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Lettera 318
Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce
Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondati nella virtù della santissima fede; la quale fede è un lume che sta nell'occhio dell'intelletto; che ci fa vedere e conoscere la verità.
E la cosa che si conosce buona, si ama; non conoscendola, non si può amare; e non amandola, non si può conoscere. Adunque ci è necessario il lume: che senz'esso andremo in tenebre; e chi va per la tenebra, è offeso da essa.
Questo lume c'insegna la via, ci mostra il fine; e ci insegna gl'invitatori, che sono due. Questo lume vede le nozze dell'uno e dell'altro; e col vedere le discerne, quale dà vita, e quale morte. O dolcissimi e amantissimi figliuoli, quali sono questi due che c'invitano? E quali sono le vie loro? Ve lo dico.
Cristo benedetto è l'uno; che c'invita all'acqua viva della Grazia. Così disse egli quando gridava nel tempio: «Chi ha sete, venga a me, e beva, che son fonte d'acqua viva».
Veramente egli è una fonte: che, come la fonte tiene in sé l'acqua e trabocca per il murello d'intorno; così questo dolce e amoroso Verbo, vestito della nostra umanità; l'umanità sua fu un muro che tenne in sé la deità eterna unita in essa umanità; traboccando il fuoco della divina carità per il muro aperto di Cristo crocifisso: però che le piaghe sue dolcissime versarono sangue intriso col fuoco, perché per fuoco d'amore fu sparto.
Di questa fonte traiamo noi l'acqua della Grazia; però che in virtù della deità, e non puramente per l'umanità, fu purgata la colpa dell'uomo. L'umanità sostenne la pena della croce; e in virtù della deità fu soddisfatto alla colpa nostra, e fummo restituiti a Grazia. Sicché veramente egli è fonte d'acqua viva, e con gran dolcezza d'amore c'invita a berne.
Ma dice: «Chi ha sete; venga a me, e beva». E non invita chi non ha sete. E dice: venga a me. Oh come dice bene la Verità eterna! però che nessuno può andare al Padre se non per lui!, siccome egli disse nel santo Evangelo: perché, chi vuole andare a partecipare la visione del Padre eterno, il quale è vita durabile, gli conviene tenere per la via della dottrina del Verbo, il quale è via, verità, e vita.
E chi va per questa via, non va in tenebre, ma va col lume della santissima fede; il quale lume è tratto dal lume suo: e in esso l'accresce. E così dobbiamo dire: Signore, dammi grazia che nel lume tuo io veda lume. Egli è essa Verità: e l'anima che segue la dottrina di questo Verbo, lascia e consuma in sé la bugia dell'amore proprio. E in verità senza mezzo corre coi piedi dell'affetto per questa via, seguendo la dottrina di Cristo crocifisso.
Il quale, vede col lume della fede, che è salito in su la cattedra della croce, e ci insegna la dottrina; avendola scritta nel corpo suo: e fece di sé un libro, con capoversi sì grossi, che non è uomo tanto idiota, né di sì poco vedere, che non ci possa largamente e perfettamente leggere.
Legga dunque, legga l'anima nostra: e per meglio poterlo leggere, salgano i piedi dell'affetto nostro nell'affetto di Cristo crocifisso. In altro modo non lo leggeresti bene. Facciamoci a quello principale, della affocata carità, la quale troviamo nel costato suo, onde egli ci mostra il segreto del cuore; mostrando che con cosa finita, cioè con la pena sua che fu finita, non può tanto mostrare l'amore ch'egli ci ha, né darci tanto, che egli non ci voglia più mostrare e dare.
Questo amore ch'egli ha a noi, vilissime creature, ci lascia per dottrina, che con esso dobbiamo amar lui sopra ogni cosa e il prossimo come noi medesimi. Il quale amore si deve mostrare in effetto; siccome fece egli, che col sostenere ce lo dimostrò.
Con amore dunque ameremo; e dimostreremo in Dio e nel prossimo se noi saremo fedeli alla dottrina sua, sostenendo pene e obbrobri, scherni e villanie, rimproveri e detrazioni; e per veruna ingiuria sarà diminuito l'affetto della carità in noi verso coloro che ce la faranno. E insegnaci dolere più della dannazione loro, che della ingiuria nostra.
E anco, c'insegna pregare Dio per loro, siccome fece egli quando i Giudei lo crocifiggevano, dicendo: «Padre, perdona a costoro; però che non sanno quello che fanno». Odi dolce fuoco d'amore ch'egli ha inverso di noi! e vedi pazienza, a confusione degli amatori di loro medesimi e degli impazienti, che una parola gli pare una coltellata; e se essi non né rispondono quattro, pare che il cuore scoppi per veleno!
