Questione atomica e distensione Atomica e riarmo La corsa al riarmo, innescata dalla Guerra di Corea, vide un’accelerata negli anni ’50 e trovò un terreno inedito sulla questione atomica. Il possesso della tecnologia atomica divenne presto un elemento politico e un modo con cui l’Urss cercava di colmare il gap tecnologico e militare che la divideva dagli States. (1953: prima Bomba H (all’idrogeno) fatta esplodere dall’Urss). Infatti, gli Usa possedevano un’aviazione superiore e basi militari che circondavano l’Urss. Sempre per colmare il gap, l’Urss lanciò anche la corsa verso lo spazio: nel 1957 viene lanciato lo Sputnik, il primo satellite in orbita permanente. La notizia provocò allarmismi e isterie collettive in Usa: i Russi ora potevano colpire dall’alto ! Oltre a ciò, nel 1961 mandarono in orbita anche il primo uomo, Yuri Gagarin, e nello stesso periodo misero a punto nuovi missili intercontinentali, capaci di colpire gli Usa. Già dai primi anni ’60, però, gli States avevano costruito più missili dei Russi e nel 1969 mandarono i primi uomini sulla Luna.
Questione atomica e distensione Yuri Gagarin, Il primo “cosmonauta” a orbitare intorno alla Terra Lo Sputnik 1, il primo° satellite in orbita 20 Luglio 1969: il Comandante Neil Armstrong diventa il primo uomo sulla Luna
Questione atomica e distensione Quindi, si raggiunge un sostanziale “equilibrio del terrore” tra Usa e Urss, in cui l’atomica funzionava come deterrente. Negli USA, durante l’amministrazione di Dwight Eisenhower (1953-61), il possesso dell’atomica, e la minaccia di distruggere totalmente l’avversario, furono utilizzate per far risparmiare $$ sulle spese militari convenzionali. Una politica del genere, però, era poco praticabile: infatti, in caso di conflitto locale non si poteva rispondere subito con armi atomiche ! Infatti, già durante la presidenza John F. Kennedy (1961-63) fu sviluppata una “risposta flessibile” in caso di attacchi e furono riprese le spesa militari convenzionali: di fronte a minacce, prima si sarebbe risposto con armi convenzionali e solo alla fine con armi atomiche. Situazione paradossale: + il numero di armi atomiche cresceva, - era probabile il loro utilizzo per le conseguenze devastanti
Questione atomica e distensione In questa situazione, Usa e Urss erano anche timorosi di restringere il numero di membri del “club atomico”: 1952: la Gran Bretagna compie il primo esperimento atomico 1960: la Francia si dota di tecnologia atomica 1964: anche la Cina raggiunge lo status di potenza atomica. Potenze atomiche “non ufficiali”: Israele, India e Pakistan. In questo nuovo quadro, Kennedy vuole riaffermare la preminenza americana nel mondo. La retorica della “New Frontier” esprimeva il vertice della fiducia in se stessi degli Usa e la volontà di dare alla propria egemonia un volto accettabile. Inoltre, Kennedy aveva previsto aiuti economici a quegli stati sudamericani che promuovessero regimi democratici (“Alleanza per il progresso”). In questo modo, Kennedy tentava di opporsi al comunismo che prendeva piede nel Terzo Mondo.
Nonostante l’origine irlandese, l’appartenenza a una famiglia miliardaria di Boston e l’esclusiva educazione ad Harvard, J.F. Kennedy diventò portatore di un’ apertura verso i neri e gli emarginati. Un’apertura che costituiva una novità nella politica americana del periodo, riallacciandosi invece alla tradizione rooseveltiana del New Deal. Propose: una legislazione a tutela dei diritti civili “New Frontier” che oltre a rilanciare il ruolo USA nel mondo, prevedeva provvedimenti per alleviare le situazioni di peggiore sofferenza, in particolare in tema di assistenza sanitaria. “Alleanza per il Progresso”, per rispondere alla rivoluzione cubana voleva finanziare i governi dell’America Latina in cambio di riforme democratiche. John Fitzgerald Kennedy, assassinato a Dallas il 22 Novembre 1963. Sulla sua morte non e’ ancora stata fatta chiarezza.
