La vita del Messia da un prospettiva ebraica

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Transcript della presentazione:

La vita del Messia da un prospettiva ebraica Tratto da una serie di studi di Arnold G. Fruchtenbaum

II. L’autenticazione del Re L’accettazione della Sua Persona (10 paragrafi) L’autorità del Re (31 paragrafi) 2

II. L’autenticazione del Re § 28 II. L’autenticazione del Re L’accettazione della Sua Persona 1. La fede dei primi discepoli (Gv 1:35-51) 3

§ 28: La fede dei primi discepoli Riassunto temporale degli avvenimenti Giovanni battezza Gesù (Gv. 1:29-34) Filippo e Natanaele diventano discepoli di Gesù (Gv. 1:43-51) Andrea, Giovanni e Pietro diventano discepoli di Gesù (Gv. 1:35-42) Seconda fase dell’investigazione su Giovanni battista (Gv. 1:19-28) Viaggio verso Cana (Gv. 2:1-11) § 26 § 27 § 28 § 29 giorno 1° 2° 3° 4° 5° 6° 7°

§ 28: La fede dei primi discepoli Andrea e Giovanni diventano discepoli di Gesù Giovanni battista il giorno precedente aveva indicato in modo pubblico alle folle che Gesù era il Messia, ora lo ripete solo a due dei suoi discepoli: Andrea e Giovanni La frase “Ecco l’agnello di Dio!” richiamava nei giudei di quel tempo Esodo 12 (agnello pasquale) e Isaia 53 (agnello messianico) A questo punto vediamo i due discepoli di Giovanni battista, cioè Andrea e Giovanni, che decidono di diventare discepoli di Gesù Benché non venga mai detto esplicitamente, si può capire che uno dei due discepoli era Giovanni, questo per almeno due motivi: uno perché Giovanni non amava parlare di sé (Gv 21:20), due perché cita con estrema precisione anche l’ora in cui avvennero queste cose (le decima ora = le quattro di pomeriggio)

§ 28: La fede dei primi discepoli La metodologia per diventare discepoli di un Rabbi In quel tempo c’erano diversi Rabbi nell’area di Gerusalemme Spesso questi erano dei maestri “peripatetici” Uno dei metodi più comuni per diventare discepoli di un maestro era seguirlo per un po’ di tempo; non troppo da vicino per non dare noia e nemmeno troppo da lontano per non essere notati Dopo un po’ di tempo il Rabbi si sarebbe girato facendo esattamente la domanda: “Cosa cercate?”. Dopodiché era consuetudine che gli aspiranti discepoli rispondessero con la domanda: “Rabbi, dove abiti?” A questo punto il maestro poteva rispondere in due modi: “non è affar vostro”, rigettando in questo modo la richiesta di diventare discepoli, oppure: “venite e vedete”, significando così di accettare i nuovi aspiranti discepoli

§ 28: La fede dei primi discepoli Pietro poi Filippo e Natanaele diventano discepoli Andrea aveva un fratello di nome Simone e insieme facevano i pescatori Andrea porta Simone da Gesù, il quale gli dice che da quel momento in avanti si sarebbe chiamato Cefa Alla fine di quella giornata tre si erano aggiunti tre discepoli Il giorno dopo, mentre Gesù riparte per la Galilea, incontra Filippo e lo invita a seguirlo Filippo trova Natanaele e gli dice che avevano trovato colui di cui parlano Mosè e i profeti, ma lo scetticismo di Natanaele si può vedere chiaramente nelle sue parole Simone (ebraico) -> Cefa (aramaico) –> Pietro (greco)

§ 28: La fede dei primi discepoli La strana conversazione tra Gesù e Natanaele Abbiamo visto al paragrafo §16 perché Natanaele aveva un così basso concetto delle persone che venivano da Nazaret nonostante lui stesso fosse un abitante della Galilea Leggendo la conversazione tra Gesù e Natanaele possiamo capire che è successo qualcosa di soprannaturale che ha convinto Natanaele sulla natura messianica di Yeshua e che questo qualcosa è legato al fatto che Gesù “vide” Natanaele sotto il fico Tuttavia dal discorso così com’è scritto non è semplice capire cosa s’intenda col fatto che Gesù “vide” Natanaele sotto il fico. Lo “vide” spiritualmente tramite una visione e non con i suoi occhi fisici? Oppure intendeva qualcos’altro? Vedremo che il contesto giudaico ci può essere d’aiuto a capire meglio quello che è successo tra Natanaele e Gesù

§ 28: La fede dei primi discepoli I rabbini, la meditazione e le piante di fico A quel tempo solo poche persone avevano a disposizione una copia delle Scritture, quindi i giudei spendevano molto del loro tempo nella memorizzazione di passi biblici Dopo che un passo veniva memorizzato poteva essere “richiamato alla mente” e meditato più e più volte I rabbini insegnavano che il miglior posto per meditare le scritture era sotto una pianta di fico. Nella Midrash (un antico commentario Ebraico) viene detto diverse volte che alcuni rabbini facevano le loro lezioni il mattino presto proprio sotto una pianta di fico Oggi per meditare le Scritture ci sediamo a un tavolino, apriamo la nostra Bibbia o probabilmente accendiamo il computer, e poi leggiamo e meditiamo. A quel tempo ci si sedeva sotto una pianta di fico e si usava la memoria

§ 28: La fede dei primi discepoli Natanaele riconosce in Gesù il Messia Natanaele era seduto sotto una pianta di fico e stava meditando un passo delle scritture, quale passo stava meditando? Nelle prime parole che Gesù gli rivolge non lo chiama per nome, ma per titolo “israelita” e noi sappiamo che il primo ad essere chiamato con questo titolo fu Giacobbe Subito dopo Gesù aggiunge le parole “in cui non c’è colpa”. Questo è in netto contrasto con Giacobbe che dovette fuggire dalla casa di suo padre dopo averlo imbrogliato Alla domanda di Natanaele Gesù risponde “.. quando eri sotto il fico io ti ho visto”. Gesù era in grado di leggere nella mente di Natanaele e vedere quale passo stava meditando, ed egli stava meditando proprio il passo di Genesi 28 dove si parla della fuga di Giacobbe dalla casa di suo padre e da suo fratello Esaù

§ 28: La fede dei primi discepoli Questa cosa diventa più chiara nei due versetti che seguono (v. 50-51) dove viene detto: “Gesù rispose e gli disse: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, tu credi? Tu vedrai cose maggiori di queste». Poi gli disse: «In verità, in verità vi dico che vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo»” Dov’è che nella Bibbia di parla di angeli che salgono e scendono? Proprio in Genesi 28:12, dove si parla della scala di Giacobbe In sostanza Natanaele vide che Gesù conosceva il passo esatto delle Scritture su cui egli stava meditando e questo lo portò a concludere che era il Messia e Re che stavano aspettando Fine

II. L’autenticazione del Re § 29 II. L’autenticazione del Re L’accettazione della Sua Persona 2. La fede attraverso i primi miracoli (Gv 2:1-11) 12

§ 29: La fede attraverso i primi miracoli Il matrimonio ebraico di quel tempo Questo passo inizia con la frase “il terzo giorno”. Ci sono tre giorni di cammino dalle regioni della Giudea fino alla Galilea dove si trovava la città di Cana Il miracolo delle nozze di Cana è il primo di sette segni che vengono riportati nel vangelo di Giovanni Il cerimoniale giudeo di quel tempo prevedeva che i matrimoni avvenissero con una cerimonia privata (con poche persone) e una festa pubblica (con molte persone), la festa pubblica durava normalmente sette giorni consecutivi Vediamo che Gesù porta alla festa pubblica i cinque discepoli che aveva fatto nei giorni precedenti Succede una cosa terribile, il vino della festa di matrimonio finisce (forse perché Gesù aveva portato cinque ospiti in più!!! :-)

§ 29: La fede attraverso i primi miracoli Le parole di Gesù a sua madre Le parole di Gesù a sua madre possono sembrare dure, ma stava sottolineando che la patria podestà di Miriam (Maria) era finita Arriva un momento della giovinezza in cui il bambino diventato adulto passa dall’ubbidire ai genitori all’onorare i genitori. Da questo momento in poi tutto quello che farà non sarà più per ubbidire a loro, ma per onorare loro Non era ancora il tempo per il Messia di uscire in pubblico con dei miracoli, anche perché il luogo per fare questo non doveva essere Cana, ma Gerusalemme. Così Gesù fece il miracolo, ma lo fece di nascosto. I risultati di questo primo miracolo furono due: primo che Egli manifestò la sua capacità di creare, secondo che tramite questo miracolo la fede dei suoi discepoli ebbe una conferma Fine

II. L’autenticazione del Re § 30 II. L’autenticazione del Re L’accettazione della Sua Persona 3. Il soggiorno a Capernaum (Gv 2:12) 15

§ 30: Il soggiorno a Capernaum Sebbene questo sia un soggiorno “di famiglia” a Capernaum per Gesù con sua Madre e i suoi fratelli, vedremo più avanti che questa città diventerà un punto cruciale e strategico del ministerio di Gesù e sarà a tutti gli effetti il suo quartier generale Fine

II. L’autenticazione del Re § 31 II. L’autenticazione del Re L’accettazione della Sua Persona 4. Il possesso del Tempio (Gv 2:13-22) 17

§ 31: Il possesso del tempio Yeshua si rivela pubblicamente Nel v. 13 viene citata la festa di Pasqua; la prima di quattro feste di Pasqua menzionate durante il ministerio pubblico di Gesù. Quattro feste di pasqua significano un periodo di tempo di tre anni; siccome dal battesimo di Gesù fino a questo momento erano trascorsi dai quattro ai sei mesi, questo porta a un periodo di ministerio di circa tre anni e mezzo La festa di Pasqua era il momento più adatto per rivelarsi pubblicamente come Messia e Re d’Israele, perché arrivavano a Gerusalemme pellegrini giudei da tutte le parti del mondo (lo storico Giuseppe Flavio parla di due milioni e mezzo) La notizia che un uomo chiamato Gesù poteva essere il Messia si sarebbe sparsa piuttosto velocemente in tutte le comunità Ebraiche dentro e fuori l’impero romano

§ 31: Il possesso del tempio Il sommo sacerdote Anna e i suoi parenti Quello che Gesù vide nel tempio, cioè il “commercio del sacro”, viene riportato anche in alcuni scritti dei Farisei di quel tempo Tutto quello che succedeva nel tempio era legato al precedente sommo sacerdote: Anna Anna e la sua famiglia (Caifa era sua genero) detenevano il controllo degli affari economici del tempio, tanto che alcuni Farisei lo definivano “Il gran bazar dei figli di Anna” Anna era un sadduceo e lo storico Giuseppe Flavio lo descrive come assetato di soldi, molto ricco e che depredava i sacerdoti apertamente e in modo violento Egli aveva nominato o suoi figli tesorieri del tempio e suo genero assistente tesoriere (dagli scritti di Rabbi Sha’ul di Gerusalemme)

§ 31: Il possesso del tempio Il sistema di commercio nel tempio La necessità di vendere animali dentro il cortile del tempio era giustificata col fatto che non sempre gli animali che venivano portati per i sacrifici erano “senza macchia e senza difetti”, quindi Anna e la sua famiglia provvedevano degli animali adatti Naturalmente era piuttosto frequente che si trovasse qualche difetto nell’animale che veniva portato e il giudeo che voleva fare il sacrificio era costretto a comprare un animale nel tempio ad un prezzo molto più alto del suo valore reale I cambiamonete erano necessari perché a Pasqua tutti dovevano pagare il loro mezzo siclo per il tempio (Es 30:12-16) e i soldi con effige romana non erano accettati, quindi bisognava cambiare i soldi al tasso di cambio imposto da Anna e i suoi parenti Tutto questo rendeva il commercio del tempio un grosso affare

§ 31: Il possesso del tempio Il sistema di commercio nel tempio Chiaramente quello che Gesù fece gli portò l’astio di Anna e di altri sadducei Il passo citato di Sl 69:9 in ebraico significa letteralmente: “lo zelo per la tua casa è la mia causa di distruzione”. In questo senso non dobbiamo dimenticare che, tre anni dopo, fu proprio Anna a stare di fronte a Gesù come primo giudice per decretare la sua morte Nei versetti che seguono viene chiesto a Gesù un segno per poter riconoscere la sua autorità messianica. Le persone presenti capivano che quello che faceva si giustificava solo se Egli era il Messia. Naturalmente non capirono la risposta di Gesù perché stava parlando del tempio del suo corpo e non di quello fisico Tuttavia in queste poche parole criptiche Gesù stava già profetizzando la sua morte e risurrezione Fine

II. L’autenticazione del Re L’accettazione della Sua Persona 5. L’accettazione in Giudea a. La fede nei Suoi segni (Gv 2:23-25) 22

§ 32a: La fede nei Suoi segni Lo scopo dei miracoli di Gesù Il primo modo in cui Gesù si rivelò pubblicamente a Gerusalemme durante la festa di Pasqua fu parlando e agendo nel tempio. Il secondo modo fu attraverso i primi segni o miracoli Nella prima metà del suo ministerio lo scopo dei miracoli fu quello di portare il popolo d’Israele a una decisione riguardo al suo “essere il Messia”. In altre parole lo scopo dei miracoli era quello di autenticare la Sua Persona e il Suo Messaggio La Sua Persona: cioè che Egli era il Messia dei giudei; il Suo Messaggio: che Egli stava offrendo a Israele il Regno di cui parlavano i profeti Se il popolo nel suo complesso avesse riconosciuto in Gesù il Messia promesso, essi avrebbero visto il Regno stabilirsi in quegli stessi giorni. Questo è un prerequisito valido ancora oggi Fine

II. L’autenticazione del Re § 32b II. L’autenticazione del Re L’accettazione della Sua Persona 5. L’accettazione in Giudea b. La spiegazione a Nicodemo (Gv 3:1-21) 24

§ 32b: La spiegazione a Nicodemo Il primo dei sette discorsi di Giovanni: la nuova nascita Nicodemo era un fariseo e questo significava che aveva delle precise convinzioni dottrinali che caratterizzavano la sua fede Il termine fariseo potrebbe essere paragonato alle parole che oggi usiamo per definire le nostre denominazioni: battista, luterano, carismatico, calvinista, arminiano ecc. Come ci sono delle dottrine che caratterizzano ognuno di questi gruppi di persone, così delle dottrine che caratterizzavano i Farisei distinguendoli dai sadducei, dagli esseni o altri gruppi di quel tempo In particolare il giudaismo farisaico era caratterizzato dall’insegnamento fondamentale che: tutto Israele avrà una parte nell’era a venire. Quello che i Farisei intendevano con questa dottrina fondamentale era che chiunque fosse nato giudeo aveva il diritto automatico di entrare nel Regno di Dio senza condizioni

§ 32b: La spiegazione a Nicodemo Secondo questa dottrina i Gentili potevano essere salvati solo se vivevano in modo consistente con il patto che Dio aveva fatto con Noè, oppure se si convertivano al giudaismo mosaico Ecco perché Giovanni battista disse apertamente a coloro che andarono a investigarlo che nascere giudei non salva (Mt 3:9, Lu 3:8) e allo stesso modo risponderà Gesù più avanti (Gv 8:39) L’insegnamento che a quel tempo veniva dato dai Farisei era che, se anche per un “errore burocratico celeste” un giudeo fosse stato indirizzato verso la gena, alle porte dell’inferno ci sarebbe stato Abraamo pronto ad afferrarlo prima che vi cadesse dentro. Questo per essere in accordo con il caposaldo che dice: tutto Israele avrà una parte nell’era a venire Quindi non dobbiamo dimenticare che l’uomo che si presenta a Gesù di notte per parlargli proveniva dal contesto teologico che abbiamo appena descritto

§ 32b: La spiegazione a Nicodemo La nuova nascita Il fatto che Nicodemo andò da Gesù di notte può essere dovuto al timore di essere visto, oppure può essere semplicemente una questione di convenienza. Gesù era attorniato dalle folle tutto il giorno e questo era l’unico momento tranquillo per parlargli Gesù conosceva bene il retroterra di Nicodemo e le sue convinzioni dottrinali, così appena dopo l’inizio della conversazione afferma in modo chiaro: “se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio” La risposta di Nicodemo fu: “Come può un uomo nascere quando è già vecchio?” contrariamente a quanto sembra Nicodemo non era stupito della “nuova nascita”, ma che questa accadesse da vecchio Secondo i Farisei c’erano almeno sei modi per “nascere di nuovo”, e tutti e sei erano legati all’ambito fisico o materiale della persona

§ 32b: La spiegazione a Nicodemo I sei modi di “nascere di nuovo” di quel tempo Quando un gentile si convertiva al giudaismo Quando si veniva incoronati Re d’Israele Quando si entrava nell’età adulta e il ragazzo di 13 anni passava la cerimonia di (Bar Mitzvah) Quando un giudeo si sposava Quando un giudeo veniva ordinato Rabbi (Smichut) Quando un giudeo diventava il responsabile di una scuola rabbinica (Rosh Yeshiva) Nicodemo aveva già passato tutte e quattro le “nuove nascite” a lui possibili come giudeo Rav Rabban

§ 32b: La spiegazione a Nicodemo Il significato del termine “nascere d’acqua” Le quattro “nuove nascite” di Nicodemo erano avvenute all’età di 13, 20, 30 e 50 anni, lui era ormai vecchio e non c’erano altri modi per nascere di nuovo secondo l’insegnamento che conosceva Per quello che poteva capire non c’era modo per ricominciare la sequenza delle “nuove nascite”, se non rientrando nel grembo della madre, nascendo, e ripercorrendo le tappe dei 13, 20, 30 e 50 anni Alla risposta di Gesù: “In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d'acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio” sono stati dati molti significati, soprattutto riguardo al “nascere d’acqua”. In realtà “nascere d’acqua” è soltanto un’espressione giudaica di quel tempo per indicare la nascita fisica. Il “nascere d’acqua” è legato al liquido amniotico in cui è immerso il feto durante la gravidanza e significa venire al mondo fisicamente

§ 32b: La spiegazione a Nicodemo Nascita fisica e nascita spirituale Nel rispondere a Nicodemo Gesù utilizza un modo d’insegnamento ebraico abbastanza comune: parte da ciò che l’interlocutore conosce per arrivare a illustrare quello che gli è sconosciuto Come abbiamo visto il temine “nascere di nuovo” era conosciuto da Nicodemo, quello che ignorava erano le implicazioni spirituali di questo temine, in quanto era abituato ad applicarlo rigidamente al mondo materiale del giudeo (Bar Mitzvah, matrimonio ecc.) Per entrare nel Regno di Dio non basta nascere giudei (nato d’acqua), ma bisogna nascere anche spiritualmente (nato di spirito) Dicendo questo Gesù stava rigettando l’insegnamento fondamentale dei Farisei secondo cui bastava nascere giudei per essere parte del Regno di Dio. Gesù dice che non basta nascere giudei (nascere d’acqua) per essere salvati, ma bisogna anche nascere di spirito

§ 32b: La spiegazione a Nicodemo Le due fasi della nuova nascita spirituale La domanda successiva che viene alla mente di Nicodemo è inevitabilmente: come si può nascere spiritualmente? (v. 9) Ma per capire queste realtà spirituali era essenziale e prioritario che Nicodemo credesse alla testimonianza di Gesù come Messia e Re d’Israele (v. 11) Gesù inizia la spiegazione mettendo in evidenza che la nuova nascita spirituale è formata da due fasi. Dio deve fare la prima fase (v. 14), ma l’uomo deve fare la seconda (v. 15) Nella prima fase Dio ha mandato suo Figlio affinché provvedesse la salvezza per tutti, ma il fatto che la salvezza è disponibile per tutti non salva nessuna persona. C’è bisogno della seconda fase, in cui chiunque crede e mette la sua fiducia nel Messia riceve la vita eterna

§ 32b: La spiegazione a Nicodemo La battaglia interiore di Nicodemo Il versetto che segue (Gv 3:16) è forse il più famoso del Vangelo di Giovanni, e in esso viene ripetuto il concetto appena espresso: Dio fa la parte più grande dell’opera (Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio) e quest’opera è già finita da molto tempo, poi viene la parte nostra (affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna) Come la quasi totalità dei giudei di ieri e di oggi Nicodemo doveva passare per una fase di travaglio interiore, di battaglia spirituale, di battaglia religiosa, di battaglia mentale; questo travaglio si sarebbe protratto per i tre anni del ministerio di Gesù da qui in poi Nel Vangelo di Giovanni troveremo Nicodemo ancora due volte, al cap. 7 quando non sarà ancora credente ma difenderà i diritti del Messia davanti alle accuse dei sacerdoti e poi al cap. 19 durante il seppellimento dove con le sue azioni manifesterà la sua fede

§ 32b: La spiegazione a Nicodemo La fine della vita di Nicodemo A causa della prominente posizione di Nicodemo nella società ebraica, non poteva essere ignorato negli scritti dei rabbini Alcuni fonti rabbiniche di quel tempo (B. Taanit 20:1; B. Ketuvot 66b-67a; B. Sanhedrin 43:1) raccontano la fine della sua vita Nicodemo aveva un lavoro secolare (come tutti i rabbini di quel tempo, vedi Paolo) e scavava pozzi per trovare l’acqua, per quel lavoro era uno degli uomini più benestanti in tutta Gerusalemme Gli scritti rabbinici continuano dicendo che quando divenne credente in Gesù gli affari iniziarono ad andargli male e alla fine della sua vita morì in estrema povertà Il racconto venne tramandato al fine di dissuadere altri giudei dal mettere la loro fede in Gesù come Messia, ma sebbene Nicodemo morì povero materialmente egli morì pienamente ricco spiritualmente Fine

II. L’autenticazione del Re § 33 II. L’autenticazione del Re L’accettazione della Sua Persona 6. Nuova testimonianza di Giovanni (Gv 3:22-36) 34

§ 33: Nuova testimonianza di Giovanni Il battesimo di Giovanni Giovanni normalmente battezzava a sud del Giordano, dove il fiume confluisce nel mar Morto, ma alla fine della stagione secca l’acqua iniziava a scarseggiare e bisognava andare altrove Così si spostò più a nord in una città di nome Enon vicino a Salim, queste due città si trovavano più vicino al mar di Galilea Il v. 23 ci fa capire che Giovanni aveva bisogno di molta acqua e questo era necessario solo se il battesimo che praticava era per immersione e non per aspersione

§ 33: Nuova testimonianza di Giovanni Immagine dei luoghi dove Giovanni battezzava (013-IIA6-luoghi_dove_battezzava_giovanni) Fine 36

§ 33: Nuova testimonianza di Giovanni La gelosia dei discepoli di Giovanni I discepoli di Giovanni si rendono conto che Gesù stava facendo più discepoli del loro maestro e diventano gelosi per lui Le parole di Giovanni (v. 27-30) sono un esempio speciale di umiltà. Egli aveva capito chi era, quale fosse il suo posto e le sue mansioni nel piano di Dio Giovanni non era il Messia, ma solo un suo servitore (v. 28) e quindi indirizza l’attenzione e la gloria tutta su Gesù Vediamo che Giovanni parla di tre categorie di persone: lo sposo, la sposta e gli amici dello sposo. Questa simbologia viene sviluppata e spiegata più avanti nel N.T. Lo sposo è il Messia, la sposa è la Chiesa, ma Giovanni si definisce “l’amico dello sposo”. In questa categoria rientrano tutti i santi dell’A.T. che avranno un ruolo diverso dalla sposa negli ultimi tempi

II. L’autenticazione del Re § 34 II. L’autenticazione del Re L’accettazione della Sua Persona 7. L’imprigionamento di Giovanni (Mt 4:12; Mr 1:14; Lu 3:19-20; Gv 4:1-4) 38

§ 34: L’imprigionamento di Giovanni I tre motivi della partenza del Messia per la Galilea L’imprigionamento di Giovanni da parte di Erode Antipa (figlio di Erode il Grande) il tetrarca della Galilea. Il motivo dell’arresto fu proprio la predicazione contro Erode Antipa per l’adulterio con Erodiada moglie di suo fratello Filippo (Lu 3:19-20) I Farisei iniziano a notare Gesù; Egli non passava più inosservato perché battezzava più discepoli di Giovanni. In realtà non era Lui a battezzare, ma i suoi discepoli. Tuttavia questo tocca l’orgoglio dei Farisei che volevano l’attenzione e l’autorità su di loro (Gv 4:1-4) Tutto questo faceva parte di un piano divino (Gv 4:4, Lu 4:14) affinché Gesù facesse due cose: passare per Samaria dove avrebbe incontrato la donna samaritana e poi ritornare nella città di Cana per fare un secondo miracolo (guarigione del figlio del centurione)

§ 34: L’imprigionamento di Giovanni Immagine del regno di Erode Antipa (013-IIA7-regno_di_erode_antipa) Fine

II. L’autenticazione del Re § 35 II. L’autenticazione del Re L’accettazione della Sua Persona 8. L’accettazione in Samaria (Gv 4:5-42) 41

§ 35: L’accettazione in Samaria Chi erano i samaritani? Per quanto riguarda la razza erano discendenti di popolazioni gentili deportate forzatamente nella terra d’Israele durante l’impero degli assiri Si erano mischiati tramite matrimonio alla popolazione ebrea rimasta dopo la deportazione e avevano generato una razza mista Anche dal punto di vista religioso erano “misti”, infatti avevano portato con loro gl’idoli delle nazioni da cui provenivano e nello stesso tempo temevano e servivano anche il Dio d’Israele (2 Re 17:24-41) Siccome erano una razza mista, soprattutto dal punto di vista religioso, durante la ricostruzione del tempio Esdra, Zorobabele e Iesua non permisero ai samaritani di unirsi a loro (Es 4:1-3)

§ 35: L’accettazione in Samaria Questo provocò la reazione dei samaritani in tre modi: ostacolarono con forza la ricostruzione del tempio a Gerusalemme (Es 4:4-6:12) decretarono che il monte Garizim era il monte santo in contrasto col monte di Gerusalemme tolsero ogni riferimento alla città di Gerusalemme dai cinque libri della Torà I samaritani riconoscevano come ispirata soltanto la Torà, rigettando ogni altro libro dell’A.T. sia profetico, storico o di lode Non credendo ai profeti che erano stati mandati da Dio dopo Giacobbe, pensavano che il prossimo profeta che doveva venire sarebbe stato il Messia

§ 35: L’accettazione in Samaria L’astio dei samaritani verso i giudei al tempo di Gesù L’animosità e l’astio dei samaritani verso i giudei era molto forte anche al tempo di Gesù Spesso i giudei che volevano recarsi a Gerusalemme passando per Samaria venivano ostacolati e in qualche caso anche uccisi Gesù stesso più avanti volle passare per Samaria nel suo ultimo viaggio dalla Galilea verso Gerusalemme e gli fu impedito (Lu 9:51- 53) Al contrario ai samaritani piaceva vedere i giudei che se ne andavano via da Gerusalemme passando per il loro “monte santo” e quindi non li ostacolavano Siccome in questo momento Gesù stava lasciando la Giudea per recarsi in Galilea, i samaritani non gli diedero nessun problema

§ 35: L’accettazione in Samaria Come i giudei vedevano i samaritani al tempo di Gesù Gli scritti rabbinici di quel tempo non sono uniformi sui comportamenti che i giudei dovevano tenere nei confronti dei samaritani Alcuni dicevano che non bisognava mangiare nemmeno un boccone di cibo samaritano (Tanchum 17:4), altri erano più permissivi e dicevano che anche il cibo samaritano era Kosher (J. Avodah Zarah 14:4) Tuttavia il sentimento comune era che un giudeo non si doveva mai trovare in debito presso un samaritano, quindi non doveva dare niente gratuitamente a un samaritano e allo stesso modo non doveva ricevere niente in modo gratuito Questo è il senso delle parole di Giovanni al v. 9: “Infatti i Giudei non hanno relazioni con i Samaritani”.

