Arcidiocesi di Capua Parrocchia S. Maria dell’Agnena Vitulazio

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Transcript della presentazione:

Arcidiocesi di Capua Parrocchia S. Maria dell’Agnena Vitulazio

QUARESIMA 2009

QUARESIMA 2009 Per me il vivere è Cristo (Fil 1,21)

Assemblea Parrocchiale Sulle orme di San Paolo 6° Incontro di formazione   Lunedì 16 marzo - ore 19,30 Auditorium Giovanni Paolo II    

Alto e glorioso Dio Alto e glorioso Dio illumina il cuore mio; Dammi fede retta, speranza certa carità perfetta. Dammi umiltà profonda, Dammi senno e cognoscimento, Che io possa sempre servire con gioia i tuoi comandamenti.

Rapisca ti prego Signore, l’ardente e dolce forza del tuo amore, la mente mia da tutte le cose, perché io muoia per amor tuo, come tu moristi per amor dell’amor mio.

Alto e glorioso Dio illumina il cuore mio; Dammi fede retta, speranza certa carità perfetta. Dammi umiltà profonda, Dammi senno e cognoscimento, Che io possa sempre servire con gioia i tuoi comandamenti.

Lettera ai Filippesi di San Paolo Apostolo

FILIPPESI 2

1Se c'è pertanto qualche consolazione in Cristo, se c'è conforto derivante dalla carità, se c'è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, 2rendete piena la mia gioia con l'unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti. 3Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, 4senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri.

5Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, 6il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; 7ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, 8umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.

9Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; 10perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; 11e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.

12Quindi, miei cari, obbedendo come sempre, non solo come quando ero presente, ma molto più ora che sono lontano, attendete alla vostra salvezza con timore e tremore. 13È Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni. 14Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche, 15perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo, 16tenendo alta la parola di vita. Allora nel giorno di Cristo, io potrò vantarmi di non aver corso invano né invano faticato.

17E anche se il mio sangue deve essere versato in libagione sul sacrificio e sull'offerta della vostra fede, sono contento, e ne godo con tutti voi. 18Allo stesso modo anche voi godetene e rallegratevi con me. 19Ho speranza nel Signore Gesù di potervi presto inviare Timòteo, per essere anch'io confortato nel ricevere vostre notizie. 20Infatti, non ho nessuno d'animo uguale al suo e che sappia occuparsi così di cuore delle cose vostre, 21perché tutti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo.

22Ma voi conoscete la buona prova da lui data, poiché ha servito il vangelo con me, come un figlio serve il padre. 23Spero quindi di mandarvelo presto, non appena avrò visto chiaro nella mia situazione. 24Ma ho la convinzione nel Signore che presto verrò anch'io di persona. 25Per il momento ho creduto necessario mandarvi Epafrodìto, questo nostro fratello che è anche mio compagno di lavoro e di lotta, vostro inviato per sovvenire alle mie necessità;

26lo mando perché aveva grande desiderio di rivedere voi tutti e si preoccupava perché eravate a conoscenza della sua malattia. 27È stato grave, infatti, e vicino alla morte. Ma Dio gli ha usato misericordia, e non a lui solo ma anche a me, perché non avessi dolore su dolore. 28L'ho mandato quindi con tanta premura perché vi rallegriate al vederlo di nuovo e io non sia più preoccupato. 29Accoglietelo dunque nel Signore con piena gioia e abbiate grande stima verso persone come lui; 30perché ha rasentato la morte per la causa di Cristo, rischiando la vita, per sostituirvi nel servizio presso di me.

Già tante volte l’Apostolo ha parlato ai Filippesi della sua «gioia»: con gioia egli prega per loro, con gioia vive nella fede la sua situazione di prigioniero per Cristo, con gioia constata che l’annunzio del Vangelo si sta diffondendo...

A questa gioia ora aggiunge un altro aspetto molto importante: quello della COMUNIONE, di cui i Filippesi possono fargli dono crescendo sempre più nella vita di vera fraternità in Cristo.