Questione atomica e distensione Però, così facendo, si finiva per scontrarsi con le posizioni sovietiche, in particolare a Berlino. Nella parte orientale della città, la tentazione del modello occidentale, la fuga di cervelli e la paura del riarmo della Germania Ovest, portarono l’Urss a una soluzione drastica: la costruzione del muro che divideva in due Berlino (1961-1989). Altro punto critico sarà la questione cubana (v. crisi dei missili). Proprio in occasione della crisi dei missili, Kennedy fece uso del nuovo potente mezzo televisivo, mostrando in tv le foto dei missili russi scattate dai satelliti. Questa nuova “spettacolarizzazione” di massa di un evento così critico sarà compiuta anche per la guerra in Vietnam, la prima a essere seguita in diretta Tv.
con il Vietnam diviso tra Nord e Sud Guerra del Vietnam Mappa dell’Indocina con il Vietnam diviso tra Nord e Sud
Guerra del Vietnam Dal ritiro dei francesi dall’Indocina nel 1954, il Vietnam rimase diviso in due paesi, divisi dal 17esimo parallelo, una soluzione in teoria temporanea : Il Vietnam del Nord, dove aveva preso piede un regime comunista; Il Vietnam del Sud filoamericano, guidato da un governo debole e corrotto. Nel 1960 i gruppi di opposizione al regime militare sudvietnamita si riunirono in un fronte di liberazione, noto col nome di Vietcong, appoggiato dalle campagne e dal Vietnam del Nord. L’impegno USA cominciò alla fine degli anni ’50, con l’invio di “consiglieri militari” a sostegno del governo del Sud. Si affacciava, infatti, la teoria del “domino”: se cadeva il Vietnam del Sud, il comunismo avrebbe dilagato nel Sud-Est Asiatico Visione molto “ideologizzata” del mondo. 1963: alla morte di Kennedy operavano già 16.000 consiglieri americani 1965: vengono inviate le prime truppe americane e iniziano i bombardamenti sul Vietnam del Nord. Comunque, gli USA in questo periodo erano pienamente confidenti nei propri mezzi. Ma le cose peggiorarono di anno in anno.
Primo Ministro (1946-1954) e Presidente (1954-1969) Ho Chi Minh (1890-1969), Primo Ministro (1946-1954) e Presidente (1954-1969) del Vietnam del Nord Una dimostrazione in Usa contro la Guerra del Vietnam, 1967
Guerra del Vietnam Gli americani, forti della loro superiorità, presero a bombardare a tappeto le città del Nord e bruciare col “napalm” (defogliante) i villaggi vietnamiti. I vietcong e i nordvietnamiti ricevevano aiuti da Cina e Russia ma non avevano aviazione. Dovevano quindi fare leva sulla guerriglia e sugli armamenti da terra. Differenze fondamentali: I vietnamiti sapevano per cosa stavano combattendo: per riunificare la loro patria e costruire una società socialista in cui prevalesse una mentalità contadina. Inoltre, conoscevano benissimo il territorio. In più, avevano il sostegno del mondo socialista, del Terzo Mondo e di buona parte dell’opinione pubblica occidentale. Gli USA non sapevano bene per cosa combattevano. Il Vietnam del Nord, questa volta, non aveva invaso il Sud (come la Corea del Nord nel ’50). Inoltre, la temibile guerriglia non si fermava con gli aerei e i mezzi pesanti. In poco tempo, si accese il malcontento interno e si rafforzò il movimento pacifista che si intrecciava con le contestazioni giovanili.
Guerra del Vietnam Così, già a partire dalla presidenza Johnson (1963-1969) e poi più decisamente con Richard Nixon (1969-1974) viene accelerato il disimpegno e il ritiro delle truppe dal Vietnam. Viene abbandonato il sostegno militare diretto a Saigon (capitale del Sud) ma continua l’invio di armi e finanziamenti. 1973: Vengono firmati gli accordi di pace di Parigi che pongono ufficialmente fine all'intervento statunitense nel Vietnam. 1975: gli ultimi soldati americani lasciano Saigon poco prima che vietcong e nordvietnamiti la occupino. Poco dopo Saigon viene ribattezzata Ho Chi Mihn City. In poco tempo, anche Cambogia e Laos sarebbero cadute in mano ai comunisti. 1976: Il Vietnam del Sud fu annesso al Vietnam del Nord per formare la Repubblica Socialista del Vietnam (quella che esiste ancora oggi).
La Repubblica Socialista del Vietnam oggi. La guerra ha causato più di 1.250.000 morti al Vietnam del Sud,58.226 morti e 153.303 feriti agli Stati Uniti. Secondo stime ufficiali vietnamite, 1.100.000 morti e 600.000 feriti al Vietnam del Nord. Senza contare gli effetti ancora evidenti dovuti all’uso massiccio di agenti chimici da parte degli americani. La guerra nel Vietnam è stata la prima significativa sconfitta militare degli USA ed ha avuto molte ripercussioni a lungo termine sulla società statunitense e sulla sua politica estera. La Repubblica Socialista del Vietnam oggi. La capitale e’ Hanoi.
