POLIMERI E MATERIALI POLIMERICI

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POLIMERI E MATERIALI POLIMERICI Prof. Roberto Rizzo Dipartimento di Scienze della Vita tel. 040 5588754 E-mail: rizzor@units.it

Il primo riferimento a prodotti di polimerizzazione ad alta massa molecolare formato da centinaia di “Bausteinen” (blocchi di isoprene o formaldeide) fu fatto nel 1920 da Staudinger, all’ETH di Zürich che nel 1924 coniò il temine Makromolekül nella sua famosa comunicazione: Mitteilung über die Konstitution des Kautschuks, Berichte der Deutschen Chem. Gesellschaft 57, 1203 (1924). Per il suo lavoro, che ha portato all’identificazione della natura macromolecolare dei polimeri, Staudinger vinse il premio Nobel nel 1953. Ma la sua intuizione trovò l’opposizione di Mark e Meyer che lavoravano proprio sulla polimerizzazione, ma puntavano piuttosto alla presenza di micelle. Il gruppo di ricerca alla I.G. Farben Badische. K.H. Meyer (in basso a sinistra), H. Mark (a destra), E.I. Valko (in alto al centro). Hermann Staudinger Herman Francis Mark

Prima di avere a disposizione polimeri di sintesi, molte ricerche avevano riguardato la gomma naturale (caucciù). Per la gomma naturale (poli-isoprene 1,4) fu proposta la struttura: con n molto grande. L’unità di ripetizione di base: era prevista in modo corretto ma la struttura veniva interpretata come costituita da un aggregato di coppie di unità di base (micella).

Nel periodo 1930-40: Röhm, Carothers, Flory, Schlack, Castan e altri hanno ampliato la conoscenza delle reazioni di polimerizzazione e dei loro prodotti. PVC, PS, PMMA, LDPE (polietilene a bassa densità), gomma nitrilica (Buna) e SBR (gomma stirene butadiene) furono prodotti per polimerizzazione con accrescimento di catena; le poliammidi PA 6.6, PA 6 e BPAPC (bisfenol A policarbonato) con tecniche di policondensazione; infine PU e resine epossidiche per reazioni di addizione. Riconoscere la natura «lunga» delle molecole ha stimolato lo studio dell’elasticità della gomma. K.H. Meyer insiema a Susich capirono che “retractive forces arise from a tendency to pass to a state of higher entropy rather than a state of lower energy”. 14 anni dopo la prima affermazione di Staudinger sulla natura macromolecolare, fu finalmente unanimemente riconosciuto che le macromolecole non sono né lunghi bastoncini né corti segmenti pieghevoli, ma appiccicosi , come nel modello micellare.

“Polimero” = molecola di grandi dimensioni Sequenze di gruppi chimici legati da legami covalenti Struttura a catena Introdotto da Jons Jacob Berzelius (medico svedese, 1779-1848) deriva dalle parole greche “πολυ” (molto) e “μερoς” (parte). polimetilene (conosciuto come polietilene): – CH2 – CH2 – CH2 – CH2 – CH2 – CH2 - CH2 - CH2 - CH2 – poliossimetilene: – CH2 – O – CH2 – O – CH2 – O - CH2 - O - CH2 – Un poliossimetilene di massa molecolare 280000 Da contiene 20000 gruppi CH2 in sequenza.

Macromolecola e polimero non sono sinonimi La Lignina è una macromolecola Lignina Cellulosa è un polimero del glucosio

Oggi le molecole polimeriche si possono “vedere”: Immagini di polimeri ottenute mediante microscopia a forza atomica (AFM)

LA NATURA INTRINSICAMENTE “STATISTICA” DEI POLIMERI Le polimerizzazioni non sono sempre processi che portano ad un unico risultato. Consideriamo le polimerizzazioni di monomeri con doppi legami. Il polietilene si ottiene per polimerizzazione radicalica dell’etilene:

Consideriamo il butadiene: Si può aprire il doppio legame 1 - 2 e il concatenamento avviene fra queste posizioni. Oppure si aprono entrambi i doppi legami e, per effetto della coniugazione, il concatenamento avviene in 1,4.

Il concatenamento 1,4, poi, può essere trans o cis: Non è preferito l’uno o l’altro tipo di concatenamento; il prodotto che si ottiene senza controllare in modo specifico la reazione presenta, lungo la catena, una successione casuale delle due unità. Concatenamento1,4 Concatenamento 1,2 Il concatenamento 1,4, poi, può essere trans o cis:

Consideriamo l’isoprene: La molecola non è simmetrica, come quella del butadiene, l’apertura in 1,2 non è equivalente a quella in 3,4 e si possono avere tre possibilità diverse: Poi, ci possono essere forme trans o cis.