§ 35: L’accettazione in Samaria La sorpresa della samaritana e “l’acqua viva” di Gesù La richiesta di attingere acqua senza il relativo compenso in denaro provoca lo stupore della donna samaritana, essa sapeva bene che non ci dovevano essere relazioni tra Giudei e Samaritani se non di tipo commerciale Tuttavia vediamo che Gesù usa questa conversazione per creare nella donna un desiderio di vita eterna La conversazione parte con Gesù che parla a livello spirituale e la donna che risponde a livello fisico, ma pian piano Gesù la porta a comprendere il suo bisogno di vita eterna “L’acqua viva” di cui Gesù parlava al v. 10 era di tipo spirituale, ma la donna capisce una fonte di acqua corrente tipo un ruscello che sgorga dalla terra in contrasto con quella ferma del pozzo in cui stava attingendo

§ 35: L’accettazione in Samaria Gesù più grande di Giacobbe? Giacobbe era la figura più importante secondo l’insegnamento dei samaritani. Quindi se Gesù non aveva nessun mezzo per attingere acqua forse voleva dire che conosceva una “sorgente alternativa”? Era forse più grande di Giacobbe, il loro grande patriarca, che aveva scavato quel pozzo? Gesù, nominando la vita eterna, inizia a rivelare alla donna che sta parlando di un livello spirituale e non fisico: “… ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d'acqua che scaturisce in vita eterna»” Tuttavia la donna non comprende il problema spirituale e desidera semplicemente non dover più faticare per attingere l’acqua: “la donna gli disse: «Signore, dammi di quest'acqua, affinché io non abbia più sete e non venga più fin qui ad attingere»”

§ 35: L’accettazione in Samaria La samaritana davanti alla realtà della sua vita Gesù aveva messo in evidenza il bisogno di vita eterna cercando di farle capire che stava parlando a livello spirituale. Tuttavia la donna non capiva Prima di comprendere il bisogno di un salvatore aveva bisogno di vedere come Dio la vedeva: una peccatrice Nei v. 16-17 Gesù rivela alla donna il suo peccato di immoralità. Dopo essere stata sposata con cinque uomini, e probabilmente dopo aver divorziato da tutti, conviveva con un uomo che non era suo marito Dicendole queste cose Gesù dimostro di essere più grande di Giacobbe

§ 35: L’accettazione in Samaria Davanti al mio peccato meglio cambiare argomento … La samaritana non era più a suo agio perché nella conversazione si stava iniziando a parlare del suo peccato e così cambia argomento verso questioni dottrinali (v. 19-20) Questo modo di fare è di grande attualità anche oggi; quando una persona che non crede è messa di fronte alla realtà del suo peccato, improvvisamente cambia discorso e fa domande teologiche del tipo: “ma Caino da chi ha preso moglie?”, oppure: “se Dio è onnipotente può anche peccare?”, come se queste cose fossero rilevanti con il loro bisogno spirituale Gesù non ignorò queste sue domande “teologiche”, ma diede una risposta nei versetti che seguono (v. 21-22). Tuttavia più avanti ritornò al punto che la riguardava: il suo bisogno di un salvatore; il suo bisogno di vita eterna; il suo bisogno di riconoscere qual’era la vera adorazione

§ 35: L’accettazione in Samaria Il tempo della grazia Le dottrine dei samaritani riguardo all’adorazione erano sbagliate, ma il tempo stava arrivando dove né Gerusalemme né il monte Garizim sarebbero stati importanti. In futuro il luogo per l’adorazione sarebbe stato “in spirito e verità” Gesù stava profetizzando il periodo di tempo in cui stiamo vivendo noi: cioè il tempo della grazia, dove l’adorazione comunitaria può essere fatta in qualsiasi parte del mondo Questo non era vero durante la dispensazione della legge di Mosè e questo non sarà vero nemmeno durante la dispensazione del Regno milleniale del Messia, perché in entrambi i casi il centro dell’adorazione a Dio era e sarà la città di Gerusalemme (Za 14:16- 21) e i gentili faranno dei pellegrinaggi per festeggiare la festa delle capanne

§ 35: L’accettazione in Samaria Il Messia si rivela apertamente Infine Gesù la riporta a quello che è il vero contenuto della fede, infatti in che cosa doveva credere la samaritana? Doveva credere che Egli era il Messia Gesù si rivela come il Messia che lei stava aspettando nel modo più esplicito e bello possibile dicendole: «Sono io, io che ti parlo!» Tuttavia la samaritana, chiamandolo profeta al v. 19, aveva già dimostrato di avere qualche sospetto nei suoi riguardi. Ricordiamoci che per i samaritani di quel tempo esisteva un solo profeta che doveva venire dopo Giacobbe: il Messia La donna lasciò lì la sua brocca d’acqua e corse in città per avvertire tutti che molto probabilmente aveva trovato il Cristo, il Messia

§ 35: L’accettazione in Samaria Il principio fondamentale dell’evangelizzazione Gesù, mentre i suoi discepoli gli offrono da mangiare, riporta la realtà di quel momento al livello spirituale Portando la samaritana alla fede egli aveva fatto la volontà del Padre e questo era il suo vero cibo Nei v. 36-38 Gesù insegna ai suoi discepoli il principio dell’evangelizzazione: alcuni seminano altri raccolgono, ma entrambi devono gioire insieme per il frutto di vita eterna che è stato prodotto I discepoli stavano raccogliendo ciò che non avevano seminato. Infatti Gesù stava facendo sempre più seguaci e loro battezzavano i quelli che si aggiungevano a loro (Gv 4:1-4). Ma in realtà stavano raccogliendo il frutto del lavoro di semina che Giovanni Battista e i suoi discepoli avevano fatto in precedenza Fine

II. L’autenticazione del Re § 36 II. L’autenticazione del Re L’accettazione della Sua Persona 9. L’accettazione in Galilea (Gv 4:43-45) 53

§ 36: L’accettazione in Galilea Dopo aver speso due giorni in più in Samaria, Gesù arrivò in Galilea. Qui molte persone del posto credettero in Lui a causa di tutti i segni miracolosi che gli avevano visto fare a Gerusalemme durante la festa di Pasqua Fine

II. L’autenticazione del Re § 37 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 1. L’autorità del Messia di predicare (1) (Matteo 4:17; Marco 1:14-15; Luca 4:14-15) 55

§ 37: L’autorità del Messia di predicare - 1° La “buona notizia” non è stata sempre la stessa Gesù in questi versetti invita a credere nel vangelo . Il termine “vangelo” deriva dalla La parola greca ευαγγέλιον (euanghélion), che significa “buona notizia”. Tuttavia nel corso tempo il contenuto di questa buona notizia non è stato sempre lo stesso In I Corinzi 15:1-4, dopo che Gesù non era più sulla terra, l’apostolo Paolo definisce in modo chiaro cosa sia il vangelo o la buona notizia da quel momento in avanti: Vi ricordo, fratelli, il vangelo che vi ho annunciato, che voi avete anche ricevuto, nel quale state anche saldi, mediante il quale siete salvati, purché lo riteniate quale ve l'ho annunciato; a meno che non abbiate creduto invano. Poiché vi ho prima di tutto trasmesso, come l'ho ricevuto anch'io, che Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture; che fu seppellito; che è stato risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture;

§ 37: L’autorità del Messia di predicare - 1° I tre punti del vangelo annunciato da Paolo Da questi versetti vediamo che Paolo definisce questo vangelo, o buona notizia, in tre punti fondamentali: Cristo è morto per i nostri peccati È stato seppellito È risuscitato Questa è ancora oggi la buona notizia, o il vangelo, mediante il quale siamo salvati. Se crediamo in queste tre cose che Dio ha fatto tramite suo Figlio, Egli ci dona la salvezza e la vita eterna Ma nei versetti di Matteo, Marco e Luca che abbiamo appena letti Gesù non era ancora morto e quindi il contenuto del vangelo di cui parlava non poteva essere lo stesso di Paolo Allora qual’era questa “buona notizia” di cui parlava Gesù?

§ 37: L’autorità del Messia di predicare - 1° La “buona notizia” per il popolo d’Israele Questo era il tempo, nel programma di Dio, in cui doveva avvenire l’offerta ufficiale a Israele del suo vero Re e del Regno Messianico Gesù stava dicendo alle persone del suo popolo di pentirsi del loro comportamento perché da lì a poco sarebbe iniziato il Regno del Messia (un regno fisico e non spirituale) e coloro che non si sarebbero ravveduti non avrebbero potuto entrare Ovviamente l’inizio del Regno era subordinato all’accettazione del Re (Gesù). Senza l’accettazione del Re da parte del popolo, autorità religiose comprese, non era possibile l’inizio del Regno Come sappiamo, in seguito ci fu il rigetto del Re e della sua autorità, quello che Gesù chiamerà la “bestemmia contro lo Spirito Santo” (Mt 12:31, Mr 3:28), e il regno non ebbe inizio, ma fu posticipato a un futuro che deve ancora avvenire Fine

II. L’autenticazione del Re § 38 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 2. L’autorità del Messia di guarire (1) (Giovanni 4:46-54) 59

§ 38: L’autorità del Messia di guarire - 1° L’affermazione di sfida Quello che abbiamo letto è il secondo di sette segni, o miracoli, di Gesù che Giovanni riporta nel suo vangelo. Il primo era stato trasformare l’acqua in vino sempre nella città di Cana In questo secondo segno il figlio di un ufficiale di Erode Antipa, tetrarca della Galilea, era infermo Suo padre decide di affrontare un viaggio di 30 Km con un dislivello di 600 m (da Capernaum a Cana) per chiedere a Gesù di guarirlo in base a quello che aveva sentito dire di Lui Questo modo di agire sembra essere già un’evidenza della fede di quest’uomo, ma Gesù fa una affermazione di sfida indirizzata a tutti e in particolare a lui: «Se non vedete segni e miracoli, voi non crederete»

§ 38: L’autorità del Messia di guarire - 1° Gesù conosceva perfettamente il cuore di quest’uomo e sapeva benissimo se la sua fede era genuina o meno, ma questa affermazione serviva a due scopi: Permettere a quell’uomo di prendere piena coscienza di quello che c’era nel suo cuore dare un insegnamento generale riguardo alla fede In sostanza Gesù stava chiedendo a quest’uomo: “la tua fede in Me dipende dal fatto che io faccia o meno un miracolo per te? Sei venuto da Me perché già credevi oppure sei venuto qui per convincerti attraverso un segno miracoloso?” La differenza tra queste due posizioni è molto grande

§ 38: L’autorità del Messia di guarire - 1° La fede viene da ciò che si ascolta La risposta di quest’uomo e quello che fece permettono di capire che era venuto perché già credeva in Gesù Probabilmente l’ufficiale pensava che fosse necessaria la Sua presenza fisica affinché la guarigione potesse avvenire Ma quando Gesù gli disse di ritornare a casa perché suo figlio era già stato guarito, credette senza il bisogno di vedere il segno coi suoi occhi In altre parole Gesù chiede a quest’uomo di credere sulla base della Sua Parola e non delle evidenze miracolose che poteva percepire coi suoi sensi. Questo è un insegnamento che pervade tutta la Bibbia (Ro 10:17) Questo non fu il secondo segno del Messia in assoluto, ma il secondo segno nella città di Cana (v. 54) Fine

II. L’autenticazione del Re § 39 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 3. Il primo rigetto a Nazaret (Luca 4:16-31) 63

§ 39: Il primo rigetto a Nazaret Gesù ritorna a casa Dopo che la sua fama si era diffusa in tutto il paese, Gesù ritorna nella città natale: Nazaret Proprio in questa città avviene il primo rigetto della sua Messianicità, cioè del suo essere il “Messia d’Israele” Come vedremo più avanti quello che succederà in questa piccola città della Galilea, alla fine avverrà in tutta la nazione Gesù entrò in sinagoga in giorno di sabato e si alzò per leggere Anche al giorno d’oggi, nel servizio in sinagoga si leggono la legge (Torà) o i profeti stando in piedi, mentre l’insegnamento viene fatto stando seduti Molte volte nel N.T. viene riportato che Gesù insegnava stando seduto, questo era il modo di fare ebraico a quel tempo

§ 39: Il primo rigetto a Nazaret La liturgia del servizio in sinagoga Durante un normale servizio in sinagoga in giorno di sabato, venivano scelti sette uomini per leggere la Torà Il settimo uomo doveva leggere una porzione della Torà inferiore rispetto agli altri e poi doveva leggere una porzione dei profeti La porzione che doveva leggere dai profeti non poteva essere mai inferiore ai 3 versi (oppure 5 o 7 o 21 a seconda dei casi) Questo significa che Gesù lesse prima un breve passo della Torà e poi il versetto 1 e metà del 2 di Isaia 61. Egli si fermò a metà del minimo richiesto e poi riconsegno il rotolo all’assistente A questo punto tutti gli occhi erano fissi su di Lui meravigliati, anche perché stava facendo qualcosa di insolito rispetto al rituale a cui erano abituati

§ 39: Il primo rigetto a Nazaret Gesù interrompe la sua lettura a metà Il motivo per cui Gesù non finì di leggere i primi tre versetti di Isaia 61 viene dato nel v. 21 di Luca dove dice: «Oggi, si è adempiuta questa Scrittura, che voi udite» L’intero passo di Isaia 61:1-3 mette insieme la prima e la seconda venuta del Messia in un unico quadro. I versetti che vanno dal 2b-3 descrivono la seconda venuta del Messia ed è per questo che Gesù si fermò, perché queste cose dovevano ancora accadere, ma prima ci doveva essere il riconoscimento del Messia Isaia 61 è considerato un passo Messianico anche nelle interpretazioni rabbiniche, quindi tutti capirono subito che Gesù, con la frase che aveva detto, stava affermando di essere il Messia Pur meravigliandosi di tutte le “parole di grazia” che gli uscivano dalla bocca, ebbero un rigetto istantaneo verso di Lui

§ 39: Il primo rigetto a Nazaret L’incredulità dei suoi concittadini Gesù non fece molti miracoli a Nazaret per l’incredulità dei suoi concittadini, i quali non accettavano che “il figlio del falegname” (Mt 13:55) fosse il Messia promesso dalle Scritture I fratelli stessi di Gesù non credettero in Lui come Messia fino a dopo la sua risurrezione (Gv 7:5) Gesù cita due avvenimenti dell’A.T. dove sia Elia che Eliseo furono mandati da persone Gentili a causa dell’incredulità del popolo Il punto principale di questi due esempi è che Gesù sta iniziando a rivelare che quello che il popolo d’Israele avrebbe rigettato i Gentili lo avrebbero ricevuto Il risultato di tutte queste parole fu una rabbia talmente forte da cercare di buttarlo giù da una rupe vicina a Nazaret, ma Gesù usò il suo potere messianico per uscire da quella situazione incolume Fine

II. L’autenticazione del Re § 40 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 4. Il quartier generale a Capernaum (Matteo 4:13-16) 68

§ 40: Il quartier generale a Capernaum Gesù e i suoi si spostano a Capernaum Dopo essere stato rigettato dai concittadini, Gesù decide di fare il suo quartier generale a Capernaum. Questa città era attraversata da una via molto utilizzata per gli scambi economici verso tutto il paese, quindi le tante persone che l’attraversavano potevano venire in contatto con la “buona notizia” del Regno che Gesù e i suoi discepoli stavano annunciando Il passo citato da Matteo al v. 15-16 si trova in Isaia 9:1-2, e se lo si legge nel suo contesto si vede che in quel brano si sta profetizzando dei tempi messianici La città di Nazaret si trova esattamente nel territorio della tribù di Zabulon, mentre Capernaum è nel territorio di Neftali insieme con Corazin e Betsaida Qui Gesù fece la maggior parte dei miracoli (Lu 10:13, Mt 11:23) Fine

II. L’autenticazione del Re § 41 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 5. L’autorità del Messia sui demoni (Marco 1:21-28; Luca 4:31-37) 70

§ 41: L’autorità del Messia sui demoni L’autorità di Gesù Mentre la fama di Gesù si spargeva, iniziavano anche le prime domande. Con quale autorità stava insegnando? I rabbini ricevevano la loro autorità dall’accademia rabbinica (yeshiva) che avevano seguito e in cui avevano studiato Gesù non aveva fatto nessuna scuola rabbinica di quel tempo. Come abbiamo visto in precedenza, è detto nelle Scritture che il Padre lo istruiva ogni mattino fin dalla sua infanzia (Is 50:4-9) Le persone che lo ascoltavano riconoscevano che stava insegnando qualcosa di nuovo che non avevano mai sentito prima Egli insegnava loro avendo una sua autorità diversa da quella degli scribi e i dei Farisei, e la Sua autorità era tale che non richiedeva nessuna autorizzazione rabbinica preventiva

§ 41: L’autorità del Messia sui demoni I demoni riconoscono Gesù Mentre le persone che ascoltavano erano un po’ lente a riconoscere l’autorità di Gesù, i demoni erano molto più veloci Quando lo incontrarono lo riconobbero immediatamente e iniziarono a gridare: “Io so chi sei: il Santo di Dio” In questa e in altre occasioni simili Gesù ha sempre fatto tacere i demoni senza permettere loro di dire chi era. Come mai? Probabilmente perché la testimonianza dei demoni non sarebbe stata una buona testimonianza Tutti noi siamo contenti di ricevere buona testimonianza dalle persone che ci conoscono, se però a dare questa buona testimonianza fosse un malvivente che non si è mai ravveduto e che non ha intenzione di farlo, probabilmente non saremmo molto contenti di ricevere questa sua testimonianza

§ 41: L’autorità del Messia sui demoni Un modo diverso di scacciare i demoni Esistevano degli esorcisti nel popolo d’Israele anche al tempo di Gesù (Mt 12:27), ma il loro modo di scacciare i demoni seguiva un rituale e delle formule ben precise Gesù non segue né questo rituale né queste formule, ma ordina semplicemente ai demoni di uscire e loro obbediscono La conclusione a cui arrivano è che non solo insegna con autorità, ma scaccia anche i demoni con autorità e solo con il Suo comando Questo avvenimento fece diffondere ulteriormente la sua fama di Gesù in tutta quella regione e preparò il prossimo avvenimento Fine

II. L’autenticazione del Re § 42 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 6. L’autorità del Messia sulle malattie (Matteo 8:14-17; Marco 1:29-34; Luca 4:38-41) 74

§ 42: L’autorità del Messia sulle malattie La suocera di Pietro Fino ad oggi è una consuetudine ebraica acquisita avere un pranzo speciale durante il sabato dopo il servizio mattutino in sinagoga Seguendo questa consuetudine Gesù andò con i suoi discepoli in casa di Pietro per il pranzo del sabato La suocera di Pietro era malata (Pietro era sposato 1Co 9:5), il termine greco usato per descrivere la febbre fa pensare a qualcosa di cronico che la affliggeva da un po’ di tempo Sebbene la descrizione di come avvenne la guarigione di Gesù sia diversa in tutti e tre i vangeli, possiamo vedere che ogni descrizione in realtà aggiunge dei particolari a quello che avvenne senza entrare in contraddizione con le altre

§ 42: L’autorità del Messia sulle malattie Finito il sabato Gesù guarisce le persone Il fatto che venne sera prima che le persone portassero i malati e gli indemoniati da Gesù è dovuto al riposo del sabato Secondo la tradizione Ebraica il sabato finisce quando si possono contare distintamente tre stelle nel cielo Inoltre, secondo l’insegnamento rabbinico non si potevano guarire delle persone in giorno di sabato Ecco allora che in base a quello che era successo nella sinagoga al mattino, al tramonto del sole iniziano ad arrivare folle di persone con ammalati e indemoniati da guarire In Marco vengono descritte due categorie distinte di persone che venivano portate da Gesù: malati e indemoniati. C’è quindi distinzione tra le malattie fisiche e le possessioni demoniache

§ 42: L’autorità del Messia sulle malattie Malati e indemoniati Ci sono coloro che sono malati fisicamente a causa della fragilità umana e quelli che sono afflitti da demoni Benché secondo la Scrittura vediamo che in alcuni casi ci siano delle malattie fisiche dovute a possessioni demoniache (Lu 11:14, Mt 12:22), non è vero che ogni malattia è dovuta a una possessione demoniaca Bisogna stare anche attenti a non confondere malattie fisiche come l’epilessia o altro, con delle possessioni demoniache. Dalla Bibbia si capisce chiaramente che l’epilessia è una malattia e non una possessione demoniaca (Mt 4:24) Sicuramente Gesù non aveva problemi a riconoscere se chi si trovava davanti a Lui era indemoniato oppure malato, e alla fine liberava ognuno dal ciò che lo affliggeva

§ 42: L’autorità del Messia sulle malattie La guarigione fisica e la guarigione spirituale Matteo aggiunge nel suo scritto una citazione di Isaia 53:4: «Egli ha preso le nostre infermità e ha portato le nostre malattie» Sulla base di questa citazione alcune persone insegnano che la guarigione fisica è insita nel sacrificio di Cristo e che quindi ogni persona che mette la propria fiducia in questo sacrificio deve ricevere guarigione fisica dalle sue malattie Tuttavia non dobbiamo dimenticare che Matteo scrisse che quelle parole (Is 53:4) si stavano avverando in quel momento, cioè ben prima che il Messia facesse l’espiazione sulla croce. Quindi non può essere quella la giusta interpretazione Per capire quello che ci dice questo versetto dobbiamo ritornare a quanto visto nel §16, cioè ai quattro modi in cui l’A.T. viene citato nel N.T.