Questione atomica e distensione Distensione nei primi ‘60 Dopo la questione cubana, punto più alto di crisi, si avviò una fase meno tesa nel confronto Usa-Urss, favorita, per esempio, dall’uscita di scena di Chruščёv che nel 1964 lasciò il posto al più prudente Leonid Breznev. La distensione incontrava necessità interne ai due blocchi, come l’esigenza di ridurre le spese militari e la presa di coscienza americana dei limiti della propria influenza economica mondiale. La distensione di questi anni passò attraverso accordi sulle armi strategiche: 1963: accordo, firmato da Usa, GB e Urss, che vieta i test atomici nell’atmosfera 1967: divieto uso dello spazio per scopi bellici 1968: trattato di “non proliferazione” nucleare con cui si cercava di chiudere il “club atomico”. Firmato anche dalla Germania Ovest. Tuttavia, in questi anni in Russia la spesa militare convenzionale continuava a crescere del 4 – 5 % all’anno anche se ciò non mise mai in discussione la politica distensiva.
Questione atomica e distensione La distensione nei primi anni ’60 fu favorita anche dal nuovo ruolo assunto dal Papato, in particolare da Papa Giovanni XXIII ( Concilio Vaticano II), con la sua proposta di pace e di condanna alla guerra totale. Come detto, la distensione fu favorita anche dal ruolo egemonico Usa che cominciava a incrinarsi. Motivi: Deficit di Bilancio (soprattutto x le alte spese militari) La produttività rallenta La centralità del Dollaro nel sistema finanziario internazionale diventa artificiosa Quindi, un test decisivo per la tenuta dell’egemonia americana diventa l’impegno nel Vietnam che si fa massiccio tra il 1965 e il 1968. Più aumenta l’impegno militare, più aumentano i soldi impegnati, i soldati e i morti. E più diminuisce il consenso interno: il movimento pacifista si intreccia alle rivendicazioni giovanili del ’68. Crisi interna anche nella presidenza di Lyndon Johnson
Leonid Brežnev, 1906-1982 Papa Giovanni XXIII, 1881-1963 (Angelo Giuseppe Roncalli), 1881-1963 Lyndon B. Johnson, Presidente degli Stati Uniti dal 1963 al 1969
Declino e morte del bipolarismo: 1968-1991 L’ordine internazionale, che si era stabilizzato nel dopoguerra, va in crisi tra gli anni ’60 e ’70. Motivi: la crescita economica, che appariva indefinita all’interno di ognuno dei due blocchi, ha uno stallo contestazioni interne ai modelli sociali (oltre che economici). (v. contestazioni del ’68) emergono nuovi punti di riferimento internazionale (oltre a Usa e Urss): la Cina di Mao l’Europa Occidentale (con la Germania al comando) il Giappone Conseguenze immediate: le due superpotenze cercano una distensione ai vertici.
Declino e morte del bipolarismo: 1968-1991 Ma: gli Usa riescono a emergere dalla crisi e ad adattarsi alla nuova situazione l’Urss, invece, implode nonostante il tentativo di Gorbacev di “rivitalizzarla” USA tra anni ’60 e ’70: APPANNAMENTO E RILANCIO : Richard Nixon (1969-74), con l’aiuto del consigliere Henry Kissinger, mette in atto una strategia per affrontare la crisi: Minor confidenza nei propri mezzi Riaffermare gli “interessi nazionali” = minore impegno politico e militare all’estero Visione più sobria della politica di containment del comunismo
Nixon e Elvis Presley alla Casa Bianca nel 1970 Il repubblicano Richard Nixon (1913-1994) a Philadelphia, nel 1968, durante la campagna elettorale Durante la campagna elettorale, Nixon fece appello alla "maggioranza silenziosa" degli Americani, socialmente conservatori, che non amavano la controcultura hippie e le manifestazioni contro la guerra in Vietnam. Nixon promise all'elettorato una "pace con onore“.
USA tra anni ’60 e ’70: APPANNAMENTO E RILANCIO : Un motivo di crisi politica interna (e nei rapporti internazionali) per gli Usa era la Guerra nel Vietnam: visto l’andamento della guerra e i suoi effetti (gli USA stavano perdendo di brutto, i costi erano altissimi, le contestazioni interne al massimo), dal 1973 si cominciò a negoziare un armistizio. Il disimpegno e il ritiro delle truppe, però, fu progressivo poiché continuava il sostegno indiretto a Saigon. Il regime di Saigon, però, fu travolto nel 1975 e gli americani rimasti dovettero fuggire di corsa. Un’altra causa dell’appannamento USA era la crisi del Dollaro, visto il deficit della bilancia commerciale e il valore della moneta tenuto artificiosamente alto. Nel 1971 Nixon decide di sganciare il $ dall’oro, provocandone così la svalutazione per tentare di far entrare più soldi nelle casse americane (se una moneta si svaluta, farà fatica ad acquistare, quindi ad importare merce dall’estero, ma favorisce le esportazioni, quindi le vendite all’estero). Tuttavia, nonostante la perdita di valore del $, la moneta americana rimane dominante sul mercato internazionale. Anche se, di lì a poco, la crisi del petrolio avrebbe peggiorato la situazione.