1Se c'è pertanto qualche consolazione in Cristo, se c'è conforto derivante dalla carità, se c'è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione… Cosa significa?

Se ci sono le condizioni, allora fatemi contento fino in fondo Se ci sono le condizioni, allora fatemi contento fino in fondo. Le condizioni ci sono; le quattro formule che Paolo adopera sono delle affermazioni. È un modo retorico per affermare. «Se c’è qualche consolazione in Cristo». C’è qualche consolazione in Cristo? Certo che si!

E allora: dal momento che mi volete bene, perché siamo uniti dallo stesso Spirito, perché siamo confortati dallo stesso amore, perché siamo consolati dello stesso Cristo Gesù, allora fatemi contento. Sarebbe come dire: “se te lo dico è perché so che mi vuoi bene” . È come se io ti dicessi: “Dal momento che tu mi vuoi bene, di conseguenza, fammi questo favore”.

Ma che cosa vuole? Perché con tanta insistenza dà delle motivazioni, delle condizioni così teologiche? Per chiedere che cosa? Ha bisogno di un piacere: “Rendete piena la mia gioia”. Che cosa sta per chiedere? Evidentemente una cosa importante:

(v. 2) «rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi»

Sta chiedendo che vivano IN COMUNIONE

È la COMUNIONE che dà pienezza e bellezza ad ogni altra esperienza di gioia, perché dove c’è comunione nel Signore c’è già sulla terra l’anticipo della beatitudine del cielo.

«Pensate in modo unitario» «Pensate in modo unitario». Letteralmente adopera il verbo “sentire” “ragionare”, “pensare”: pensate la stessa cosa, abbiate una unità di intenti, siate uniti nel modo di pensare. Ha già parlato prima di unanimità e di concordia, adesso dice che bisogna avere tutti lo stesso pensiero: abbiate un pensiero solo, unico, uguale fra tutti.

Ma come è possibile. Gli antichi dicevano: “Tante teste, tante idee” Ma come è possibile? Gli antichi dicevano: “Tante teste, tante idee”. Allora, se è vero che ognuno la pensa a suo modo, come può Paolo dire che dobbiamo pensare tutti la stessa cosa? È un sistema da dittatori, perché i dittatori fanno così: lanciano loro l’idea e tutti devono venire dietro e dire la stessa cosa. È forse questa la strada?

Ma che cosa intende Paolo quando dice di pensare tutti la stessa cosa Ma che cosa intende Paolo quando dice di pensare tutti la stessa cosa? A questo punto, finalmente, specifica: avendo tutti lo stesso amore Parla di pensiero, poi specifica con amore, ma dice: “lo stesso tipo di amore”, cioè avendo un’anima sola, essendo uniti nell’anima. Ragionando ripete lo stesso verbo di prima: “Pensando una cosa sola”, la stessa, tutti una cosa, tutti la stessa cosa.

Perché tutti siano una sola cosa UT UNUM SINT Perché tutti siano una sola cosa «Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv. 17, 21).

(Novo Millennio Ineunte, 43) Giovanni Paolo II (Novo Millennio Ineunte, 43) Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo. Che cosa significa questo in concreto?...

Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto.

Spiritualità della comunione significa inoltre capacità di sentire il fratello di fede nell'unità profonda del Corpo mistico, dunque, come « uno che mi appartiene », per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia.

Spiritualità della comunione è pure capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c'è nell'altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio: un « dono per me », oltre che per il fratello che lo ha direttamente ricevuto. Spiritualità della comunione è infine saper « fare spazio » al fratello, portando « i pesi gli uni degli altri » (Gal 6,2) e respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie.

Non ci facciamo illusioni: senza questo cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz'anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita.

Poi San Paolo aggiunge: 3Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, 4senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri.

