La letteratura cavalleresca
Nel Rinascimento La fortuna delle geste dei cavalieri risalì dalle piazze alle due corti più affinate d’Italia: quella dei Medici a Firenze e quella degli Este a Ferrara
Ferrara Capitale della poesia epica. I tre maggiori poemi del Rinascimento: Orlando Innamorato Orlando Furioso Gerusalemme liberata Nacquero tutti alla corte degli Estensi
Matteo Maria Boiardo Si rivolse all’epopea cavalleresca con malinconica nostalgia di chi, scontento del suo tempo, cerca di far rivivere i fantasmi del passato. Alla corte di Ferrara erano molto letti i romanzi del ciclo brètone e i cantari dell’epica carolingia. Boiardo unifica questi due filoni, con mezzi e tecniche ancora primitivi.
Composti verosimilmente tra il 1476 e il 1482, i primi due libri dell'Innamorato uscirono nell'estate del 1482 da una tipografia di Reggio o di Modena, ma dell'edizione non resta neppure una copia. Completata dal terzo libro, interrotto al canto IX, l'opera uscì dopo la morte dell'autore a Scandiano nel 1495, per il tipografo Pellegrino de' Pasquali.
Innamorato è un’opera encomiastica Boiardo contrappone alla pubblicistica contro la famiglia degli Estensi, che sosteneva la discendenza dei signori di Ferrara dalla stirpe dei traditori maganzesi (discendenti, cioè, da Gano di Maganza, il traditore di Orlando), la tesi dell'origine da Ettore troiano, identificando il capostipite del ceppo moderno nel pagano Ruggiero, redento alla cristianità per amore di Bradamante, sorella di Ranaldo, il quale proprio per mano degli intrighi orditi da Gano di Maganza avrebbe dovuto trovare la morte anzitempo nel finale del poema.
Il motivo politico È solo una componente del poema e va considerato come una sovrapposizione per varie ragioni inevitabile a una macchina romanzesca molto più complessa.
L'azione dell'Innamorato Si dipana attraverso i sessantanove canti del poema sfruttando a pieno le possibilità offerte dalla tecnica tradizionale dell'entrelacement. La trama tuttavia si presenta compatta e non esclude un'ipotesi di lettura unitaria.
Orlando Innamorato Rimasto incompiuto per la morte dell’autore. Presenta una versificazione rozza. Nel Cinquecento, ristabilitosi l’uso del fiorentino letterario, Berni riscrisse il poema in “buona lingua”
Le novità dell’Innamorato Boiardo introduce e presenta per la prima volta un Orlando “innamorato”. Galafrone, re di Cataio, per catturare i due cugini campioni, Orlando e Rinaldo manda a Parigi i due suoi figli: Angelica, bellissima ed esperta nelle arti magiche, Argalìa, guerriero dalle armi fatate, I due hanno anche un anello che all’occorrenza li rende invisibili.
Angelica giunge a Parigi, con il fratello Argalìa, mentre si sta svolgendo un torneo tra i cavalieri cristiani e saraceni. Costei propone, a nome del fratello, una sfida a tutti i cavalieri: chiunque batterà Argalìa l’avrà in premio, mentre i cavalieri sconfitti dal fratello diventeranno suoi prigionieri.
Il piano di Galafrone è vanificato Argalìa viene ucciso da Ferraguto. Angelica fugge dal campo cristiano. Svariati cavalieri affascinati dall’angelica bellezza partono al suo inseguimento. Con la fuga di Angelica hanno inizio una serie di peripezie e di avventure.
Leggiamo il Proemio (I-III) Signori e cavallier che ve adunati Per odir cose dilettose e nove, Stati attenti e quïeti, ed ascoltati La bella istoria che 'l mio canto muove; E vedereti i gesti smisurati, L'alta fatica e le mirabil prove Che fece il franco Orlando per amore Nel tempo del re Carlo imperatore.