Questi mostrano d'andare senza lume, e che non abbiano letto in questo glorioso libro. Adunque chi legge, porta e sopporta i difetti del prossimo suo con grande compassione e carità fraterna. Anco dimostra l'uomo l'amore ch'egli ha a Dio, in portare con pazienza e con debita reverenza ciò che egli ci dà e permette, non volendo investigare i pensieri suoi, né giudicarli altro che nell'affetto della sua carità.
Facendo così, si leggerà la dottrina della pazienza: nel tempo della guerra gusteremo la pace; nella infermità del corpo, la sanità dell'anima; e così manifesteremo il lume della fede. Perché la pazienza dimostra che in verità noi abbiamo veduto e creduto che Dio non vuole altro che la nostra santificazione e però con riverenza e pazienza le abbiamo ricevute.
In questo lume si legge la speranza, la quale riceviamo, d'avere vita eterna in virtù del sangue di Cristo. Questa ci fa perdere la speranza di noi medesimi, del mondo e delle sue delizie e d'ogni altra cosa; e solo sperare in lui, come nostro vero e sommo Bene.
Troppo sarebbe lungo a narrare ciò che si legge in questo libro: ma si apra l'occhio dell'intelletto, col lume della santissima fede, e vadano i piedi dell'affetto a leggere in questo dolcissimo libro. Ine si trova la prudenza; ine la sapienza, con la quale, egli prese il dimonio coll'amo della nostra umanità.
In lui è giustizia, in tanto che, per punire la colpa, dié sé medesimo all'obbrobriosa morte della Croce, facendo incudine del corpo suo, la quale fabbricò col fuoco della sua carità, col martello delle grandissime pene. Sicché in lui è giustizia, fortezza e temperanza: che per tenerezza di sé né per nostra ingratitudine né per le grida dei Giudei non voltò il capo addietro a ritrarre dal sacrificio che egli faceva di sé al Padre.
Or leggiamo in quella virtù piccola della vera umiltà, e profonda, che fu in lui, a vergogna della nostra superbia. Vedremo Dio umiliato all'uomo, la somma altezza discesa a tanta bassezza, Dio-e-uomo umiliato alla penosa e vilissima morte della Croce. E tutto dì lo vediamo usare di questa umiltà. E con quanta umiltà e pazienza porta egli le nostre iniquità!
L’ignoranza, e negligenza e ingratitudine nostra, tutte le porta per fame ch'egli ha della nostra salute; prestandoci il tempo con le buone e sante ispirazioni, con farci vedere e provare la fragilità nostra e la poca fermezza del mondo, acciocché noi non ce ne fidiamo. E ci fa invitare ai servi suoi con la dottrina e con l'esempio della vita, sforzando loro in pregarlo per noi, con umili, continue e fedeli orazioni. Questo fa la sua bontà e umiltà, insegnandoci a fare il simile verso il prossimo nostro.
Or in questo modo seguiremo le vestigia sue; leggendo in questo libro, impareremo la dottrina della sua verità, e con essa giungeremo al Padre: e in altro modo, no. Perché le virtù s'acquistano con fatica, facendo forza e violenza alla propria fragilità. Nel Padre non cade pena, ma sì nel Figliuolo; e col mezzo del sangue suo abbiamo vita eterna.
Però disse egli: «Nessuno può andare al Padre se non per me». E così è la verità; però che egli è la via, cioè la dottrina sua è via di verità, che ci dà vita, come detto è. Egli, come fonte d'acqua viva, invita a bere quelli che hanno sete: i quali seguono la dottrina sua, empiono il vasello dell'anima dell'acqua della Grazia.
Appoggiando il petto all'umanità sua, per il modo detto si tuffano in quest'acqua, bevendo con la bocca del santo desiderio l’onore di Dio e la salute delle anime, con la fame delle virtù, le quali crede di poter acquistare in questo tempo presente. E però con grande sollecitudine le esercita, per non esser perditore, ma per il maggior tesoro ch'egli abbia, lo stringe a sé.
Questi sono gli invitati; ma non i negligenti che giacciono nella tenebra del peccato mortale, correndo per la via morta, come ciechi e ostinati nelle miserie loro. Essi sono, ben, chiamati, ma non invitati: chiamati sono, avendoli Dio creati alla immagine e similitudine sua, e ricreati a Grazia nel sangue del Verbo; ma non sono invitati, perché non vogliono essere.
Per tutti è fatta la legge; ma di cui diremo che ella sia? di coloro che l'osservano. Così, chi sono gl'invitati a bere? Non tutti noi che siamo chiamati. Chi dunque diremo che siano gl'invitati? solo quelli che hanno sete e fame della virtù e, come assetati, corrono per la dottrina di Cristo crocifisso: ponendosi dinanzi, al lume della fede, la fonte, per crescere la sete.
Con questa sete e lume giungono all'acqua, come detto è: ma senza il lume mai vi sarebbero giunti. Molto avrei che dire sopra questi che sono invitati; ma non mi voglio distendere più oltre. Ma vediamo, quale è l'altro che c'invita. Detto abbiamo che Cristo dolce Gesù c'invita all'acqua viva. L'altro è il dimonio, che c'invita a quella ch'egli ha per sé. In sé ha morte: adunque noi invita all'acqua morta.