Notiamo lo stile di San Paolo Notiamo lo stile di San Paolo. Altrove egli dice: Ho saputo, Sento dire, che tra voi ci sono divisioni…: ricordate la 1 Corinzi? Qui no. Non dice che ci sono divisioni, ma mette in guardia. In realtà ci sono, ma Paolo si guarda dallo scoraggiare; egli parla per costruire e non per distruggere. Usa uno stile mite. La verità nella carità (Ef 4, 15)

Non è importante solo ciò che si dice ma anche come si dice Non è importante solo ciò che si dice ma anche come si dice! Si prendono più mosche con una goccia di miele che con un barile d'aceto.

Già e non ancora! La vita cristiana è un già così, ma non ancora del tutto così: è una meta, è un traguardo: è una corsa olimpica, un cammino!

Ma ritorniamo al versetto 3 3Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria

Cosa significa? Significa non fate le cose per rivalità, non fate qualcosa contro qualcuno, di nessun tipo; non fate nulla per rivalità, non fate nulla per vana gloria, cioè per emergere, per farvi vedere, per ottenere onore; è una gloria vuota. Sono due peccati gravi che caratterizzano purtroppo la nostra realtà di Chiesa.

Ci sono molti, fra di noi, che peccano di rivalità e di vana gloria, che fanno le cose per rivalità nei confronti degli altri, per essere di più, per essere meglio, per far vedere, per fargliela pagare, anche nelle piccole cose.

Pensate come nelle piccole relazioni quotidiane – talvolta, se non spesso – ci sono queste ripicche: “glielo faccio apposta”; è la vana gloria, la ricerca dell’onore, del titolo, della carriera, della stima, del prestigio. Tutto questo nasce dalla prepotenza dell’io, mettendo me stesso al primo posto. Invece…

3bma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, 4senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri.

Bisogna capire bene questa frase, perché la traduzione “Considerare gli altri superiori a se stessi” suona male, ci può portare a un atteggiamento ipocrita. Non si tratta, quindi, di dire: gli altri sono meglio di me, anche quando non ne siamo convinti; si tratta piuttosto di non mettere se stessi al primo posto. Questo vuol dire che ognuno, con tutta umiltà, deve dare più peso agli altri che a sé; deve stare attento agli altri prima di stare attento a sé; è questo il senso dell’umiltà: l’attenzione all’altro.

Capiamo allora che se esiste questa umiltà, per cui io mi decentro – non sono più al centro – ma do importanza all’altro, non posso più fare le cose per rivalità e non le faccio neanche per farmi vedere; non mi interessa emergere, perché mi interessa che l’altro stia bene, che l’altra emerga.

Ecco l’atteggiamento di umiltà profonda che deve portarci a non considerarci importanti; non a disprezzare le doti che abbiamo, le qualità che il Signore ci ha donato, ma a non mettere noi stessi al primo posto, riconoscendo che nonostante tutto, nonostante le nostre qualità, nonostante i nostri pregi, nonostante il bene che abbiamo fatto e continuiamo a fare, tutto ci è dato gratis.

“ama essere non conosciuto Si legge nel Libro L’Imitazione di Cristo: “ama essere non conosciuto e ritenuto niente” Non dice: “Datti da fare perché ti considerino, arrabbiati se non ti considerano, ma ama non esser conosciuto, ama essere ritenuto nulla”.

San Francesco a frate Leone: quando non avrai nessunasoddisfazione, quando ti tratteranno male, proprio questa è… PERFETTA LETIZIA

Ma veniamo ora al versetto 5: un versetto importantissimo perché introduce il cosiddetto Inno Cristologico (2, 6-11)

Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù,

Più che “sentimenti” dovremmo dire “pensieri”, perché in greco Paolo adopera di nuovo lo stesso verbo che ha già adoperato due volte dicendo: “pensate”, pensate la stessa cosa, pensate una cosa sola. Adesso ripete: “Pensate al modo di Cristo”. Forse la traduzione migliore potrebbe essere questa: abbiate la stessa mentalità che fu in Cristo Gesù. Modello esemplare è la mentalità di Cristo. La parola cardine è “mentalità”, cioè modo di pensare, modo di vedere le cose.