§ 42: L’autorità del Messia sulle malattie La citazione che Matteo fa di Isaia è una “profezia di tipo applicativo” Quando siamo in presenza di questo tipo di profezia, spesso i due eventi (quello del N.T. e quello del V.T.) non hanno niente in comune se non un solo punto. A causa di quel punto di somiglianza il N.T. cita l’A.T. come un’applicazione Nel contesto di Isaia 53 il profeta sta descrivendo una guarigione spirituale dal peccato tramite il sacrificio espiatorio del Messia Questa guarigione spirituale non era ancora avvenuta nel momento in cui Gesù si trovava a Capernaum con i suoi discepoli Il punto di somiglianza è proprio la guarigione, ma nel caso di Isaia è qualcosa di spirituale futuro, mentre nel caso di Matteo è una guarigione fisica che stava avvenendo in quel momento Fine

II. L’autenticazione del Re § 43 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 7. L’autorità del Messia di predicare (2) (Matteo 4:23-25; Marco 1:35-39; Luca 4:42-44) 80

§ 43: L’autorità del Messia di predicare (2) Secondo viaggio evangelistico Dopo la guarigione della suocera di Pietro, inizia il secondo viaggio evangelistico di Gesù e dei suoi discepoli in tutta la Galilea Luca e Marco riportano che la mattina presto, quando era buio e non c’erano le folle, Gesù si alzava per pregare e coltivare il suo rapporto personale con il Padre (esempio per noi) Quando alla fine i discepoli lo ritrovano, Egli li informa che non sarebbero rimasti a Capernaum ma sarebbero andati di città in città per annunciare l’Evangelo del Regno In particolare in questi versetti viene descritto: Il posto dove avrebbe annunciato il Vangelo Il contenuto di questo Vangelo L’autenticazione che avrebbe accompagnato l’annuncio

§ 43: L’autorità del Messia di predicare (2) Il posto principale in cui Gesù insegnava annunciando il Vangelo del Regno erano le sinagoghe (Mt 4:23a, Lu 4:44) Il contenuto del Vangelo che Gesù predicava non era (come abbiamo visto al §37) il fatto che Egli era morto per i loro peccati, era stato seppellito ed era risorto, perché questi eventi non erano ancora accaduti. La buona notizia, in questo contesto, era che il tempo del Regno era arrivato e con esso il Re d’Israele. Se essi avessero accettato Gesù come Messia e Re avrebbero potuto vedere il Regno messianico instaurarsi fisicamente ai loro giorni L’autenticazione del messaggio di Gesù veniva dal fatto che Egli guariva ogni malattia e ogni infermità tra il popolo (Mt 4:23b) e cacciava i demoni (Mr 1:39b) Come risultato di questo secondo viaggio evangelistico la sua fama si diffuse oltre i confini nazionali: fino alla Sira, oltre il Giordano e nelle dieci città pagane (decapoli) che erano a sud-est della Galilea Fine

II. L’autenticazione del Re § 44 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 8. L’autorità del Messia sulla natura (Matteo 4:18-22; Marco 1:16-20; Luca 5:1-11) 83

§ 44: L’autorità del Messia sulla natura I discepoli chiamati a seguirlo in un modo diverso In questo passaggio Pietro, Andrea e Giovanni sono chiamati nuovamente da Gesù a seguirlo e in più si aggiunge Giacomo In Giovanni 1:35-51 avevamo visto (paragrafo §28) che nei due giorni che seguirono il battesimo di Gesù, Egli fece suoi discepoli Pietro, Andrea, Giovanni, Filippo e Natanaele Insieme con questi discepoli Egli iniziò il Suo ministerio evangelistico per tutto Israele e in particolare in Galilea, ma adesso li stava chiamando a seguirlo in un modo diverso Fino a quel momento i suoi discepoli lo avevano seguito senza lasciare il loro lavoro secolare. Infatti dal testo possiamo capire che seguivano Gesù in certi momenti e in certi altri continuavano il loro lavoro di pescatori per potersi mantenere. Ora Gesù li stava chiamando a seguirlo senza più esercitare il loro lavoro secolare

§ 44: L’autorità del Messia sulla natura L’esperienza e l’obbedienza La scena inizia con Gesù che stava insegnando seduto sulla barca di Pietro (i rabbini insegnano stando seduti) Finito d’insegnare alle folle, Gesù disse ai suoi discepoli di andare al largo e di gettare le reti per pescare Questo contraddiceva l’esperienza di questi pescatori professionisti e così Pietro rispose (Lu 5:5a): “Maestro, tutta la notte ci siamo affaticati, e non abbiamo preso nulla” Pietro era un pescatore, mentre Gesù era un carpentiere. Era normale che Pietro ne sapesse più di Gesù. Secondo l’esperienza di Pietro calare le reti a quell’ora del giorno sarebbe stato inutile, perché il calore del sole spingeva i pesci nelle profondità del mare Tuttavia dopo aver fatto la sua obiezione Pietro obbedì, perché per un buon discepolo l’ubbidienza viene prima dell’esperienza

§ 44: L’autorità del Messia sulla natura Il confronto tra Pietro e il Messia Contrariamente alla loro esperienza di pescatori professionisti, presero talmente tanti pesci che dovettero chiedere aiuto per portarli tutti a terra. Le due barche piene di pesci stavano quasi per affondare tanto era grande il loro carico In quel momento Pietro riconobbe la totale autorità del Messia sulla natura, si sentì tanto meschino che si buttò ai suoi piedi e gli chiese di allontanarsi da lui perché era un peccatore Il nostro confronto di creature decadute e peccaminose con la santità, la perfezione, la grandezza e la potenza di Dio portano sempre a una reazione come quella di Pietro Il vero problema è che noi uomini per sentirci a posto ci confrontiamo tra di noi e non con Dio. Se ci confrontiamo con gli altri troveremo sempre qualcuno peggiore di noi che ci farà apparire buoni e giusti ai nostri occhi, ma non a quelli di Dio

§ 44: L’autorità del Messia sulla natura Il sostentamento del Messia Tuttavia il Messia non si separò da Pietro e dagli altri discepoli, ma li chiamò a seguirlo lasciando il loro lavoro di pescatori Fino a quel momento il loro sostentamento era dipeso dal lavoro di pescatori che esercitavano, ora Gesù voleva provvedere al sostentamento di cui avevano bisogno. Questo segno fu una prova concreta della potenza del Messia e del fatto che Egli era in grado di provvedere ai loro bisogni materiali Ed essi come risposero? “Tratte le barche a terra, lasciarono ogni cosa e lo seguirono” (Lu 5:11) e così divennero pescatori di uomini Fine

II. L’autenticazione del Re § 45 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 9. L’autorità del Messia sulla contaminazione (Matteo 8:2-4; Marco 1:40-45; Luca 5:12-16) 88

§ 45: L’autorità del Messia sulla contaminazione La lebbra nel popolo d’Israele secondo la Torà Nella legge di Mosè il problema della lebbra veniva trattato in modo molto particolare (Le 13-14) Una delle poche volte in cui una persona diventava cerimonialmente impura era quando toccava un malato di lebbra Secondo la legge mosaica solo i sacerdoti avevano l’autorità di dichiarare un uomo malato di lebbra Dal momento in cui il sacerdote dichiarava lebbrosa una persona essa doveva: strapparsi i vestiti, girare con il naso e la bocca coperti da un velo, essere allontanato dalla comunità ebraica e vivere in una parte della città riservata solo ai lebbrosi. Inoltre gli era proibito entrare nel tempio e quindi era escluso da ogni beneficio spirituale. Se il lebbroso incontrava qualcuno per strada doveva gridare: “impuro, impuro” per avvertirlo (Le 13:45-46)

§ 45: L’autorità del Messia sulla contaminazione Normalmente dalla lebbra non si guariva È importante notare che da quando la legge di Mosè fu completata non si è mai avuta notizia di un Ebreo guarito da lebbra Gli unici due casi dell’A.T. in cui ci fu guarigione sono: Miriam e Naman. Tuttavia la guarigione di Miriam avvenne prima che la legge di Mosè fosse completata e Naman non era un Ebreo Nonostante questo nella legge di Mosè era previsto un rituale per chi guariva lebbra (Le 14). Colui che guariva doveva presentarsi al sacerdote che avrebbe fatto gli accertamenti e offerto un sacrificio In particolare il sacerdote doveva trovare risposta a tre domande: Quella persona era veramente un lebbroso? Quella persona è stata veramente guarita dalla lebbra? Quali sono state le circostanze della guarigione?

§ 45: L’autorità del Messia sulla contaminazione I miracoli messianici Gli scritti rabbinici contengono molti rimedi e cure per svariate malattie, ma per la lebbra non viene dato nessun rimedio Nel sentimento comune la lebbra era un segno della punizione divina (vedi Uzzia II Cr 26:19, Gheazi II Re 5:27, Miriam Nu 12:10) e quindi era inutile cercare cure per poterla debellare Questo spiega perché quando Gesù guarì questo Ebreo malato di lebbra ci fu grandissima sorpresa e clamore Gesù fece tanti miracoli di vario tipo, ma non tutti i miracoli fecero nascere nel popolo il dubbio se Egli fosse il Messia Molti dei miracoli che Gesù fece non furono unici nel loro genere Mosè, Elia, Eliseo e altri fecero molti dei miracoli che fece Gesù, ma non per questo il popolo pensò di loro che fossero il Messia

§ 45: L’autorità del Messia sulla contaminazione I Giudei dividevano i miracoli in due categorie: Una prima categoria di miracoli che chiunque, reso capace da Dio, sarebbe stato in grado di fare Una seconda categoria di miracoli che solo il Messia sarebbe stato in grado di fare, che chiameremo i “miracoli messianici” Questi “miracoli messianici” non furono mai fatti nell’A.T., ma furono fatti per la prima volta da Gesù nel N.T. Come vedremo da ora in avanti, ogni volta che il Gesù compirà uno di questi “miracoli messianici” la reazione delle persone sarà radicalmente diversa dai miracoli della prima categoria Uno di questi miracoli considerati messianici era proprio la guarigione di una persona del popolo malata di lebbra In questo senso guarire un Ebreo dalla lebbra significava affermare allo stesso tempo di essere il Messia

§ 45: L’autorità del Messia sulla contaminazione La testimonianza ai capi Il fatto che questo Ebreo lebbroso andò da Gesù per essere guarito significa che egli credeva che Gesù fosse il Messia Il lebbroso non chiede di essere guarito, ma di essere purificato. Come abbiamo visto, questa malattia rendeva gli Ebrei non solo malati, ma impuri, e quindi senza possibilità di presentarsi a Dio Gesù guarì quest’uomo toccandolo, poteva guarirlo solo con la parola, ma questo gesto di amore e compassione che il Messia fece verso un uomo che da tantissimo tempo non veniva più toccato Dopodiché Gesù diede delle istruzioni precise a quest’uomo: gli disse di presentarsi al sacerdote e di offrire per la purificazione quello che era scritto nella legge di Mosè Questo doveva servire di testimonianza per i capi, per i sacerdoti i quali consideravano questo miracolo messianico Fine

II. L’autenticazione del Re § 46 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 10. L’autorità del Messia di perdonare i peccati (Matteo 9:1-8; Marco 2:1-12; Luca 5:17-26) 94

§ 46: L’autorità del Messia di perdonare i peccati La reazione diversa dei capi religiosi Passarono alcuni giorni dopo che Gesù aveva chiamato i suoi discepoli a lasciare la loro attività di lavoro per annunciare l’Evangelo del Regno. Dopodiché tornarono a Capernaum con la barca (probabilmente si trovavano a Betsaida) (Mr 2:1, Mt 9:1) In tutto il territorio d’Israele si era diffusa la notizia della guarigione del lebbroso e, come avevamo visto, questo aveva creato una reazione assai diversa rispetto ai miracoli precedenti Erano arrivati dei capi spirituali da tutti i villaggi della Galilea, della Giudea e da Gerusalemme (Lu 5:17). In altre parole ad ascoltare Gesù non c’erano soltanto i Farisei locali di Capernaum, ma era rappresentata la quasi totalità dei capi religiosi del paese

§ 46: L’autorità del Messia di perdonare i peccati La prima fase dell’investigazione Quello che avviene durante il miracolo della guarigione del paralitico è la prima delle due fasi d’investigazione del Sinedrio verso la persona di Gesù Abbiamo già visto al par. § 22 cosa fosse l’investigazione del Sinedrio quando consideravamo l’opera di Giovanni Battista Nella fase di osservazione i Farisei e i sadducei potevano solamente guardare ciò che veniva insegnato e compiuto, ma non potevano fare nessuna obiezione o domanda in merito In genere questa prima fase richiedeva la presenza di una piccola delegazione di Farisei o sadducei (come per Giovanni Battista), ma in questo caso la situazione era diversa: non c’era soltanto qualcuno che dichiarava di essere il Messia, c’era qualcuno che aveva compiuto un miracolo messianico; ecco perché così tanti capi religiosi si affrettano a recarsi a Capernaum

§ 46: L’autorità del Messia di perdonare i peccati Gli amici del paralitico Le persone che andarono da Gesù erano talmente tante che neppure lo spiazzo davanti alla porta poteva contenerli (Mr 2:2) Un gruppo di amici voleva portare un paralitico da Gesù perché fosse guarito, ma non ci riuscivano perché la folla e i capi religiosi bloccavano l’entrata con la loro presenza In tutti e tre i vangeli appare chiaro che Gesù rispose alla fede dei quattro amici (Mt 9:2, Mr 2:5, Lu 5:20), mentre non viene detto niente della fede del paralitico In occasioni simili Gesù aveva semplicemente guarito le persone. In questo caso dice qualcosa prima di compiere la guarigione Egli disse la frase: “i tuoi peccati ti sono perdonati”. Nel N.T. questa frase è usata solo da Gesù e non dobbiamo dimenticare che, benché sia scritta in greco, Egli la disse in ebraico

§ 46: L’autorità del Messia di perdonare i peccati L’affermazione di Gesù La frase che Gesù disse in ebraico era in forma passiva, e questa frase in questa forma la ritroviamo in un solo punto in tutta la Bibbia ebraica: in Levitico 4-6 nel contesto dell’espiazione Nei capitoli di Levitico viene descritta la necessità di un sacrificio di sangue per fare l’espiazione del peccato del popolo. Chi faceva l’espiazione del peccato era Dio tramite il sacrificio di animali, quindi Dio perdonava i peccati del popolo tramite quest’espiazione I capi religiosi conoscevano molto bene la Torà, e colsero subito la connessione tra le parole di Gesù e ciò che era scritto in Levitico a riguardo del perdono che solo Dio poteva concedere tramite l’espiazione In altre parole Gesù, usando questa frase in ebraico, stava affermando di avere la stessa l’autorità di perdonare i peccati che Dio affermava di avere in Levitico 4-6

§ 46: L’autorità del Messia di perdonare i peccati Le obiezioni dei capi religiosi Gesù stava parlando come se fosse Dio stesso e questo fece nascere immediatamente delle obiezioni nei capi religiosi Siccome erano ancora nella fase osservativa dell’investigazione, nonostante avessero delle obiezioni molto forti si trattennero dal manifestarle apertamente (Mr 2:6, Mt 9:3) La loro obiezione principale era questa: “Perché costui parla in questa maniera? Egli bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non uno solo, cioè Dio?” (Mr 2:7) La loro teologia era corretta, nessuno eccetto Dio può perdonare i peccati. Questo significava due cose: o Gesù era veramente un bestemmiatore oppure era quello che diceva di essere, cioè il Messia promesso e Dio fatto uomo Benché i Farisei non dissero niente, Gesù lesse nelle loro menti

§ 46: L’autorità del Messia di perdonare i peccati Gesù prova la sua deità Gesù rivela di conoscere i pensieri dei dottori della legge e risponde alla loro obiezione apertamente (Mr 2:8) Nella Sua risposta il Messia usa un metodo tipicamente ebraico: risponde a una domanda con un’altra domanda Inoltre Gesù utilizza un processo logico rabbinico chiamato: Kal v’chomer, cioè dal facile al difficile. Anche se in questo caso lo usa in senso inverso In sostanza era come se il Messia affermasse: “vi dimostrerò che posso dire la cosa più facile (i tuoi peccati sono perdonati), perché sono capace di fare quella più difficile (guarire il paralitico) La prova di quello che Gesù diceva fu data immediatamente dalla guarigione del paralitico, e naturalmente i Farisei presenti informarono immediatamente il Sinedrio dell’accaduto Fine

II. L’autenticazione del Re § 47 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 11. L’autorità del Messia sugli uomini (Matteo 9:9-13; Marco 2:13-17; Luca 5:27-32) 101

§ 47: L’autorità del Messia sugli uomini L’inizio della seconda fase dell’investigazione I Farisei e gli scribi avevano informato il Sinedrio che il movimento di Gesù di Nazaret era significativo e che quindi doveva iniziare la seconda fase dell’investigazione, questa fase continuerà fino al punto cruciale che avverrà in Matteo 12 Da questo momento in poi i Farisei seguiranno Gesù ovunque andrà e gli faranno domande e obiezioni cercando di trovare argomenti per accettare o rifiutare le sue affermazioni di essere il Messia La fase dell’interrogazione iniziò congiuntamente con la chiamata del settimo discepolo, cioè Matteo Matteo era un pubblicano e questa professione era proibita dalla legge Ebraica. Tuttavia alcuni decidevano di fare questo mestiere non solo perché erano pagati bene, ma perché potevano speculare sulle tasse chiedendo più del dovuto e tenendo la differenza

§ 47: L’autorità del Messia sugli uomini Come venivano considerati i pubblicani a quel tempo Negli scritti rabbinici (J Chagigha 77a) i pubblicani venivano messi in contrapposizione coi chaver. Un chaver era un osservante della legge integerrimo, mentre un pubblicano era l’esatto l’opposto: uno schifoso peccatore Quando un uomo diventava pubblicano, veniva escluso dalla vita della comunità ebraica. Sempre secondo la legge, gli unici che potevano stare con loro erano: altri pubblicani e prostitute La parola “peccatori” che viene usata in questo contesto è un eufemismo per indicare le prostitute I pubblicani erano considerati inaffidabili e quindi non potevano testimoniare in un processo pubblico (De 17:6, De 19:15) Secondo gli scritti ebraici esistevano due tipi di pubblicani entrambi detestabili, ma un tipo era peggiore dell’altro

§ 47: L’autorità del Messia sugli uomini Il meno peggio era l’ufficiale per le tasse, mentre il peggiore era il funzionario di dogana, cioè colui che stava seduto al banco delle imposte. Matteo era proprio un funzionario di dogana (Mt 9:9, Lu 5:27) Veniva detto che con un tale pubblicano, se si riusciva, si poteva anche contrabbandare delle merci, perché era come impedire a un ladro di rubare I Farisei dichiaravano che il ravvedimento di un pubblicano, benché possibile teoricamente, era in pratica impossibile. Non c’era nessuna possibilità per loro di ravvedersi

§ 47: L’autorità del Messia sugli uomini Gesù chiama Levi Gesù chiama Matteo e lui non ci pensa nemmeno un attimo. Lascia tutto e segue Gesù In condizioni normali avrebbe preso degli accordi coi Romani prima di lasciare il suo incarico, ma aveva capito che l’autorità di Gesù era maggiore di quella di Roma e lo seguì senza perdere tempo L’atteggiamento di Matteo ci fa capire che internamente desiderava ardentemente andare con Gesù, ma probabilmente credeva di non poterlo fare perché era un pubblicano peccatore L’immediata risposta alla chiamata di Gesù segna il momento della sua nuova nascita e per celebrare questo totale cambiamento di vita diede una grande festa in casa sua Ovviamente le persone presenti alla festa erano i soli amici che Matteo poteva avere: pubblicani e prostitute

§ 47: L’autorità del Messia sugli uomini La reazione dei Farisei Inizia la seconda fase dell’investigazione e i Farisei non stanno più zitti: verbalizzano le loro obiezioni La sostanza dell’obiezione era questa: “se Gesù fosse il vero Messia d’Israele non si assocerebbe mai con queste persone peccatrici” Ovviamente Gesù e i suoi discepoli non stavano coi pubblicani e le prostitute per godere i piaceri del peccato, Gesù stava in mezzo a loro come il medico sta in mezzo ai malati Il messaggio che Gesù voleva dare ai Farisei era che il medico deve stare coi malati per guarirli e che Lui stava facendo questo Inoltre voleva far capire ai Farisei che facevano molti sacrifici, ma avevano poca misericordia Erano molto attenti a soddisfare le richieste esteriori della legge, mentre non consideravano le richieste interiori della legge Fine

II. L’autenticazione del Re § 48 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 12. L’autorità del Messia sulla tradizione (Matteo 9:14-17; Marco 2:18-22; Luca 5:33-39) 107

§ 48: L’autorità del Messia sulla tradizione Il motivo del rigetto di Gesù Durante tutta la seconda fase dell’investigazione il conflitto tra Gesù e i Farisei diventerà sempre più evidente Oggi si sente spesso insegnare che i Farisei e i capi religiosi rigettarono Gesù perché non cacciò gli invasori Romani e non instaurò il Regno del Messia a quel tempo In realtà questa non fu mai la motivazione che essi diedero, ma la vera ragione è che egli rigettò il farisaismo Per capire esattamente perché Gesù rigettò il farisaismo dobbiamo prima comprendere le origini del farisaismo giudaico e come si è sviluppato durante la storia del popolo d’Israele Questo ci porterà via un po’ di tempo, ma sarà utile per comprendere meglio le motivazioni profonde di alcuni passaggi che troviamo nel nuovo testamento

§ 48: L’autorità del Messia sulla tradizione Esdra e la scuola dei Sopherim Quando il popolo d’Israele ritornò dal periodo di cattività in Babilonia (70 anni - Ger 25:11-12, 29:10, Da 9:2), i capi spirituali del popolo riconobbero che la ragione per la quale erano stati deportati era stata la disubbidienza alla legge di Mosè Esdra (lo scrittore dell’omonimo libro della Bibbia) raccolse i capi spirituali che erano ritornati dall’esilio in un’unica scuola chiamata: la scuola dei Sopherim (che in ebraico significa “scribi”) L’idea di Esdra era di studiare attentamente tutti i comandamenti che Dio aveva dato a Mosè e di insegnargli al popolo affinché capisse bene quali fossero le conseguenze nell’ascoltarli e praticarli e quali nell’ignorarli e infrangerli Osea diceva che il popolo perisce per la mancanza di conoscenza (Os 4:6), ed Esdra e i Sopherim volevano cercare di risolvere questo problema e in tutto questo non c’era niente di sbagliato

§ 48: L’autorità del Messia sulla tradizione La seconda generazione dei Sopherim Quando la prima generazione dei Sopherim passò, la seconda generazione disse: “non è sufficiente esporre la legge di Mosè al popolo, dobbiamo costruire un ‘recinto’ attorno alla legge” La legge di Mosè (cioè, la Torà) contiene 613 comandamenti individuali, non solo 10 come la maggior parte delle persone crede Il recinto che volevano costruire i Sopherim era costituito da nuove regole che derivavano logicamente dai 613 comandamenti Questo perché pensavano che se anche il popolo avesse rotto la legge del recinto (la legge rabbinica) non avrebbe trasgredito la legge di Mosè e non sarebbero stati deportati nuovamente I Sopherim usavano questo principio: un sopher può essere in disaccordo con un altro shoper, ma non può essere in disaccordo con la Torà. Le decisioni controverse venivano prese a maggioranza

§ 48: L’autorità del Messia sulla tradizione Un esempio di comandamento di Mosè … Mosè disse: “Non farai cuocere il capretto nel latte di sua madre” (Es 23:19; 34:26; De 14:21) Lo scopo iniziale di questo comandamento era che il popolo evitasse una comune pratica idolatrica cananea Nell’adorazione a Baal i Cananei prendevano il primogenito di ogni capra, la mungevano e poi mettevano il capretto a bollire vivo nel latte di sua madre; questa era l’offerta di primizie a Baal Gli Ebrei non dovevano seguire questa pratica idolatrica e così Dio diede questo comandamento circa nel 1400 A.C.. Erano passati quasi mille anni e al tempo di Esdra (440 A.C.), non c’erano più Cananei in giro, nessuno bolliva più i capretti nel latte della madre e lo scopo originale di questo comandamento era stato dimenticato Tuttavia i Sopherim iniziarono a costruirgli una ‘recinzione’ intorno

§ 48: L’autorità del Messia sulla tradizione … e il relativo ‘recinto’ I Sopherim si chiesero: “come possiamo essere sicuri al 100% che non accada mai di cuocere il capretto nel latte di sua madre?” Supponiamo per esempio che un ebreo mangi un pezzo di carne e beva un bicchiere di latte allo stesso tempo. Non importa quanto remota sia la possibilità che il latte bevuto provenga dalla madre della bestia mangiata, c’è sempre questa possibilità Se per ipotesi il latte provenisse proprio dalla madre, allora la carne cuocerebbe insieme al latte nello stomaco per mezzo dei succhi gastrici e così verrebbe infranto il comandamento di Mosè Ecco che venne decretata una nuova legge che impediva a un Ebreo di mangiare carne e bere latte nello stesso pasto, devono passare almeno quattro ore tra uno e l’altro