Massa molecolare dei polimeri Il peso molecolare condiziona molte proprietà fisiche: temperatura di transizione: liquido →cera → gomma → solido; proprietà meccaniche : rigidità forza, viscoelasticità

La distribuzione di molecole a massa molecolare diversa, ottenuta dopo una reazione di polimerizzazione, può essere visualizzata da esperimenti di cromatografia di esclusione di volume (SEC) e dalla successiva determinazione della massa delle singole frazioni mediante esperimenti di spettrometria di massa MALDI-TOF. Nella figura: a) SEC e b) MALDI-TOF di un campione di mPEG

MASSA MOLECOLARE MEDIA NUMERICA Per una proprietà che dipende solo dal numero di molecole presenti (proprietà colligative, come: aumento del punto di ebollizione, diminuzione del punto di fusione, pressione osmotica), e non dalla grandezza delle molecole, la media è data da: massa totale del polimero divisa per il numero di molecole presenti:

MASSA MOLECOLARE MEDIA PONDERALE Consideriamo una proprietà che dipende anche dalla dimensione delle molecole (la diffusione della luce), in questo caso il contributo di ciascuna molecola al peso molecolare dipende dal peso molecolare stesso. Al posto di: Dobbiamo inserire: Otteniamo:

si chiama «indice di polidispersità» Statisticamente, una tipica distribuzione di pesi molecolari è data dal grafico: Le varie medie delle masse molecolari sono indicate sulla curva di distribuzione. E’ utile avere una misura del rapporto tra pesi molecolari. Il rapporto: si chiama «indice di polidispersità» 𝑴 𝒘 𝑴 𝒏

Un esempio di calcolo L’indice di polidispersità offre una buona stima di come è costituito il sistema

Configurazione delle macromolecole Isomeria cis-trans relativa alla presenza di doppi legami. Polimeri dienici, quando presentano il concatenamento 1- 4, hanno in catena un doppio legame per ogni unità di ripetizione (poliisoprene). E’ possibile che la disposizione dei due tratti della macromolecola rispetto al doppio legame corrisponda ad una configurazione cis o ad una configurazione trans. Se la reazione non è opportunamente pilotata, i due tipi di unità si susseguono in modo casuale: in questo caso il polimero si dice “atattico” cioè privo di regolarità. E’ possibile utilizzare catalizzatori fortemente specifici nei confronti non solo del concatenamento ma anche della stereospecificità, cioè si possono avere polimeri concatenati in 1,4 e con un grado di tatticità superiore al 99%

Isomeria configurazionale Presenza di atomi di carbonio asimmetrici. Nel polipropilene ogni unità di ripetizione contiene un atomo di carbonio asimmetrico, con quattro sostituenti diversi: (con A ≠ A’): Se gli atomi di carbonio chirale sono tutti R o tutti S il polimero si dice “isotattico”. Se gli atomi di carbonio chirale sono alternativamente R ed S il polimero si dice “sindiottatico”. Se gli atomi di carbonio chirale si susseguono disordinatamente nelle loro configurazioni R o S il polimero si dice “atattico”.

la maggior parte dei biopolimeri (naturali) essendo polimerizzati in condizioni di controllo stereospecifico da parte di enzimi, sono caratterizzati da regolarità strutturale e configurazionale isotattico sindiotattico atattico, senza controllo della reazione Polimeri isotattici e sindiotattici ottenuti da Giulio Natta (1903-1975) con l’utilizzo dei catalizzatori a base di titanio - cloruro di alluminio alchile, introdotti dal tedesco Karl Ziegler (1898-1973). Entrambi Nobel per la chimica nel 1963.

CONFORMAZIONE DELLE MACROMOLECOLE I polimeri in condizioni termodinamiche opportune possono passare da uno stato amorfo disordinato (formalmente un liquido) per raggiungere uno stato ordinato (cristallino) oppure, eventualmente, uno stato di ordine parziale ma uniforme (stato mesomorfo dei cristalli liquidi polimerici). A) Stato mesomorfo. B) Stato amorfo

LO STATO CRISTALLINO Lo stato cristallino perfetto è caratterizzato da un ordine tridimensionale a lunga distanza degli elementi strutturali costituenti il composto. Il parallelepipedo che si ripete periodicamente lungo le tre direzioni non complanari definisce la cella elementare. Nel caso delle macromolecole, i segmenti delle catene presentano lo stesso modo di impacchettamento locale che si può osservare su molecole di piccole dimensioni, tuttavia una singola macromolecola non è confinata in una sola cella elementare, ma ne attraversa molte nella direzione del suo asse.