Qual è l’unico modo buono, valido, di vedere le cose? Quello di Gesù Cristo! Abbiate tutti quell’unico e identico modo che è quello di Gesù Cristo.

Questo è il vertice della Lettera ai Filippesi, è il cuore della nostra riflessione: Cristo è il modello, la mentalità di Cristo è fondamentale, è un imperativo di base: «Abbiate la sua mentalità»; se non avete la mentalità di Cristo noi gli appartenete, se ne avete un’altra cambiatela, criticate fortemente il vostro modo di pensare, analizzatelo, valutatelo, confrontatelo con Cristo; se corrisponde al suo: bene; se non corrisponde al suo cambiatelo, perché va male.

La conformazione a Cristo è il primo punto della nostra adesione a lui, del nostro cammino di fede, di conversione. «Conformarsi a Cristo! »: qui siamo ad un punto decisivo.

Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. (Romani 12, 2)

Con la catechesi, la Chiesa si rivolge a chi è già sul cammino della fede e gli presenta la parola di Dio in adeguata pienezza, “con tutta longanimità e dottrina”, perché, mentre si apre alla grazia divina, maturi in lui la sapienza di Cristo. Educare al pensiero di Cristo, a vedere la storia come Lui, a giudicare la vita come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a sperare come insegna Lui, a vivere in Lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo. In una parola, nutrire e guidare la mentalità di fede: questa è la missione fondamentale di chi fa catechesi a nome della Chiesa. In modo vario, ma sempre organico, tale missione riguarda unitariamente tutta la vita del cristiano: la conoscenza sempre più profonda e personale della sua fede; la sua appartenenza a Cristo nella Chiesa; la sua apertura agli altri; il suo comportamento nella vita. DAL RINNOVAMENTO DELLA CATECHESI, 38

Benedetto XVI 26 novembre 2008 “ Seguendo san Paolo, abbiamo visto che l'uomo non è in grado di farsi "giusto" con le sue proprie azioni, ma può realmente divenire "giusto" davanti a Dio solo perché Dio gli conferisce la sua "giustizia" unendolo a Cristo suo Figlio. E questa unione con Cristo l’uomo l’ottiene mediante la fede…

Questa fede, tuttavia, non è un pensiero, un'opinione, un'idea Questa fede, tuttavia, non è un pensiero, un'opinione, un'idea. Questa fede è comunione con Cristo, che il Signore ci dona e perciò diventa vita, diventa conformità con Lui. O, con altre parole, la fede, se è vera, se è reale, diventa amore, diventa carità, si esprime nella carità. Una fede senza carità, senza questo frutto non sarebbe vera fede. Sarebbe fede morta”.

Ma quali sono i sentimenti di Cristo? Prima di fare qualunque ragionamento su di me devo ragionare su di lui, devo tenere fisso lo sguardo su Gesù autore e perfezionatore della nostra fede, punto di partenza e punto di arrivo. Dobbiamo continuamente rimanere fissi su Gesù Cristo, perché Egli vuole che diventiamo come LUI.

Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me. (Galati 2,20)

Veniamo all’Inno La tradizione patristica pensa che l’inno sia stato scritto da Paolo, mentre invece, la critica moderna ritiene che Paolo utilizzi un inno già entrato nella liturgia della primissima Chiesa. Anche il Papa Benedetto, come teologo, è di questo parere. I motivi che fanno propendere per questa seconda ipotesi sono i seguenti: il vocabolario non è paolino, e neppure lo stile, se lo confrontiamo con altri inni cristologici di Paolo; ma soprattutto la teologia non è paolina, perché rivela una teologia arcaica. Nella teologia di Paolo, la contrapposizione è tra morte e risurrezione di Cristo, mentre qui è tra umiliazione ed esaltazione, mentre la risurrezione non è neppure nominata. Ancora: secondo Paolo l’universo è diviso in “ciò che è in cielo e ciò che è in terra”, mentre qui c’è anche un terzo regno, quello “sotto terra”.