§ 48: L’autorità del Messia sulla tradizione Ancora oggi gli Ebrei Ortodossi separano i loro pasti con carne da quelli con i latticini e derivati Tuttavia questa logica rabbinica, chiamata pilpul, si è spinta oltre Supponiamo che una persona mangi il suo pasto con latticini e poi lavi il piatto in cui ha mangiato, c’è sempre la possibilità che un pezzetto infinitesimo di formaggio rimanga nel piatto e si vada a mescolare con la carne di un successivo pasto Non importa quanto remota sia la possibilità che il formaggio mangiato provenga dal latte dalla madre della bestia mangiata, c’è sempre questa possibilità e allora la carne cuocerebbe insieme al latte nello stomaco infrangendo così la legge di Mosè Fu fatta una nuova legge: “ogni Ebreo deve avere due corredi di piatti, uno per i pasti con latticini e uno per i pasti con carne Ancora oggi gli Ebrei Ortodossi hanno due corredi di piatti e alcuni ne hanno quattro, di cui due vengono usati solo a Pasqua

§ 48: L’autorità del Messia sulla tradizione La fine dei Sopherim e l’inizio dei Tannaim La scuola dei Sopherim iniziò circa nel 450 A.C. e finì definitivamente nel 30 D.C., le nuove leggi vennero tramandate di rabbino in rabbino da Esdra fino a Hillel Dopodiché venne una seconda scuola rabbinica chiamata i Tannaim, che in ebraico antico significa “maestri” I Tannaim rividero tutto il lavoro fatto dai Sopherim e arrivarono alla conclusione che c’erano ancora ‘troppi buchi nel recinto’ Decisero quindi di continuare il lavoro dei Sopherim e lo fecero in un arco di tempo che va dal 30 D.C. fino al 220 D.C., Il principio dei Tannaim era questo: un tanna può essere in disaccordo con un altro tanna, ma non può essere in disaccordo con un sopher. Questo implicitamente significava che le migliaia di regole dei Sopherim avevano assunto lo stesso valore della Torà

§ 48: L’autorità del Messia sulla tradizione La legge scritta e la legge orale Per giustificare al popolo come mai la legge dei Sopherim era uguale alla legge di Mosè, i Tannaim iniziarono a insegnare una cosa che ancora oggi viene insegnata dagli Ebrei Ortodossi Essi dicevano che in realtà sul monte Sinai Dio diede a Mosè due leggi. La prima era la “legge scritta”, cioè quella che Mosè scrisse nella Torà e che contiene 613 comandamenti, la seconda è la “legge orale”, quella che Mosè memorizzò mentre era sul monte Tramite memorizzazione Mosè passo questa legge a Giosuè, il quale la passò ai Giudici, essi la trasmisero poi ai Profeti, che a loro volta la passarono ai Sopherim Per sei secoli e mezzo (dal 450 A.C al 220 D.C.) questa legge orale fu tramandata solo mnemonicamente, poi nel 220 D.C., siccome erano rimasti pochi Rabbi per memorizzare queste leggi, essa venne finalmente scritta; con questo finì il periodo dei Tannaim

§ 48: L’autorità del Messia sulla tradizione La fine dei Tannaim e l’inizio degli Amoraim La scuola degli Amoraim iniziò quando finì quella dei Tannaim, cioè nel 220 D.C., e proseguì per otto generazioni fino al 500 D.C. Il principio degli Amoraim era questo: un amora può essere in disaccordo con un altro amora, ma non può essere in disaccordo con un tanna. In questo modo veniva sancito che tutte le leggi e i regolamenti introdotti dai Tannaim erano anch’essi sacrosanti e avevano lo stesso valore delle Scritture Il lavoro fatto dai Sopherim e dai Tannaim oggi viene chiamato Mishnah, mentre il lavoro fatto dagli Amoraim viene chiamato Gemara. L’insieme della Mishnah più la Gemara viene chiamato Talmund Vediamolo insieme nel seguente schema riassuntivo

§ 48: Lo sviluppo del farisaismo giudaico SOPHERIM (SOPHER) 450 A.C. - 30 D.C. La legge della TORA’ 613 com. TANNAIM (TANNA) 30 D.C. - 220 D.C AMORAIM (AMORA)

§ 48: Lo sviluppo del farisaismo giudaico SOPHERIM (SOPHER) MISHNAH 450 A.C. - 30 D.C. La legge della TORA’ 613 com. TANNAIM (TANNA) TALMUD 30 D.C. - 220 D.C GEMARA AMORAIM (AMORA) 220 A.C. - 500 D.C.

§ 48: L’autorità del Messia sulla tradizione Gesù e la Mishnah Il Messia durante la sua vita ebbe a che fare prevalentemente coi precetti e i regolamenti scritti nella Mishnah, e non tanto con la Gemara che fu scritta quasi interamente dopo la sua morte In sostanza la Mishnah divenne la principale causa di disaccordo tra i capi religiosi e Gesù Nella mente dei Farisei il Messia sarebbe stato uno di loro, si sarebbe sottomesso alla legge e ai regolamenti della Mishnah, e avrebbe contribuito al lavoro di stabilire nuove regole che avrebbero chiuso i buchi che ancora rimanevano nel ‘recinto’ Un Messia che non era fariseo e non si sottometteva all’autorità della Mishnah non poteva essere il vero Messia Tuttavia Gesù in tutta la sua vita rimase sottomento solamente alla Torà e ai Profeti e non alla Mishnah

§ 48: L’autorità del Messia sulla tradizione La risposta di Gesù alla domanda sul digiuno Tra le tante tradizioni dei Farisei c’era quella di digiunare di frequente. Era abitudine per un buon fariseo digiunare due volte a settimana: il lunedì e il martedì (il fariseo e il pubblicano Lu 18:12) I discepoli di Giovanni seguivano la stessa tradizione, ma Gesù e i suoi discepoli non la seguivano (Lu 5:33) Alla domanda dei Farisei e dei discepoli di Giovanni Gesù risponde facendo quattro affermazioni: Prima affermazione (Lu 5:34-35): una persona non va a un banchetto nuziale per digiunare. Lo sposo (il Messia) era fisicamente e visibilmente presente, e fintanto che la situazione era quella non c’era possibilità per i suoi discepoli di digiunare. Più avanti lo sposo sarebbe stato loro tolto (morte fisica di Gesù) e allora avrebbero digiunato anche loro

§ 48: L’autorità del Messia sulla tradizione Seconda affermazione (Lu 5:36): nessuno strappa un vestito nuovo per fare un rammendo a un vestito vecchio. Altrimenti rovina il vestito nuovo e quello vecchio. Infatti, una volta lavato il vestito vecchio rammendato con la toppa nuova questa si restringe e strappa la stoffa vecchia su cui è cucito. In sostanza Gesù voleva dire che non era venuto per unirsi a loro nel fare mettere ulteriori pezze al recinto di regolamenti che stavano costruendo intorno alla legge di Mosè. Egli era venuto per presentare qualcosa del tutto differente, qualcosa di nuovo che non era compatibile con nessun tipo di giudaismo che avevano sviluppato fino a quel momento, e quindi il vecchio non si poteva mischiare con il nuovo Terza affermazione (Lu 5:37-38): nessuno mette vino nuovo in otri vecchi. Un otre vecchio nel corso degli anni si è dilatato al massimo delle sue possibilità, mettere del vino nuovo significherebbe far rompere gli otri durante il processo di fermentazione. Gesù stava dicendo che non avrebbe messo i suoi insegnamenti nello stampo del farisaismo giudaico; il vecchio non può mischiarsi col nuovo

§ 48: L’autorità del Messia sulla tradizione Quarta affermazione (Lu 5:39): nessuno, che abbia bevuto vino vecchio, ne desidera del nuovo, perché dice: “Il vecchio è buono”. Questa affermazione può essere interpretata in due modi: il primo è che Gesù stava profetizzando che alla fine i Farisei avrebbero rigettato il nuovo insegnamento per tenere il vecchio. Oppure, in maniera più consona alla loro teologia, il vecchio vino sarebbe il giudaismo Mosaico, mentre il nuovo sarebbe il giudaismo farisaico. Il vino vecchio, cioè il giudaismo Mosaico, è migliore del nuovo

§ 48: L’autorità del Messia sulla tradizione La chiesa non ha imparato la lezione Molto spesso quando si parla dei Farisei e degli scribi il nostro giudizio diventa estremamente pesante e negativo Tuttavia, se siamo onesti, dobbiamo riconoscere che nel corso di 2000 anni di cristianesimo, la Chiesa non ha saputo fare di meglio Quello che è accaduto nella storia del popolo d’Israele è accaduto anche nella storia della Chiesa Molto spesso si è cercato di proteggere Dio e la “sana dottrina” definendo delle regole extra-bibliche che nessuno crede ispirate da Dio, ma che di fatto vengono considerate come se lo fossero Regole che, naturalmente, sono implicazioni logiche che derivano dagli insegnamenti delle Scritture, ma non dobbiamo dimenticare che gli scribi e i Farisei iniziarono esattamente nello stesso modo

§ 48: L’autorità del Messia sulla tradizione Conformità segno di spiritualità Spesso la spiritualità di un credente, o di un’intera chiesa locale, viene giudicata in base alla conformità a queste regole non bibliche e in questo modo la conformità diventa un segno di spiritualità Inoltre queste regole variano da denominazione a denominazione o addirittura sono diverse all’interno della stessa denominazione Il punto focale è che la Chiesa non ha maggiore autorità di quella che avevano i Farisei nel stabilire regole e regolamenti che non siano all’interno della Bibbia per poi farli diventare sacrosanti La Scrittura su molte argomenti ci lascia la libertà di scegliere di seguire, o di farci, un insieme di regole che non sono scritte nella Bibbia, ma che pensiamo essere buone e utili per tanti motivi biblici In molti casi parliamo dei Farisei e degli scribi come persone legaliste, ma non ci rendiamo conto di agire nello stesso modo

§ 48: L’autorità del Messia sulla tradizione Il legalismo Cosa significa allora essere legalisti? Legalismo non è se un credente o una chiesa locale decidono di vivere la loro fede usando un insieme di regole che non sono scritte nella Bibbia Il legalista è chi decide di vivere la sua fede usando un insieme di regole e si aspetta che tutti gli altri credenti usino i suoi stessi regolamenti Tutte le denominazioni evangeliche pensano che il loro modo di vivere la fede sia il più conforme possibile alla sana dottrina, eppure qualcuno si sbaglia o addirittura tutti si stanno sbagliando La libertà che abbiamo nel Messia ci permette di fare dei regole secondo le quali vivere la nostra fede quotidianamente e dobbiamo farlo, solo non giudichiamo gli altri in base a queste regole Fine

II. L’autenticazione del Re § 49 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 13. L’autorità del Messia sul sabato a. Attraverso la guarigione del paralitico (Giovanni 5:1-47) 126

§ 49: La guarigione del paralitico La personificazione del comandamento del sabato Il farisaismo giudaico aveva introdotto migliaia di nuove leggi e regolamenti. Il sabato, come giorno di riposo, aveva assunto una tale rilevanza da essere addirittura personificato Ancora oggi, a un certo punto del culto del venerdì sera in sinagoga, il ‘sabato’ viene fatto entrare cantando una canzone Al singolo comandamento di onorare il sabato come giorno di riposo i Farisei aggiunsero altre 1.500 leggi e regolamenti Nel dibattito tra Gesù e i Farisei sull’autorità della Mishnah, il problema dell’osservanza del sabato fu uno dei temi principali In che cosa consisteva o non consisteva il riposo del sabato? Oggi e nei prossimi paragrafi esamineremo tre conflitti che Gesù ebbe con i Farisei riguardo a questo argomento

§ 49: La guarigione del paralitico La guarigione fisica (Gv 5:1-9) Generalmente quando si parla nei Vangeli della “festa dei giudei” senza specificare quale sia, s’intende la festa di Pasqua Questa è la seconda festa di pasqua menzionata da quando Gesù iniziò il suo ministerio, quindi era passato circa un anno e mezzo La piscina di Betesda si trovava in quello che attualmente è il quartiere Mussulmano della città vecchia di Gerusalemme Ma la cosa importante in questo miracolo è che l’uomo infermo non conosceva Gesù e non aveva mai sentito prima parlare di Lui Gesù non chiese a quest’uomo di avere fede in Lui per guarirlo. Questo, e gli altri miracoli che Egli fece fino a questo punto, serviva per autenticare la sua persona e il suo messaggio al popolo d’Israele

§ 49: La guarigione del paralitico Gesù fece una domanda strana: “Vuoi guarire?”. L’uomo spiegò a Gesù che non gli mancava la volontà di guarire, ma piuttosto la possibilità perché non poteva raggiungere la vasca a causa della sua l’infermità La domanda di Gesù può sembrare strana, ma rapportata alla realtà spirituale di oggi ci fa vedere che tante volte le persone non vogliono guarire spiritualmente perché amano il peccato È fuor di dubbio che le conseguenze ultime del peccato, cioè la separazione eterna da Dio e l’angoscia e sofferenza che ne derivano, non piacciono a nessuno Tuttavia molto spesso il peccato ha degli aspetti piacevoli a cui non sempre siamo disposti a rinunciare. Se vogliamo guarire spiritualmente dobbiamo essere disposti a rinunciare al peccato e ai suoi aspetti piacevoli

§ 49: La guarigione del paralitico La guarigione spirituale (Gv 5:10-18) Tra le 1.500 regole sul sabato introdotte dai Farisei, c’era anche quella di non poter portare un peso da un luogo pubblico a un luogo privato e viceversa. Ciò che Gesù disse al paralitico, cioè di prendere il suo lettuccio e camminare, era una violazione di questa regola Subito i Giudei chiesero a quell’uomo perché stava violando una legge del sabato ed egli disse che era stato chi l’aveva guarito che gli aveva dato quest’ordine La reazione dei Farisei può sembrare strana e assurda: erano attenti al fatto che stava portando il lettuccio di sabato e non si rendevano conto che era stato guarito dopo 38 anni d’infermità Però se ci pensiamo attentamente e siamo onesti vediamo che la reazione dei Giudei non è poi così strana, ognuno di noi se si fa accecare dalle regole non bibliche può arrivare agli stessi estremi

§ 49: La guarigione del paralitico Dopo queste cose Gesù incontrò di nuovo l’ex-paralitico nel tempio; probabilmente si trovava lì per ringraziare Dio della guarigione e per partecipare alle celebrazioni della festa di Pasqua Le parole che Gesù rivolse a quest’uomo: “Ecco, tu sei guarito; non peccare più, ché non ti accada di peggio” riguardavano la sua guarigione spirituale. Ciò che era più importante non era la guarigione del corpo, ma dell’animo. Il peggio non rappresenta tanto la morte fisica o una malattia peggiore di quella che aveva avuto, ma l’eterna separazione da Dio A questo punto l’uomo aveva capito che a guarirlo era stato Gesù e informò i Giudei. Non bisogna per forza vedere in questo un atteggiamento di colpevolezza da parte dell’ex-paralitico, nella sua semplicità stava solo informando chi gli aveva fatto una domanda

§ 49: La guarigione del paralitico Questo ‘incidente’ portò a due specifiche accuse contro Gesù: la prima era che aveva guarito in giorno di sabato In realtà guarire qualcuno in giorno di sabato non violava la legge di Mosè, ma solo quella dei Farisei che diceva: a meno che un uomo non è in pericolo di vita, non deve essere guarito di sabato La seconda accusa dei Giudei nei confronti di Gesù era che si faceva uguale a Dio chiamandolo suo padre (v. 17) Alcuni gruppi o sette cristiane negano la deità di Gesù basandosi sul fatto che un figlio è sempre minore di suo padre Tuttavia non fu quello che capirono gli ebrei di quel tempo, perché lo accusarono di farsi uguale a Dio. Infatti ella cultura ebraica il primogenito è considerato uguale al padre Quando Gesù fece l’affermazione “Il Padre mio opera fino ad ora, e anch'io opero” nella mente dei Giudei non vi era il minimo dubbio o ambiguità: Egli si stava facendo uguale a Dio

§ 49: La guarigione del paralitico La difesa di Gesù (Gv 5:19-29) La risposta di Gesù alle accuse dei Giudei di farsi Dio si divide in quattro punti principali: Primo (v. 19-21): il Figlio fa tutte le cose che vede fare dal Padre. I Giudei pensavano che Gesù si stesse ergendo come nuovo dio diverso da Yahweh, ma Gesù spiega che Egli non è in nessun modo indipendente dal Padre e che tra loro c’è una sintonia perfetta. Un rapporto di amore e non di competizione; entrambi fanno opere potenti e in particolare hanno lo stesso potere di dare la vita. Dare la vita era considerata una capacità di Dio soltanto, siccome Gesù fa le opere che solo il Padre può fare questo significava che Egli era Dio

§ 49: La guarigione del paralitico Secondo (v. 22-23): il Figlio giudicherà tutti gli uomini. La facoltà di dare la vita va di pari passo con quella di giudicare chi questa vita l’ha ricevuta. Siccome il Figlio ha la facoltà di dare la vita (fisica e spirituale), il Padre gli ha dato anche il compito del giudizio sugli uomini. Nell’A. T. il giudizio finale era una prerogativa soltanto di Dio, se il Figlio giudicherà significa che anch’Egli è Dio e merita lo stesso onore del Padre, chi non lo onora allo stesso modo disonora e rigetta anche Dio Padre Terzo (v. 24): il Figlio ha la possibilità di dare vita eterna. Chi onora il Figlio e ascolta la Sua parola credendo nel Padre che l’ha mandato riceve la vita eterna da subito e non sarà condannato in futuro. Anche in questo caso nell’A.T. l’unico che aveva la possibilità di dare vita eterna era Dio, quindi se il Figlio ha la capacità di dare vita eterna Egli stesso deve essere Dio

§ 49: La guarigione del paralitico Quarto (v. 25-29): il Figlio sarà colui che compirà la risurrezione dei morti. Come il Padre di lì a poco mostrerà la Sua capacità di resuscitare i morti tramite la risurrezione del Figlio, così il Figlio nei tempi a venire risusciterà ogni uomo anche se ci saranno due tipi di risurrezione diversi: una risurrezione a vita e una risurrezione a giudizio Attraverso diversi passi dell’A.T. e del N.T. si capisce che la risurrezione a vita (o prima risurrezione come viene detto in Apocalisse) avverrà in tre fasi: la primizia è la risurrezione del Messia (I Co 15:20-23), poi viene la resurrezione dei morti in Cristo appena prima del rapimento della Chiesa (I Te 4:16), poi ci sarà la resurrezione dei santi morti durante la tribolazione e dei santi dell’A.T. quando tornerà il Messia alla fine del periodo di tribolazione di sette anni (Ap. 20-4; Da 12:1-2). La seconda risurrezione, cioè quella di giudizio, avverrà alla fine del Regno Messianico di mille anni (Ap 20:5; 11-12)

§ 49: La guarigione del paralitico I quattro testimoni di Gesù (Gv 5:30-47) Dopo aver affermato in quattro modi diversi il suo essere Dio alla stessa stregua del Padre, Gesù mostrò che c’erano quattro testimoni che testimoniavano il suo essere uguale a Dio (nella legge di Mosè bastavano due o tre testimoni stabilire una sentenza De 19:15, qui Gesù ne porta addirittura quattro) Il primo testimone (v. 33) era Giovanni Battista. Come avevamo visto al §27 e §28, Giovanni aveva testimoniato per ben due volte in modo pubblico che Gesù era l’agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo (Gv 1:29, 36) Il secondo testimone (v. 36) erano le opere stesse che Gesù faceva. I suoi miracoli, in particolare quelli messianici, permettevano a chiunque, giudeo semplice o religioso, di comprendere che Gesù era il Messia e Figlio di Dio

§ 49: La guarigione del paralitico Il terzo testimone (v. 37-38) era il Padre stesso. Durante il battesimo di Gesù il Padre aveva parlato dal cielo in forma udibile dicendo: “Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto” (Mt 3:17; Mr 1:11; Lu 3:22). Nonostante questo Gesù dice ai Farisei che non hanno mai udito la voce del Padre. Essi avevano ascoltato la voce dal cielo, ma non l’avevano ascoltata e non credevano in Gesù che il Padre aveva mandato Il quarto testimone (v. 39-47) erano le Scritture. Si possono studiare le Scritture con la consapevolezza che in esse c’è una Parola che dà vita eterna e tuttavia non comprendere la reale natura di Gesù Figlio di Dio e della sua opera di perdono Gli scribi e i Farisei ricercavano negli altri e per se stessi la gloria dell’uomo. Gesù non prendeva la gloria dagli uomini, ma doveva usare queste considerazioni riguardo alla testimonianza degli uomini (Giovanni e Mosé) per far comprendere ai capi religiosi i loro errori

§ 49: La guarigione del paralitico Abbiamo visto in precedenza che le scuole rabbiniche ponevano molta enfasi sulla persona del maestro e un discepolo riceveva autorità e considerazione in base al Rabbi che aveva seguito. Questo modo di ricevere la gloria dagli uomini c’è ancora oggi. Non sempre, ma spesso nella mente dei credenti conta se hai fatto una scuola biblica e soprattutto quale scuola biblica. L’unica vera scuola biblica la fa Dio ad ogni suo figlio che sia disposto a seguirlo, magari utilizzando anche una scuola biblica umana, ma non necessariamente. Il vero problema dei Farisei era che non credevano in Mosè (v. 47). Dire questo ai giorni nostri sarebbe come andare da un Ebreo ultra ortodosso e digli che non crede nella legge di Mosè. Chi più di lui è zelante nella legge di Mosè? Eppure è un’accusa valida, perché essi credono nel Mosè che è stato reinterpretato attraverso la Mishnah e non più nel Mosè delle Scritture. Se accettassero il Mosè delle Scritture non tarderebbero a riconoscere che Gesù è il Messia Fine

II. L’autenticazione del Re § 50 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 13. L’autorità del Messia sul sabato b. Attraverso la controversia sul grano (Matteo 12:1-8; Marco 2:23-28; Luca 6:1-5) 139

§ 50: La controversia sul grano I discepoli infrangono la legge dei Farisei Tra le 1.500 leggi che i Farisei avevano aggiunto al comandamento di Mosè di santificare il sabato c’erano anche: il divieto di mietere, il divieto di trebbiare, il divieto di vagliare e immagazzinare il grano I discepoli infransero la legge farisaica in tutti questi quattro punti Cogliendo le spighe erano colpevoli di mietitura Sfregando il grano per separarlo dalla pula erano colpevoli di trebbiatura Soffiando la pula dalle mani erano colpevoli di vagliatura mangiando il grano erano colpevoli di immagazzinare il grano Questo ci fa capire quanto estrema fosse la recinzione che i Farisei avevano costruito intorno alla legge di Mosè già al tempo in cui il Messia era su questa terra

§ 50: La controversia sul grano Gesù risponde ai Farisei affermando sei cose PRIMO (Matteo 12:3-4; Marco 2:25-26; Luca 6:3-4): Gesù ricorda che anche Davide infranse la legge farisaica sul sabato senza nessuna conseguenza. Bisogna capire che quando Gesù dice che non era lecito mangiare i pani dei sacerdoti non si sta riferendo alla legge di Mosè, ma alla legge dei Farisei Nella legge di Mosè (Le 24:5-9) non viene detto un levita non poteva dare a un non levita i pani della presentazione, ma questo viene detto nella legge farisaica. Quindi se Davide poteva infrangere la legge farisaica senza che essi dicessero nulla, tanto più poteva farlo il Figlio maggiore di Davide, cioè Gesù Inoltre bisogna ricordare che Davide viene dopo Mosè e quindi i Farisei non potevano nemmeno dire che Davide era venuto prima della legge orale (che per altro non esiste) e che questo era il motivo per cui non era stato condannato

§ 50: La controversia sul grano SECONDO (Matteo 12:5): La legge del sabato non si applicava in ogni situazione. Per coloro che erano nel tempio il sabato non era un giorno di riposo, ma un giorno in cui si lavorava il doppio Questo mostra che la legge di Mosè permetteva certi lavori di sabato, anzi, nel caso dei sacerdoti la legge comandava i lavori per i sacrifici nel tempio in giorno di sabato Tra l’altro anche i Farisei permettevano certi tipi di lavori di sabato, come l’ostetrica, la circoncisione e la preparazione di un cadavere per la sepoltura. TERZO (Matteo 12:6): Come Messia Egli era più grande e importante del tempio. Se il tempio permetteva che venissero fatti alcuni lavoro di sabato senza violare la legge, così poteva fare Gesù senza violare il sabato

§ 50: La controversia sul grano QUARTO (Matteo 12:7): Certi lavori erano sempre permessi di sabato. Citando Osea 6:6 Gesù mette in evidenza che i lavori di necessità e di misericordia sono sempre permessi di sabato. Mangiare è un lavoro di necessità (discepoli -> spighe di grano). Guarire è un lavoro di misericordia (Gesù -> paralitico Betesda) QUINTO (Matteo 12:8; Marco 2:8; Luca 6:5): Come Messia Egli era Signore del sabato. Come Signore del sabato Egli poteva permettere quello che loro vietavano e poteva vietare quello che loro permettevano SESTO (Marco 2:27): Egli affermò che avevano interpretato male lo scopo del sabato. Il farisaismo giudaico insegnava che lo scopo per cui Dio aveva fatto Israele era per onorare il sabato, Gesù insegno completamente l’opposto. Non dobbiamo capire male le risposte di Gesù, Egli è venuto per compiere la legge (Mt 5:17). I Farisei avevano inserito leggi sbagliate e non interpretavano correttamente la legge di Mosè

§ 50: La controversia sul grano Le interpretazioni sbagliate della chiesa sul sabato Nella chiesa ci sono stati problemi simili riguardo alla corretta interpretazione del sabato. La chiesa ha male interpretato il sabato in almeno due modi. PRIMO: assumendo che la domenica fosse il nuovo sabato per la Chiesa. Nella Scrittura non viene mai dato questo insegnamento. Il sabato è stato, e sempre sarà, da venerdì sera fino a sabato sera. Oggi siamo sotto la legge del Messia e non c’è più l’obbligo per gli Ebrei Messianici di osservare il sabato. Tuttavia il sabato non è mai cambiato e la Bibbia non considera mai la domenica come il sabato del nuovo patto Nella Bibbia la domenica non viene mai chiamata “Il giorno del Signore”, questa è una tradizione cristiana (nel passo di Ap. 1:10 la traduzione corretta è un giorno glorioso o pieno di gloria). Nella Bibbia la domenica è sempre “il primo giorno della settimana”.