USA tra anni ’60 e ’70: APPANNAMENTO E RILANCIO : Dunque, gli USA, di fronte alle difficoltà, cercarono una distensione nei rapporti con l’Urss. In particolare fu cercata l’intesa su: Riduzione degli armamenti nucleari (x diminuire le spese militari) Aumento rapporti commerciali con l’Urss e l’Est europeo (x rimettere in sesto il bilancio) Henry Kissinger nel 1975 Kissinger e Mao nei primi anni ‘70
USA tra anni ’60 e ’70: APPANNAMENTO E RILANCIO : Queste scelte erano apparentemente in controtendenza rispetto alla tradizionale politica frontale di containment. In realtà, gli USA in questo modo volevano far uscire l’Urss dal suo isolamento per “costringerla” a integrarsi maggiormente ed avere così comportamenti più controllabili e pacifici. 1969: si aprono i colloqui USA-URSS, tra Nixon e Breznev, per la limitazione degli armamenti nucleari 1972: firmato il primo accordo (il cosiddetto Salt I) che limitava i missili antibalistici usati per la difesa anti-missile, armi riconosciute “destabilizzanti” 1974: tra Breznev e il nuovo presidente americano Gerald Ford, viene raggiunto un primo accordo che limitava i missili intercontinentali e i bombardieri strategici 1979: a Vienna viene firmato, da Breznev e Jimmy Carter, il Salt II, trattato che limitava la costruzione di armi strategiche.
Gerald Ford e Leonid Brehznev firmano il SALT I USA tra anni ’60 e ’70: APPANNAMENTO E RILANCIO : Il Presidente americano Jimmy Carter e il Segretario Generale dell' Unione Sovietica Leonid Brezhnev firmano il trattato SALT II Gerald Ford e Leonid Brehznev firmano il SALT I
USA tra anni ’60 e ’70: APPANNAMENTO E RILANCIO : Per Usa e Urss il periodo di “distensione” costituiva una nuova ricerca di stabilità. Non volevano rinunciare alla competizione (e crisi ci furono anche in questo periodo) ma intendevano solo regolarla e controllarla. Nixon voleva uscire dal rigido bipolarismo ideologico favorendo aperture all’esterno nel tentativo di costruire nuovi schemi internazionali. In questo senso, si colloca l’apertura diplomatica verso la Cina la quale, stretta da numerosi problemi economici e politici (del 1969 era la rottura netta con l’Urss), accetta ponendo fine al suo isolamento. 1971: Riconoscimento diplomatico del governo di Pechino che ottiene il suo seggio all’Onu (fino ad allora occupato dal regime nazionalista di Taiwan) 1972: Nixon si reca in Cina per firmare una dichiarazione congiunta con la quale i due paesi rinunciano a conquiste militari in Asia Orientale (sono gli anni del disimpegno in Vietnam)
USA tra anni ’60 e ’70: APPANNAMENTO E RILANCIO : Per gli Usa, all’incertezza e all’instabilità del momento si aggiunse un’ulteriore crisi interna: la vicenda Watergate. Lo scandalo prese il nome dal Watergate Complex, il complesso edilizio di Washington che ospita il Watergate Hotel, l'albergo in cui furono effettuate le intercettazioni che diedero il via allo scandalo. Infatti, si trattò di un caso di spionaggio politico ai danni degli avversari democratici, caso avvenuto al quartier generale del Comitato Nazionale Democratico, la principale organizzazione per la campagna e la raccolta fondi del Partito democratico.
USA tra anni ’60 e ’70: APPANNAMENTO E RILANCIO : Lo staff di Nixon per la sua campagna elettorale venne condannato con l'accusa di aver cercato di ostacolare le indagini sullo scandalo Watergate. Lo stesso Richard Nixon venne accusato di aver cooperato indirettamente alle attività dei suoi collaboratori. Così, sull’orlo dell’ impeachment (nel diritto anglosassone, la messa in stato d'accusa di titolari di cariche pubbliche, qualora abbiano commesso determinati illeciti nell'esercizio delle loro funzioni) nel 1974 si dimise prima che la procedura venisse avviata formalmente. Fu comunque una vicenda critica per tutte le istituzioni politiche americane, delle quali fu messa in luce la fragilità e l’incapacità di adattamento. Seguiva una fase di “stanca” nei confronti della politica americana e di incertezza, fase di transizione gestita prima dal vicepresidente di Nixon, Gerald Ford (1974-77), e poi dal democratico Jimmy Carter (1977-81).