Cristo Gesù, 6pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; 7ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, 8umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. 9Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; 10perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; 11e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.

il verbo chiave dell’inno è “svuotò se stesso della gloria divina”, “esinanì se stesso”, “annientò se stesso”, cioè, si fece un niente di uomo. Come dire, il primo salto mortale Dio lo ha fatto quando si è fatto uomo. Una volta accettata questa logica, poi, la portò fino in fondo con la morte di croce. E Gesù non si è umiliato perché è nato in una grotta, perché anche se fosse nato nella reggia di Erode e tra gli splendori del fasto, il niente della sua umanità gli aderiva lo stesso, e lo squalificava. Sentiamo un filosofo religiosissimo come Kierkegaard: “Perché, trattandosi di Dio, è sempre un’umiliazione essere uomo, foss’anche il Cesare dei Cesari; ed egli non è, essenzialmente, più umiliato per essere un uomo umile e povero e, come aggiunge la Scrittura, coperto di insulti e di sputi”.

12Quindi, miei cari, obbedendo come sempre, non solo come quando ero presente, ma molto più ora che sono lontano, attendete alla vostra salvezza con timore e tremore. 13È Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni. 14Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche, 15perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo, 16tenendo alta la parola di vita. Allora nel giorno di Cristo, io potrò vantarmi di non aver corso invano né invano faticato.

17E anche se il mio sangue deve essere versato in libagione sul sacrificio e sull'offerta della vostra fede, sono contento, e ne godo con tutti voi. 18Allo stesso modo anche voi godetene e rallegratevi con me. 19Ho speranza nel Signore Gesù di potervi presto inviare Timòteo, per essere anch'io confortato nel ricevere vostre notizie. 20Infatti, non ho nessuno d'animo uguale al suo e che sappia occuparsi così di cuore delle cose vostre, 21perché tutti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo.

22Ma voi conoscete la buona prova da lui data, poiché ha servito il vangelo con me, come un figlio serve il padre. 23Spero quindi di mandarvelo presto, non appena avrò visto chiaro nella mia situazione. 24Ma ho la convinzione nel Signore che presto verrò anch'io di persona. 25Per il momento ho creduto necessario mandarvi Epafrodìto, questo nostro fratello che è anche mio compagno di lavoro e di lotta, vostro inviato per sovvenire alle mie necessità;

26lo mando perché aveva grande desiderio di rivedere voi tutti e si preoccupava perché eravate a conoscenza della sua malattia. 27È stato grave, infatti, e vicino alla morte. Ma Dio gli ha usato misericordia, e non a lui solo ma anche a me, perché non avessi dolore su dolore. 28L'ho mandato quindi con tanta premura perché vi rallegriate al vederlo di nuovo e io non sia più preoccupato. 29Accoglietelo dunque nel Signore con piena gioia e abbiate grande stima verso persone come lui; 30perché ha rasentato la morte per la causa di Cristo, rischiando la vita, per sostituirvi nel servizio presso di me.

Per la verifica Vivo la comunione (Koinonia)? Che considerazione ho degli altri? So mettermi da parte? Le prime cose che noto negli altri sono gli aspetti negativi o quelli positivi? Sono umile o superbo? Sono convinto che è meglio fare da solo o con gli altri? Sottolineo il bello o piuttosto ciò che non va? In che misura guardo a Cristo nella mia vita? Sono obbediente? Sono mormoratore? Sono attento ai bisogni degli altri? Come vivo le relazioni con gli altri?  

Mi basta la tua Grazia Quando sono debole allora sono forte perché tu sei la mia forza Quando sono triste è in te che trovo gioia perché tu sei la mia gioia. Gesù io confido in te Gesù, mi basta la tua grazia. Sei la mia forza la mia salvezza Sei la mia pace sicuro rifugio. Nella tua grazia voglio restare Santo Signore, sempre con te. Quando sono povero allora sono ricco perché sei la mia ricchezza. Quando son malato è in te che trovo vita perché tu sei guarigione. Gesù, io confido in te Gesù, mi basta la tua grazia.(R) Quando sono debole, allora sono forte perché tu sei la mia forza.