§ 50: La controversia sul grano Non solo la chiesa ha definito la domenica come il nuovo sabato, ma ha anche iniziato ad applicare le leggi del sabato alla domenica. In questo modo la domenica è diventata il giorno obbligatorio per l’adorazione e per il giorno obbligatorio per il riposo Se ci limitiamo a quello che la Scrittura insegna, i credenti devono incontrarsi insieme regolarmente su base corporativa. Questa non è un’opzione, ma un comandamento biblico. Tuttavia il giorno della settimana in cui incontrarsi non è vincolante SECONDO: alcuni hanno interpretato che di sabato è il giorno obbligatorio per lodare a Dio. Nella legge di Mosè il sabato non viene mai definito come un giorno lode corporativa. Nella legge è scritto che durante il sabato il popolo doveva riposarsi, non lodare Dio. Più tardi il giudaismo rabbinico ha definito il sabato come giorno di lode corporativa, ma secondo la legge di Mosè l’unico momento di lode corporativa è durante la festa di pasqua, la festa delle settimane e la festa delle capanne Fine

II. L’autenticazione del Re § 51 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 13. L’autorità del Messia sul sabato c. Attraverso l’uomo con la mano secca (Matteo 12:9-14; Marco 3:1-6; Luca 6:6-11) 146

§ 51: La guarigione dell’uomo con la mano secca Quello che era permesso in giorno di sabato La terza e ultima controversia sul sabato tra Gesù e i Farisei ebbe luogo nella sinagoga mentre Gesù insegnava Era presente un uomo con una mano paralizzata e i Farisei utilizzarono questa situazione per vedere se potevano trovare delle accuse fondate per rigettare la messianicità Gesù Gesù capì come stavano le cose (Lu 6:8), ma ancora una volta mostrò ai Farisei che non accettava l’autorità farisaica della Mishnah e delle leggi che avevano introdotto Iniziò ricordando ai Farisei quello che permettevano di fare in giorno di sabato (Mt 12:11-12). Poi chiese loro se era lecito fare del bene in giorno di sabato (Lu 6:9), ma essi non risposero nulla (Mr 3:4). Se era permesso fare del bene ad un animale in giorno di sabato, tanto più era permesso per un uomo (Mt 12:13)

§ 51: La guarigione dell’uomo con la mano secca La reazione dei Farisei dopo la guarigione La reazione dei Farisei a questa guarigione in giorno di sabato fu caratterizzata da tre aspetti: Erano pieni di furore (Lu 6:11); di fatto l’emozioni provocate dall’ira non li facevano più ragionare logicamente e razionalmente Essi cospirarono contro di Lui (Mt 12:14) cercando il modo di riuscire ad ucciderlo Si unirono agli erodiani (Mr 3:6), che erano di vedute politiche assai diverse, per non dire che erano nemici gli uni degli altri, col fine di cospirare contro Gesù. Gesù, seppure indignato, si rattrista per la durezza dei loro cuori. Avrebbe potuto rigettarli, ma non lo fa e continua ad andare avanti con il suo compito di annunciare che il Regno stava per arrivare Fine

II. L’autenticazione del Re § 52 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 14. L’autorità del Messia di guarire (2) (Matteo 12:15-21; Marco 3:7-12) 149

§ 52: L’autorità del Messia di guarire - 2° Gesù guarisce nonostante l’opposizione dei Farisei Abbiamo visto come Gesù dimostrò la sua autorità sul sabato attraverso tre dibattiti coi Farisei e gli scribi: la guarigione del paralitico alla piscina di Betesda, la controversia sui discepoli e il grano, la guarigione dell’uomo dalla mano secca nella sinagoga Dopo l’ultimo miracolo, quello dell’uomo con la mano secca, le autorità religiose erano furiose contro Gesù e avevano iniziato a cospirare con gli erodiani per ucciderlo Gesù si allontana dalla sinagoga con una grande folla di persone che lo seguono, ma continua a guarirli dicendo loro di non divulgarlo Ormai il tempo del rigetto da parte delle autorità religiose è quasi giunto, ma Gesù opera in accordo con la profezia di Isaia 42:1-4 che viene citata da Matteo

§ 52: L’autorità del Messia di guarire - 2° Non dobbiamo dimenticare che la profezia di Isaia 42:1-4 è di tipo letterale, questo significa che si stava adempiendo proprio nel momento descritto da Matteo In altre parole la profezia descrive esattamente quello che Gesù stava facendo, cioè prendersi cura dei più deboli (“Egli non triterà la canna rotta e non spegnerà il lucignolo fumante, finché non abbia fatto trionfare la giustizia”), senza creare sommosse di popolo per soverchiare il potere politico-religioso di quel tempo (“Non contenderà, né griderà e nessuno udrà la sua voce sulle piazze”) Questo ci fa capire perché il Messia ordina alle persone che aveva guarito in quel momento di non dirlo, perché i Farisei erano furibondi e delle ulteriori guarigioni avrebbero potuto innescare uno scontro tra l’autorità religiosa e il popolo che avrebbe difeso Gesù

§ 52: L’autorità del Messia di guarire - 2° La descrizione di Marco Marco ci informa in modo specifico che Gesù, dopo l’avversione delle autorità religiose nella sinagoga, si allontanò da Gerusalemme per andare verso il Mar Morto. Mentre si allontanava una folla di persone lo seguì. Inoltre nel vangelo di Marco vengono messe in evidenza altre tre cose Primo (v. 7-8): l’interesse della gente verso di Lui come Messia continuò a crescere. La sua reputazione si diffuse ampiamente oltre i confini nazionali fino ai territori gentili dell’Idumea, Tiro e Sidone Secondo (v. 9-10): le persone si affollavano intorno a Gesù per toccarlo e ricevere guarigione, tanto che doveva rifugiarsi su una barca per non essere schiacciato dalla folla

§ 52: L’autorità del Messia di guarire - 2° Terzo (v. 11-12): Gli spiriti immondi continuavano a riconoscere la Sua autorità, ma Egli non accettava la testimonianza dei demoni e ordinava loro di stare zitti e non rivelare la sua identità Fine

II. L’autenticazione del Re § 53 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 15. La scelta dei dodici (Marco 3:13-19; Luca 6:12-16) 154

I motivi della scelta dei dodici Arrivato a questo punto del ministerio, Gesù sceglie quei dodici discepoli che diventeranno in futuro gli apostoli Il Messia passò un’intera notte di preghiera in comunione col Padre prima di scegliere i dodici (Lu 6:17) e questo ci fa capire l’importanza di questa scelta Tuttavia questi discepoli non furono scelti per alcune loro capacità che li distinguevano rispetto agli altri (Pietro in seguito dimostrò i suoi limiti e le sue cadute), ma per uno specifico disegno di Dio. Marco elenca tre ragioni specifiche per cui furono scelti: Primo: questi dodici discepoli dovevano stare con Lui in ogni momento. Gli altri discepoli, benché con compiti specifici come i 70 menzionati in Lu 10:1, non erano sempre presenti e andavano e venivano probabilmente per occuparsi del sostentamento

§ 53: La scelta dei dodici Secondo: questi dodici discepoli avevano il compito di andare e proclamare Gesù come Re dei Giudei predicando il vangelo del Regno. Anche dopo il rigetto di Gesù da parte dei capi religiosi, questo compito dei discepoli non cambiò (come viene descritto in Matteo 10:1-13). Quello che cambiò fu la natura del Regno annunciato, anche se i discepoli non capirono pienamente questa cosa (Atti 1:6) fino alla discesa dello S.S. in Atti 2 Terzo: il terzo scopo della loro scelta era avere autorità per scacciare i demoni. è importante notare che Gesù non diede l’autorità di scacciare i demoni a tutti i discepoli, ma solo al gruppo apostolico dei dodici e in un’occasione particolare a settanta discepoli (Lu 10:17) Più tardi, durante lo sviluppo della prima chiesa descritto in Atti, alcuni discepoli ricevettero l’autorità apostolica di cacciare i demoni in virtù di una delega apostolica (es. Stefano e Filippo), ma non tutti i discepoli della prima chiesa potevano scacciare i demoni

La differenza tra discepolo e apostolo § 53: La scelta dei dodici La differenza tra discepolo e apostolo Gesù scelse dodici uomini tra tutti i discepoli e diede loro il nome di apostoli (Lu 6:13). È interessante notare il significato di questi due nomi: Discepolo: questa parola indica colui che impara, un allievo, qualcuno che segue un maestro specifico. Il termine non implica nessun tipo di autorità della persona che lo porta Apostolo: questa parola significa “mandato”. Un apostolo porta con se l’autorità di chi lo manda. Quindi si presuppone un’autorità da parte della persona che porta questo nome I dodici apostoli insieme con Paolo da Tarso, ebbero un’autorità specifica durante tutto il tempo della loro di vita per compiere quel servizio che il Messia aveva affidato loro. In alcuni casi delegarono questa autorità a dei discepoli per dei servizi specifici, tuttavia rimase un’autorità relativa solo ai dodici più Paolo

I gruppi diversi di persone tra gli apostoli § 53: La scelta dei dodici I gruppi diversi di persone tra gli apostoli È interessante notare che tra i discepoli esistevano tre gruppi di fratelli: Simone e Andrea che erano figli di Giovanni, Giacomo e Giovanni il cui padre era Zebedeo e la cui madre era Salome sorella di Maria (quindi erano cugini primi di Gesù), Giacomo e Giuda figli di Alfeo Tra gli apostoli c’erano anche due persone che provenivano da gruppi estremamente diversi: Matteo e Simone lo Zelota. Gli zeloti erano un gruppo di Giudei che assassinavano chiunque collaborasse con Roma come i pubblicani e Matteo era appunto un pubblicano Solo Gesù può mettere insieme persone che provengono da realtà personali e ideologiche così diverse, solo Lui può fare in modo che riescano a lavorare fianco a fianco senza più combattersi

§ 53: La scelta dei dodici Marco 3:16-19 Matteo 10:2-4 Luca 6:14-16 Atti 1:13 Simon Pietro Giacomo Andrea Giovanni Filippo Bartolomeo Tommaso Matteo Giacomo figlio di Alfeo Taddeo Simone lo Zelota Simone il Cananeo Giuda fratello di Giacomo Giuda Iscariota

§ 53: La scelta dei dodici Simone (Ebraico) - Pietro (Greco) - Cefa (Aramaico) Andrea (Andrei) Giovanni (Yochanan) Giacomo (Yaakov) Filippo (nome greco che significa “amante dei cavalli”) Natanaele - Bartolomeo (Bar Talmai) Tommaso - Dididmo (che in greco significa “gemello”) Matteo - Levi, il figlio di Alfeo (Chalphi) Giacomo, il figlio di Alfeo Giuda - Taddeo (Taddai) Simone lo Zelota Giuda Iscariota (Ish Kiriot, significa “uomo del villaggio di Kiriot”) Figlio di Giovanni (Yochanan) Figli di Zebedeo e Salome (Shulamit) Figli di Alfeo Fine

II. L’autenticazione del Re § 54 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) a. Il luogo e il motivo (Matteo 5:1-2; Luca 6:17-19) 161

Il luogo e il motivo del sermone sul monte Gesù ebbe occasione di pronunciare questi insegnamenti su un monte che aveva la sommità pianeggiante e poteva contenere le molte persone che erano arrivate da ogni parte (anche dall’estero) Quando il Messia pronunciò queste parole erano già accaduti tre fatti molto importanti. Primo, l’interesse verso Gesù era diventato enorme sia fuori che dentro Israele. Secondo, aveva già avuto alcuni conflitti coi Farisei sull’autorità della Mishnah. Terzo, aveva già scelto i dodici apostoli Lo scopo principale di Gesù in questa occasione era trasmettere un insegnamento ai suoi discepoli, ma vediamo che insieme a loro c’erano molte altre persone. Queste persone erano venute per tre motivi: ascoltare il suo insegnamento, essere guariti fisicamente dalle malattie ed essere liberati dai demoni (Lu 6:18-19)

La giustizia dei Farisei § 54: Il luogo e il motivo La giustizia dei Farisei Nei quattro secoli precedenti si era sviluppato il farisaismo. Il farisaismo era un’interpretazione della legge che offriva agli Ebrei una forma di giustizia personale Tuttavia questa giustizia, benché avesse la pretesa di essere la giustizia che veniva della Legge di Mosè, era solo il frutto dell’insegnamento aggiunto dai Farisei insieme a un’interpretazione non corretta della Legge stessa Infatti, un insegnamento molto diffuso a quel tempo era che la via per la giustizia non era così stretta e che ogni Ebreo avrebbe avuto un posto nel Regno a venire (§ 32b vedi Gesù con Nicodemo) Il solo nascere Ebrei era una garanzia per entrare nel Regno di Dio, mentre i Giudei che erano fedeli ai precetti della Legge avrebbero avuto nel Regno posizioni d’onore più alte rispetto agli altri Ebrei

§ 54: Il luogo e il motivo La giustizia di Gesù Ora era arrivato questo Yeshùa che negava gli insegnamenti del farisaismo dicendo che, oltre essere Ebrei, bisognava anche nascere di nuovo per ottenere la giustizia ed entrare nel Regno Diceva che il modo per sperimentare questa nuova nascita era proprio quello di accettare Lui come il Re Messianico promesso Egli proclamava una via molto, molto più stretta di quella dei Farisei, così stretta che bisognava accettarlo come il Messia Davanti a questo contrasto d’insegnamento coi Farisei, nelle persone comuni nacque il dubbio che la giustizia farisaica non fosse più sufficiente, ma allora qual era la vera giustizia? Gesù rispose a questa domanda in Matteo 5:20 quando disse: “Io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli cribi e dei Farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli”

§ 54: Il luogo e il motivo Con queste parole Gesù stava rigettando il farisaismo in due modi Primo: dicendo che non era vero che ogni Ebreo aveva la giustizia necessaria per entrare nel Regno Secondo: che il farisaismo non aveva fornito la corretta interpretazione della vera giustizia della Legge di Mosè

Cos’è esattamente il sermone sul monte? § 54: Il luogo e il motivo Cos’è esattamente il sermone sul monte? Prima dare un’interpretazione del testo biblico dobbiamo capire bene cosa sia il sermone sul monte nella sua interezza In alcuni ambienti liberali si insegna che se una persona segue l’alto livello etico che si trova nel sermone sul monte può ottenere la salvezza. Tutto questo per evitare la “via stretta”, cioè che una persona deve credere in Gesù per essere salvata In realtà il sermone sul monte contiene delle regole di vita per coloro che sono salvati, ma non è un mezzo per ottenere salvezza Però dicendo questo possiamo pensare che il sermone sul monte sia un insieme di regole etiche per i cristiani o per la chiesa, ma non è questo lo scopo del sermone sul monte. Infatti se questo fosse lo scopo saremmo obbligati a seguire anche i 613 comandamenti della Legge di Mosè, infatti Mt 5:19 è scritto che una persona deve seguire anche i minimi comandamenti

§ 54: Il luogo e il motivo È vero che più tardi alcuni dei principi menzionati nel sermone sul monte diventeranno etica per la Chiesa, ma non era questo lo scopo principale nel momento in cui Gesù stava parlano Noi possiamo capire quali sono i principi validi ancora oggi, perché essi vengono ripetuti in altre parti dei Vangeli, delle lettere e negli scritti degli apostoli Il sermone sul monte è l’interpretazione del Messia della Legge di Mosè che mette in luce la vera giustizia contenuta in essa. Il suo scopo era di mettere in luce la vera giustizia di Dio contenuta nella Legge di Mosè La distinzione fondamentale fra le due interpretazioni (quella dei Farisei e quella del Messia) è che Gesù insegna a non conformarsi alla legge solo esteriormente, ma anche interiormente Bisogna notare che la Legge di Mosè non finì con l’arrivo del Messia su questa terra, ma solo con la Sua morte e risurrezione Fine

II. L’autenticazione del Re § 55 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) b1. Le caratteristiche della vera giustizia: coloro che ottengono (Matteo 5:3-12; Luca 6:20-23) 168

§ 55: Coloro che ottengono Introduzione Questi versetti sono normalmente conosciuti come “Le Beatitudini”, tuttavia una migliore traduzione dal Greco metterebbe al posto di “beati” la parola “felici” Guardando le beatitudini possiamo notare che sono divise in due categorie distinte: le beatitudini in relazione a Dio (Mt 5:3-6, Lu 6:20-21) e le beatitudini in relazione agli uomini (Mt 5:7-12, Lu 6:22-23) Il fatto che ci sia questa distinzione ci aiuterà a capire meglio il significato di ogni singola beatitudine a seconda che sia in una categoria oppure nell’altra

§ 55: Coloro che ottengono Le beatitudini in relazione a Dio (Mt 5:3-6, Lu 6:20-21) Prima: Beati (felici) i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli Essere poveri in spirito è l’opposto di essere orgogliosi. Significa riconoscere la propria incapacità di essere giusti e la completa dipendenza dalla misericordia di Dio per essere salvati. I poveri in spirito sono coloro che entreranno nel Regno Messianico Seconda: Beati quelli che sono afflitti, perché saranno consolati In questo caso il contesto ci permette di capire le afflizioni di cui si parla non sono i mali o le difficoltà che ci capitano nella vita, ma la tristezza causata dal nostro peccato (vedi pubblicano in sinagoga, Luca 18:13 e il figliol prodigo Lu 15:17,21). Quest’afflizione è nei confronti di Dio ed è quella sensibilità verso il peccato che muove una persona confessare a Dio e agli uomini i propri errori quando si rende conto di averli commessi

§ 55: Coloro che ottengono La versione di Luca dice: Beati voi che ora piangete, perché riderete. Chi sperimenta il perdono dei peccati è nella gioia. Terza: Beati i mansueti, perché erediteranno la terra I mansueti sono coloro che hanno una serena fiducia in Dio e che si sottomettono alla Sua autorità. Un giorno essi riceveranno autorità nel Regno Messianico Quarta: Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati In questo caso gli affamati e assetati di giustizia non sono coloro che vedono le ingiustizie di questo mondo e che fremono dentro di loro per la mancanza di giustizia. Qui giustizia significa vivere secondo gli standard della legge di Mosè. Gli assetati e affamati di giustizia sono coloro che bramano vivere secondo questi standard, e la promessa è che riceveranno questa giustizia perché saranno giustificati, cioè resi giusti

§ 55: Coloro che ottengono Le beatitudini in relazione agli uomini (Mt 5:7-12, Lu 6:22-23) Prima: Beati i misericordiosi, perché a loro misericordia sarà fatta Essere misericordiosi significa rispondere ai bisogni degli altri con compassione. Chi ha compassione verso gli altri riceverà compassione dagli altri Seconda: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio Essere puri di cuore significa operare con la giusta motivazione interiore. Questa beatitudine è legata alla precedente, la motivazione per la quale si è misericordiosi verso gli altri non è per interesse personale, ma per piacere a Dio Terza: Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio La pace non è quella fra le nazioni, ma quella fra discepoli. L’obbiettivo è portare pace e unità, nella verità, tra i fratelli

§ 55: Coloro che ottengono Quarta: Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli La giustizia che avevamo visto prima era nei confronti di Dio, qui invece è nei confronti degli uomini. La legge di Mosè verso gli uomini si racchiude nell’amare il prossimo come se stessi, anche se questo dovesse portare ad essere perseguitati Quinta: Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi Fino a questa beatitudine tutto era stato detto soltanto in relazione alla legge di Mosè. L’ultima beatitudine è relativa alla venuta del Messia. Ora che il Messia era arrivato essi dovevano credere in Lui come il Re messianico e questo avrebbe portato alla persecuzione, ma nel Regno la ricompensa per questa persecuzione sarà grande Fine

II. L’autenticazione del Re § 56 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) b2. Le caratteristiche della vera giustizia: coloro che falliscono (Luca 6:24-26) 174

§ 56: Coloro che falliscono Le caratteristiche di quelli che falliscono (Lu 6:24-26) Le caratteristiche di quelli che falliscono sono l’opposto delle beatitudini in relazione a Dio. La ricchezza è sinonimo di orgoglio spirituale, la sazietà è mancanza di desiderio per la vera giustizia della Legge e il riso all’assenza di consapevolezza di peccato I Farisei erano quelli che non riconoscevano il loro bisogno spirituale. Non sentivano nessun bisogno di giustizia oltre a quella che credevano fosse vera e non sentivano la necessità di pentirsi. Chiedevano sottomissione alla loro autorità e non usavano misericordia con chi ne aveva bisogno (come i pubblicani) Inoltre, erano interessati solo alle richieste esteriori della legge e con i loro insegnamenti causavano discordia e liti tra i Giudei. Siccome erano in una posizione di autorità politica potevano anche perseguitare gli altri e lo facevano in particolar modo verso quelli che avevano scelto di credere in Gesù Fine

II. L’autenticazione del Re § 57 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) b3. Le caratteristiche della vera giustizia: in relazione al mondo (Matteo 5:13-16) 176

§ 57: Le caratteristiche in relazione al mondo Il sale della terra (v. 13) Coloro che realizzavano la vera giustizia della Legge che Gesù mise in luce tramite le beatitudini, diventavano due cose in relazione all’ambiente circostante: il sale della terra e la luce del mondo Nei tempi antichi non c’era il frigorifero e per conservare i cibi veniva usato il sale. Le proprietà di conservazione del sale erano conosciute ed apprezzate a tal punto, che lo stipendio dei soldati romani era appunto un pezzo di sale (da qui il nome: salario) In questo senso coloro che avevano conosciuto la vera giustizia che si trovava nella Legge agivano come il sale, cioè preservando ciò che era intorno a loro Tuttavia il sale è utile fintanto che non perde le sue qualità, se il sale non “sala” più allora non riesce più nemmeno a conservare o preservare ciò che è intorno a lui e può essere solo buttato via

§ 57: Le caratteristiche in relazione al mondo Inoltre il sale ha anche un’altra caratteristica: crea la sete. Quando i credenti sono realmente “sale”, creano una sete spirituale nelle persone intorno a loro che ancora non hanno un rapporto spirituale con Dio, queste persone sentiranno una sete spirituale che li porterà ad abbeverarsi al Messia (Gv 4:13-14; 7:37-38) Un insegnamento che ricorre spesso nell’AT è quello del rimanente fedele d’Israele (es.: Is 1:9). Il rimanente fedele d’Israele è costituito da tutte quelle persone del popolo che nel corso del tempo hanno veramente creduto in Dio Spesso nei racconti biblici si può notare come l’esistenza di questo rimanente fedele è la ragione per la quale Dio non ha completamente distrutto il Suo popolo durante le varie infedeltà Oggi il rimanente fedele d’Israele coincide con l’insieme di tutti gli Ebrei che hanno riconosciuto in Yeshùa il Messia promesso da Dio al popolo. Il rimanente fedele ha agito e agirà fino al ritorno del Messia come il sale per il popolo d’Israele

§ 57: Le caratteristiche in relazione al mondo La luce del mondo (v. 14-16) Quelli che hanno creduto alla Verità sono coloro che possono portare la luce spirituale a coloro che sono nelle tenebre Essere la luce del mondo (v. 14) implica la responsabilità di non nascondersi, ma di risplendere come una lampada nella notte La luce di questa lampada non sono le nostre parole di evangelizzazione a tu per tu, quello che diciamo da dietro a un pulpito, quello che scriviamo su un sito Internet o quello che possiamo trasmettere con qualsiasi altro mezzo di comunicazione. La luce sono le nostre buone opere (v. 16) Le buone opere non salvano, ma coloro che sono salvati manifesteranno la loro salvezza tramite le opere. Quando un non credente vedrà le loro buone opere e risponderà alla luce generata da esse, verrà egli stesso alla luce e diventerà un credente che glorifica il Padre che è nei cieli Fine

