Il fascismo e la propaganda a cura della prof.ssa Renata Greco
LA PROPAGANDA FASCISTA Vignetta d’epoca Il movimento fondato in Italia da Benito Mussolini fu sempre intollerante verso le manifestazioni popolari e pronto ad appoggiare chiunque fosse disposto a usare la "mano forte". Questo sistema autoritario fu assicurato da una grande capacità comunicativa, la "propaganda" appunto, attraverso la quale fu stabilito un controllo totale sull'informazione e la cultura. L'aspetto fisico del perfetto fascista prevede il volto sbarbato e il corpo allenato da una vita attiva e sportiva. Il modo di camminare deve dare l'impressione di sicurezza: movimenti scattanti e veloci. Il fascista si riconosce da un proprio modo di salutare: con braccio e mano tesa in avant: il saluto romano, obbligatorio nelle circostanze ufficiali e nelle parate. Il fascismo tentò senza successo di abolire l'uso della stretta di mano. a cura della prof.ssa Renata Greco
Achille Starace Achille Starace La propaganda fascista conquistò terreno e, senza far segreto di una volontà autoritaria, dichiaratamente antidemocratica; Il fascismo faceva appello al principio della superiore "unità nazionale", l'esaltazione di un ipotetico primato nazionale, da raggiungere non più nel segno della politica liberale, che aveva caratterizzato tutto il periodo del Risorgimento e la storia postunitaria, ma attraverso un esplicito rifiuto degli ideali democratici e una vigorosa difesa della "diseguaglianza irrimediabile e benefica degli uomini". Mussolini espose nella sua Dottrina del fascismo una concezione dello stato che sembrava riallacciarsi al pensiero risorgimentale, ma in realtà il fascismo pretese di costruire uno Stato che accogliesse in sé ogni individualità per annullarla nella concezione di una propria priorità assoluta volta ad affermare il primato del dominio e della forza. Vi fu l’intelligente opera di strumentalizzazione che sfruttò le capacità di indottrinamento delle masse. Avvenne un drastico annullamento della volontà individuale per l'esaltazione assoluta del sacrificio e sottomissione alla volontà del capo per il bene della patria. Achille Starace a cura della prof.ssa Renata Greco
I messaggi fascisti Tramite la propaganda che effettuò un controllo politico su tutti i mezzi di comunicazione, avvenne il processo di fascistizzazione del paese, con lo scopo di orientare l’opinione pubblica, di caricarla, comunicando l'esaltazione della missione nazionale. I messaggi furono rivolti a tutte le categorie della società italiana e vennero diffusi incessantemente attraverso la radio, la stampa e il cinema. In seguito alla nascita dell’impero l'Italia fascista venne celebrata sulla stampa con tutta l’enfasi comunicativa possibile; le popolazioni furono investite da una emissione continua di messaggi in cui era prevalente il tema dello scontro ideologico. Si cercò di dare una giustificazione alle iniziative di guerra e di conquista dell'impero, qui è evidente l'uso politico che viene fatto della storia e sulla sua riscrittura sulla base dei miti della romanità e delle imprese coloniali riviste in chiave eroica, per la costruzione del consenso al fascismo. a cura della prof.ssa Renata Greco
IL DOPOLAVORO A partire dal 1925 il regime fascista avviò il programma di "nazionalizzazione" del tempo libero, dai divertimenti agli sport, il cui primo passo fu la creazione (aprile 1925) dell’Opera Nazionale Dopolavoro (OND). La creazione dell’OND rese istituzionali le iniziative già esistenti, come i circoli ricreativi patrocinati dai sindacati fascisti sorti autonomamente nelle sedi socialiste, eliminandone il carattere politico e sopprimendo le analoghe organizzazioni antifasciste. Lo scopo primo dell’OND era inizialmente limitato alla formazione di comitati provinciali a sostegno delle attività ricreative, ma tra il 27 e il 39 da ente per l’assistenza sociale diventò "movimento" nazionale che vigilava sull’organizzazione del tempo libero. Le attività dei vari circoli erano suddivise, secondo un uniforme programma per tutta la nazione, in una serie di servizi sociali: Istruzione: cultura fascista e formazione professionale; Educazione fisica: sport e turismo; Educazione artistica: filodrammatica, musica, cinema, radio e folklore. a cura della prof.ssa Renata Greco