URSS tra anni ’60 e ’70: UN’ OCCASIONE PERSA ? Per la Russia, la “distensione” veniva percepita come un riconoscimento implicito, da parte degli Usa, dello status di parità delle due potenze. L’URSS accetta il controllo sugli armamenti e anche l’apertura commerciale che serviva a risollevare il bilancio. Però, mantiene sempre una certa prudenza e decide, inoltre, di aumentare la produzione militare convenzionale perchè, di fronte ai movimenti di liberazione nel Terzo Mondo, dove i principi comunisti avevano facile presa, non voleva restare indietro rispetto all’ “altro” comunismo, quello cinese. Quindi l’URSS, un paese dalla struttura economica ancora tradizionale, sempre piuttosto chiuso e diffidente, si lascia sfuggire l’opportunità di ristrutturare il proprio sistema interno (economico e politico) , in particolare cogliendo in pieno le aperture commerciale fornite dall’Occidente in difficoltà. Non coglie questa opportunità perchè la sensazione di aver acquisito uno status di superpotenza pari agli americani infonde ai vertici russi una falsa sicurezza.
Crisi petrolifera e incertezze economiche Soprattutto nel blocco occidentale, negli anni ’70 si esaurisce la crescita economica post-bellica. Tra i motivi che peggiorarono la situazione ci fu la CRISI PETROLIFERA del 1973. Antefatti: 1967: La tregua dopo la vittoria israeliana nella “Guerra dei Sei Giorni” (Israele vs. Egitto-Siria-Giordania-Iraq) dura poco. Negli stati arabi si rafforza il fronte anti-israeliano intransigente; 1973: Egiziani e siriani attaccano a sorpresa Israele nel giorno della festa ebraica del Kippur (“Guerra del Kippur”). Ma in poco tempo Israele, sostenuto dalle armi americane, ribalta la situazione.
Guerra dei sei giorni (5-10 Giugno 1967) Le fasi dell'attacco israeliano in Sinai Guerra del Kippur (6-24 Ottobre 1973)
Crisi petrolifera e incertezze economiche Negli stessi giorni della Guerra del Kippur, i paesi arabi (per lo più produttori ed esportatori di petrolio) riuniti nell’OPEC, decisero di quadruplicare i prezzi dell’oro nero in pochi mesi e di razionarne la vendita all’occidente. Quindi, si trattò di un uso politico del rialzo del prezzo del greggio in chiave anti-israeliana (e anti-occidentale soprattutto per quei paesi che sostenevano Israele). In Europa, l’ alto costo del petrolio, legato a una sua minore disponibilità provocarono: Panico Difficoltà ulteriori che si innestavano su altre gia presenti come: - la crisi del sistema valutario internazionale - aumento del costo di materie prime e prodotti alimentari già dal 1970
Algeria Angola Libia Nigeria Iran Iraq Kuwait Qatar Arabia Saudita Emirati Arabi Ecuador Venezuela L' OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries), fondata nel 1960, comprende attualmente dodici paesi produttori di petrolio (per lo più arabi o islamici) che si sono associati, formando un cartello economico. La funzione primaria di questo accordo era rafforzare la contrattazione con le imprese estrattrici e raffinatrici e i paesi importatori di petrolio. La sede dell'OPEC è a Vienna.
Conseguenze Crisi Petrolifera: Recessione industriale ( Aumento disoccupazione) Inflazione monetaria Vengono messi in evidenza i limiti di accrescimento dei sistemi di produzione di massa Percezione della fine dell’ “Epoca d’oro” postbellica Dopo il pessimismo della metà degli anni ’70, la struttura economica occidentale ha conosciuto ulteriori sviluppi. Il commercio mondiale non si esaurì; anzi, continuò ad aumentare. Quindi, quasi tutti i paesi sviluppati hanno superato la crisi e ripreso a crescere negli anni ’80. Anche se non si è trattata di una crescita senza ombre come quella nei primi anni postbellici. Parallelamente a questi eventi, nel blocco sovietico la crescita economica rallenta significativamente. Infatti, la tradizionale economia sovietica non era in grado di cogliere le occasioni dello sviluppo flessibile, basato sull’informazione, sui consumi privati e il boom dei servizi. L’espansione industriale (soprattutto quella pesante) non poteva andare avanti ancora per molto.
Come detto, dopo la distensione degli anni ’60 i paesi del blocco sovietico si aprirono maggiormente agli scambi con i paesi occidentali: le esportazioni, infatti, erano sempre più importanti per l’economia sovietica il cui modello sembrò resistere durante le oscillazioni e le incertezze degli anni ’70. Ma dagli anni ’80, l’invecchiamento del sistema era ormai sotto gli occhi di tutti.