Cella elementare nel polimero di cellulosa L’esistenza di celle elementari piccole rispetto alle dimensioni delle macromolecole fu riconosciuto per la prima volta nello studio della struttura cristallina della cellulosa. Cella elementare nel polimero di cellulosa

Immagine da microscopia elettronica di cristalli di polietilene In generale la struttura cristallina di un polimero può essere schematizzata nel modo seguente: Immagine da microscopia elettronica di cristalli di polietilene

La conformazione che assumono le macromolecole nel cristallo non è raggomitolata come in soluzione e allo stato fuso, ma è sviluppata lungo la direzione dell’asse della catena che coincide con una direzione cristallografica ben precisa. Perché esista un periodo di ripetizione caratteristico dell’ordine cristallino lungo l’asse della catena è necessario che la macromolecola sia caratterizzata da una certa regolarità conformazionale. Perché un composto polimerico possa cristallizzare, si deve avere la ripetizione di un motivo identico a se stesso (costituzionale e configurazionale) già all'interno di ogni singola macromolecola: la mancanza di ordine nel modo di succedersi delle unità di ripetizione esclude ogni possibilità di cristallizzazione.

Qualsiasi ripetizione regolare di elementi strutturali lungo l’asse della catena è rappresentabile mediante un’elica. Esempio di conformazione regolare: elica ternaria del polipropilene isotattico Questa elica regolare può formarsi solamente se la macromolecola ha costituzione testa-coda e conformazione isotattica: solo a queste condizioni i gruppi –CH3 sono alternati e sono tutti orientati verso l’esterno dell’elica. Un altro esempio di semplice conformazione regolare è lo zig-zag planare (elica binaria) che polietilene e poliammidi alifatiche assumono nello stato cristallino.

LO STATO VETROSO All’aumentare della temperatura di un cristallo aumentano le vibrazioni e crescono i difetti: → aumento del volume specifico e infine fusione del cristallo alla T°f (temperatura “termodinamica” di equilibrio tra fuso e cristallo).

Nel raffreddamento del fuso si può avere un sottoraffreddamento: una fase liquida permane al di sotto della T°f. In un raffreddamento molto veloce (immersione in azoto liquido) il materiale rimane in uno stato disordinato: → vetro. Diagramma TTT (Temperatura – Tempo - Trasformazione): prende in considerazione anche il tempo. Il processo di cristallizzazione è rappresentato da due curve relative alle condizioni di inizio e di fine della trasformazione. Grado di cristallinità x = rapporto tra la massa del materiale in fase cristallina e la massa totale di campione → inizio cristallizzazione: x = zero fine cristallizzazione x = 1 (nei casi reali x < 1)

Ein G<0 Efin ΔHf è sempre > 0. La fusione è un processo endotermico: nel fuso le forze di interazione inter- ed intra-molecolari sono minori rispetto al solido cristallino (distanze tra molecole non corrispondono più al minimo della curva di potenziale). ΔSf è sempre > 0. Nel fuso le molecole hanno maggiore mobilità e quindi maggiore disordine. Il termine entalpico è sempre sfavorevole per il processo di fusione; il termine entropico è invece sempre favorevole. Il ΔHf varia poco con la temperatura, ma non il ΔSf (il disordine cresce con T anche in fase liquida), inoltre ΔSf è moltiplicato per T nell’espressione del ΔGf . A basse T prevale l’entalpia e ΔGf è positivo (la fusione non avviene), ad alte T il contributo entropico prevale, la fusione avviene e la fase liquida è stabile.

La trasformazione del fuso in cristallo ha una cinetica piuttosto lenta ed è possibile sottoraffreddare il materiale. Sia il sottoraffreddato che il vetro non sono stabili, ma sono stabilizzati dalla cinetica. Tuttavia col tempo il sottoraffreddato cristallizza, il vetro ha tempi lunghissimi ed è praticamente stabile. Con velocità basse si ottiene il cristallo, ma con velocità alte si ha solo parziale cristallizzazione e sotto la velocità critica si ottiene un vetro. Per i polimeri la natura macromolecolare implica una cristallizzazione con cinetica molto lenta (le curve x=0 e x=1 sono spostate molto a destra) e la vetrificazione è facile. Ma…. polimeri stereo-regolari sono in grado di cristallizzare, polimeri non stereo-regolari mantengono sempre lo stato disordinato del liquido.