II. L’autenticazione del Re § 58 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) c1. Il codice della vera giustizia: introduzione (Matteo 5:17-20) 180

§ 58: Il codice della vera giustizia: introduzione Lo scopo del Messia era di compiere la Legge Il v. 17 viene usato da alcune persone, soprattutto all’interno del movimento messianico, per sostenere che la Legge di Mosè è in vigore ancora oggi. Ma questo è completamente in contrasto con gli insegnamenti delle Epistole di Paolo dove si è detto che la Legge di Mosè è finita con la morte del Messia Mentre Gesù era in vita tutti i 613 comandamenti della legge erano obbligatori per ogni Giudeo Lo scopo del Messia era quello di compiere la Legge come era stata scritta e non come era stata reinterpretata dal farisaismo, mettendo in evidenza la vera giustizia contenuta nella Legge Il punto principale del conflitto tra il Messia e il farisaismo era che i Farisei avevano sostanzialmente oscurato la giustizia contenuta nella Legge, perché interpretavano la Legge tramite la Mishnah

§ 58: Il codice della vera giustizia: introduzione … neppure un iota o un apice della legge passerà … yod kaf bet apice Iota è la più piccola lettera dell’alfabeto ebraico; è una semivocale resh dalet

§ 58: Il codice della vera giustizia: introduzione La Legge di Mosè deve essere rispettata interamente Con questo esempio sulle lettere del’alfabeto ebraico Yeshùa stava dicendo che il suo scopo era di compiere la Legge nei minimi particolari e che non era venuto per fare il “rivoluzionario” Egli adempì tutte le richieste della Legge, perfino quelle più piccole; infine con la sua morte Egli prese su di se la maledizione della Legge e la rese inoperante (Ga 3:13,15; Eb 9:15-17) Però affermò che finché la Legge era in vigore doveva essere messa in pratica per intero, anche il comandamento più piccolo Questo significa che quando si è sotto la Legge di Mosè tutti i 613 comandamenti devono essere rispettati e non solo quelli che si ritengono più importanti La giustizia dei Farisei era basata sull’interpretazione della Legge tramite la Mishnah, Yeshùa stava rigettando queste interpretazioni Fine

II. L’autenticazione del Re § 59 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) c2a. Il codice della vera giustizia: la legge sull’omicidio (Matteo 5:21-26) 184

§ 59: La legge sull’omicidio Inizia la giusta interpretazione della Legge di Mosè Da qui in avanti Gesù inizia a “ripulire” la Legge di Mosè dagli insegnamenti sbagliati e dalle false concezioni che spesso derivavano dalla tradizione farisaica In questi versetti viene usata spesso l’espressione “voi avete udito che fu detto” oppure “fu detto”. Questo era il modo che usavano i rabbi di quel tempo quando ci si riferiva alla legge orale In questa sezione del sermone sul monte Gesù prende dei comandamenti della legge scritta e li mette in contrasto con l’interpretazione della legge orale e infine ne dà l’interpretazione secondo la vera giustizia In particolare mette in evidenza che la Legge di Mosè non richiedeva un rispetto solo esteriore, ma anche uno interiore. La vera giustizia contenuta nella Legge non si preoccupava solo degli atti, ma anche delle intenzioni del cuore

§ 59: La legge sull’omicidio L’omicidio parte da dentro La prima regola che viene presa in considerazione è: non uccidere Secondo l’interpretazione farisaica la giustizia del comandamento non era violata fintanto che una persona non commetteva omicidio Yeshùa mise in evidenza che questa interpretazione era sbagliata. Secondo la Legge una persona non doveva essere punita fintanto che non commetteva omicidio, ma l’atto era solo la fase finale di un processo interiore che aveva già violato la giustizia della Legge Prima di uccidere l’omicida sviluppa un’animosità interna verso la vittima, quando questa animosità è presente la giustizia della Legge è già stata infranta e l’atto è solo una conseguenza finale Quando una persona inizia a insultare un fratello, non per scherzo ma con rabbia reale, la giustizia della Legge è già stata violata e questa violazione interna può portare a quella esterna dell’omicidio

§ 59: La legge sull’omicidio La cura deve partire da dentro prima che da fuori Yeshùa voleva che i discepoli capissero che la cosa da evitare non era la punizione, ma l’infrazione della giustizia della Legge. È per questo che Egli parla di punizione anche per chi viola la Legge con le intenzioni e non con un atto fisico (v. 22b) È importante curare le violazioni interiori della Legge e non solo quelle esteriori. Se c’è una persona che sta per offrire un sacrificio e si ricorda che suo fratello ha qualcosa contro di Lui non è giusto fare finta di niente e continuare con il sacrificio È importante che chi sta per compiere il sacrificio faccia tutto quello che è in suo potere per riconciliarsi con chi ha dell’amarezza nei suoi confronti (come sappiamo non sempre le riconciliazioni avvengono perché anche l’altra persona ha le sue responsabilità, ma è importante fare la propria parte davanti a Dio sinceramente) Infine è meglio risolvere le cose a livello personale che in tribunale Fine

II. L’autenticazione del Re § 60 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) c2b. Il codice della vera giustizia: la legge sull’adulterio (Matteo 5:27-30) 188

§ 60: La legge sull’adulterio La vera giustizia nella legge sull’adulterio La seconda legge che il Messia prende in considerazione è quella sull’adulterio Anche in questo caso secondo l’interpretazione farisaica la giustizia del comandamento non era violata fintanto che la persona non commetteva fisicamente adulterio Yeshùa disse che questa interpretazione era sbagliata Sebbene una persona non poteva essere lapidata fintanto che non commetteva l’atto fisico di adulterio, la giustizia del comandamento veniva violata prima che questo avvenisse Prima che un uomo commetta adulterio con una donna, sviluppa dentro di se una concupiscenza sessuale nei suoi confronti, nel momento in cui la concupiscenza viene accettata e coltivata nella mente la giustizia della Legge è già infranta

§ 60: La legge sull’adulterio Combattere strenuamente la tentazione Le forti parole del Messia dei v. 29-30 rispecchiano la necessità di un’estrema risolutezza nel combattere tutto quello che favorisce la tentazione Ogni uomo e ogni donna sa quello che favorisce la sua tentazione a livello personale. Ognuno, se è onesto, conosce i propri punti deboli Anche se non credo assolutamente che Gesù volesse intendere che dobbiamo mutilarci fisicamente, penso che bisogna avere tanta franchezza e umiltà nel riconoscere quello che costituisce un veicolo o motivo di tentazione e prendere dei provvedimenti in modo estremamente fermo e risoluto Anche in questo caso, come per l’omicidio, si parla di punizione (il fuoco della Geena) per chi viola la Legge con le intenzioni, questo mette in evidenza l’importanza della giustizia interiore della Legge Fine

II. L’autenticazione del Re § 61 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) c2c. Il codice della vera giustizia: la legge sul divorzio (Matteo 5:31-32) 191

§ 61: La legge sul divorzio I giudei e il divorzio La terza legge che viene esaminata dal Messia è quella sul divorzio In De 24:1 troviamo il comandamento di Mosè sul ripudio: “Quando un uomo sposa una donna che poi non vuole più, perché ha scoperto qualcosa di indecente a suo riguardo, le scriva un atto di ripudio, glielo metta in mano e la mandi via” Al tempo di Gesù il significato delle parole contenute in questo passo era molto dibattuto. In particolare non c’era unanimità su quali fossero le ragioni per poter mandare via la propria moglie Alcuni insegnavano che si poteva mandare via la moglie per qualsiasi motivo, altri che si poteva mandare via solo per infedeltà coniugale. In entrambi i casi i giudei di quel tempo erano convinti che il divorzio fosse approvato da Dio

§ 61: La legge sul divorzio In realtà, come Gesù stesso dirà più avanti a dei Farisei che volevano metterlo alla prova riguardo a questa legge (Mt 19:8; Mr 10:5), il comandamento sul ripudio fu una concessione di Dio a causa dell’indurimento del cuore del popolo per i 400 anni di permanenza in Egitto. Ma al principio della creazione non era così (Ge 2:24), Dio non ha mai avuto in mente il divorzio In Mt 5:31-32 il Messia mise in collegamento il divorzio con l’adulterio per far capire ai suoi discepoli che ripudiare la moglie era uguale a farle commettere adulterio Al quel tempo i Giudei erano molto interessati ai motivi leciti per poter divorziare (questo è quello che avviene ancora oggi nella Chiesa), ma qui il motivo principale delle parole di Gesù non è definire quali sono i motivi legittimi per poter chiedere il divorzio Il tema principale di questo passo è mettere in luce che: tramite il divorzio si fa commettere adulterio a un altro

§ 61: La legge sul divorzio Lo status sociale della moglie ripudiata A quel tempo (e fino a qualche centinaio di anni fa) la donna per poter vivere doveva sposarsi. Non esistevano le donne “single” che vivevano da sole. Ci si sposava o si rimaneva vergini nella casa del padre (1 Co 7:36-38) Una donna ripudiata difficilmente tornava nella casa del padre e per sopravvivere era costretta a risposarsi oppure a prostituirsi. Non a caso le vedove erano l’anello più debole della società (vedi libro di Rut) In questo senso capiamo le parole di Yeshùa quando dice che il marito che manda via la moglie “la fa diventare adultera”, perché una moglie ripudiata non era in grado di mantenersi senza mettersi in una condizione di adulterio tramite l’unione con un altro uomo oppure tramite qualche forma di prostituzione

§ 61: La legge sul divorzio Alcune considerazioni generali Molti insegnanti e predicatori sono convinti che tramite questo passo Gesù stesse insegnando che esistono delle eccezioni che possono annullare il patto matrimoniale tra un uomo e una donna In realtà in questo passo è presente un’eccezione, ma, come vedremo a breve, non è un’eccezione riferita al patto matrimoniale Una delle cose che ci portano a capire che questa eccezione non si riferisce al divorzio è il fatto che secondo la Legge di Mosè l’adulterio non era MAI un motivo di divorzio, ma solo di morte. L’adultera e l’adultero venivano lapidati (Le 20:10; De 22:20-22). Quindi è inconcepibile che Gesù si stesse mettendo contro la Legge di Mosè senza dare una spiegazione convincente (Mt 5:17-19) Nell’eccezione del v. 32 viene usata la parola fornicazione (pornèia) e non adulterio (moicheia). Come mai si parla di fornicazione in un contesto di matrimonio?

§ 61: La legge sul divorzio Esaminiamo la parola “pornèia” (fornicazione) Uso RISTRETTO di pornèia. Nel suo uso ristretto si intende una relazione sessuale prematrimoniale. Per esempio in 1 Corinzi 7:1-2 l’apostolo Paolo parlava in modo particolare ai non sposati e qui la parola “pornèia” viene usata nel suo significato ristretto (come quando i Farisei ironizzano sulla nascita di Gesù Gv 8:41) Uso VASTO di pornèia. Nel suo uso vasto questa parola faceva riferimento alla compravendita di schiavi con scopo di prostituzione. Il significato vasto include: adulterio, perversità, bestialità, prostituzione e qualsiasi uso illecito della sessualità. Questo uso vasto del termine si trova diverse volte nel N.T. La parola “pornèia” può essere interpretata in modo vasto ogni volta che il contesto lo permette. Non si può interpretare in modo vasto quando è chiaro che l’autore la sta usando in modo ristretto (vedi per esempio: 1 Co 6:9-10, Mr 7:21-22, Mt 15:19)

§ 61: La legge sul divorzio L’interpretazione di “salvo che per motivo di fornicazione” Abbiamo detto che questa frase rappresenta un’eccezione, perché l’esame linguistico dei testi originali non lascia dubbi in merito Tuttavia non è vero che questa eccezione si riferisce al mandare via la propria moglie, ma a farle commettere adulterio In altre parole potremmo dire: ogni volta che un marito manda via sua moglie la fa diventare adultera (perché a quel tempo in genere o si risposava o si prostituiva), ma NON la fa diventare adultera se essa è già in una condizione di immoralità sessuale (es.: adulterio). In questo caso il marito non è colpevole di rendere adultera sua moglie perché essa è già in questa condizione per sua scelta

§ 61: La legge sul divorzio Il Messia non aveva bisogno di affrontare il tema: “cosa deve fare il marito se la moglie è in una situazione di fornicazione (nel senso vasto)”, perché la Legge era chiara: doveva essere lapidata e non mandata via (Le 20:10; De 22:20-22) In realtà al tempo di Gesù il comandamento di lapidare gli adulteri non veniva rispettato strettamente e nella maggioranza dei casi le mogli adultere venivano divorziate dal marito Non dobbiamo dimenticare che per la Legge di Mosè (De 24:1) in Israele il divorzio era possibile solo agli uomini e non alle donne. Per la nostra cultura questo può sembrare strano, ma è quanto avviene ancora oggi tra gli Ebrei. Nell’odierna nazione di Israele esiste solo il divorzio religioso e non quello civile, secondo il divorzio religioso il marito può chiedere il divorzio ma non la moglie. Di fatto in alcune situazioni l’uomo è costretto a chiedere il divorzio per volere della moglie o delle autorità

§ 61: La legge sul divorzio Conclusioni sul divorzio e seconde nozze Una volta spiegata l’eccezione contenuta in questo passo, rimane l’indicazione semplice che il Messia ha dato in questi versi per riportare alla coscienza di tutti i suoi uditori i principi creazionali che riguardano il matrimonio Il divorzio non è mai stato nei piani di Dio; il divorzio espone la coppia all’adulterio e la Parola insegna che gli adulteri (cioè coloro che vivono in uno stato di adulterio) non erediteranno il Regno dei Cieli (1 Co 6:9; Eb 13:4) Questo insegnamento non è facile per nessuno, ma come figli riscattati a caro prezzo dobbiamo essere pronti a non annacquare gli insegnamenti di Dio per andare incontro ai nostri desideri o a quelli delle persone che ci circondano. Questo non produrrebbe nulla di buono per la nostra vita che per quella del nostro prossimo

§ 61: La legge sul divorzio Le altre interpretazioni Su questo passo e sul tema del divorzio e seconde nozze, esiste tantissima letteratura e moltissime interpretazioni Tuttavia la miriade di interpretazioni che circolano si possono ricondurre, in un modo o nell’altro, a cinque interpretazioni basilari. Di queste cinque interpretazioni quattro, seppur con percorsi diversi, portano alla conclusione che il matrimonio è per tutta la vita e non vi è nessuna eccezione per divorziare e sposare un’altra persona mentre il coniuge è ancora in vita Queste interpretazioni sono: 1. La veduta Patristica (o dei primi padri della Chiesa); 2. La veduta Preteritica (o Agostiniana); 3. La veduta Consanguinea (o del matrimonio illecito); 4. La veduta del fidanzamento; 5. La veduta Storica (o di Erasmo da Rotterdam) L’unica interpretazione che ammette il divorzio è quella di Erasmo Fine

II. L’autenticazione del Re § 62 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) c2d. Il codice della vera giustizia: la legge sui giuramenti (Matteo 5:33-37) 201

§ 62: La legge sui giuramenti Cosa erano i giuramenti in Israele Lo scopo dei giuramenti era quello di enfatizzare la parola data. In genere la parola di una persona era sufficiente, ma mantenere un giuramento era obbligatorio soprattutto quando veniva fatto a Dio tramite un voto (Le 19:12; De 23:21) Il re Davide nel Sl 15:4 fece il ritratto di un uomo giusto e disse che “se anche ha giurato a suo danno, non cambia” idea. Questo era il concetto della Legge: non giurare (o dire) il falso e mantenere i giuramenti (o gli impegni) Tuttavia la Mishnah (la legge orale) indicava una serie di clausole secondo le quali era possibile rompere un giuramento; soprattutto se chi giurava aveva delle riserve mentali mentre lo faceva I religiosi di Israele erano conosciuti perché avevano l’abitudine di giurare spesso e sappiamo che il giuramento tende a conferire autorità anche quando questa autorità in realtà non esiste

§ 62: La legge sui giuramenti I giuramenti vincolanti e non vincolanti In quel tempo l’insegnamento era che tutti i giuramenti fatti, per il cielo, per la terra, per Gerusalemme o per il proprio capo non erano vincolanti perché Dio non veniva chiamato a testimoniare In realtà il Messia spiega in questi versi che i giuramenti fatti per il cielo, per la terra, per Gerusalemme o per il proprio capo sono vincolanti. Infatti questi elementi sono rispettivamente: il trono di Dio, lo sgabello dei piedi di Dio, la città del gran Re e riguardo al nostro capo non possiamo decidere di che colore cresceranno i nostri capelli perché solo a Dio spetta questa decisione Giurare per queste cose era comunque vincolante perché erano tutte legate a Dio; in più una persona che giurava in questo modo non metteva in gioco nulla di se stesso, perché, appunto, non aveva nessun controllo su di esse e non poteva fare nulla per esse

§ 62: La legge sui giuramenti La vera giustizia della Legge riguardo al giuramento Yeshùa fece capire che la vera giustizia della Legge insegna che una persona deve sviluppare nella sua vita una reputazione di onestà tale per cui il suo “si” può essere preso in modo fidato come un vero “si” e il suo “no” può essere considerato un “no” senza alcun dubbio di falsità L’autorità della parola di una persona non dovrebbe dipendere dal giuramento su qualcosa di più o meno importante, ma da un giusto comportamento e da una buona reputazione Anche Giacomo riprese questo insegnamento e in disse: “Soprattutto, fratelli miei, non giurate né per il cielo, né per la terra, né con altro giuramento; ma il vostro sì, sia sì, e il vostro no, sia no, affinché non cadiate sotto il giudizio” (Gm 5:12) Fine

II. L’autenticazione del Re § 63 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) c2e. Il codice della vera giustizia: la legge della non resistenza (Matteo 5:38-43) 205

§ 63: La legge della non resistenza Il vero significato di “occhio per occhio” Quando la Legge di Mosè dichiarava “occhio per occhio, dente per dente” (Es 21:24; Le 24:20; De 19:21) lo faceva in un contesto preciso, si trattava di punizioni legali inflitte dal tribunale di quel tempo e vi era una giusta correlazione tra il crimine commesso e la punizione che veniva inflitta (Nu 35:31) I Farisei facevano applicare questi comandamenti su una base individuale, concedendo ad ognuno il diritto di farsi giustizia da se e quindi usando la legge per compiere vendette personali. Una persona poteva fare all’altro lo stesso male che gli era stato fatto In realtà la giustizia della Legge insegna ad amare il prossimo e che la vendetta e la retribuzione appartengono a Dio (Le 19:18, De 32:35) e non all’uomo

§ 63: La legge della non resistenza Una lettura superficiale potrebbe far credere che Gesù stesse dicendo ai suoi discepoli di non fare più uso della Legge e dei tribunali. In realtà il Messia non stava dicendo che bisognava eliminare i tribunali o le sedi opportune in cui la legge e il giudizio vengono applicati. Infatti l’apostolo Paolo stesso fece in più occasioni uso dei diritti civili che aveva come cittadino romano (Atti 16:36-39, 22:24-25, 23:3) e più tardi ribadirà l’importanza delle autorità come realtà che Dio stesso vuole che esistano (Ro 13:1-4) Il Messia stava mettendo in luce che secondo la giustizia della Legge non c’era possibilità di fare vendette personali, ma che l’unico modo per trattare chi infrangeva la legge erano le vie legali Non bisogna dimenticare questo contesto per riuscire a interpretare correttamente i versetti che seguono (39-42), se non si comprende che il messaggio principale era contro la vendetta personale si rischia di essere fuorviati e arrivare a interpretazioni che sono in contraddizione con la Scrittura stessa

§ 63: La legge della non resistenza Gli esempi del Messia sulla non resistenza Il Messia dice ai suoi discepoli di non contrastare il malvagio e che piuttosto di cercare lo scontro è meglio essere pronti a subire altri torti oltre a quelli che già ci sono stati fatti (porgere l’altra guancia). L’uomo saggio “considera un suo onore passare sopra le offese” (Pr 19:11) Perché nasca un litigio ci voglio sempre almeno due persone, una persona sola non fa nascere un litigio. Se qualcuno vuole litigare con te e per farlo ti chiede qualcosa di cui non ha diritto, dagli quello che ti chiede e anche di più (anche il mantello) non per vigliaccheria, ma per amore di quella persona A volte le persone che ci stanno intorno vogliono obbligarci a fare qualcosa senza averne il diritto o con arroganza. Il punto è non cercare lo scontro, ma senza perdere la dignità fare anche di più di quello che viene preteso ingiustamente (due miglia invece di uno)

§ 63: La legge della non resistenza Non solo non dobbiamo reagire al male che ci viene fatto, ma dobbiamo fare al nostro prossimo il bene che possiamo. L’Ecclesiaste diceva “getta il tuo pane sulle acque …  fanne parte a sette, e anche a otto” (Ec 11:1-2). Naturalmente tutti i nostri gesti caritatevoli devono essere contraddistinti da saggezza affinché possiamo aiutare chi è veramente nel bisogno e non chi è ozioso o indegno. “Felice l'uomo che ha compassione, dà in prestito e amministra i suoi affari con giustizia” (Sl 112:5) Per finire: sopportiamo pazientemente, non sfidiamo chi ci perseguita, non diamogli il contraccambio, se fosse necessario per la pace e la sicurezza pubblica andiamo dai magistrati, ma non dobbiamo coltivare rancore, odio e sentimenti di vendetta più o meno nascosti. Anche le azioni legali che eventualmente saremo costretti a intraprendere, non devono portarci a un sentimento di rivalsa su chi sta agendo secondo malvagità. Dobbiamo sempre avere un sentimento di “pietà mista a timore” (Gd 23) verso chi è schiavo del male e trova piacere nel farlo Fine

II. L’autenticazione del Re § 64 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) c2f. Il codice della vera giustizia: la legge dell’amore (Matteo 5:43-48; Luca 6:27-30, 32-36) 210

Le aggiunte alla legge dell’amore verso il prossimo Il comandamento di amare il prossimo è scritto nella Legge di Mosè (Le 19:18, Es 20:17), quello di odiare il nemico era un insegnamento dei Farisei che probabilmente derivava da alcune parole di Davide nei Salmi (Sl 139:21). In particolare veniva insegnato l’odio verso i nemici del popolo di Israele Al tempo di Gesù la setta giudaica degli Esseni insegnava con fervore l’odio verso il nemico, questo significava odiare chiunque non fosse un Esseno. Un odio così forte verso i nemici, in particolare i Gentili, portò i Romani a considerare i Giudei persone che odiano tutto il genere umano (odium humani generis) Il Messia “ripulisce” questo insegnamento sbagliato riportando i suoi ascoltatori a considerare che la vera giustizia della Legge non parla di odio contro le persone, ma di odio contro il male

L’amore verso il prossimo è anche verso il nemico § 64: La legge dell’amore L’amore verso il prossimo è anche verso il nemico I nemici devono essere amanti: sia quelli della nazione sia quelli personali. Lo stesso Davide mise in pratica questo insegnamento quando lasciò andare il re Saul nel momento in cui poteva ucciderlo avendo ragione (1 Sa 24:18) Yeshùa stesso fu un interprete incomparabile della legge dell’amore che era in vigore fin dal principio; si lasciò maltrattare e umiliare dai suoi nemici amandoli fino alla fine e chiedendo al Padre di perdonarli per quello che facevano (Lu 23:34) Stefano, un discepolo del Messia che viveva questo insegnamento, pregò per i suoi nemici nel momento in cui essi, pieni di rabbia e di odio per le sue parole, lo lapidavano a morte (At 7:60) Non dobbiamo scambiare questo atteggiamento come l’ultima e unica risorsa di chi non ha più speranza o che non ha altre armi per difendersi, questo è l’atteggiamento di una persona rinnovata

Essere simili a Dio nell’amare i nemici § 64: La legge dell’amore Essere simili a Dio nell’amare i nemici Dio non sopporta il male di tutto il genere umano con pazienza? Non fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti? Non fa levare il sole ogni mattina su tutte le persone? Non mostra misericordia tenendo in vita anche gli ingrati e i dispregiatori? Se vogliamo essere simili al Padre che è nei cieli dobbiamo amare i nostri nemici come fa Lui. Non dobbiamo dare il nostro amore o la nostra benevolenza in base a quanto se lo merita chi ci sta davanti, ma dobbiamo amare tutti incondizionatamente Anche gli uomini più spregevoli (in quel momento i pubblicani e i pagani) vogliono bene a coloro che li amano, non c’è nulla di particolare nell’amare chi ci fa del bene, la vera differenza la fanno coloro che vivono l’insegnamento di amare i propri nemici Che come Figli di Dio possiamo crescere sempre più in questo atteggiamento che solo la grazia e la potenza di Dio possono dare Fine

II. L’autenticazione del Re § 65 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) d1. La condotta secondo la vera giustizia: introduzione (Matteo 6:1) 214