Declino e morte del bipolarismo: 1968-1991 La caduta del comunismo Ricapitolando: a metà degli anni ’60, il comunismo era al punto più alto di credibilità ( disgelo chrusceviano, necessità di convivenza pacifica con l’occidente, primato spaziale, espansione nel Terzo Mondo, ... ). La prima battuta di arresto al movimento comunista internazionale avvenne in occasione della crisi URSS-CINA che generò la divisione in due modelli, diversi e in conflitto, di comunismo. 1960: i sovietici ritirano i propri tecnici militari e industriali dalla Cina accusata di “frazionismo”, ovvero rompere l’unità del mondo comunista; 1963: rottura definitiva Mosca-Pechino nonostante la caduta di Chruscev; 1969: scontro armato Cina-Russia lungo il confine sul fiume Ussuri. Rivendicazione territoriale cinese non accontentata in seguito alla sconfitta militare; Però: rottura ok, ma fino a un certo punto. Infatti, questi sono gli anni della Guerra in Vietnam durante i quali Cina e Russia formano un fronte comune per il sostegno del Vietnam del Nord
La caduta del comunismo Come abbiamo visto, sempre più isolata la Cina apre agli USA. La rottura dell’unità comunista ha pesanti ripercussioni, sintomo di una sua fragilità interna, e da ai partiti comunisti di ogni paese la libertà di scegliere un proprio modello. In particolare, in CECOSLOVACCHIA viene tentata una via nazionale del comunismo svincolata da Mosca, un esperimento democratico alla fine soffocato dai carri armati russi. 1967: un gruppo di intellettuali praghesi chiede maggiore libertà di stampa, denunciando al tempo stesso gli abusi del regime sovietico; 1968:la protesta monta a tal punto nel paese, e all’interno del PC cecoslovacco, che viene allontanato il segretario vicino all’Urss, e viene eletto il comunista moderato Alexander Dubček . Viene abolita la censura, previsto il pluralismo politico e l’abbandono della programmazione economica Attenzione: non era un movimento anti-URSS (come in Ungheria nel ’56) ma un cambiamento interno al PC nel tentativo di dare un volto umano al socialismo. 1968: ad Agosto, i carri armati del Patto di Varsavia (Romania esclusa) invadono la Cecoslovacchia mettendo fine alla cosiddetta “Primavera di Praga”.
Alexander Dubček Carri armati e scontri a Praga
La caduta del comunismo Quindi, lo scenario internazionale dagli anni ’70 stava diventando troppo complesso per essere compreso secondo la logica di un gioco tra le “superpotenze”, dove i guadagni dell’una dovevano per forza essere perdite dell’altra. Anche la cosiddetta “terza via” dei paesi non-allineati stava smarrendo la propria ragion d’essere (era legittimata in periodo di guerra fredda dall’esistenza di altri due poli; ora, invece, il panorama si era complicato). In particolare, nel Terzo Mondo (Asia, America Latina, Medio Oriente), fino alla metà degli anni ’70, il comunismo era stato il solo modello di movimento rivoluzionario. In molti di questi paesi (Iran, Afghanistan, Pakistan,...), i problemi posti dalle trasformazioni sociali (prima la colonizzazione europea, poi la decolonizzazione e la forzatura all’interno di uno dei due “blocchi”) veniva data una risposta più autentica da parte di un integralismo religioso che si proponeva di ricostruire l’identità culturale di queste popolazioni oppresse, sulla base di un rifiuto della modernizzazione. Questo processo partì dalla metà degli anni ’60 in molti paesi musulmani.
La caduta del comunismo Le vicende che riguardano l’ IRAN tra il 1978 e il 1979 sono molto importanti. Qui la rivoluzione integralista fu guidata dal clero sciita. Il paese era da tempo un bastione della presenza occidentale in Medio Oriente dove però il regime dello shah Reza Pahlavi (filo-occidentale, oppressivo, modernista e laico) stava perdendo consensi. Negli ultimi anni il paese si era arricchito grazie al petrolio ma solo la ristretta cerchia intorno all’imperatore aveva goduto di questi guadagni. Il resto viveva nella miseria e sentiva nella voce del clero sciita risposte alternative da dare alla sofferenza e alla perdita d’identità dovute causate dalla rapida modernizzazione. Nel 1978 iniziano sanguinosi episodi di rivolta al regime dello shah che nel 1979 si vede costretto a fuggire mentre Khomeini (1900-1989, il capo dell’opposizione clericale sciita) ritorna dall’esilio e assume il potere. Nessuna opposizione alla teocrazia viene tollerata anche se, almeno inizialmente, il regime khomeinista poteva contare su un vastissimo consenso da parte del popolo.
Localizzazione dell’Iran Khomeini (1900-1989) Localizzazione dell’Iran
La caduta del comunismo Khomeini era giunto al grado elevato di Āyatollāh (=”segno di Dio”) e ora ricongiungeva potere spirituale e quello politico. Rifiutava: tutti gli elementi della modernizzazione L’emancipazione della donna Riforma agraria Laicizzazione della vita pubblica La nuova Repubblica Iraniana era totalmente dominata dal clero sciita che presto diventa il nuovo avversario ideologico e politico dell’Occidente capitalista. L’arma usata per combattere il capitalismo americano nel mondo diventerà la jihad. In realtà, capitalismo e comunismo sono ugualmente nemici del fondamentalismo islamico: infatti, anche il nazionalismo arabo laico socialista, come quello di Saddam Hussein in Iraq, diventò suo avversario radicale. Non a caso scoppiò una lunga (1980-1988) e sanguinosa guerra tra Iran e Iraq.