Che se tu lo domandassi: «Che mi darai, se io ti servo?», ti risponderebbe: «Di quello ch'io ho per me. Io sono privato di Dio, e così tu sarai privato di Dio: io sono nel fuoco eterno, dov'è fuoco e stridore di denti: son privato della luce, e immerso nella tenebra; ho perduta ogni speranza, sono con la compagnia di crucciati e tormentati nell'inferno, come io. Queste sono le gioie e il refrigerio che tu avrai per merito».
La fede ti dimostra, che veramente è così. E però il fedele, egli, non va mai per questa via; o, essendovi, se ne pente. Bene è stolto e matto l'uomo che si toglie il lume. Colui ch'è privato del lume, non conosce i guai suoi.
Quale è la via di questo invitatore? È la via della bugia. Però ch'egli è padre della bugia. La quale bugia produce il miserabile amore proprio, col quale disordinatamente ama lo stato e ricchezze del mondo, le cose create, le creature, e sé medesimo; non curandosi di perdere Dio, e la bellezza dell'anima sua.
Ma, come cieco, si fa Dio di sé e del mondo; e, come ladro, fura il tempo. Che, per quel tempo ch'egli deve spendere in onore di Dio, salute sua e del prossimo, lo spende nel proprio diletto sensitivo, dilettandosi in sé medesimo, e dando agio e piacere al corpo suo fuori della volontà di Dio.
Il libro ch'egli ti pone innanzi, è la propria sensualità, nel quale ha scritti tutti i vizi, con movimenti d'ira, di superbia, d'impazienza, d'infedeltà verso il suo Creatore, ingiustizia, indiscrezione, immundizia, odio verso il prossimo suo; piacere del vizio e dispiacere delle virtù, grossezza e detrazione verso il prossimo, accidia e confusione di mente, negligenza, sonnolenza, e ingratitudine; e tutti gli altri difetti, tutti li scrive.
Se la volontà li legge e li impara, mettendoli volontariamente in operazione; egli segue, come infedele, la via della bugia del dimonio; beve in lui l'acqua morta, perché è privato della Grazia in questa vita, e nell'altra riceve con lui insieme, morendo in peccato mortale, l'eterna dannazione e supplizio.
Adunque vedete, figliuoli carissimi, quanto v'è necessario il lume; di quanto male vi campa, e a quanto bene vi conduce. Considerando me questo, e vedendo che senza questo lume non si compirebbe in voi la volontà di Dio (il quale vi creò per darvi vita eterna), né anco la mia, che non voglio altro in voi; dissi che io desideravo di vedere in voi il lume della santissima fede.
E così vi prego, e voglio che sempre siate fedeli e veri servi di Cristo crocifisso; voglio che lo serviate a tutto, e non a mezzo, a suo modo, e non a vostro; non eleggendo né tempo né luogo, se non a modo suo, né propria consolazione; non rifiutando pene né battaglie dal dimonio invisibile né dal visibile, né impugnazione della fragile carne; ma abbracciando la via delle pene per onore di Dio.
Seguite Cristo crocifisso, mortificando il corpo col digiuno, con la vigilia e con la continua umile e fedele orazione. Uccidete la volontà vostra nella dolce volontà di Dio. La conversazione vostra sia con servi suoi.
E quando siete congregati, non perdete il tempo in parole oziose né in gravarvi dei fatti altrui, mangiando le carni del prossimo con mormorazione e falso giudizio; perché solo Dio è sommo giudice di noi e d'ognuno: ma dimostrate d'essere congregati nel nome di Cristo, ragionando della bontà sua, e delle virtù dei Santi, e dei difetti vostri.
Siate forti, costanti e perseveranti nella virtù; e non sia dimonio né creatura, che per minacce né per lusinghe mai vi facciano volgere il capo in dietro: perché solo la perseveranza è coronata. Chi è legato al mondo, si tagli da esso attualmente; e non si ponga a sciogliere, perché non ha tempo; e chi non taglia, sempre sta legato.
La memoria del Sangue, col lume della fede vi farà perfettamente tagliare da tutte quelle cose che sono fuori della volontà di Dio. Sarete fedeli a lui, e a me miserabile; credendo, che se mai io non vi scrivessi, io v'amo in verità e con sollecitudine procaccio la salute vostra dinanzi a Dio. Di questo voglio che siate certi.
È vero che, per il mio difetto e per la molta occupazione ch'io ho avuta, non vi ho scritto; ma confortatevi e amatevi insieme: che io ho volontà più che mai di vedervi scritti nel libro della vita. Annegatevi nel sangue dell'umile Agnello.
Non cessate d'orare per la santa Chiesa, e per il nostro signore, papa Urbano VI; perché ora è di grandissima necessità.
Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.