Programma ricreativo femminile IL DOPOLAVORO Questo programma era rivolto agli ambienti urbani ed industriali; a partire dal 1929 si sviluppò anche il dopolavoro agricolo, le cui finalità convergevano nel proposito di "non distrarre dalla terra" i contadini. Alla fine degli anni Venti venne inoltre messo a punto un programma ricreativo femminile, che implicava un accurato addestramento per "l’elevazione morale" delle donne nella società fascista, e corsi di pronto soccorso, igiene ed economia domestica. Programma ricreativo femminile a cura della prof.ssa Renata Greco
IL DOPOLAVORO Nel 1935 la nazionalizzazione del dopolavoro era tale da permettere una rapida mobilitazione del popolo per la guerra in Etiopia. Dal giugno di quell’anno Mussolini istituì il "sabato fascista", che interrompeva la giornata lavorativa del sabato alle ore tredici perché il pomeriggio venisse dedicato all’istruzione pre e post militare. Un aspetto importante dell’OND era quello dell’assistenza ai lavoratori, che avevano modo di sviluppare le proprie capacità fisiche, intellettuali e morali anche fuori dalle ore di lavoro. Nel primo periodo, che va dal 1919 al 1924, il movimento dopolavoristico venne sviluppato da un ufficio costituito nella capitale con l’appoggio del P.N.F. allo scopo d’incoraggiare l’adozione della previdenza dopolavoristica da parte dei datori di lavoro a favore delle maestranze dipendenti e la costituzione di enti o sodalizi coordinatori di queste iniziative. Quest’ufficio inoltre provvide a fare ampie inchieste, in Italia come all’estero, e a pubblicare una rivista quindicinale intitolata Il Dopolavoro, nella quale veniva non soltanto propagandata l’idea dopolavoristica, ma venivano resi noti i sempre maggiori sviluppi dell’istituzione. a cura della prof.ssa Renata Greco
GIOVENTU' ITALIANA DEL LITTORIO Il fascismo considerava fondamentale la missione educativa, dedicando le cure maggiori all’educazione giovanile attraverso istituzioni di carattere assistenziale, risolvendo tutti i problemi attinenti alla scuola ed esplicando opera rigorosa nelle istituzioni educative, scolastiche e parascolastiche, come la Gioventù Italiana del Littorio (G.I.L.). Il motto della G.I.L. era "credere, obbedire, combattere"; essa organizzava tutti i fanciulli e giovani italiani dei due sessi, dai sei ai ventun’anni, nelle seguenti categorie: per i maschi Giovani Fascisti, Avanguardisti e Balilla; Giovani Fasciste, Giovani Italiane e Piccole Italiane per le femmine; più i Figli della Lupa per maschi e femmine. Il regime affidò alla G.I.L. la preparazione sportiva, spirituale e premilitare delle nuove generazioni. Per la gioventù maschile la G.I.L. coltivava ogni attitudine militare, impartiva una formazione che li preparava alla vita in Marina o nell’Aviazione. Invece per quanto riguarda la gioventù femminile possiamo citare i corsi di preparazione alla vita domestica, nei quali le fanciulle italiane si addestravano al buon governo della casa in quei lavori che corrispondevano alle loro attitudini e alle esigenze pratiche della vita che avrebbero dovuto condurre. a cura della prof.ssa Renata Greco
LA RADIO Più di ogni altro mezzo assunse un ruolo di primo piano. I programmi trasmessi , in cui erano presenti svago ed informazioni allo stesso tempo per aumentare il numero degli ascoltatori, erano costituiti per lo più da discorsi del Duce o del Fuhrer, marce ufficiali o conversazioni sul razzismo. La radio diventava, così, la voce ufficiale dello stato. Nel 1928 nacque l'Ente Italiano Audizioni Radiofoniche (EIAR) e la radio grazie a questo acquistò molta importanza tra i mass-media utilizzati dal fascismo e tra la popolazione; In un regime totalitario, l'informazione è un elemento di questo regime, in un regime unitario, l'informazione non può essere estranea a questa unità. Partendo da questo incontrovertibile dato di fatto si ha un indicazione per quanto concerne l'attività pratica del controllo dell'informazione fascista: ciò che è nocivo si evita e ciò che è utile al Regime si fa! a cura della prof.ssa Renata Greco
LA STAMPA è importante sottolineare il controllo attuato dai regimi sulle informazioni. Fu possibile grazie all’acquisto da parte del partito fascista tra il 1911 e il 1925 delle maggiori testate giornalistiche e grazie all’introduzione degli albi nel 1925. I quotidiani, dunque, presentavano, attuando una censura su cronache nere e di fallimenti economici, il periodo fascista come un modello storico di pace e moralità. Lo stesso accadde anche nei giornali per bambini i cui argomenti erano strettamente legati all’ideologia fascista (superiorità dei bianchi sui neri, malvagità degli ebrei ecc.). Nei primi anni del regime la stampa fu sottoposta ad un controllo formale. Mussolini acquistò i maggiori giornali italiani per portare avanti il suo progetto teso ad accrescere il consenso intorno al regime. Nonostante il controllo attuato dal fascismo però, alcuni giornali d’opposizione come La Stampa e Il Corriere della Sera riuscirono a sopravvivere. a cura della prof.ssa Renata Greco