Supponiamo (idealmente) che la velocità di raffreddamento sia costante (una retta): A è una velocità di raffreddamento alta, C una bassa e B una critica tangenziale alla curva di inizio cristallizzazione. Con velocità basse si ottiene il cristallo, ma con velocità alte si ha solo parziale cristallizzazione e sotto la velocità critica si ottiene un vetro. Per i polimeri la natura macromolecolare implica una cristallizzazione con cinetica molto lenta (le curve x=0 e x=1 sono spostate molto a destra) e la vetrificazione è facile. Ma…. polimeri stereo-regolari sono in grado di cristallizzare, polimeri non stereo-regolari mantengono sempre lo stato disordinato del liquido.

ELASTOMERI ED ELASTICITA’ DELLA GOMMA Si definisce elastomero un materiale capace di subire deformazioni rilevanti sotto l’azione di sforzi relativamente piccoli e di recuperare rapidamente la forma e le dimensioni originali non appena la forza viene rimossa. Un materiale cristallino ha un modulo di deformazione dell’ordine di 106 Kg/cm2 ed una deformazione a rottura dell’ordine del 10 %; I materiali elastomerici hanno valori di 10 Kg/cm2 e 103 % quindi sono altamente deformabili prima della rottura.

Elevata estensibilità → la macromolecola assume, in assenza di sollecitazioni esterne, una conformazione raggomitolata notevolmente deformabile per azione di una forza di trazione bassa. In un materiale polimerico viscoelastico i segmenti delle catene sono soggetti a moti browniani, per cui assumono una conformazione casuale, raggomitolata, che corrisponde al valore massimo possibile dell'’entropia. Applicando una forza di trazione, le macromolecole assumono una conformazione meno raggomitolata e gli assi delle singole catene si orientano preferenzialmente nella stessa direzione dello stiro; a ciò corrisponde una diminuzione nel numero dei modi diversi di realizzare il sistema e dunque una diminuzione di entropia.

Al di sopra della Tg , la struttura ha la possibilità di evolversi, anche se la forza non viene rimossa, ma si mantiene costante nel tempo: gli elementi catena sono in grado di compiere piccoli movimenti e di spostarsi lentamente per ripristinare la conformazione raggomitolata di partenza → materiale macroscopicamente deformato, ma strutturalmente in condizioni di equilibrio (massimo valore dell’entropia). Togliendo il carico applicato il provino non cambia più la sua forma e rimane deformato in modo permanente: l’energia fornita è stata dissipata integralmente nello scorrimento viscoso delle macromolecole. un materiale di questo tipo non è un elastomero

Per avere elasticità è necessario che lo scorrimento dei segmenti delle macromolecole sia impedito, senza che ciò limiti la possibilità che le catene stesse assumano conformazioni casuali. E’ sufficiente che le macromolecole del sistema siano legate da legami chimici permanenti o da vincoli fisici di tipo diverso, così da formare un reticolo tridimensionale.

Condizioni necessarie per avere un elastomero: il materiale sia costituito da molecole a catena lunga; il materiale non sia cristallino; le catene siano flessibili, cioè che si possa avere una rotazione sufficientemente libera attorno ai legami covalenti; tra le molecole agiscano basse forze di coesione, come quelle che si hanno nei liquidi, in modo che i tratti delle catene abbiano ampia libertà di movimento (temperatura superiore alla Tg ; i polimeri usati nel settore degli elastomeri ha una Tg generalmente minore di – 40 °C); siano presenti punti di giunzione tra le macromolecole, cosicché sia impedito lo scorrimento viscoso.

GOMME NATURALI E GOMME SINTETICHE La gomma naturale era conosciuta da nativi americani da lungo tempo, ma usabile solo come materiale ceroso o impermeabile all’acqua. Solo nel 1830 una fortunata coincidenza portò gli americani C. Goodyear e T. Hancock a scoprire che quando la gomma miscelata con zolfo veniva riscaldata, essa si trasformava in un materiale duro, non più appiccicoso, altamente elastico. L’artista inglese Brockedon, per indicare la trasformazione ad opera del calore e dello zolfo (di origine vulcanica) coniò il termine “vulcanizzazione” dal nome di Vulcano.