La caduta del comunismo Confinante con l’Iran fondamentalista, l’AFGHANISTAN era entrato fin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, nella sfera d’influenza sovietica. L’URSS temeva che l’influsso della rivoluzione iraniana potesse far rovesciare il locale governo laico. Così, prese a esercitare pesanti pressioni sul governo e arrivò nel 1979 a forzare la firma di un trattato che permetteva l’ingresso in Afghanistan di truppe sovietiche. Il governo viene rovesciato e al suo posto ne viene messo uno più fedele a Mosca. Conseguenza: Per dodici anni si scatenò una guerriglia che vedeva opporsi i guerriglieri islamici (mujaheddin=combattenti, tra i quali un giovanissimo Bin Lāden), sostenitori della rivoluzione islamica, agli invasori sovietici.
L’invasione dell’Afghanistan (sopra) e il ritiro dei Russi (qui sotto) L’Afghanistan oggi
La guerra finì (dopo 1 milione e mezzo di afgani morti, 3 milioni di disabili e mutilati, 5 milioni di profughi) con gli accordi di Ginevra dell’ aprile 1988 che avviarono il ritiro dell'Armata Rossa. L'Unione Sovietica ritirò le sue truppe il 2 febbraio 1989. I guerriglieri afgani avevano ricevuto l’aiuto militare occidentale (Usa in particolare) oltre a quello dei paesi islamici. Dopo un periodo di confusione interna, in seguito a scontri tra differenti fazioni di mujaheddin, arrivarono al potere i Talebani che portarono ordine, seppur un duro ordine, in un paese sconvolto dalla guerra. L’imperialismo sovietico per la prima volta aggrediva un paese povero del Terzo Mondo e per la prima volta veniva battuto. Poco dopo, l’URSS avrebbe cessato di esistere. Contraddizione: gli USA in Afghanistan appoggiavano il fondamentalismo che altrove metteva le bombe contro di loro. Comunque, l’imminente crollo dell’URSS avrebbe cambiato tutti i dati della politica mondiale.
La caduta del comunismo In POLONIA, dopo gli scioperi operai del 1956, erano permesse alcune aperture: per esempio, conservare la piccola proprietà contadina. Le deboli liberalizzazioni che seguirono, però, non cambiarono molto il paese dove, nel 1970, ripresero gli scioperi. In Polonia, come in Ungheria, l’oppressione politica era relativamente più blanda (assemblee e scioperi, di tanto in tanto,erano ammessi); inoltre, era un paese dalla spiccata identità cattolica. Infatti, a guidare il movimento operaio, nel 1976 e poi nel 1980 nacque un sindacato libero, anticomunista e d’ispirazione cattolica: Solidarność. Alla testa del sindacato c’era Lech Walesa. Solidarność, con i suoi 10 milioni di iscritti, tentava di uscire dall’immobilismo del blocco sovietico, mettendone in discussione le sue basi ideologiche. Il governo comunista polacco, guidato da un militare, mantiene però la linea rigida e nel 1981 realizza un colpo di stato.
Lech Walesa (a sinistra) e Mieczysław Jagielski La caduta del comunismo Migliaia di dirigenti di Solidarność vengono incarcerati e tutti gli accordi prima stipulati (libertà di sciopero, pluralismo dell’organizzazione sindacale) vengono revocati. Per tutti gli anni ’80 al governo polacco rimane il gruppo di militari facenti capo a Jaruzelski. Solo con la caduta dell’URSS, Walesa viene eletto presidente della Polonia nel 1990 fino al 1995. Lech Walesa (a sinistra) e Mieczysław Jagielski (a destra)
La “seconda guerra fredda” degli anni ‘80 Nei primi anni ’80 la “distensione” conosce una battuta di arresto. Motivi: contraccolpi a livello periferico per USA e URSS (=paesi in via di sviluppo, come in Afghanistan per la Russia); divergenze nel modo di intendere la competizione pacifica. Gli americani, già a partire dalla Presidenza Carter (1977) avevano irrigidito la politica nei confronti della Russia. Causa: questione diritti umani che la Russia violava (messa a tacere del dissenso di personalità di spicco come Aleksandr Solzhenitsyn, morto di recente, nel 2008). Inoltre, come ricordato, gli USA avevano già aperto alla Cina (a cui proposero un’alleanza strategica anti-URSS) con la quale iniziò un notevole scambio economico (cosa che fece preoccupare Mosca).