LA STAMPA Con le "Leggi Fascistissime" e quelle del 31\12\1925 Mussolini dispose che ogni giornale avesse un direttore responsabile inserito nel partito fascista e che il giornale stesso, prima di essere pubblicato, fosse sottoposto ad un controllo. Queste leggi inoltre istituirono "L’Ordine dei Giornalisti" i cui membri dovevano far parte del partito fascista. Mussolini creò inoltre l’Ufficio Stampa, che nel 1937 venne trasformato in Ministero Della Cultura Popolare (Min.Cul.Pop.) Questo Ministero aveva l’incarico di controllare ogni pubblicazione sequestrando tutti quei documenti ritenuti pericolosi o contrari al regime e diffondendo i cosiddetti "ordini di stampa" (o "veline") con i quali s’impartivano precise disposizioni circa il contenuto degli articoli, l’importanza dei titoli e la loro grandezza. A capo di questo Ministero c’era Galeazzo Ciano, che poi diventò Ministro degli Esteri e che s’interessò anche dei mezzi di comunicazione di massa, cioè la radio e il cinema. Il Min.Cul.Pop., oltre a controllare le pubblicazioni, si pose come obiettivo quello di suscitare entusiasmo intorno alla guerra d’Etiopia e di esaltare il mito del Duce. a cura della prof.ssa Renata Greco
ll CINEMA Avvenne la costituzione nel 1925 dell’istituto nazionale L.U.C.E., ovvero L’Unione Cinematografica Educativa, nello stesso periodo si chiudeva il cinema privato UCI. Ente parastatale e poi di stato per la propaganda e la diffusione della cultura popolare. Questo istituto, i cui cinegiornali venivano proiettati obbligatoriamente in tutte le sale cinematografiche a partire dal 1926, rappresenta il più efficace mezzo del regime nel campo dello spettacolo. La tematica più ricorrente diventa il mito bellico con il conseguente elogio del patriottismo. L’Unione Cinematografica Educativa divenne il fulcro del cinema e venne posto alle dirette dipendenze del Capo del governo con l’obbligo della supervisione diretta di Mussolini sui materiali realizzati. La produzione del cinegiornale, fatto di immagini tipo rotocalco: apertura e chiusura erano dedicate a notizie che riguardavano Mussolini o la Casa Savoia, e all’interno trovavano spazio i documentari dall’estero. a cura della prof.ssa Renata Greco
Cinecittà Negli anni '30 nascono gli studi di Cinecittà, il centro sperimentale di cinematografia, gli stabilimenti di Tirrenia, importanti riviste di cinema. Lo Stato sostiene finanziariamente l'industria cinematografica e guarda con simpatia, fino alla seconda metà degli anno '30 al cinema di evasione americano. Il cinema nostrano oscilla tra tentativi di fascistizzazione in chiave imperiale e lo sviluppo del filone dei "telefoni bianchi". Le sale in Italia erano parecchie ma non coprivano tutto il territorio nazionale; nacque così il Cinemobile che proiettava film nelle piazze. Nel 1931 avvenne il passaggio dal cinema muto a quello sonoro. Imbevuto di retorica, il fascismo creò una divisa per ogni italiano, dalla più tenera età fino alla maturità. Marciarono, sfilarono in ogni paese d'Italia, al grido "Viva il Duce!" figli della lupa, piccole italiane, balilla, avanguardisti, giovani fascisti e fasciste, donne e massaie rurali, salutando romanamente, battendo il passo romano. Nella scuola fascistizzata, l'insegnamento travisò la storia. a cura della prof.ssa Renata Greco
Esibizione sportiva delle ragazze fasciste LE DONNE La politica fascista ha verso le donne un duplice atteggiamento: da una parte le colloca a casa come custodi e angeli del focolare, dall'altra le coinvolge nella partecipazione al regime nella ricerca di un consenso alla dittatura. Si punta alla creazione di "una donna fascista per l'Italia fascista" sottolineando il ruolo della madre, della massaia, fino ad arrivare alla missione patriottica. E' il modello della donna-madre ad essere sostenuto dalla retorica a cui si uniscono una serie di interventi legislativi quale la creazione dell'O.M.N.I. (Opera Nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia). Vi fu una politica per la formazione della donna: viene istruita nell'economia domestica, nell'educazione all'infanzia, nell'assistenza sociale ed educata alla salute e a una sana maternità attraverso l'introduzione dell'educazione fisica e dello sport femminile. Esibizione sportiva delle ragazze fasciste a cura della prof.ssa Renata Greco