§ 65: La condotta secondo vera giustizia: introduzione Il principio guida della condotta secondo vera giustizia Fino a questo momento il Messia ha spiegato ai suoi discepoli il codice della vera giustizia della Legge di Mosè riguardo alle leggi di omicidio, adulterio, ripudio, giuramenti, non resistenza e amore; mettendolo in contrapposizione al codice di giustizia insegnato dalla tradizione farisaica (voi avete udito che fu detto … ma io vi dico …) In altre parole è come se il Messia avesse preso il codice di diritto penale e civile dei nostri giorni e avesse insegnato ai suoi discepoli quale sia l’interpretazione corretta da dare alle leggi che contiene In questi versetti Yeshùa inizia a illustrare quale sia la condotta secondo la vera giustizia della Legge di Mosè, cioè come ci si debba comportare per adempiere realmente ai requisiti di giustizia che sono contenuti nella Legge di Mosè

§ 65: La condotta secondo vera giustizia: introduzione Il principio guida della condotta secondo la vera giustizia è molto semplice (v. 6:1): ”Guardatevi dal praticare la vostra giustizia davanti agli uomini, per essere osservati da loro; altrimenti non ne avrete premio presso il Padre vostro che è nei cieli” Quando si fanno delle opere di giustizia esteriori, cioè visibili da tutti, la motivazione interiore del cuore deve essere di piacere a Dio e non di ricevere l’approvazione degli uomini Ci possono essere due persone che fanno la stessa identica opera di giustizia, ma una con la motivazione interiore di piacere a Dio e l’altra di piacere agli uomini per ottenere la loro approvazione Quelli che cercano l’approvazione degli uomini nelle opere di giustizia la troveranno, ma è tutto quello che otterranno e non avranno nessun premio da Dio per ciò che fanno Fine

II. L’autenticazione del Re § 66 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) d2a. La condotta secondo la vera giustizia: fare l’elemosina (Matteo 6:2-4) 217

§ 66: Fare l’elemosina La vera elemosina Il primo esempio di condotta secondo la vera giustizia è quello dell’elemosina. Era pratica comune che i farisei ostentassero le loro elemosine ai bisognosi sia nei cortili del Tempio che per le strade della città facendole precedere da un suono di tromba Per quanto riguarda la raccolta fondi relativa alle pratiche del Tempio, c’erano 13 grandi ceste che venivano usate per raccogliere i soldi (Mr 12:41-44). La Legge di Mosè incoraggiava sia il povero che il ricco a donare per il Tabernacolo prima e per il Tempio successivamente (Es 30:14-16; Nu 31:50) Naturalmente la vera pratica della Legge implicava che questo fosse fatto per onorare Dio e non per onorare se stessi e la propria generosità d’animo di fronte agli altri

§ 66: Fare l’elemosina Quindi, contrariamente a quello che avveniva normalmente, il Messia disse che quando si fa l’elemosina la mano sinistra non deve sapere quello che fa la destra Il significato è che il donatore non deve ricordare a se stesso e agli altri quello che ha fatto, ma deve perderne il ricordo al fine di non vantare privilegi davanti agli uomini e davanti a Dio. Il principio generale è che il dono va fatto in segreto Del resto Dio conosce le intenzioni del nostro cuore e ci ricompenserà adeguatamente al momento opportuno, anche in modo manifesto se sarà nella Sua volontà Non possiamo pensare di essere ricompensati sia dagli uomini che da Dio; o ci ricompenserà l’uno oppure l’altro, mai entrambi Purtroppo alcuni segmenti della chiesa visibile sono spesso caduti nella mentalità farisaica di rendere noto il dono e di incentivare i doni proprio tramite la gloria che ne deriva Fine

II. L’autenticazione del Re § 67 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) d2b. La condotta secondo la vera giustizia: la preghiera (Matteo 6:5-15) 220

Insegnamenti sulla preghiera pubblica e privata Il secondo esempio di condotta secondo vera giustizia è quello della preghiera. Dalle parole del Messia possiamo capire almeno quattro insegnamenti fondamentali: Primo (v. 5-6): la preghiera non deve essere un’opportunità per mostrare agli altri la propria l’abilità oratoria. Nel giudaismo farisaico la preghiera era prevalentemente fatta in pubblico e i Farisei si incontravano per questo scopo tre volte al giorno. Nella sostanza questi incontri servivano per far vedere a tutti il loro livello di santità Coloro che pregano in pubblico per mostrare la loro spiritualità o l’abilità oratoria, hanno già ricevuto il loro premio dagli uomini e non ne avranno un altro da Dio Pregare pubblicamente è giusto e biblico (Atti 2:42; 4:31; 12:5; 12:12), ma la preghiera di gruppo è comunicare insieme con Dio

§ 67: La preghiera Secondo (v. 7-8): la preghiera non deve essere una formula ripetuta. La versione ASV della Bibbia inglese traduce questo verso così: “e nel pregare non usate inutili ripetizioni, come i pagani: essi credono di essere ascoltati a forza di parole”. La preghiera deve essere estemporanea e non ripetitiva. In quasi tutte le maggiori religioni Gentili (Buddismo, Islam, segmenti del Cristianesimo ecc.) ci sono libri di preghiere da leggere o recitare a memoria Al tempo di Yeshùa avveniva anche nel giudaismo ed è così ancora oggi; esistono quaderni di preghiera quotidiana, di preghiera per il sabato e per le occasioni speciali come Rosh Hashanah ecc. Terzo (v. 9-13): la preghiera spontanea deve seguire un filo logico. Gesù non ci ha lasciato una o più preghiere da recitare, ma un modello di preghiera. Egli non disse “fate questa preghiera”, ma “pregate in questo modo” (voi dunque pregate così). L’intento era quello di insegnare a organizzare il proprio tempo di preghiera in un certo modo senza perdere la spontaneità

§ 67: La preghiera Quarto (v. 14-15): le preghiere devono essere fatte con un atteggiamento interiore di perdono affinché siano ascoltate da Dio. Il credente deve avere verso i suoi Fratelli e verso gli uomini in generale un atteggiamento di perdono Se il credente si avvicina a Dio senza un atteggiamento interiore di disponibilità al perdono verso coloro che lo hanno offeso, tradito, umiliato, calunniato, ferito nel fisico e nell’animo, calpestato i diritti e la dignità ecc., allora non può aspettarsi di ricevere il perdono paterno del Padre celeste (Mt 18:23-35) Questo non significa che un credente deve pregare solo quando tutte le questioni o i problemi sono risolti, perché in certe situazioni sarebbe impossibile. Il credente deve guardare al suo atteggiamento interiore ed essere disposto a perdonare l’altro come Dio ha perdonato lui

La struttura della preghiera Abbiamo visto che la preghiera deve essere spontanea e non recitata, ma la preghiera deve seguire una struttura. Cerchiamo ora di capire la struttura che il Messia ci ha lasciato nei v. 9-13 Primo: “Padre nostro che sei nei cieli”. Le preghiere devono essere rivolte al Padre. Non viene mai detto di indirizzare le preghiere al Figlio o allo Spirito Santo, almeno non ci sono esempi nel Nuovo Testamento di questo tipo di preghiere. Quindi ogni preghiera al Dio invisibile deve essere indirizzata a Dio Padre. Non significa che sia sbagliato pregare il Figlio o lo Spirito Santo, semplicemente non è secondo il modello biblico che abbiamo Secondo: “sia santificato il tuo nome”. Questo è il momento in cui bisogna meditare sugli innumerevoli attributi di Dio e come essi rivelino l’unicità di Dio. Bisogna anche ricordare e riflettere sulle tante implicazioni pratiche di questi attributi nella vita del credente

§ 67: La preghiera Terzo: “venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà anche in terra come è fatta in cielo”. Bisogna pregare per il Regno di Dio. Questo non significa pregare soltanto perché il Messia torni presto. Qui vengono inclusi tutti gli aspetti del Regno di Dio nell’epoca della grazia in cui viviamo. Aspetti come il lavoro evangelistico, le diverse attività e ministeri nella chiesa locale, i missionari che la chiesa o i singoli credenti sostengono, inoltre questo è il momento per pregare per le persone non credenti come i parenti, gli amici, i compagni di studio o di lavoro, i vicini di casa ecc.. Tutto questo fa parte del programma del Regno di Dio Quarto: “dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Bisogna pregare per i bisogni personali. Questo è il tempo per pregare per i bisogni personali di ogni giorno, materiali e spirituali. Il ministerio in cui il credente è coinvolto, le crisi che sta passando, le necessità e i problemi fisici ecc.

§ 67: La preghiera Quinto: “rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori”. Bisogna confessare i peccati. Generalmente si è portati a pensare che la confessione dei peccati debba venire per prima in modo da “pulire la lavagna” prima di fare qualsiasi richiesta a Dio. Tuttavia la richiesta di perdono non è la prima nella lista, infatti per prima cosa la preghiera viene indirizzata al Padre, poi vengono ricordati gli attributi di Dio, poi il Regno di Dio e le varie attività che lo riguardano, poi le necessità quotidiane e poi ecco il momento per chiedere perdono A questo punto il credente, affinché le cose precedenti ricevano risposta, deve mettersi nella giusta posizione e confessare a Dio ogni peccato avvenuto dalla precedente confessione. Deve chiedere perdono anche per i peccati sconosciuti e per la sua natura peccaminosa. È il tempo di applicare 1 Giovanni 1:9

§ 67: La preghiera Sesto: “non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno”. La preghiera coinvolge la guerra spirituale. Questo è il tempo di pregare per il conflitto che il credente ha contro il mondo, la propria carnalità e Satana Infine vediamo che l’apostolo Paolo in Efesini 5:20 dice di ringraziare “continuamente per ogni cosa Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo”. Quindi si indirizzano le preghiere al Padre per mezzo del Signore Gesù Questa è la struttura biblica che abbiamo riguardo alla preghiera. Anche se non è sbagliato pregare in modo diverso, dobbiamo tenere in considerazione le indicazioni che il Messia ci ha lasciato a questo riguardo con la consapevolezza che “lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili” (Ro 8:26) Fine

II. L’autenticazione del Re § 68 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) d2c. La condotta secondo la vera giustizia: il digiuno (Matteo 6:16-18) 228

Il digiuno nel Nuovo Testamento Il terzo esempio di condotta secondo la vera giustizia è il digiuno Questa pratica non viene mai comandata esplicitamente nel Nuovo Testamento e quindi non è da considerarsi obbligatoria Al tempo di Gesù il digiuno frequente era parte integrante della tradizione farisaica, in genere si digiunava due volte a settimana: il lunedì e il giovedì (Lu 18:12) Anche i discepoli di Giovanni seguivano questa tradizione, mentre i discepoli di Gesù non digiunavano (Lu 5:33). Tuttavia il Messia disse che anche loro avrebbero avuto un tempo per digiunare in futuro (Lu 5:34-35): “Gesù disse loro: «Potete far digiunare gli amici dello sposo, mentre lo sposo è con loro? Ma verranno i giorni in cui lo sposo sarà loro tolto: allora, in quei giorni, digiuneranno»”

Il valore spirituale del digiuno § 68: Il digiuno Il valore spirituale del digiuno Il digiuno in sé non ha alcun valore spirituale (Is 58; Ge 14:12; 1 Corinzi 8:8), infatti “quello che è nato dalla carne, è carne” (Gv 3:6). Il digiuno è solo una manifestazione esteriore di un atteggiamento di un cuore in cui si cerca sinceramente Dio Digiunare non rende l’uomo più spirituale davanti a Dio, e qualsiasi pratica legata alla privazione della carne non può far raggiungere una maggiore comunione con Dio o vittorie spirituali (1 Ti 4:3) Il solo digiuno che Dio gradisce è quello fatto con la giusta intenzione interiore di glorificarlo e di onorarlo La pratica del digiuno è sempre associata all’umiliazione dell’uomo e alla glorificazione di Dio. Se nel digiuno chi viene glorificato è l’uomo perché “è bravo e digiuna”, allora lo scopo del digiuno è completamente sbagliato

Linee guida per il digiuno personale I versi che abbiamo letto (v. 16-18) fanno capire che il digiuno personale deve essere fatto in un atteggiamento di umiltà e segretezza Il principio generale è che nel momento in cui diventa ovvio che la persona sta digiunando, è tempo di rimettersi a mangiare! Il digiuno è legato strettamente alla preghiera e alla lettura della Parola di Dio (1 Sa 1:17-18; Ne 1:4; Ne 9:1-3; Da 9:3,20; Gl 2:12; Gn 3:8; Lu 2:37; At 9:9,11; At 10:30; At 13:2; At 14:23; 1 Co 7:5) Il digiuno serve a farci ricordare la nostra debolezza e dipendenza da Dio quando preghiamo o leggiamo le Scritture Nella Bibbia troviamo esempi di digiuno totale (De 9:9,18; Ed 10:6; Et 4:16; At 9:9; At 27:33) e di digiuno parziale (Da 10:3)

Linee guida per il digiuno collettivo Nelle Scritture si parla anche di digiuno collettivo; in genere questo tipo di digiuno era praticato dal Popolo di Israele in momenti particolari Il digiuno collettivo non può per ovvie ragioni essere segreto, tuttavia il gruppo di persone che decide di digiunare non deve sentirsi migliore di altri perché si sta digiunando In genere anche quando c’è un digiuno collettivo il sentimento predominante è l’umiliazione, con preghiera e ascolto della Parola di Dio Alcuni passi in cui si parla di digiuno collettivo sono: 1 Sa 7:5-6; Ed 8:21-23; Ne 9:1-3; Gl 2:15-16; Gn 3:5-10; At 27:33-37

Le occasioni e i momenti in cui digiunare § 68: Il digiuno Le occasioni e i momenti in cui digiunare L’ordinazione di anziani e diaconi (At 13:3; At 14:23) Intercedere per il popolo (Es 24:18; De 9:8-9, 12-20; 23-27; Ed 10:6; Da 9:3-4; Gl 2:12-14,17-18; Gn 3:5-10) Umiliazione e afflizione (1 Re 21:27-29; Sl 35:13; 69:10) Cercare il Signore, le sue vie (Gc 20:26-28; 2 Cr 20:3; Ed 8:21-23) Ravvedimento e confessione dei peccati (1 Sa 7:6; 1 Re 21:27-29; Ed 10:6; Ne 1:4-7, 9:1-3; Ge 36:6-10; Da 9:3-5, 20; Gn 3:5-10) Ricevere guarigione (2 Sa 12:15-16, 22-23; Is 58:8; At 9:9, 17-19) Prepararsi a ricevere la Parola di Dio (De 9:18, 25; Is 58:9) Liberazione spirituale (Is 58:6; Mr 9:29) Bisogni materiali (2 Co 11:27) Fine

II. L’autenticazione del Re § 69 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) e1. La pratica della vera giustizia: L’utilizzo dei soldi (Matteo 6:19-24) 234

§ 69: L’utilizzo dei soldi Introduzione Abbiamo visto il codice della vera giustizia della Legge di Mosè in Mt 5:21-48, poi abbiamo visto la condotta secondo la vera giustizia della Legge di Mosè in Mt 6:1-18 e ora vediamo la pratica della vera giustizia secondo la Legge di Mosè in Mt 6:19-8:1 In questi passi il Messia mette in luce dei principi di vita pratica che guidano in modo concreto nelle scelte di vita per adempiere la Legge non in modo superficiale ma profondo Uno dei punti chiave nella pratica della vera giustizia è l’atteggiamento verso il denaro I soldi non devono essere messi da parte con lo scopo di accumulare denaro, ma devono essere utilizzati nel giusto modo I soldi servono per i bisogni fondamentali della persona, anche se il concetto di bisogno fondamentale è troppo spesso soggettivo

§ 69: L’utilizzo dei soldi I tesori della terra e i tesori del cielo I tesori di questa terra sono di natura temporanea e instabile, non bisogna mettere in essi la speranza, sia esplicitamente che implicitamente I tesori di questa terra non riescono a dare la pace perché possono essere persi da un momento all’altro, mentre i tesori del cielo danno pace e sicurezza perché nessuno può toccarli Il migliore investimento è accumularsi dei tesori nel cielo. Il Messia ha promesso a coloro che credono in Lui il primo e più grande tesoro: la vita eterna, ma oltre a questo anche cento volte tanto quello a cui i suoi figli rinunciano per il Suo Regno (Mt 19:27-29; Mr 10:28-30) Non c’è una regola generale per definire ciò a cui sia giusto rinunciare, la cosa importante è che a livello profondo sia fatto per Yeshùa e non sia in contrasto con quello che Lui dice nelle Scritture

§ 69: L’utilizzo dei soldi La vista spirituale L’occhio è quel membro del corpo che, più di ogni altro, ci permette di distinguerle la forma e la natura delle cose È proprio grazie alla vista che possiamo riconoscere gli oggetti esteriori, muoverci con semplicità, godere delle meraviglie del creato ecc. Una buona vista spirituale dipende dal cuore. Se il cuore è posizionato sul giusto tesoro, allora la vista spirituale sarà buona e tutto il corpo ne godrà di conseguenza Una vista spirituale difettosa avrà ripercussioni negative su tutto il corpo per la mancanza di una percezione corretta delle cose Questo ci insegna che se il nostro cuore non è posizionato sul giusto tesoro celeste, le scelte di vita pratica saranno più o meno influenzate negativamente da questo (1 Ti 6:7-10)

§ 69: L’utilizzo dei soldi Il principio fondamentale: Dio o il Materialismo Dio non condanna una gestione attenta dei beni e non c’è niente di sbagliato nel mettere da parte dei soldi con uno scopo legittimo e preciso (2 Co 12:14; 1 Tm 5:8) Il problema è quando i soldi diventano l’unica preoccupazione e prendono tutte le energie o il tempo a disposizione Se mettere da parte denaro diventa la fonte di sicurezza del credente, ecco che egli non sta più servendo Dio nel giusto modo Il principio fondamentale riguardo ai soldi è che una persona non può servire due padroni: o servirà Dio oppure servirà Mammona Mammona è una parola ebraica che si riferisce a “tutto quello che questo mondo ha da offrire materialmente”. Quindi si riferisce alle cose materiali di questo mondo, potremmo definire Mammona con un termine più moderno come Materialismo

§ 69: L’utilizzo dei soldi Una persona o serve il materialismo oppure serve Dio, non può servire entrambi Se una persona serve il materialismo, le cose materiali saranno la sua fonte di sicurezza (in realtà solo apparente Pr 23:5). Se invece una persona serve veramente Dio la sua sorgente di sicurezza non saranno le cose materiali, ma l’inesauribile e infinita potenza di Dio Colui che ha messo la sua fiducia in Dio e lo serve saprà come utilizzare nel giusto modo i beni materiali che gli vengono affidati dal Signore. Egli manterrà un giusto equilibrio nel possesso e nell’uso dei soldi per le necessità reali di questa vita e per il servizio che Dio gli affida senza confidare nelle ricchezze come fonte di sicurezza e stabilità Fine

II. L’autenticazione del Re § 70 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) e2. La pratica della vera giustizia: L’ansietà (Matteo 6:25-34) 240

§ : L’ansietà La normalità di vita È scritto che Dio provvede le cose indispensabili sia per il regno vegetale che per quello animale, nonostante che l’uomo non adempia fedelmente il compito di custodire la terra (Ge 1:28-30; 9:1-3) Se Dio si prende cura in questo modo stupendo del mondo animale e vegetale, tanto più si prenderà cura di coloro che ha creato a Sua immagine e somiglianza che cercano la Sua giustizia Questi versetti ci insegnano che in circostanze normali Dio provvede per i suoi figli le cose indispensabili come cibo, vestiti e un riparo Egli non promette di soddisfare tutti i nostri desideri, ma ci dice che provvederà le cose indispensabili per la nostra sopravvivenza Il problema è che crediamo indispensabili cose che non lo sono

I tempi della persecuzione § : L’ansietà I tempi della persecuzione Ci sono delle situazioni in cui Dio trattiene le cose indispensabili per i suoi figli, per esempio quando arriva il tempo della persecuzione a causa della fede in Lui In questi momenti di persecuzione i credenti possono perdere le loro abitazioni ed essere privati di cibo e vestiti Nella lettera agli Ebrei (Eb 11:35-40) viene descritto come nel momento della persecuzione i credenti di ogni epoca possono essere sottoposti a qualsiasi tipo di privazione o sofferenza fisica Questo avviene anche quando si manifestano le conseguenze del peccato dell’uomo sulla terra, come in situazioni di calamità naturale Tuttavia in questi versetti il Messia dice di non essere in ansia, perché in situazioni di normalità il Padre provvede hai bisogni primari dei suoi figli

Cercare prima il Regno e la giustizia di Dio (v. 33) § : L’ansietà Cercare prima il Regno e la giustizia di Dio (v. 33) Lo scopo primario del credente non è quello di cercare le cose materiali con cui vivere, ma l’avanzamento del Regno di Dio su questa terra e il vivere secondo giustizia In questo contesto vivere secondo giustizia significa vivere secondo gli standard indicati nella Legge di Mosè È indispensabile che sia sempre chiaro e ben presente l’obbiettivo, infatti se esso non è ben definito l’attenzione si sposta su tutte quelle cose non fondamentali come il cibo, i vestiti, la casa ecc. Quando l’obbiettivo principale non sono le cose materiali, esse diventano solo un mezzo per raggiungere lo scopo primario Dio non dice di non occuparsi delle cose materiali, ma esse devono avere il giusto posto e la giusta priorità. Prima bisogna occuparsi del Regno di Dio e della Sua giustizia, dopo delle cose materiali

La responsabilità individuale e quella di Dio § : L’ansietà La responsabilità individuale e quella di Dio Questo non vuol dire che non c’è responsabilità individuale da parte del credente. Normalmente bisogna lavorare per guadagnare ciò che serve per vivere (2 Te 3:10; 1 Te 4:11) Chi vuole cercare Regno di Dio e la Sua giustizia può adempiere le sue responsabilità nell’area del lavoro e della famiglia senza ansia; confidando che quando ha fatto quello che doveva il Padre provvederà al resto, in particolare i bisogni primari L’ansia per il domani è forse uno dei nemici più difficili da sconfiggere, perché bisogna combatterci quasi tutti i giorni Si possono adempiere gli incarichi di vita normale con o senza serenità, ma la preoccupazione non cambierà minimamente le situazioni (v. 27) Bisogna imparare a vivere per Dio fidandosi della sua guida e cura Fine

II. L’autenticazione del Re § 71 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) e3. La pratica della vera giustizia: Giudicare gli altri (Matteo 7:1-7; Luca 6:37-42) 245

Giudicare o non giudicare questo è il problema? § 71: Giudicare gli altri Giudicare o non giudicare questo è il problema? Questi versetti vengono presi fuori dal loro contesto per insegnare che un credente non deve giudicare gli altri in qualsiasi circostanza Questo tipo di interpretazione è fuori contesto e in contraddizione con altri passi delle Scritture dove viene detto di esercitare un certo tipo di giudizio (ad esempio nella disciplina di chiesa Mt 18) Ogni volta che un credente si confronta con un altro credente guardo a una situazione di peccato questo richiede inevitabilmente un certo tipo di giudizio, è quindi fuor di dubbio che il Messia stesse insegnando di astenersi da qualsiasi forma di giudizio Bisogna distinguere tra il giudizio definitivo su una persona (‘hai fatto questo perché sei così e lo sarai sempre’) e il giudizio su ciò che di giusto o sbagliato sta facendo. Più in generale si potrebbe dire che esiste un giudizio corretto e un giudizio sbagliato

§ 71: Giudicare gli altri Il metro di giudizio Il fatto che esista un tipo di giudizio corretto e uno sbagliato lo capiamo bene da quanto scritto nel v. 2: “perché con il giudizio con il quale giudicate, sarete giudicati; e con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi” Quello che determina se il giudizio è corretto o sbagliato è il metro. Lo strumento che si utilizza per giudicare è fondamentale: si può utilizzare un metro umano oppure il metro divino Per il giudizio sugli altri non bisogna utilizzare dei modelli fatti da uomini, ma solo il modello perfetto di Dio Nel contesto del farisaismo in cui si trovava il Messia, i Giudei utilizzavano la Mishnah per giudicare le persone del popolo. La spiritualità dei Giudei veniva determinata in base a quanto essi si conformavano a questi standard “spirituali” fatti dagli uomini

§ 71: Giudicare gli altri Se per giudicare gli altri utilizzeremo un metro umano, Dio userà lo stesso metro di giudizio con noi e ci troverà mancanti Qualsiasi metro di giudizio umano utilizziamo per gli altri troverà mancanti anche noi stessi. Non a caso un proverbio umano dice: “le regole sono per gli altri le eccezioni per me”. Non siamo capaci nemmeno di rispettare le regole ci facciamo Saremo inevitabilmente mancanti anche con il metro di giudizio di Dio, ma almeno useremo misericordia con gli altri. Infatti il metro di giudizio di Dio mette a nudo la nostra mancanza e la nostra cecità spirituale esaltando l’opera di salvezza del Messia Un insegnamento rabbinico dice: “con il metro che un uomo usa per misurare, sarà misurato … Sansone andò dietro la misura dei suoi occhi e per questo i Filistei gli cavarono gli occhi … Absalom si glorificò nei suoi capelli e perciò rimase impigliato in essi trovando la morte” (Sotah 1:7-8). È come se il metro con cui giudichiamo le situazioni e le persone diventa strumento di giudizio per noi stessi

Il metro di giudizio nella Chiesa § 71: Giudicare gli altri Il metro di giudizio nella Chiesa Yeshùa andò contro il modo sbagliato di giudicare che era usato a quei tempi. La Chiesa nel corso dei secoli è caduta nella stessa trappola e ha utilizzando un altro metro di misura, diverso dalla Mishnah, ma sempre umano Ancora oggi, in moltissime realtà di Chiesa, la spiritualità dei credenti viene giudicata sulla base dei ‘regolamenti di Chiesa più o meno espliciti’. Quindi, come al tempo di Gesù, vengono usati dei metri di giudizio fatti dagli uomini invece che da Dio L’unico metro di giudizio corretto sono gli standard di Dio, nessuno standard fatto dagli uomini sarà mai pienamente adatto a giudicare le realtà spirituali e terrene Il Messia paragona coloro che utilizzano un metodo umano per giudicare gli altri a un uomo che vuole togliere la pagliuzza nell’occhio di un suo compagno avendo una trave nel suo occhio

§ 71: Giudicare gli altri La trave e l’occhio Quando non si vede bene non si è in grado di togliere “pagliuzze” a nessuno. Se il metro di giudizio che si usa è quello sbagliato allora non si è in grado di vedere bene e si è come dei ciechi Un cieco non può insegnare a un altro cieco la via da seguire, se una persona è cieca perché usa il metro sbagliato non può dare giudizi corretti. Prima bisogna vederci bene e poi si può guidare qualcuno che è cieco o togliere la pagliuzza dagli occhi I Farisei avevano rigettato il giusto metro di giudizio secondo le verità di Dio non ascoltando né la voce di Giovanni Battista né quella del Messia (Lu 7:31-35) Gesù ammonì quelli che lo ascoltavano a non dare le verità (perle) a coloro che manifestavano chiaramente di non voler ascoltare (i porci) perché le avrebbero disprezzate (le pesteranno) e poi si sarebbero scagliati contro di loro Fine

II. L’autenticazione del Re § 72 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) e4. La pratica della vera giustizia: Preghiera perseverante (Matteo7:7-11) 251

§ 72: Preghiera perseverante Cinque insegnamenti sulla preghiera Il Messia aveva già dato ai suoi discepoli quattro insegnamenti sulla preghiera (Mt 6:5-15 - § 67) Primo, la preghiera non deve essere un’opportunità per esibire la propria l’abilità oratoria; secondo, non deve essere una formula ripetuta; terzo, benché spontanea deve seguire un filo logico; quarto, deve essere fatta in un atteggiamento di perdono verso il prossimo Il quinto insegnamento sulla preghiera è che deve essere perseverante Le parole chiave di questi versetti sono: chiedete, cercate, bussate esse sono tutte al presente e danno l’idea di un’azione che continua nel tempo, che non si ferma..

