grandi“. Agli uomini sembra breve perché essi ne sprecano gran parte in futili occupazioni. La vita infatti è breve per gli «occupati» (coloro che si dedicano agli affari e alla vita pubblica) mentre è lunga per gli «otiosi» (coloro che si dedicano alla filosofia).

Il tempo dovrebbe appartenerci interamente ma quotidianamente ogni cosa e ciascuno ce lo ruba: nessuno è disposto a dare le proprie ricchezze, ma tutti non ci curiamo di regalare tempo della nostra vita agli altri dando libero accesso a tutti come fossero padroni o ladri. La vita dunque non è breve, ma siamo noi a renderla tale essendone prodighi. L’uomo agisce e programma la propria vita come se avesse la certezza di vivere a lungo o, addirittura per sempre mentre la cosa più difficile è saper vivere. L’uomo sbaglia a rimandare il tempo del riposo e meditazione per dedicarsi a occupazioni futili e addirittura nocive.

Ognuno pretende la sua parte, le ricchezze, gli incarichi, persino la malattia rivendica per sé la sua parte, ma nessuno rivendica se stesso per sé. L’otium Solo il saggio conosce il vero otium (tempo libero) utile e proficuo, diverso da quello degli sfaccendati. L’otium si contrappone al negotium che invece riguarda coloro che si dedicano alla vita pubblica. Gli occupati non hanno tempo libero, e se ce l’anno sono «occupati del non far niente» La vita degli occupati è breve, quella del saggio, che sa misurare la sua vita in base dell’attività spirituale, è lunga abbastanza. Seneca esorta Paolino a lasciare la vita pubblica che non si addice alla dignità dell’uomo per dedicarsi alla vita spirituale e alla filosofia

«La vita si divide in tre tempi: quello che è stato, quello che è, quello che dovrà essere. Di essi quello che stiamo vivendo è breve, quello che dovremo vivere è incerto, quello che abbiamo vissuto è sicuro» Il tempo fluisce perennemente, e per noi uomini è costituito da passato presente e futuro: Il passato è invece l’unico tempo che ci appartiene, perché è l’unico tempo certo: è necessario allora conquistare tutta la sapienza del passato per metterci in contatto con i grandi che ci hanno preceduto. Il presente non ci appartiene (fugge via), e bisogna pertanto viverlo nella maniera intensa possibile per poterne divenire padroni; Il futuro è avvolto dal dubbio e dall’incertezza, quindi non si deve confidare in esso

All’uomo «occupato» riguarda solo il presente, esso è breve tanto che non lo si può afferrare ed è sottratto agli stessi occupati senza rendersene conto a causa degli impegni. Il saggio e il tempo Un determinato tempo è passato: ebbene, egli lo tiene ben stretto a sé con il ricordo «transit tempus aliquot: hoc recordatione comprendit» Un altro tempo gli sta innanzi: di esso ne usa «instat: hoc utitur» Un altro tempo gli verrà incontro: ecco che egli lo anticiperà «venturum est: hoc praecipit» Il Saggio raccoglie insieme tutti i diversi tempi, il chè gli rende lunga la vita «longam illi vitam facit omnium temporum in unum conlatio» Il saggio è dunque al di sopra del tempo, vive in una condizione di «non-tempo» in quanto condensa in sé tutte e tre le scansioni del tempo

Classe III A A.S. 2012-2013 Prof. Rosario Scalia Realizzato da:Andrea Lo Piccolo & Giuseppe Cocimano Classe III A A.S. 2012-2013 Prof. Rosario Scalia

I 20 capitoli in cui si suddivide l’opera sono: I: vita non breve per natura, ma per cattivo uso umano VII: impegni che tolgono il respiro II- III: occupazioni e passioni, cause del poco tempo VIII-IX: ignoto valore del tempo, vivere oggi e non rimandare tutto al domani IV-V-VI: es. di affaccendati illustri come Cicerone, Augusto… CONTINUA

XIV-XV-XVI-XVII: dedicarsi alla sapienza porta all’ozio vero e i saggi insegnano l’immortalità , gli affaccendati trascurano Passato e Presente e si preoccupano del Futuro X-XI: i 3 tempi della vita. Indaffarati desiderano più vita. Saggio pronto a morire. XVIII-XIX: Seneca esorta Paolino per lasciare vita pubblica e dedicarsi alla vita contemplativa XII-XIII: descrizione degli occupati, differenza veri e finti oziosi. Erudizione perdita di tempo se fine a se stessa XX: indaffarati muoiono senza aver vissuto come Turannio

2-Fu scritta nel 62 a.C. quando Seneca si ritirò a vita privata. La datazione del «de brevitate vitae» è stato per gli studiosi motivo di ipotesi svariate e fra le molte avanzate due sono da considerarsi maggiormente: 1- L’opera fu composta nel 49 a.C. nell’anno del ritorno a Roma di Seneca dall’esilio 2-Fu scritta nel 62 a.C. quando Seneca si ritirò a vita privata. I sostenitori della tesi del 49, fanno uso di un passo dell’opera in cui Seneca fa un riferimento alle ragioni per le quali il monte Aventino era escluso dal pomerio e riferisce di aver appreso queste notizie «in questi giorni» da un conferenziere. Proprio nel 49 Claudio emanò un provvedimento di inclusione dell’ Aventino nel pomerio. Anche se Seneca non fa riferimento esplicito nella sua opera al provvedimento di Claudio, chi avvalora la tesi del 49 è convinto che l’opera sia stata composta tra il rientro a Roma di Seneca e l’emanazione del provvedimento di Claudio 2

I sostenitori della datazione più tarda il 62 si fondano soprattutto su una motivazione esterna all’opera: Tacito scrive negli Annales relativi all’anno 62 che Seneca fa un discorso a Nerone in cui prega l’imperatore di far sì che le sue ricchezze in gran parte accumulate grazie alla generosità del principe e oggetto di invidia da parte di molti, siano gestite dai fiduciari di Nerone e che facciano parte dei beni di quest’ultimo. Inoltre manifesta all’imperatore la volontà di dedicarsi alla filosofia, una volta liberatosi dalle ricchezze, e di ritirarsi a vita privata. Dunque per chi sostiene la tesi del 62 l’opera è stata composta dopo che Seneca si ritirò a vita privata.

Maior pars mortalium, Pauline, de naturae malignitate conqueritur Il destinatario Maior pars mortalium, Pauline, de naturae malignitate conqueritur ‘’ La maggior parte dei mortali, O Paolino si lamenta dell’avarizia della natura’’ Paolino non è facilmente identificabile , ma per certezza deve trattarsi di una persona stretta per Seneca poiché, i dedicatari di queste opere, sono figure di stretto rapporto con l’autore come Pompeo Paolino, padre di Paolina moglie di Seneca, sposati nel 49, anno possibile della composizione. Si tratta di una persona prestigiosa, poiché appartenente alla famiglia borghese di Arles. P. Paolino ricopre la carica di prefetto dell’annona tra il 48 e il 45. Pur essendo di cultura elevata, non è uno stoico anche se da giovane si dedicò alla retorica e filosofia.