2. Non vi par già, signor, meraviglioso Odir cantar de Orlando inamorato, Ché qualunche nel mondo è più orgoglioso, È da Amor vinto, al tutto subiugato; Né forte braccio, né ardire animoso, Né scudo o maglia, né brando affilato, Né altra possanza può mai far diffesa, Che al fin non sia da Amor battuta e presa.
3. Questa novella è nota a poca gente, Perché Turpino istesso la nascose, Credendo forse a quel conte valente Esser le sue scritture dispettose, Poi che contra ad Amor pur fu perdente Colui che vinse tutte l'altre cose: Dico di Orlando, il cavalliero adatto. Non più parole ormai, veniamo al fatto.
Orlando Innamorato La sua fortuna si rivelò una sfortuna; l’amore che gli altri poeti gli tributarono fu tanto carico di sollecitudine a portargli aiuto, come creatura inadatta a vivere con le sue forze che finì per farlo scomparire dalla circolazione.
L’eclissi dell’Innamorato Trascorso un decennio dalla morte di Boiardo, Ariosto intraprese la continuazione del poema, componendo il Furioso. Ed ecco che l’Innamorato, oscurato dalla fortuna di Ariosto, passa alla tradizione come “antefatto ” al Furioso. Anche se i due poemi sono molto diversi tra loro tradizionalmente sono diventati l’uno dipendente dall’altro.
Sul reticolo cavalleresco-amoroso si innesta la straordinaria inventiva dell'autore, che procede con felice libertà fabulatoria disattendendo programmaticamente ogni finalità della narrazione, inviluppata in un vortice di incantesimi, duelli, battaglie campali, scontri con mostri e giganti, agguati, fughe, rapimenti, liberazioni, avventure amorose che sembra destinato a non doversi interrompere mai.
Leggiamo il Proemio (I-IV) 1 Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, le cortesie, l'audaci imprese io canto, che furo al tempo che passaro i Mori d'Africa il mare, e in Francia nocquer tanto, seguendo l'ire e i giovenil furori d'Agramante lor re, che si diè vanto di vendicar la morte di Troiano sopra re Carlo imperator romano.
Doppio Chiasmo Le donne i cavalier L’arme gli amori Le cortesie le imprese
2 Dirò d'Orlando in un medesmo tratto cosa non detta in prosa mai, né in rima: che per amor venne in furore e matto, d'uom che sì saggio era stimato prima; se da colei che tal quasi m'ha fatto, che 'l poco ingegno ad or ad or mi lima, me ne sarà però tanto concesso, che mi basti a finir quanto ho promesso.
3 Piacciavi, generosa Erculea prole, ornamento e splendor del secol nostro, Ippolito, aggradir questo che vuole e darvi sol può l'umil servo vostro. Quel ch'io vi debbo, posso di parole pagare in parte e d'opera d'inchiostro; né che poco io vi dia da imputar sono, che quanto io posso dar, tutto vi dono.
4 Voi sentirete fra i più degni eroi, che nominar con laude m'apparecchio, ricordar quel Ruggier, che fu di voi e de' vostri avi illustri il ceppo vecchio. L'alto valore e' chiari gesti suoi vi farò udir, se voi mi date orecchio, e vostri alti pensieri cedino un poco, sì che tra lor miei versi abbiano loco.
Il Proemio Attenendosi ai canoni della poesia epica, il Proemio contiene: Proposizione, ovvero la sintetica esposizione dell’argomento, Invocazione non alle Muse, a Dio o ad Apollo, ma alla donna amata Dedica al cardinale Ippolito d’Este di cui Ariosto fu per anni il segretario.
La proposizione L’accostamento dei temi quali “arme” e “amori” non costituisce un’innovazione ma occorre sottolineare il movente passionale e irrazionale che è la forza motrice del poema.