Vulcanizzazione Il processo di reticolazione tradizionale della gomma naturale si realizza con zolfo a caldo → formazione di ponti zolfo (fino a 40 atomi di zolfo) tra catene vicine con l’apertura di alcuni doppi legami nella catena del poliisoprene 1,4 cis. Il 3-8% di zolfo produce un elastomero capace di essere deformato reversibilmente del 700%; aumentando di dieci volte la quantità di zolfo (>25%) si ottiene un materiale rigido (ebanite).

I polimeri più utilizzati dall’industria per ottenere gomme sono: La gomma naturale (poli-isoprene) La gomma butilica (poli-isobutilene con una piccola quantità di isoprene) La gomma SBR (di cui parleremo dopo)

Fra gli altri, importante è anche il policloroprene (neoprene):

Elastomeri la cui reticolazione è data da vincoli di tipo fisico gomme termoplastiche. Per ottenere una gomma termoplastica è necessario realizzare un reticolo molecolare nel quale ogni vincolo tra le catene polimeriche, che è presente ed operante come tale a temperatura ambiente, scompare quando il materiale viene riscaldato, in modo che le molecole possano scorrere e comportarsi come quelle di un materiale termoplastico allo stato fluido. Industrialmente vengono utilizzati copolimeri a blocchi. Le gomme SBS sono copolimeri a tre blocchi, stirene-butadiene-stirene, la cui morfologia è determinata dalla immiscibilità tra i due costituenti, il polistirene ed il polibutadiene: nonostante il legame covalente tra i blocchi, si ha una separazione di fase, con formazione di topologie specifiche a seconda della percentuale relativa dei due componenti.

Se il contenuto in stirene è relativamente basso, si ha la topologia di figura: gli estremi dei blocchi si uniscono in domini omogenei, uniformemente distribuiti nella matrice polibutadienica

A temperatura ambiente (minori di 60°C) il polistirene dei domini è al di sotto della Tg , il polibutadiene della matrice è viscoelastico. I domini sono rigidi ed i blocchi terminali delle molecole del copolimero non hanno alcuna mobilità: si comportano come punti di reticolazione, a funzionalità molto alta. Una forza di trazione applicata al sistema determina la deformazione del reticolo e non si può avere il recupero delle conformazioni raggomitolate poiché gli estremi polistirenici delle catene non possono uscire dai domini rigidi. Il materiale si comporta come un elastomero tradizionale. Al di sopra dei 100°C il materiale non è più una gomma in quanto diventano possibili gli scorrimenti viscosi all’interno dei domini, non più rigidi. In queste condizioni il materiale può essere rilavorato e rimodellato in un nuovo manufatto. Suole di scarpe battistrada di pneumatici

LA PALLINA ELASTOMERICA VINAVIL (EVA 203) è un copolimero acetato di vinile-etilene con eccellenti capacità adesive. La colla vinavil contiene globuli di polimero disciolti in acqua Il materiale elstomerico è ottenuto legando insieme i globuli mediante un legame non forte ottenuto con il legante borace. I legami non impediscono al polimero di perdere flessibilità mediante rotazione attorno ai legami chimici della catena.

Il borace, tetraborato di sodio decaidrato, Na2B4O7∙10H2O, quando viene sciolto in acqua si idrolizza per formare acido borico e borato a pH circa 9. E’ interessante poiché contiene atomi di boro con configurazione sia tetragonale che trigonale planare. Quando una soluzione di tetraborato viene aggiunta ad un polialcol lo ione borato, B(OH)4-(aq), reagisce con i gruppi ossidrile andando a legare diverse catene polimeriche e quindi formando un gel viscoelastico che, se diventa plastico ad alte temperature, costituisce un elastomero termoplastico.

Ingredienti: Vinavil Borace Guanti di lattice Acqua (meglio se distillata, ma non necessariamente) Opzionale: colorante per alimenti. Bicchieri di plastica da caffè Posate di plastica Foglio alluminio Carta da filtro Sacchetto per spazzatura Preparare una soluzione di borace in acqua in un bicchierino di plastica: 1,5 cucchiai da tavola di borace in mezzo bicchiere d’acqua. Non si scioglierà tutto ma non importa. Miscelare bene in un bicchiere di plastica 1,5 cucchiai di vinavil con due cucchiaini di acqua. Opzionale: aggiungere il colorante con abbondanza (altrimenti è pallido). Aggiungere 2 cucchiai di soluzione di borace. Mescolare bene con un coltello di plastica fino a quando si rapprende. Estrarre la pallina dal bicchiere e lavorarla con le mani eventualmente strizzandola per far uscire l’acqua di troppo. La pallina è pronta: farla rimbalzare, lasciarla sul tavolo.