§ 72: Preghiera perseverante Il giusto atteggiamento della preghiera perseverante Ci deve essere perseveranza nella vita di preghiera nel senso che bisogna continuare a pregare per un certo soggetto fino a quando Dio non risponde Non sempre le risposte di Dio sono affermative, ma quando si riceve risposta riguardo a una certa richiesta (si, no oppure aspetta) allora bisogna smettere di pregare L’apostolo Paolo pregò per tre volte affinché Dio gli togliesse “una spina nella carne” (2 Co 12:7-9); probabilmente una malattia agli occhi che gli creava molta sofferenza (Ga 4:13-15). Dopo tre volte che pregò Dio a questo riguardo, ricevette risposta che la grazia di Dio gli bastava e così smise di pregare per questo soggetto

§ 72: Preghiera perseverante Nel giusto atteggiamento di preghiera c’è il naturale desiderio che essa venga esaudita, ma insieme la disponibilità ad accettare qualsiasi risposta da parte di Dio (Gesù nel Getsemani Mt 26:39- 42; Mr 14:36; Lu 22:42) La parabola della vedova con il giudice iniquo (Lu 18:1-7) è un esempio di preghiera perseverante. Se c’è l’interesse e il desiderio per una cosa bisogna pregare senza stancarsi La perseveranza nella preghiera mostra due cose: una reale fiducia in Dio più che in noi stessi, ed è la prova che siamo realmente interessati a quello che stiamo chiedendo In Geremia 29:12-14 Dio dice al suo Popolo: “Voi m'invocherete, verrete a pregarmi e io vi esaudirò. Voi mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il vostro cuore; io mi lascerò trovare da voi”. C’è esaudimento perché non c’è superficialità, ma perseveranza e interesse di tutto cuore

§ 72: Preghiera perseverante Sono sbagliate quelle preghiere nelle quali non c’è un reale dialogo con Dio, ma sono solo la ripetizione di una formula preconfezionata con la convinzione che più si ripete la formula e maggiori sono le probabilità che Dio faccia quello che vogliamo noi A questo riguardo Giacomo dice: “domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri” (Gm 4:3) In questo momento il Messia non disse niente riguardo al pregare il Padre nel Suo nome, perché stava trattando il tema della vera giustizia sotto la Legge di Mosè e in quel periodo di tempo non bisognava pregare Dio nel Suo nome Più tardi Gesù insegnò ulteriori verità che riguardano la preghiera sotto la Legge del Messia; quindi durante l’epoca della grazia che stiamo vivendo. In questo contesto Egli insegnò a pregare il Padre nel Suo nome (Gv 14:13-14, 15:16, 16:23-26; Ef 5:20; Co 3:17) Fine

II. L’autenticazione del Re § 73 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) f. La regola d’oro (Matteo7:12; Luca 6:31) 256

Il compimento della Legge e dei Profeti § 73: La regola d’oro Il compimento della Legge e dei Profeti Le parole di questi versetti sono conosciute come “la regola d’oro”, e rappresentano il nocciolo della giustizia richiesta dalla Legge Tutti gli insegnamenti della Legge e dei Profeti sulle relazioni tra esseri umani sono racchiusi in questa regola; essa interpreta al meglio il comandamento: “ama il tuo prossimo come te stesso” “Nessuno odia la propria persona, anzi la nutre e la cura teneramente” (Ef 5:29). Cosa vogliamo per noi stessi? Amore, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, comprensione, stima, lealtà simpatia ecc. allora adoperiamoci per fare agli altri tutto questo. Come dirà l’apostolo Paolo più avanti: “contro queste cose non c'è legge” (Ga 5:22-23) È importante ricordare che questa regola non è un mezzo di salvezza, ma lo stile di vita di una persona che è già stata salvata Fine

II. L’autenticazione del Re § 74 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) g. Gli avvertimenti riguardo alla vera giustizia (Matteo7:13-27; Luca 6:43-49) 258

§ 74: Gli avvertimenti riguardo alla vera giustizia Le due vie Avviandosi alla conclusione del discorso sul monte, il Messia usa quattro coppie di esempi per dare degli avvertimenti ai suoi uditori La prima coppia sono le due vie, una stretta e l’altra larga. A quel tempo la via dei Farisei era larga, così larga che secondo loro tutto Israele sarebbe entrato nell’era a venire del Regno Messianico. In realtà questa via conduceva a distruzione Yeshùa è la via stretta, lo è a tal punto che solo credendo in Lui come Re messianico potevano entrare nel Regno La via stretta è una via che esclude, se non si prende quella le altre conducono alla morte Oggi è pensiero comune che ci siano tante vie che conducono a Dio, mentre esiste una sola via che conduce alla vita eterna. In realtà le altre vie fanno tutte parte di un’unica grande via che conduce alla perdizione eterna

§ 74: Gli avvertimenti riguardo alla vera giustizia Le due piante La seconda coppia sono due tipi di piante; la diversità tra un vero profeta e un falso profeta è come la differenza che c’è tra una pianta che porta buon frutto e una che porta cattivo frutto Il principio generale per riconoscere un vero da un falso profeta è guardare ai frutti. Le profezie di un vero profeta si avverano, un vero profeta vive in modo consistente a quello che è scritto nella Parola di Dio e i suoi insegnamenti sono in accordo con essa Con il falso profeta le cose sono completamente invertite. Le profezie del falso profeta non si avverano, egli non vive in modo consistente con quello che proclama e va oltre a quello che si trova nelle Scritture Nel contesto del farisaismo i falsi profeti seguivano altre leggi e regole (quelle della tradizione farisaica), Gesù seguiva la Legge scritta che produce i veri frutti di giustizia

§ 74: Gli avvertimenti riguardo alla vera giustizia Le due affermazioni La terza coppia sono due affermazioni diverse: una viene fatta a parole mentre l’altra a fatti. Questo serviva per dire che anche tra coloro che proclamano Gesù come Signore non tutti sono credenti I Farisei erano dei falsi profeti che non utilizzavano il nome di Gesù, ma il Messia avverte che altri useranno il suo nome pur essendo falsi profeti e in esso faranno grandi opere Qui vengono menzionate tre di queste opere potenti: profezie che si avverano, cacciare demoni e grandi miracoli come opere di guarigione. Tuttavia in futuro il Messia dirà di loro: “Io non vi ho mai conosciuto” Quindi per capire se una persona è un vero profeta non basta che le sue profezie si avverino. Sicuramente se non si avverano è un falso profeta, ma se si avverano bisogna fare altre verifiche per capire se è da Dio o meno

§ 74: Gli avvertimenti riguardo alla vera giustizia La domanda da porsi è sempre questa: tutto ciò che viene detto e fatto è in accordo con le Scritture? Non è importante se gli insegnamenti ci colpiscono o se quello che viene fatto sono opere miracolose Abbiamo la testimonianza biblica che Satana ha una certa libertà di riprodurre gli stessi segni miracolosi di Dio. Quando Mosè butto il suo bastone a terra esso diventò un serpente, ma i magi e gli incantatori egiziani riuscirono a fare la stessa cosa (Es 7:10-11) Il motivo per cui molti cadono nell’inganno è perché si fermano alle manifestazioni esteriori considerandole delle prove sufficienti per credere che quello che sentono e vedono viene da Dio Tutto deve essere sempre in accordo con le Scritture e, altro metodo di controllo, deve portare gloria al creatore e non alla creatura

§ 74: Gli avvertimenti riguardo alla vera giustizia I due costruttori La quarta coppia sono i due costruttori. Con questo paragone viene sviluppato il significato di fare “la volontà del Padre” accennato nella coppia che riguardava le affermazioni (v. 21) Da una parte ci sono coloro che ascoltano gli insegnamenti del Messia e li mettono in pratica, dall’altra ci sono coloro che pur ascoltando la sua voce non mettono in pratica quello che capiscono Per un certo tempo non sembra che ci siano differenze tra i due gruppi di persone, ma nel momento in cui arriva la difficoltà e le sofferenze ecco che si vede in modo chiaro su che cosa era fondata la loro fede. Ci sono delle analogie con la parabola del seminatore dei diversi terreni (Mt 13:1-23; Mr 4:1-20; Lu 8:4-15) In quel tempo il Messia stava esortando i suoi uditori a non continuare a costruire sull’interpretazione farisaica della giustizia della Legge, ma ad affidarsi sulla sua interpretazione della giustizia Fine

II. L’autenticazione del Re § 75 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 16. L’autorità del Messia di interpretare la legge (il sermone sul monte) h. Conclusione (Matteo7:28-8:1) 264

Insegnamento con autorità § 75: Conclusione Insegnamento con autorità Se si esaminano gli scritti rabbinici del tempo di Gesù si nota che ogni Rabbi insegnava sempre sulla base dell’interpretazione di precedenti Rabbi Invece Yeshùa nei suoi discorsi non citava mai né Rabbi, né Farisei o scribi, ma insegnava come qualcuno che aveva l’assoluta autorità di interpretare il significato della Legge Alla fine del discorso la folla aveva capito chiaramente cosa Gesù stava dicendo e, soprattutto, erano in grado di vedere la differenza con quello che insegnavano gli scribi e i Farisei Le parole del sermone sul monte non sono solo belle, giuste e con un alto contenuto etico, ma sono insegnamenti che richiedono accettazione e ubbidienza da parte di chi ascolta

§ 75: Conclusione La solennità di questi insegnamenti fu sottolineata dal Messia alla fine del suo ministerio terreno con queste parole: “Chi mi respinge e non riceve le mie parole, ha chi lo giudica; la parola che ho annunciata è quella che lo giudicherà nell'ultimo giorno. Perché io non ho parlato di mio; ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha comandato lui quello che devo dire e di cui devo parlare” (Gv 12:48-49) Il sermone sul monte contiene tanti insegnamenti teorici e pratici, ma nella sua interezza fu la dimostrazione che il Messia aveva la capacità e l’autorità di interpretare la vera giustizia contenuta nella Legge di Mosè, in contrasto con l’interpretazione farisaica della giustizia della Legge Nel suo complesso questo discorso fu anche il rifiuto pubblico di Yeshùa al farisaismo giudaico basato sulla Mishnah. Questo suo rifiuto fu ciò che portò le autorità a rigettarlo non considerandolo il Messia promesso Fine

II. L’autenticazione del Re § 76 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 17. La sua autorità riconosciuta in Capernaum (la guarigione del servo del centurione) (Matteo 8:5-13; Luca 7:1-10) 267

§ 76: La sua autorità riconosciuta in Capernaum Il centurione Romano Quello che rende questo avvenimento abbastanza straordinario è che un Gentile di quel tempo riconobbe l’autorità di Yeshùa Generalmente i soldati Romani erano odiati dai Giudei e viceversa, ma questo centurione romano, cioè un comandate di 100 legionari, era amato dal popolo di quella città Possiamo capire che il centurione era una persona particolare da diversi dettagli del racconto; infatti gli stessi anziani della città di Capernaum indicano due motivi per i quali doveva essere aiutato pur essendo un Gentile Per prima cosa il centurione amava il popolo d’Israele e quindi ricadeva nella benedizione legata al patto con Abraamo: “Benedirò quelli che ti benediranno” (Ge 12:3)

§ 76: La sua autorità riconosciuta in Capernaum Secondariamente il centurione aveva contribuito alla costruzione della sinagoga di Capernaum. In altre parole aveva finanziato di tasca propria la costruzione dell’edificio dove Gesù aveva predicato e insegnato più volte Un altro particolare che getta luce sul centurione è il fatto che si prese cura di un suo giovane servo. Nella mentalità del tempo gli schiavi erano paragonabili a degli oggetti che dovevano servire a uno scopo, quando non servivano più perché si ammalavano o perdevano la loro abilità venivano soppressi e rimpiazzati Questi elementi ci permettono di capire che quest’uomo aveva risposto positivamente alla rivelazione di Dio che aveva ricevuta fino a quel momento

§ 76: La sua autorità riconosciuta in Capernaum La fede del centurione Romano Il Messia accoglie positivamente la richiesta del centurione e inizia a incamminarsi verso la sua dimora Prima ancora di arrivare a destinazione, delle persone andarono incontro a Gesù riferendogli che il centurione non si sentiva degno di riceverlo in casa sua (gli anziani lo consideravano meritevole) Nonostante il suo senso di inadeguatezza il centurione, era convinto che l’autorità di Gesù fosse tale da poter guarire il suo servo da lontano Può darsi che fosse venuto a conoscenza della guarigione del figlio dell’ufficiale del re Erode avvenuta qualche tempo prima (Gv 4:46- 54 - § 38). Tuttavia, essendo una persona in autorità e con degli uomini sotto di lui, sapeva bene che per fare qualcosa non doveva essere sempre presente, ma bastava un comando a uno dei suoi sottoposti e il lavoro veniva prontamente eseguito

§ 76: La sua autorità riconosciuta in Capernaum Inoltre, essendo un uomo in autorità sapeva bene che la catena di comando prevede delle persone a cui dare ordini, ma anche delle persone da cui riceverne. Tutto questo gli permise di comprendere con chiarezza la posizione e l’autorità di Gesù su di lui Il principio di autorità e quello di rappresentanza valgono ancora oggi per tutti coloro che hanno creduto nel Messia. Ogni nuovo credente diventa automaticamente servo e rappresentante di Dio su questa terra Dio usa tutti gli uomini per portare ad effetto il suo piano, ma in modo particolare (e positivo) usa coloro che hanno messo la fiducia in Lui. Ogni credente non deve dimenticarsi che è un servo di Dio per portare a compimento il Suo glorioso piano Essere rappresentanti di una persona in autorità è sicuramente un onore, ma anche una grande responsabilità perché gli ordini devono essere eseguiti fedelmente e in modo degno della persona che si rappresenta

§ 76: La sua autorità riconosciuta in Capernaum Infine la fede del centurione portò il Messia a una affermazione molto forte: “neppure in Israele ho trovato una così gran fede”. Questa fu un’anticipazione di quello che di lì a poco sarebbe successo a livello nazionale, cioè che i Gentili avrebbero riconosciuto quello che i capi dei Giudei non vollero vedere Gesù predisse questo rigetto e le conseguenze che avrebbe avuto un giorno. Infatti, nel suo regno ci saranno Gentili provenienti da ogni parte del mondo che si siederanno in compagnia di Abraamo, Isacco e Giacobbe, ma molti “figli del regno” (cioè tutti gli Ebrei di quel tempo che non hanno riconosciuto in Yeshùa il Messia) verranno esclusi e buttati nello stagno di fuoco dove sarà “pianto e stridor di denti”

§ 76: La sua autorità riconosciuta in Capernaum Un’apparente contraddizione dei Vangeli I brani che descrivono questo episodio, dopo una prima lettura, possono sembrare in contraddizione. Infatti, se da una parte viene detto che il centurione andò da Gesù (Matteo), dall’altra sono gli anziani che vanno a chiedere al Messia di intervenire (Luca) Questa apparente contraddizione si dissolve quando capiamo il modo giudaico di compiere le azioni. Se una persona viene inviata con l’autorità di chi lo manda, è come se si fosse recata la persona stessa. Il Talmud dice: “l’apostolo (shaliach) di qualcuno è come egli stesso” (Berachot 34:2) Questo concetto esiste anche a livello linguistico e in ebraico, a seconda della coniugazione del verbo, si capisce se un’azione viene compiuta direttamente dalla persona o tramite qualcun altro Siccome centurione mandò gli anziani, Matteo, che si rivolge gli Ebrei, descrive la scena come se fosse andato egli stesso

§ 76: La sua autorità riconosciuta in Capernaum Un paragone tra il centurione e la donna sirofenicia In questo racconto c’è un Gentile (il centurione) che chiede a Yeshùa di agire in suo favore e la risposta è subito affermativa Nell’episodio della donna sirofenicia, anch’essa Gentile, le cose vanno diversamente (Mt 15:21-28; Mr 7:24-30). Come mai? Il centurione, pur essendo un’autorità dell’esercito occupante col diritto di sentirsi superiore ai Giudei, si riconosceva indegno davanti a Gesù al punto da non volere che entrasse in casa sua Inoltre, egli non chiese direttamente a Gesù di intervenire, ma usò degli intermediari proprio a causa della sua posizione di Gentile Probabilmente Yeshùa rispose senza fare obiezioni perché, dal comportamento del centurione, era chiaro che aveva capito la priorità dell’opera di Gesù nei confronti del popolo di Israele. Inoltre non c’era arroganza in lui, ma vera fede Fine

II. L’autenticazione del Re § 77 II. L’autenticazione del Re B. L’autorità del Re 18. La sua autorità riconosciuta in tutto il paese (risurrezione del figlio di una vedova di Nain) (Luca 7:11-17) 275

§ 77: La sua autorità riconosciuta in tutto il paese L’incontro del Messia con la vedova di Nain La città di Nain si trova a sud-est di Nazareth sul lato nord del monte More. Sul lato sud del monte More c’è la città di Sunem dove Eliseo risuscitò il figlio di un’altra donna (2 Re 4:8-37) Possiamo dire che il monte More fu testimone per ben due volte del potere di Dio di riportare le persone in vita I discepoli che seguivano il Messia formavano un corteo di persone in movimento, anche le persone che seguivano la vedova erano in corteo e portavano il feretro di suo figlio A un certo punto è come se il corteo della vita (coloro che seguivano Gesù) si incontrasse con il corteo della morte (coloro che seguivano il feretro). Alla fine del racconto il corteo della vita, per mezzo del principe della vita, trionfò sul quello della morte Questo fu il primo miracolo di resurrezione che Gesù fece

§ 77: La sua autorità riconosciuta in tutto il paese La situazione della vedova La situazione di quella donna era veramente tragica. La morte del marito aveva portato dolore e sconforto nella sua vita, ma oltre al dolore era venuta meno la fonte di sostentamento della famiglia Ma non tutto era perduto perché il giovane figlio maschio poteva lavorare e continuare a provvedere per loro Un altro tremendo dolore arriva nella vita della donna: muore anche l’unico figlio che aveva. Con la sua morte se ne andavano le ultime speranze di riuscire a far fronte alle necessità quotidiane e l’unica possibilità che le rimaneva era mendicare Oltre a tutto questo, con la morte del figlio veniva meno la più alta ambizione di ogni Ebreo, cioè che il suo “nome non (fosse) estinto in Israele” (De 25:6, Ru 4:5). A questo punto non le rimaneva più la progenie e il nome di suo marito sarebbe scomparso

§ 77: La sua autorità riconosciuta in tutto il paese Yeshùa capì l’intensità e la grandezza del dolore di questa donna ed entrò in sintonia con lei. Questa era un’ulteriore conferma del fatto che fosse il Messia promesso. Come è scritto: “in tutte le loro distrette, egli stesso fu in distretta” (Is 63:9 ver. Diodati) e ancora: “erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato” (Is 53:4) Il Signore non soltanto simpatizzò col dolore di questa donna, ma se lo caricò addosso e le diede un aiuto che nessun altro poteva darle. Le disse: “non piangere”, perché quello che stava per fare rappresentava una similitudine di quello che il Padre avrebbe fatto con Lui di lì a poco: la resurrezione, la vittoria sopra la morte fisica e spirituale

§ 77: La sua autorità riconosciuta in tutto il paese Miracoli messianici Risuscitare una persona non era considerato dai capi religiosi un miracolo messianico, infatti questo segno prodigioso era già avvenuto nel’A.T. per mezzo di altri profeti I miracoli messianici erano quei miracoli che nessuno aveva fatto prima di allora e che testimoniavano, appunto, la natura messianica della persona. Yeshùa fece tre di questi miracoli considerati messianici anche se non in questo momento Altri miracoli di resurrezione non fatti da Gesù e citati nelle Scritture sono: Elia a Sarepta quando resuscita il figlio di una vedova (1 Re 17:17-24), Eliseo a Sunem mentre resuscita il figlio di una donna benestante (2 Re 4:8-37), le ossa di Eliseo che risuscitano un morto (2 Re 13:20-21) e nel N.T. Pietro che risuscita Tabita mentre si trova a Ioppe (Atti 9:36-40)

§ 77: La sua autorità riconosciuta in tutto il paese Se anche questo miracolo non era di tipo messianico, rimaneva comunque un segno prodigioso che solo grandi profeti del passato avevano fatto. Inoltre l’autorità con cui Yeshùa lo fece era segno evidente di qualcosa di più In quel momento avvennero tre cose: le persone che avevano assistito alla scena furono prese dal timore tipico di quando si è alla presenza di qualcosa di soprannaturale e divino (Es 20:18) Tutti, nessuno escluso, arrivarono alla conclusione che Dio stava visitando il suo Popolo, che un grande profeta era sorto tra loro. In effetti Yeshùa fu un grande profeta, ma questa non era tutto perché Egli è anche il Re Messianico Quello che era avvenuto e le conclusioni della folla sulla persona di Gesù si divulgarono per tutta la Galilea, mentre la sua fama crebbe anche in Giudea e nel resto del paese

§ 77: La sua autorità riconosciuta in tutto il paese Il risultato del miracolo nelle persone presenti Anche se questo miracolo non era di tipo messianico, rimaneva un segno prodigioso che solo grandi profeti del passato avevano fatto. Inoltre l’autorità con cui Yeshùa lo fece era segno evidente di qualcosa che andava anche oltre Dopo questo avvenimento avvennero tre cose: le persone presenti durante il miracolo furono prese da un timore tipico di quando si è alla presenza di qualcosa di soprannaturale e divino (Es 20:18) Tutti, nessuno escluso, arrivarono alla conclusione che Dio stava visitando il suo Popolo e che un grande profeta era in mezzo a loro. Anche se è vero che Yeshùa era un grande profeta questo non era tutto, infatti Egli è anche il Re Messianico Quello che era avvenuto e le conclusioni della folla sulla persona di Yeshùa si divulgarono per tutta la Galilea, e la sua fama crebbe anche in Giudea e nel resto del paese Fine

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