La “seconda guerra fredda” degli anni ‘80 Anche in URSS vengono prese decisioni critiche come il dispiegamento di missili nucleari in Europa Est, a partire dal 1977, per controbilanciare le basi americane avanzate in Europa. La pressione USA alla Nato portò all’installazione di 572 nuovi missili, + sofisticati, nelle basi europee. L’invasione russa dell’Afghanistan (1979) mise il suggello all’abbandono della distensione. (Da ricordare il sostegno USA alla guerriglia in chiave strategica anche per guadagnare il controllo della regione del Golfo Persico e con essa il suo petrolio). Anche il caso polacco (1980-81) costituisce un altro strappo alla distensione. A queste mosse, il nuovo presidente americano, il repubblicano Ronald Reagan (1981-1989), condusse il primo mandato con i toni di una propaganda durissima contro il comunismo e l’Unione Sovietica (“The Empire of Evil”).
La “seconda guerra fredda” degli anni ‘80 Esponente dell’ala conservatrice del partito, Reagan seppe ridare fiducia all’opinione pubblica americana dopo i traumi degli anni ’70 (Vietnam, scandalo Watergate,...) facendo propria un’ideologia semplificata ma efficace.
La “seconda guerra fredda” degli anni ‘80 Rilancio economia (tagli al welfare, più flessibilità, punta sui servizi) e riduzione tasse sugli alti redditi Aumenta la fiducia degli americani in loro stessi e aumentano anche i consumi Aumento spesa militare (per rispondere alla necessità di difesa dell’americano medio) e prosecuzione del dispiegamento degli euromissili Il riarmo aumenta però anche il debito pubblico Aumentano anche le disuguaglianze sociali e i divari tra i più ricchi e i più poveri La riaffermazione sul piano militare del ruolo di “prima” superpotenza serviva agli USA a contrastare la perdita di egemonia nell’economia mondiale. Le differenze di sviluppo economico con l’URSS sono evidenti in questo periodo: la credibilità del modello di pianificazione sovietica si esaurisce in questi anni. Tuttavia, il blocco di potere alla guida dell’URSS si mantiene ancora per qualche anno grazie al rilancio di una struttura imperiale tradizionale.
La fine dell’Unione Sovietica 1982: muore Brežnev e al suo posto viene scelto il “vecchio” Jurij Andropov (1914-1984), ex capo del KGB e perfetto rappresentante della Nomenklatura sovietica. La politica in Russia era corrotta e inefficiente: così come aveva riformato il KGB, Andropov voleva riformare il paese. Un folto numero di magistrati, politici e poliziotti era cresciuto all’ombra di Andropov, decisi a trasformare l’URSS in un paese moderno, onesto ed efficiente. Tra questi uomini c’era Michail Gorbačëv , futuro e ultimo Presidente dell’ URSS dal 1985 al 1991. Il loro compito era quasi impossibile.
La fine dell’Unione Sovietica Il paese era al collasso: la corruzione dilagava gli investimenti erano fermi l’apparato industriale, arretrato, non reggeva il confronto con l’Occidente l’agricoltura non sfamava più la popolazione la disaffezione, e la distanza rapporto governanti/governati, erano radicali le tensioni inter-etniche riaffioravano l’Armata Rossa allo sbando, sconfitta dai guerriglieri afgani.
La fine dell’Unione Sovietica Gorbačëv salì al potere nel 1985 e cercò di risollevare il paese con due riforme: la Perestroika (“rifondazione), progetto generale col quale si proponeva di trasformare parallelamente economia (graduali privatizzazioni, cambiare le aziende pubbliche in soggetti capaci di realizzare reddito) e politica (pluralismo, libere elezioni, autodeterminazione delle componenti dell’impero sovietico); la Glasnost (“trasparenza”), con cui voleva introdurre trasparenza nel dibattito politico e nella società civile, sanciva la fine della censura e la libertà per i dissidenti. Si trattava di riforme gigantesche e difficilissime da realizzare insieme.
La fine dell’Unione Sovietica Oltre a puntare sulla democratizzazione della politica, Gorbačëv volle porre fine al contrasto con l’Occidente, avviando subito con gli americani trattative per la riduzione degli arsenali che, tra l’altro, richiedevano strutture industriali non più compatibili con le riforme. Queste riforme, però, non stavano affatto cambiando il paese che, al contrario, andava a fondo Nel 1991, settori delle forze armate e del Partito Comunista tentarono un colpo di stato per liberarsi di Gorbačëv ma non andarono fino in fondo, fermati dalle manifestazioni popolari di Mosca. In questa occasione un nuovo leader emerse, Boris El'cin, e Gorbačëv fu estromesso dal potere e l’Unione Sovietica stessa fu sciolta. Al suo posto nasce una nuova Russia capitalista, guidata da El'cin, mentre le diverse repubbliche dell’ex-Impero prendevano momentaneamente il nome di “Stati Indipendenti”, legati da un vincolo confederale.
La fine dell’Unione Sovietica Boris El'cin e il nuovo volto dell’Europa Orientale dopo il 1991