Mori che in Francia nocquer tanto, seguendo l'ire e i giovenil furori d'Agramante lor re, Dirò d'Orlando in un medesmo tratto cosa non detta in prosa mai, né in rima: che per amor venne in furore e matto
L’armonia del Furioso Caretti ha scritto che consiste nel: «modo ideale di concepire la poesia come contemplazione serena del mondo vario degli affetti e come rappresentazione nitida e saggiamente sorridente della multiforme vita sentimentale».
La materia del Furioso Secondo Caretti: «vera materia del Furioso non è costituita dalle antiche istituzioni cavalleresche ormai scadute nella coscienza cinquecentesca, ma propriamente da quella moderna concezione della vita e dell’uomo che in ogni pagina del poema è presente liberamente celebrata».
I filoni narrativi del Furioso La guerra tra cristiani e saraceni. L’amore di Orlando per Angelica. Gli amori contrastati tra la cristiana Bradamante e il saraceno Ruggiero, destinati, dopo la conversione di quest’ultimo e il matrimonio, a generare la stirpe Estense.
Struttura centrifuga Serve a rendere, secondo Caretti, il senso libero, estroso, incalcolabile della vita. Si serve anche della tecnica dell’entrelacement per intrecciare varie vicende interrompendole e riprendendole in momenti diversi per farle convergere o divergere secondo un sapiente tempismo o seguendo un razionale disegno.
La fortuna dell’opera La concezione ariostesca del mondo è permeata da un profondo pessimismo; secondo l’autore l’uomo insegue i fantasmi del proprio desiderio, si agita e si affanna, perché è preda delle sue passioni irrazionali.
Canto l'arme pietose e 'l capitano che 'l gran sepolcro liberò di Cristo. Molto egli oprò co 'l senno e con la mano, molto soffrí nel glorioso acquisto; e in van l'Inferno vi s'oppose, e in vano s'armò d'Asia e di Libia il popol misto. Il Ciel gli diè favore, e sotto a i santi segni ridusse i suoi compagni erranti.
O Musa, tu che di caduchi allori non circondi la fronte in Elicona, ma su nel cielo infra i beati cori hai di stelle immortali aurea corona, tu spira al petto mio celesti ardori, tu rischiara il mio canto, e tu perdona s'intesso fregi al ver, s'adorno in parte d'altri diletti, che de' tuoi, le carte.
Sai che là corre il mondo ove piú versi di sue dolcezze il lusinghier Parnaso, e che 'l vero, condito in molli versi, i piú schivi allettando ha persuaso. Cosí a l'egro fanciul porgiamo aspersi di soavi licor gli orli del vaso: succhi amari ingannato intanto ei beve, e da l'inganno suo vita riceve.
Tu, magnanimo Alfonso, il quale ritogli al furor di fortuna e guidi in porto me peregrino errante, e fra gli scogli e fra l'onde agitato e quasi absorto, queste mie carte in lieta fronte accogli, che quasi in voto a te sacrate i' porto. Forse un dí fia che la presaga penna osi scriver di te quel ch'or n'accenna.
È ben ragion, s'egli averrà ch'in pace il buon popol di Cristo unqua si veda, e con navi e cavalli al fero Trace cerchi ritòr la grande ingiusta preda, ch'a te lo scettro in terra o, se ti piace, l'alto imperio de' mari a te conceda. Emulo di Goffredo, i nostri carmi intanto ascolta, e t'apparecchia a l'armi.
Il proemio Attenendosi ai canoni della poesia epica, il Proemio contiene: Proposizione, ove compare la coppia virgiliana “arme- capitano” Invocazione alla Musa Cristiana, probabilmente la Sapienza. Dedica encomiastica è rivolta alla speranza che il duca Alfonso possa un giorno essere un condottiero, degno di Goffredo, ne guidare una nuova crociata.
Struttura centripeta Quest’opera si configura come un processo dinamico di riduzione dal VARIO all’UNO dal DISCORDE al CORALE dalla DISPERSIONE alla CONCENTRAZIONE
Il “Ciel” contro l’ “Inferno” Le “armi pietose” contro il “popol misto” Il “capitan” contro i “compagni erranti”